L’archivio della rubrica «Italia»

L’onestà storica

All’inizio di dicembre del 2018 ho scoperto, dietro uno dei portoni del centro di Morbegno, un bellissimo esempio della onestà storica. Sulla parete, uno accanto all’altro, sono elencati gli stemmi di tutti i signori e Stati che hanno posseduto la città. Ed è sicuramente uno dei modi validi di ricordare la storia della propria patria. Ma qualcuno, come potete vedere, ha tentato di cancellare un pezzo della storia con la vernice rossa (si intuisce facilmente chi). Ma gli errori, anche quelli storici, vanno corretti e non cancellati dalla memoria. Quando lo capiranno tutti, il mondo potrà festeggiare la liberazione dalla stupidità. Ma è quasi una utopia.

Sotto gli stemmi sono appesi in fila cinque fogli, apparentemente battuti molto tempo fa con una macchina da scrivere, sui quali viene brevemente spiegata la storia degli stemmi. Spero che risultino leggibili anche a voi: Continuare la lettura di questo post »


Una festa mai in ritardo

Per puro caso ho scoperto che il 17 gennaio sarebbe stata la Giornata internazionale della pizza italiana. Direi che si tratta di un evento festeggiabile con una frequenza abbastanza alta e, di conseguenza, è impossibile farlo in ritardo.
Alle persone malefiche intenzionate a festeggiare mangiando la festeggiata e, allo stesso tempo, indecise sul come passare il tempo fino all’orario di cena, propongo di divertirsi con degli esercizi matematici come questo:


Sbagliare il proprio nome

Per la mia grandissima fortuna, uno dei miei primi insegnanti della lingua italiana fu un signore da conoscenze incredibilmente ampie (almeno secondo i miei standard di quei tempi ormai non vicinissimi). Seppe dunque rispondere anche alle domande meno ovvie, a quelle domande che un portatore nativo della lingua – abituato agli assiomi dell’italiano – non si sarebbe mai posto.
Come potete facilmente notare, non sono stato uno studente particolarmente diligente. In generale, non sono proprio portato per le lingue. Però mi ricordo facilmente alcuni dettagli che mi sembrano delle curiosità simpatiche e facilmente spendibili nelle conversazioni… diciamo, per esempio,… con altre persone.
Così, per esempio, mi ricordo che le particelle «de» e «di» dei cognomi devono essere scritte con la d minuscola: sono delle parole che indicano l’appartenenza a una famiglia nobile.
La curiosità ancora più grande consiste nel fatto che molti italiani ormai non lo sanno o non lo ricordano. Nemmeno quando sono loro stessi a portare uno di quei cognomi.
Sbagliare a scrivere il proprio nome: cosa ci può essere di più ridicolo?


L’utilità della follia

Devo constatare che dell’impresa del poliziotto italiano Paolo Venturini – che domenica 20 gennaio ha corso per oltre 39 chilometri a –52°C in Jakuzia (una regione russa) – hanno scritto più in dettaglio i mezzi di informazione russi che italiani. Ma, in ogni caso, non sembra che si sia trattato di una notizia tanto discussa nei due Stati. Anzi, secondo la mia impressione personale è stato un evento quasi non notato.
Da una parte, sono contento per il fatto che almeno un «pazzo» in meno si è guadagnato i suoi quindici minuti di notorietà. Dall’altra parte, mi dispiace che l’impresa di Venturini sia stata interpretata da molti giornalisti più come una questione sportiva che tecnico-scientifica.
Infatti, non è così frequente che una persona si proponga volontariamente a fare da cavia per lo studio della resistenza del corpo umano al freddo e per la sperimentazione dei nuovi materiali (magari più leggeri, ecologici e efficienti) da utilizzare nell’industria tessile e calzaturiera. Di conseguenza, sarebbe bello se gli scienziati e gli ingegneri monitorassero i progetti folli dei personaggi più strani: non necessariamente per isolare questi ultimi, ma al fine di sfruttarli per il bene della umanità.
Immaginiamo, per esempio, un ciclista intenzionato ad attraversare tutta la Russia in bici d’inverno… No, pure io ho paura di immaginare una cosa del genere.


Voluto e ottenuto

Venivo bombardato dalle notizie sui tentativi italiani di far estradare Cesare Battisiti ormai da molti anni, da quando è iniziato il mio rapporto stretto con l’Italia. Più mi informavo sulla sua figura e più mi era antipatico, lo è anche ora. Ma, dato che a differenza dei miei primi amici e conoscenti italiani non voleva proprio scomparire dall’orizzonte informativo, avevo iniziato a seguire il suo rapporto con la giustizia italiana come una specie di partita sportiva. Vista la lontananza nel tempo dei fatti per i quali era stato condannato, non escludo che pure molti giovani italiani lo possano osservare in un modo simile. In ogni caso, io, a differenza degli italiani, ho più probabilità di rimanere uno spettatore emotivamente imparziale.
Ecco, ora che la suddetta gara è finita, posso sperare che qualcuno trovi la forza (e una certa libertà intellettuale dagli schemi preimpostati) di dirmi: in qualità di scrittore Cesare Battisiti merita la mia attenzione oppure no? Avendo poco tempo per la letteratura non tecnica, preferirei di non sperimentare su un campo così pericoloso.


Le strane professioni (parte 2)

Mi è sempre piaciuta la tradizione italiana di indicare sulle targhe le professioni delle persone realmente vissute alle quali vengono dedicate le vie e le piazze (e ne avevo già scritto). È un modo ancor più esteso di coltivare la memoria.
Un buon esempio – prima di continuare il discorso più serio – potrebbe essere la via dedicata a Rita Levi-Montalcini trovata dal sottoscritto a Morbegno (il fotoracconto sarà pubblicato a giorni).

Complimenti alla Prefettura competente per avere ritenuto opportuno di non aspettare 10 anni dalla morte e per avere dunque usufruito della deroga prevista dalla legge per i casi delle persone particolarmente distinte.
Purtroppo, però, bisogna constatare che moltissime targhe con i nomi delle vie riportano delle diciture che confondono le persone anziché informarle. Faccio tre esempi che ho accumulato sul computer negli ultimi tempi: Continuare la lettura di questo post »


Come si fanno i soldi

Cari lettori, vi devo dare una bella notizia: per lunghi anni alcune «usanze furbe» sono state attribuite esclusivamente al Sud dell’Italia in un modo del tutto ingiustificato e discriminatorio. Il Nord non è assolutamente inferiore al Sud.
Oggi vi racconto di un curioso metodo che l’Università Statale di Milano adotta per guadagnare qualche spicciolo in più.
Immaginiamo dunque uno ex-studente residente all’estero che vuole chiedere un certificato di laurea nella Segreteria universitaria. I servizi online della Segreteria si trovano a un livello tecnico preistorico, quindi l’ex-studente è costretto a fare la delega a nome di un’altra persona: di quella persona che è disposta a recarsi presso gli sportelli offline (funzionanti in un orario un po’ limitato).
In compenso, la Segreteria concede all’ex-studente l’opportunità di eseguire un bonifico al posto dell’acquisto delle marche da bollo. Prima di continuare vediamo questo documento storico:

La persona delegata dall’ex-studente si presenta dunque in Segreteria, munita dei documenti magici: la delega, la ricevuta del bonifico, la copia del documento dell’ex-studente e modulo di richiesta compilato.
Volete provare a indovinare la risposta della Segreteria?
Sono certo che non ci sareste mai arrivati, quindi vi subito la soluzione.
La risposta della Segreteria è stata: «Spiacente, noi non vediamo le marche da bollo. Vada a comprarle».
Bambini! Ricordatevi: per guadagnare ci vuole fantasia. Alla Università Statale di Milano la fantasia non manca.


L’utilità dell’incendio

Quali effetti positivi può produrre l’incendio al deposito rifiuti a Milano? Può far fare ai milanesi almeno due scoperte culturali.
In primo luogo, i milanesi hanno una occasione rarissima di respirare un po’ di aria estiva russa. Ma solo un po’: quando le discariche miste tipiche per la Russia iniziano a bruciare, in città si sta molto e molto peggio.
In secondo luogo, i miei amatissimi lettori – non solo milanesi – possono finalmente scoprire una grande verità sulle cosiddette «mascherine mediche» (anche se avrebbero dovuto saperla già). Ebbene, le mascherine servono per non trasmettere le proprie malattie agli altri, non al contrario!


I wikituristi

Le amministrazioni comunali interessate all’aumento dei turisti e/o residenti nei propri centri abitati hanno a disposizione uno strumento pubblicitario potentissimo e completamente gratuito. Ma, per un motivo che non riesco a immaginare, in moltissimi casi non lo sfruttano.
Quel strumento si chiama Wikipedia. Ne avete già sentito parlare? È un piccolo sito web dove ogni comune può creare/ampliare la propria pagina per spiegare a tutto il mondo come raggiungere il proprio territorio, perché merita di essere visitato, in base ai quali elementi può essere valutata la qualità della vita etc. Ma un sacco di località italiane ignora questa opportunità: me ne sono accorto già da tempo pianificando i miei viaggi o preparando i testi sui viaggi svolti.
Conviene comprendere che il principio «chi è fuori dall’internet è fuori dall’economia» vale non solo per le aziende.


La resa

Come avrete probabilmente già letto, in un liceo di Piacenza è stato tecnicamente realizzato il blocco dei telefoni nelle ore di lezione.
Non so se tutti si sono resi conto della gravità del segnale. Non so se tutti hanno capito cosa nasconde questa disperata azione di forza. In sostanza, per la prima volta in Italia un intero corpo dei docenti ha ammesso pubblicamente di essere più noioso di un fottuto apparecchio elettronico. Ha ammesso di avere perso la concorrenza. Ha ammesso di non saper offrire ai propri studenti nulla di meglio, coinvolgente e interessante. Ha ammesso di essere professionalmente inadeguato.
Che tristezza…
Io, se fossi il genitore di uno dei ragazzi, avrei già provveduto di trasferire il proprio figlio in una scuola migliore. Ma per fortuna non ho più le preoccupazioni di questo genere.

Per la maggior parte degli anni nei quali è trascorsa la mia vita scolastica, il cellulare era uno dei simboli dell’imprenditore di successo. Di conseguenza, io e i miei compagni non avevano quel genere di distrazione. Durante le lezioni noiose ci scrivevamo dei bigliettini stupidi o giocavamo a scacchi sotto il banco. È questa la vita reale.