Comunque sia l’anno della fondazione, sarebbe bello assegnare il nome «1984» a un circolo di lettura: per sottolineare l’utilità per la salute della società di tutto ciò che promuove (o può promuovere). Ma è una idea talmente banale che inizialmente ho letto male il numero su questa targa:
L’archivio della rubrica «Cultura»
Ho appena appreso della morte dello scrittore Tom Wolfe… E devo ammettere che si tratta di una non rara occasione in cui il mio primo pensiero è stato «non pensavo che fosse ancora vivo».
Nonostante una certa dimenticanza (almeno nei limiti del mio campo visivo nella vita culturale/sociale statunitense contemporanea), non smetto di essere grato a Wolfe. Il suo romanzo «The Electric Kool-Aid Acid Test», letto circa vent’anni fa, mi ha fatto abituare anche alla letteratura non tradizionale. Il che comportò, a sua volta, ulteriori benefici culturali.
Ah, direi che almeno il libro appena citato può essere consigliato a tutti i miei lettori.
Il gruppo statunitense The Ventures si è formato nel 1958 in un modo solitamente tipico alle band adolescenziali. Un giorno Bob Bogle si è presentato nel negozio delle automobili usate del suo amico Don Wilson e gli disse:
«A noi entrambi piace la musica, organizziamo un gruppo!»
«E come facciamo? Non sappiamo suonare!», rispose Don.
«E vabbè, suoniamo la musica come la sentiamo e vediamo cosa ne viene fuori…»
La conseguenza di questo dialogo (solo riassunto da me) sono stati diversi decenni di storia pieni di brani di una buona qualità. Ne metto, ormai da tradizione, solo due: scelti tra quelli degli album iniziali.
Prima il «Rebel – Rouser»:
E poi «Honky – Tonk»
Il mercoledì 2 maggio il grande direttore d’orchestra russo Valerij Gergiev ha compiuto 65 anni. Quindi per il post musicale di oggi ho scelto la suite sinfonica «Shahrazad» scritta dal compositore russo Nikolaj Rimskij-Korsakov nel 1888 e diretta – nel nostro caso specifico – da Gergiev a Salisburgo nel 2005.
Oggi sarebbe il 200° anniversario dalla nascita di Karl Marx. Non sono un grande fan delle sue opere pseudo-scientifiche e, allo stesso tempo, ritengo poco utile sprecare tempo per la critica delle sue teorie obsolete da tutti i punti di vista.
L’unico motivo veramente valido per continuare oggi a discutere della sua figura è la curiosa situazione in cui si trova l’insegnamento della economia in molte università del nostro pianeta. A tutti coloro che si sono laureati molto tempo fa o hanno evitato gli esami di economia il fatto potrebbe sembrare incredibile, ma è reale: sui libri universitari di economia si trovano ancora moltissime tracce del pensiero di Marx.
Si tratta di un fatto reale e tragico. Infatti, moltissime persone dotate di un basso livello di pensiero critico si fanno installare nei propri cervelli una visione di quel mondo che non esiste più da oltre un secolo. Per di più, valutano quel mondo remoto nel tempo (come s esistesse ancora) servendosi delle teorie economiche non completamente sensate.
Gli esempi concreti sono innumerevoli, partendo già dalla stranissima affermazione che un lavoratore dipendente venderebbe il proprio lavoro in cambio del salario. Ciò potrebbe in una certa misura essere vero in una economia caratterizzata da un alto impiego della manodopera non/poco qualificata (per una buona parte del XIX secolo fu ancora così), ma nel XXI secolo non è assolutamente vero. Se l’affermazione marxista fosse vera, il lavoro più conveniente per i «padroni» sarebbe quello delle scimmie: potrebbe essere pagato con poche banane al giorno. Ma alla economia dei nostri giorni non serve il lavoro delle scimmie. Non serve nemmeno il lavoro degli umani che hanno un simile livello di istruzione. Alla economia di oggi servono le conoscenze e le competenze che gli umani sono disposti a vendere e/o condividere. Quelle conoscenze e competenze che permettono di sfruttare le conquiste del progresso e portarlo avanti. E quindi non rimanere indietro nella competizione tra le aziende, tra gli Stati e tra le zone geografiche. Di conseguenza, un umano consapevole ha tutte le possibilità di uscire dalla condizione di essere una merce attraverso la cultura. Più competenze ha una persona, più pregiata diventa, sempre più una merce per pochi, fino a diventare uno status-symbol di cui qualsiasi azienda sarebbe fiera.
Certo, è importantissimo ricordare la differenza tra le conoscenze e le abilità (saper creare e prendere le decisioni è sempre più importante del saper svolgere le operazioni ripetibili secondo le istruzioni imposte), ma questo è l’argomento di un altro lungo post.
Ai fini del post di oggi, invece, possiamo costatare una cosa poco felice. Le zone geografiche nelle quali prevale la vendita del lavoro da parte dei lavoratori si avvicinano sempre più alla concezione del Terzo Mondo. Le zone geografiche dove prevale invece la vendita delle conoscenze son più vicine alla concezione del Primo Mondo. Non dobbiamo dunque prendere il cattivo esempio dagli ammiratori di Marx: lo spostamento delle industrie al di là dei confini dei nostri Stati è una tendenza economica positiva. Essa testimonia un buon livello di progresso economico, sociale e culturale.
A volte le idee dei post nascono nei momenti quotidiani piuttosto banali che non hanno alcunché di interessante per i miei lettori. Anzi, a un osservatore estraneo potrebbe addirittura sembrare che non ci sia alcun nesso logico tra l’evento e il post, eppure sono infinite le vie del mio pensiero.
Per esempio, pochi giorni fa un mio grande (in tutti i sensi) ma un po’ spensierato amico ha tentato di conoscere una bella ragazza «in stile star degli anni ’80» (definizione sua), dimenticando poi di presentarsi nell’orario prestabilito. Questa piccolo e in alcuni aspetti divertente momento ha influenzato la mia scelta per il post musicale di oggi. Mi sono ricordato di una tipica star degli anni ’80 che potrebbe far venire in mente quella ragazza: Kim Wilde.
In qualità del primo video musicale di oggi metto la sua interpretazione della «You Keep Me Hanging On» (la versione originale fu registrata nel 1966 dalla girl-band Supremes):
E poi metterei la «Kids in America», cioè la canzone con la quale è diventata famosa:
Il duo Simon and Garfunkel va ricordato, oltre a un buon livello musicale che riuscirono a tenere per oltre un decennio, anche per una occasione clamorosamente sprecata.
Il 5 aprile 1968 – praticamente cinquant’anni fa – uscì il loro famosissimo singolo «Mrs. Robinson». La prima versione di questa canzone fu scritta e registrata per la colonna sonora del film «Il laureato» («The Graduate», 1967) e avrebbe avuto delle buone possibilità di vincere l’Oscar alla migliore canzone. Paul Simon e Art Garfunkel, però, non compilarono i documenti necessari per la partecipazione al concorso semplicemente non ritenendolo importante. Effettivamente, all’epoca dei fatti l’Oscar in generale non fu un premio autorevole quanto lo è oggi, ma non bisogna mai dimentecare che il nostro mondo è in una continua evoluzione. Quindi il principio «avere è meglio che non avere» dovrebbe essere seguito ogni qualvolta che non comporta degli sforzi apparentemente sproporzionati al risultato o pericoli gravi.
Ricordiamoci anche di questa saggezza di portata cosmica quando ci capita di sentire la «Mrs. Robinson»…
In qualità della seconda canzone del post musicale odierno metterei l’altrettanto famosa «The Sounds of Silence» (anche essa facente parte del film già citato).
Il gruppo statunitense 4 Not Blondes è una delle innumerevoli formazioni rimaste nella storia musicale grazie a una sola canzone, la «What’s Up?». Nel loro specifico caso, però, c’è un’attenuante: il gruppo è esistito per meno di cinque anni.
E, soprattutto, a certi musicisti non basterebbero nemmeno cinque vite per creare qualcosa del genere:
P.S.: questa canzone mi è venuta in mente proprio oggi grazie alla decisione di un Tribunale di Mosca sul blocco del Telegram. Nel corso della prossima settimana scriverò un post serio su questo argomento stupidissimo.
A volte capita… In realtà non sono un grande esperto dei video musicali, quindi non escludo che possa essere il caso di dire spesso capita. Insomma, capita che per una canzone mediocre venga fatto un video molto bello, tendente ad essere un capolavoro.
Uno degli esempi più illustri è il video girato nel 1983 per la canzone «Take on Me» del gruppo norvegese a-ha.
La trama del primo video è stata poi ripresa in quello della canzone «The Sun Always Shines on T.V.» (del 1985). Ma non aspettatevi la seconda puntata: si tratta dei pochi secondi iniziali:
E poi niente, spero che questo post sia utile almeno a me per non perdere le tracce del primo video (mi era già capitato di dimenticare il suo nome e cercarlo disperatamente per alcuni anni).
Quattro settimane fa avevo già postato due canzoni dei Creedence Clearwater Revival. Oggi approfondisco una delle loro canzoni più note: «Suzie Q».
Essa fece parte del loro primo album (chiamato «Suzie Q») pubblicato nel 1968 e fu l’unica loro canzone famosa scritta da un altro musicista.
In realtà questa canzone è stata scritta e cantata per la prima volta da Dale Hawkins nel 1957:
E, nel 1964, registrata pure da The Rolling Stones:
Ma per me la versione migliore rimane quella dei Creedence Clearwater Revival.