Buon Natale a tutti coloro che lo festeggiano oggi. Speriamo che Egli vi porti tanta fortuna e tanta forza!
L’archivio della rubrica «Feste»
Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo. Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario (non lo sono!), ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come negli anni precedenti (si veda, per esempio, il messaggio dell’anno scorso), si tratta del messaggio privo di alcun contenuto concreto. Nemmeno una parola sulla complessità dei problemi – ma nemmeno sui pochi momenti positivi – che lo Stato ha dovuto affrontare nell’anno passato e dovrà continuare ad affrontare nel 2019 sotto la sua guida.
In mezzo alle formule generiche che si possono osservare nella maggioranza dei suoi discorsi pubblici, questa volta ha però preferito inserire un concetto spesso già trasmesso ma che fino ad ora ha sempre lascito fuori dal discorso per l’anno nuovo. Intendo il concetto della solitudine a livello internazionale. Seppure il crescente isolamento della Russia sia la diretta conseguenza della politica internazionale russa/putiniana (soprattutto a partire dal 2014 si sta facendo il possibile per meritarsi lo status del «rogue State»), cerca di convincere la popolazione della ostilità ingiustificata del mondo esterno. Non è vero che «non siamo mai stati aiutati». Io stesso mi ricordo la difficile situazione alimentare dei primi anni ’90, quando gli aiuti umanitari europei e statunitensi erano stati di enorme aiuto. (Prima o poi scriverò di un esempio, della carne in scatola distribuita a scuola un giorno del gennaio freddo: portare fino alla casa i 10 kg miei e allo stesso tempo aiutare a farlo a una compagna del classe residente nel palazzo vicino al mio era stata una missione di sopravvivenza in tutti i sensi). Dai racconti degli anziani so degli aiuti statunitensi degli anni ’40: nel corso della Seconda guerra e immediatamente dopo. Dai libri di storia so degli aiuti fondamentali sempre americani durante la carestia dei primi anni ’20. Questi sono solo gli esempi più grandi degli aiuti ricevuti dalla popolazione russa nei momenti della impotenza dello Stato.
Di conseguenza, nel mio messaggio per il felice 2019 avrei solo una cosa da augurare a Vladimir Putin: la pensione.
Con un po’ di anticipo (perché spero che tra qualche ora tutti avremo un passatempo migliore della lettura del mio sito) auguro a tutti i miei lettori un buon anno nuovo.
Sono poche le abitudini più stupide e meno producenti del pianificare di iniziare una vita nuova (oppure prendere le decisioni, iniziare le opere importanti etc) a partire dal lunedì, dal mese prossimo o dall’anno nuovo. Il mio augurio ai lettori per l’anno nuovo è quindi semplicissimo.
Vi auguro di imparare a iniziare tutto nel momento migliore: ora. Se sono le 17:33 di un mercoledì qualunque, va sempre benissimo. Perché è ora che ci sono l’idea, l’interesse e le persone più adatte per la partenza (voi e gli amici).
Siate sereni.
Andrà tutto bene.
Due anni fa mi era già capitato di scrivere della figura di Ded Moroz, cioè il personaggio che in Russia (e tanti altri Stati dell’ex URSS) porta i regali la notte del Capodanno invece che per il Natale. La scelta di sostituire la festa e il relativo personaggio «mitologico» ha una chiara fondatezza ideologica.
Ebbene, poco fa ho scoperto che il personaggio politico sovietico che per primo – negli anni ’30 – formulò l’idea di dare alla popolazione una festa sostitutiva del vietato Natale, si è guadagnato un articolo storicamente decente sulla Wikipedia italiana.
Come sanno o immaginano alcuni miei lettori, l’autore del presente post è un agnostico con delle forti tendenze all’ateismo. (Tra parentesi: l’ateismo vero presuppone un livello di conoscenza che devo ancora raggiungere.) Di conseguenza, l’opinione condivisa da tutta la redazione del mio blog personale è la seguente: qualora la sopracitata fortunata proposta di Pavel Postyshev fosse stata la sua unica azione politica e professionale, oggi avremmo avuto un nome concreto da ricordare positivamente durante uno dei numerosi brindisi della notte di Capodanno.
E invece siamo costretti a prendere il meglio da una persona del cazius…
Per i miei amici cattolici (reali o formali) la festa più importante del periodo è già passata. Per me, invece, deve ancora arrivare. Ma posso già (o ancora) scrivere dell’unico elemento comune: i regali. Non so se il fare i regali (non importa se per Natale o per altre occasioni) debba essere definito una arte o una scienza. La prima parola è più «poetica», mentre la seconda sottolinea l’aspetto sistemistico dell’affare.
«Cosa c’entra l’aspetto sistemistico?», chiederanno i miei lettori.
E io rispondo che per fare i regali in modo sensato (quindi non comprando la prima cosa che capita cinque minuti prima dell’atto del dono) bisogna comprendere bene alcuni concetti.
Per esempio, le persone che fanno i regali da più anni allo stesso insieme di persone, prima o poi iniziano ad avere dei dubbi sui regali già fatti nelle occasioni precedenti. Il sottoscritto, per esempio, anni fa ebbe il sospetto di avere regalato lo stesso libro alla stessa persona per ben tre volte. Tale figuraccia si evita in un modo abbastanza semplice: facendo la lista dei regali già fatti a tutti i parenti e amici. La lista — che sia in formato digitale o analogico — va conservata in un posto sicuro e aggiornata dopo ogni regalo fatto.
Per ogni persona della suddetta lista, in realtà, andrebbero fatti due elenchi separati: i regali già fatti e le idee per i regali da fare in futuro. Perché il secondo concetto da sapere è: le persone esprimono i desideri (spesso inconsciamente) nei momenti più strani: settimane o mesi prima del compleanno o del Natale. Ma la nostra memoria incorporata non è infinita, quindi ci facciamo aiutare dal nostro elenco.
Al secondo concetto è strettamente legato il terzo, banalissimo. Un regalo deve essere pensato per la persona che lo riceverà. Se facciamo un regalo, significa che conosciamo almeno un po’ la persona e sappiamo almeno qualcosa sui suoi interessi e preferenze. Un regalo personale difficilmente verrà buttato, dimenticato nell’armadio, girato a un’altra persona o addirittura venduto.
Per un bambino o un neo-ragazzo conviene regalare una cosa monouso o un regalo-festa, ma non un giocattolo. Un qualsiasi giocattolo, anche il più bello del mondo, attrae l’attenzione del possessore solo nel corso della prima giornata. Successivamente viene usato una volta al mese e nella metà dei casi solo per caso. Con le bolle di sapone si può creare quasi sempre tanto divertimento, mentre con i giocattoli bisogna impegnarsi.
Un buon regalo non deve comportare delle spese di gestione eccessive. Per esempio, non è bellissimo regalare una Ferrari a un parente che da anni campa con i contratti da stage e apprendistato. Lo stesso vale per i regali palesemente inutilizzabili: per esempio, uno schermo da duecento pollici regalato a una persona che vive in una casa di 30 metri quadri.
Esistono anche tanti altri concetti, che per ora però non mi vengono in mente. Prometto di pubblicarne qualcuno tra un anno.
Nel frattempo concludo con la citazione presa da un bellissimo film russo: «Amare significa capire cosa serve alla persona e darle quella cosa». Sebbene la frase sia di una portata infinitamente più ampia, può essere applicata anche alla missione della scelta dei regali per le persone importanti della nostra vita.
Buon Natale a tutti coloro che ci credono.
Tanti regali a tutti coloro che non ci credono ma approfittano delle utili tradizioni.
Che i pacchi siano numerosi come… boh… che ce ne siano tanti!
Le sfere per l’albero di Natale alcoliche sono belle ma troppo piccole. Per le persone che fanno l’attenzione alla quantità e, eventualmente, anche alla frequenza, esiste un bellissimo calendario dell’avvento tedesco. Esso è composto da 24 bottiglie di vino europeo di qualità. Secondo l’idea originale bisognerebbe bere solo una bottiglia al giorno per completare il tutto giusto per il Natale. Ma oggi è già il 19 dicembre, quindi bisogna anche recuperare svuotando pure le bottiglie dei diciotto giorni precedenti.
Per tutti coloro che non avessero 249 euro da spendere in un colpo solo esiste una alternativa spagnola da 49,90 euro. Sono sempre 24 bottiglie, ma molto piccole: da 0,187 a 0,25 litri.
In ogni caso restano dei dubbi su cosa bisognerebbe bere dopo avere completato il calendario.
La distilleria britannica The Lakes Distillery ha trovato il modo di rendere l’albero di Natale ancora più utile del «normale». Infatti, normalmente quell’albero ha una utilità pratica solo una mattina dell’anno, mentre la soluzione proposta dagli inglesi lo rende utile tutte le sere (ma volendo anche tutte le mattine).
In sostanza, hanno prodotto le sfere per l’albero di Natale riempite con degli alcolici: è possibile scegliere tra il whisky, la vodka e il gin (gli ultimi due presenti in tre varianti).
Il set di 6 sfere da 50 ml (un po’ pochi secondo me) costa 41 euro.
Ora anche tanti genitori sono d’accordo di tenere l’albero di Natale per molto tempo e con più sfere possibile, vero?
Quale potrebbe essere la zucca migliore del 2018? Ecco una delle validissime candidate, tanto spaventosa da essere repugnante:
A questo punto ricordiamoci pure di quella di due anni fa…
Si dice che tuttoggi alcune persone soffrono della tafofobia.
Cari tafofobi, non preoccupatevi! Siamo nel 2018, quindi prima di essere seppelliti sarete sottoposti alla autopsia.
Al massimo morirete a causa di quest’ultima…