L’archivio della rubrica «Cultura»

La musica del sabato

Il post musicale di oggi è dedicato a Aleksandr Borodin, un fenomeno raro della musica classica. Borodin fu un medico e chimico che non ricevette mai una istruzione musicale seria. Anzi, essendo il figlio illegittimo di un nobile dovette fare dei «miracoli» burocratici anche per accedere agli studi superiori e universitari. Ma seppe comunque coltivare, sviluppare e mettere in pratica le proprie doti musicali.
Nonostante una quantità delle opere musicali relativamente bassa (dovette dedicarsi anche al primo lavoro: l’insegnamento e la ricerca), oggi Borodin è noto come uno dei più grandi compositori russi e non come uno scienziato. Io ho deciso di pubblicare due esempi brevi della musica che ci ha lasciato.
Il primo esempio è l’ouverture della opera lirica «Il principe Igor»:

Il secondo esempio è il quadro sinfonico «Asia Centrale» del 1880:


La musica del sabato

Il 5 dicembre J. J. Cale avrebbe compiuto 80 anni. Per ricordarlo, oggi posto questi due brani:
Crying (dall’album «Okie» del 1974)

Don’t Cry Sister (dall’album «5» del 1979)

Quasi un anno fa avevo già postato la sua «I Got The Same Old Blues» in tre interpretazioni diverse.


La musica del sabato

Per il post musicale di oggi avevo pensato di scegliere una delle opere di Modest Mussorgsky (uno dei miei compositori russi preferiti). Tra le opere da lunghezza e intensità compatibili con le esigenze di un mio lettore medio avevo poi quasi subito selezionato il quadro sinfonico «La notte sul Monte Calvo» (suonato dalla orchestra di Omsk).

Avevo inoltre pensato che il titolo di tale opera richiederebbe almeno una breve spiegazione. Il Monte Calvo (Lysaja Gora in russo) è un elemento del folclore slavo, un analogo, per esempio, del Brocken tedesco. Sul Monte Calvo russo le streghe e le altre creature maligne periodicamente si riuniscono di notte per il sabba.


La musica del sabato

La data odierna è una delle più adatte per dedicare il post musicale del sabato ai Queen. Considerando però la larga notorietà del gruppo, mi sembra poco utile pubblicare i video delle loro canzoni più note (altrettanto poco utile è spendere il tempo e le forze per tentare di sceglierne solo due).
Per illustrare i lati purtroppo poco noti del loro valore musicale (ed è importante precisare che per i Queen intendo sempre e solo la formazione classica Mercury – May – Deacon – Taylor) ho scelto le seguenti due canzoni.
Prima di tutto la «Sail Away Sweet Sister» (dall’album «The Game» del 1980):

E poi un po’ cupa, ma allo stesso tempo fiabesca, «White Queen» (dall’album «Queen II» del 1974):


La musica del sabato

Per il post musicale di oggi ho scelto due opere brevi del compositore russo Mikhail Glinka, scritte in seguito al suo viaggio in Spagna nel 1844.
La prima è la Ouverture 1 «Jota aragonese»:

Mentre la seconda è la Ouverture 2 «Il ricordo della notte estiva a Madrid»:

Essendo uno dei compositori russi più interessanti del XIX secolo, molto probabilmente Glinka capiterà ancora nella mia rubrica musicale.


Un film russo da vedere

Con il post cinematografico di oggi faccio un nuovo tentativo di consigliarvi un film russo non troppo deprimente. Rispetto alla volta scorsa dovrebbe trattarsi, a mio giudizio personale, di un film molto meno pesante ma quasi altrettanto bello.
Questa volta vi consiglio il film di Pavel Chukhraj «Ladro» (1997).

Mi è sembrato di capire che sia stato tradotto anche in italiano, quindi non dovreste riscontrare dei grossi problemi nel trovarlo. Come non dovreste avere dei grossi problemi nel comprendere la sua trama: è un film ben fatto e non (per fortuna!) un ammasso di stereotipi raccolti insieme per accontentare lo spettatore occidentale.


La musica del sabato

The Alan Parsons Project è stato un gruppo anomalo già dal momento della sua nascita: è stato formato da due trentenni (Eric Woolfson e Alan Parsons) che prima di allora non avevano mai fatto una esperienza del genere (si solito si inizia a suonare e formare i gruppi con circa quindici anni di età in meno). Inoltre, il gruppo non ha mai avuto – almeno formalmente – una formazione stabile (oltre ai due fondatori). Il terzo elemento importantissimo della anomalia del gruppo è la stilistica musicale: l’utilizzo costante della orchestra e la scelta della voce più adatta per ogni singolo brano.
Nel post musicale di oggi inserisco due opere del periodo migliore del gruppo.
La prima è la «Eye in the Sky» (dall’album «Eye in the Sky» del 1982):

E la seconda è la «The Turn of a Friendly Card» (dall’album «The Turn of a Friendly Card» del 1980), cioè la canzone con la quale ho avuto la fortuna di scoprire il gruppo tanti anni fa.


La percentuale delle persone convinte che il livello della loro cultura nazionale è più alto rispetto agli altri Stati:

Il top-5:
Grecia (89%)
Georgia (85%)
Armenia (84%)
Russia (69%)
Bulgaria (68%)

La fonte:https://bigthink.com/strange-maps/pew-cultural-superiority-europe?rebelltitem=1#rebelltitem1


La musica del sabato

È proprio vero: se ce l’hanno fatta i Kiss, c’è seranza per tutti [di diventare dei «musicisti» famosi].
Secondo me, in tutta la loro storia i Kiss hanno fatto solo una canzone bella: «I Was Made For Lovin’ You» (dall’album «Dynasty» del 1979).

E poi hanno fatto una canzone decente: «Detroit Rock City» (dall’album «Destroyer» del 1976).

Esiste pure il film «Detroit Rock City» del 1999. È classificato come una commedia, ma in sostanza è una pubblicità del gruppo lunga 95 minuti. Qualche anno fa, in un momento di particolare oscurità mentale, lo avevo pure visto. Mi rammarico tuttora per il tempo sprecato.


Cominciamo con un po’ di infografica sulle plus- e minusvalenze:

Gli Stati colorati di nero sono quelli con il livello della fuga dei cervelli maggiore.
Gli Stati colorati di rosso sono quelli con il livello della fuga dei cervelli poco significante.
Gli Stati colorati di blu sono quelli con il livello dell’arrivo dei cervelli poco significante.
Gli Stati colorati di verde sono quelli con il livello dell’arrivo dei cervelli maggiore.
Vorrei far notare ai lettori un concetto importante ma ignorato da tanti. La cosiddetta «fuga dei cervelli» è un brutto indicatore sulle condizioni della loro patria, ma quei cervelli rimangono comunque nella comunità planetaria dei cervelli umani. Un indicatore molto più brutto è la scarsità (se non l’assenza) dei cervelli che siano abbastanza competitivi per fuggire da qualche parte.