L’archivio della rubrica «Cultura»

La musica del sabato

Considerando che siamo ancora in un periodo festivo particolare, ho pensato di ispirarmi – nella scelta della musica per questo sabato – al ballo di Capodanno di Vienna. Uno dei compositori più apprezzati in tale occasione è il «re dei valzer» Johann Baptist Strauss II.
Figlio di un noto compositore austriaco, J. B. Strauss II fu costretto a studiare la musica di nascosto (il padre fu intenzionato a farlo diventare un banchiere) e rimanere senza l’eredità dopo avere deciso di dedicarsi professionalmente alla propria passione (la musica, appunto). Il risultato eccezionale dimostra, ancora una volta, che i talenti crescono meglio in un ambiente ostile che in un giardino curato. Incontrando e superando gli ostacoli sentono aumentare il desiderio della propria meta.
La prima delle due opere selezionate per il post di oggi è «Radezky Marsch»:

Mentre la seconda è «Persischer Marsch»:


La musica del sabato

Una decina d’anni fa a San Pietroburgo si celebrò – come accade tutti gli anni – una delle più importanti feste cittadine ufficiose. Come da tradizione, nell’auditorium utilizzato per la parte istituzionale della festa – in sostanza un concerto di livello non proprio altissimo con alcuni discorsi ufficiosi in mezzo – furono presenti le massime istituzioni locali (tra il pubblico) e gli artisti locali più noti a livello federale e apprezzati in modo reciproco dalle istituzioni di ogni livello (sul palcoscenico, tra i partecipanti al concerto).
Ma ecco che, improvvisamente, sul palcoscenico comparve il compositore Oleg Karavaychuk…
Provate a immaginare il carattere più brutto che potete. Il carattere di Oleg Karavaychuk era molto peggio. Si vestiva in un modo un po’ bizzarro e arcaico: immaginate un povero pittore di Montmartre della fine dell’800. Viveva in una stanza minuscola di un appartamento in condivisione (uno di quelli co-posseduti e co-abitati da più famiglie in contemporanea): la maggior parte dello spazio della stanza era occupato da un pianoforte. Karavaychuk dormiva quindi sotto il pianoforte e utilizzava la sua superficie superiore come tavolo. Prima di andare a suonare in pubblico toglieva la federa (mai lavata) dal suo unico cuscino e se la metteva in tasca. Arrivando nella sala da concerto, si sedeva davanti al pianoforte e si copriva tutta la testa (faccia compresa) con quella federa: per fare in modo che gli ascoltatori ed egli stesso si concentrassero esclusivamente sulla musica e non su chi ascolta o suona. Suonando, spesso si sdraiava quasi completamente sotto il pianoforte.
Insomma, è evidente che a quel concerto festivo fu invitato per sbaglio.
Una volta salito sul palco, si avvicinò al microfono e con la sua terribile voce scricchiolante disse: «Cari amici! Tutto ciò che avete sentito nel corso di questo concerto è una merda terrificante. Per coloro che pensano di avere sentito male, ripeto: M-E-R-D-A. Finalmente possiamo ascoltare la musica.»
Nel totale silenzio che si instaurò nella sala, il compositore Oleg Karavaychuk si sedette davanti al pianoforte, si mise in testa la famosa federa e iniziò a suonare una delle sue opere fantastiche.
Ieri, il 28 dicembre, sarebbe stato il 91-esimo compleanno di uno dei musicisti e compositori russi contemporanei più particolari e interessanti. Oleg Karavaychuk è stato l’autore non solo di molte opere classiche, ma anche delle musiche ipnotizzanti per oltre 150 film russi e sovietici. Purtroppo è morto il 13 giugno 2016, essendo già fisicamente debole e con la capacità di suonare limitata.
Per il post musicale di oggi ho scelto due sue opere.
In qualità della prima metterei la «Il valzer di Ekaterina II con i favoriti»:

E, visto che ho nominato il notevole lavoro di Karavaychuk con il cinema russo, aggiungo pure un esempio concreto. È tratto dal film «Il monologo» del 1972 (dubito che sia mai stato tradotto in italiano):


La musica del sabato

Un mese e mezzo fa avevo postato due canzoni di Alan Parsons’ Project. E subito avevo pensato di dover postare, un giorno, anche qualcosa di Alan Parsons stesso. Sarebbe logico, vero? Ebbene, il momento è giunto.
In realtà la differenza principale tra Alan Parsons’ Project e Alan Parsons è la libertà di Parsons di registrare cosa e come egli voleva (senza concordare il tutto con il collega dell’APP Eric Woolfson). Mentre per il resto il modo di lavorare è rimasto lo stesso.
Beh, la libertà è una prova che ognuno supera come può.
La prima delle canzoni di Alan Parsons scelte è la «Back Against the Wall» (dall’album «Try Anything Once» del 1993):

Mentre la seconda è la «Wine from the Water» (sempre dall’album «Try Anything Once» del 1993):


La musica del sabato

Il post musicale di oggi è dedicato a Aleksandr Borodin, un fenomeno raro della musica classica. Borodin fu un medico e chimico che non ricevette mai una istruzione musicale seria. Anzi, essendo il figlio illegittimo di un nobile dovette fare dei «miracoli» burocratici anche per accedere agli studi superiori e universitari. Ma seppe comunque coltivare, sviluppare e mettere in pratica le proprie doti musicali.
Nonostante una quantità delle opere musicali relativamente bassa (dovette dedicarsi anche al primo lavoro: l’insegnamento e la ricerca), oggi Borodin è noto come uno dei più grandi compositori russi e non come uno scienziato. Io ho deciso di pubblicare due esempi brevi della musica che ci ha lasciato.
Il primo esempio è l’ouverture della opera lirica «Il principe Igor»:

Il secondo esempio è il quadro sinfonico «Asia Centrale» del 1880:


La musica del sabato

Il 5 dicembre J. J. Cale avrebbe compiuto 80 anni. Per ricordarlo, oggi posto questi due brani:
Crying (dall’album «Okie» del 1974)

Don’t Cry Sister (dall’album «5» del 1979)

Quasi un anno fa avevo già postato la sua «I Got The Same Old Blues» in tre interpretazioni diverse.


La musica del sabato

Per il post musicale di oggi avevo pensato di scegliere una delle opere di Modest Mussorgsky (uno dei miei compositori russi preferiti). Tra le opere da lunghezza e intensità compatibili con le esigenze di un mio lettore medio avevo poi quasi subito selezionato il quadro sinfonico «La notte sul Monte Calvo» (suonato dalla orchestra di Omsk).

Avevo inoltre pensato che il titolo di tale opera richiederebbe almeno una breve spiegazione. Il Monte Calvo (Lysaja Gora in russo) è un elemento del folclore slavo, un analogo, per esempio, del Brocken tedesco. Sul Monte Calvo russo le streghe e le altre creature maligne periodicamente si riuniscono di notte per il sabba.


La musica del sabato

La data odierna è una delle più adatte per dedicare il post musicale del sabato ai Queen. Considerando però la larga notorietà del gruppo, mi sembra poco utile pubblicare i video delle loro canzoni più note (altrettanto poco utile è spendere il tempo e le forze per tentare di sceglierne solo due).
Per illustrare i lati purtroppo poco noti del loro valore musicale (ed è importante precisare che per i Queen intendo sempre e solo la formazione classica Mercury – May – Deacon – Taylor) ho scelto le seguenti due canzoni.
Prima di tutto la «Sail Away Sweet Sister» (dall’album «The Game» del 1980):

E poi un po’ cupa, ma allo stesso tempo fiabesca, «White Queen» (dall’album «Queen II» del 1974):


La musica del sabato

Per il post musicale di oggi ho scelto due opere brevi del compositore russo Mikhail Glinka, scritte in seguito al suo viaggio in Spagna nel 1844.
La prima è la Ouverture 1 «Jota aragonese»:

Mentre la seconda è la Ouverture 2 «Il ricordo della notte estiva a Madrid»:

Essendo uno dei compositori russi più interessanti del XIX secolo, molto probabilmente Glinka capiterà ancora nella mia rubrica musicale.


Un film russo da vedere

Con il post cinematografico di oggi faccio un nuovo tentativo di consigliarvi un film russo non troppo deprimente. Rispetto alla volta scorsa dovrebbe trattarsi, a mio giudizio personale, di un film molto meno pesante ma quasi altrettanto bello.
Questa volta vi consiglio il film di Pavel Chukhraj «Ladro» (1997).

Mi è sembrato di capire che sia stato tradotto anche in italiano, quindi non dovreste riscontrare dei grossi problemi nel trovarlo. Come non dovreste avere dei grossi problemi nel comprendere la sua trama: è un film ben fatto e non (per fortuna!) un ammasso di stereotipi raccolti insieme per accontentare lo spettatore occidentale.


La musica del sabato

The Alan Parsons Project è stato un gruppo anomalo già dal momento della sua nascita: è stato formato da due trentenni (Eric Woolfson e Alan Parsons) che prima di allora non avevano mai fatto una esperienza del genere (si solito si inizia a suonare e formare i gruppi con circa quindici anni di età in meno). Inoltre, il gruppo non ha mai avuto – almeno formalmente – una formazione stabile (oltre ai due fondatori). Il terzo elemento importantissimo della anomalia del gruppo è la stilistica musicale: l’utilizzo costante della orchestra e la scelta della voce più adatta per ogni singolo brano.
Nel post musicale di oggi inserisco due opere del periodo migliore del gruppo.
La prima è la «Eye in the Sky» (dall’album «Eye in the Sky» del 1982):

E la seconda è la «The Turn of a Friendly Card» (dall’album «The Turn of a Friendly Card» del 1980), cioè la canzone con la quale ho avuto la fortuna di scoprire il gruppo tanti anni fa.