Il compositore austriaco Franz Schubert ebbe una vita breve (morì a 31 anni) e una carriera musicale intensa (iniziò a comporre musica solo a 13 e, nonostante ciò, solo le sue composizioni vocali sono circa seicento). Anche per questo motivo è stato considerato, nonostante l’altissima qualità delle sue opere, un giovane promettente morto prematuramente. Tra una grandissima varietà stilistica delle sue opere, per il post di oggi ho scelto la «Grande» Sinfonia n. 9 in Do maggiore. In questo caso specifico è suonata dalla Orchestra filarmonica di Vienna diretta da John Eliot Gardiner.
L’archivio della rubrica «Cultura»
È veramente strano che Chuck Berry non sia mai comparso nella mia rubrica musicale. Oggi provvedo a correggere questo errore e posto due brani dal suo secondo album, il «One Dozen Berrys» del 1958.
Il primo brano è il super hit dell’epoca «Sweet Little Sixteen»:
E poi metterei il brano strumentale «Blue Feeling»:
Qualche settimana fa ho fatto una scoperta in materia dei video musicali personalmente per me quasi scioccante. Ho scoperto che il video della canzone «My Favorite Game», il quale ricordavo dai tempi di adolescenza, inizia e finisce con le scene che in televisione sono sempre state inspiegabilmente tagliate. Ma quelle scene influiscono sensibilmente sul senso del video:
[in effetti, mi ero sempre chiesto come facesse ad andare avanti con la macchina anche allontanandosi dai comandi].
A questo punto, in qualità della seconda canzone dei Cardigans metterei la «Carnival» (scelta a caso) dall’album «Life» del 1995.
A volte i ricordi giovanili diventano, per qualche strano motivo, più importanti della musica.
Perché non ho mai pubblicato, nella mia rubrica musicale, qualcosa di Petr Tchaikovsky, uno dei compositori russi più noti? Non saprei. Ma oggi recupero.
La Sinfonia n. 6 in Si minore è l’ultima sinfonia scritta da Tchaikovsky. Finita ad aprile del 1893, due mesi prima della morte dell’autore, è stata da egli stesso chiamata Patetica perché contrappone gli argomenti della vita e della morte.
In questo caso specifico è suonata dalla orchestra del teatro Mariinsky (San Pietroburgo) diretta da Valery Gergiev.
Qualche giorno fa ho scoperto una bella parola giapponese: tsundoku. Essa indica i libri che una persona compra ma poi non legge nemmeno una volta.
E quindi mi sono chiesto: nelle lingue occidentali esistono delle parole di questo tipo? Non è necessario che si riferiscano ai libri. Per esempio: come definire le app «belle e potenzialmente utili» che una persona scarica ma poi non utilizza? Oppure i nuovi social networks sui quali ci si registra senza poi collegarsi nemmeno una volta?
Insomma, si può ipotizzare e definire con un termine specifico tantissime situazioni.
P.S.: i libri digitali conservati sul mio computer (ma poi li leggo con il Kindle) sono organizzati in una serie di cartelle: alcune sono chiamate con i nomi degli autori, alcune altre con il nome dell’argomento o della tematica. La cartella con il nome «Nessuno li ha letti» contiene alcuni grandi classici dei quali tutti parlano senza, appunto, averli letti (per esempio, «Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni» di Adam Smith).
Ora so come rinominare quella cartella. Anche se ho letto i libri in essa contenuti.
Alla maggioranza delle persone, secondo le mie osservazioni, Sting è ben noto, ma solo grazie alle sue canzoni pubblicate tra la metà degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Uno degli esempi migliori è la «Englishman in New York» (dall’album «… Nothing Like a Sun» del 1987):
Nonostante i naturali mutamenti dovuti all’età (non solo quella di Sting), penso che a volte riesca ancora a produrre qualcosa di interessante. Tra le canzoni meno vecchie potrei scegliere, per esempio, la «I Love Her But She Loves Someone Else» (dall’album «The Last Ship» del 2013):
Dal lunedì 23 settembre al venerdì 27 settembre a Milano si svolgerà la quattordicesima edizione della cosiddetta «Missione culturale russa». Si tratta di una serie di iniziative volte alla promozione della cultura russa in Italia. Tutti i dettagli possono essere letti sulla pagina dedicata della Camera di Commercio Italo-Russa. Io, almeno nel post di oggi, mi concentrerei sui film russi che verranno proiettati in quei giorni.
La lista dei nomi e delle rispettive informazioni si trova su questo pdf (per la versione italiana andate direttamente alla seconda pagina). Io posso consigliarvi due di quei film.
Il primo è «Come Vitka l’Aglio accompagnava Lyokha il Perno alla casa di riposo» del regista Aleksandr Khant. È un film con alcuni minimi problemi di montaggio finale (nel senso che un paio di scene rimane poco comprensibile dal punto di vista logico), ma complessivamente bello. È un film serio – e allo stesso tempo non pesante – che parla della impossibilità di rendere razionali alcuni rapporti umani quotidiani. Ci sono dei bravi attori (soprattutto i due protagonisti) e una interessante evoluzione di uno dei due rispettivi personaggi.
Martedì 24 settembre alle 19:30 al cinema «Odeon».

Il secondo film del programma che posso consigliarvi con serenità è «Una matta, matta, matta corsa in Russia» di Eldar Ryazanov. Non è proprio un grandissimo capolavoro cinematografico, ma – sempre secondo la mia opinione personale – una commedia abbastanza simpatica. Rischierei di rovinarvi la visione con dei spoiler, quindi mi limito a dire che per il pubblico italiano il film potrebbe essere interessante almeno per la possibilità di vedere Alighiero Noschese, Ninetto Davoli, Tano Cimarosa e Luigi Ballista recitare in un film sovietico d’avventura ambientato a Leningrado. Inoltre, trovo veramente strano che il film sia totalmente sconosciuto in Italia: nessuno dei miei amici e conoscenti italiani lo ha visto.
Mercoledì 25 settembre alle 19:30 presso il Centro Culturale di Milano.

Poi ci sarebbe anche un film del bravo regista Khudyakov, ma non avendolo ancora visto non posso permettermi di consigliarlo a voi.
P.S.: i non milanesi possono consolarsi con altri miei consigli cinematografici.
Oggi dedico la rubrica musicale a uno dei più grandi rappresentanti dell’impressionismo musicale: il compositore francese Joseph Maurice Ravel.
L’opera scelta è il concerto № 1 per pianoforte e orchestra in sol maggiore (scritto nel 1931) suonato dalla Orchestra filarmonica di Mosca (direttore Dmitri Jurowski, solista Andrei Korobeinikov).
Come tanti altri gruppi inglesi degli anni ’60, anche The Animals all’inizio della loro carriera cedettero alla moda di cantare le note canzoni americane simulando per di più l’accento americano. Il risultato più noto di tale pratica (per il gruppo in questione) è stata la canzone «The House of the Rising Sun» (inclusa anche nella versione statunitense dell’album «The Animals» del 1964):
Secondo me, però, non meno interessante è la loro interpretazione della «I’m Crying» (versione del 1964):
A volte le preferenze delle grandi masse sono poco comprensibili (ma questo non significa che la prima delle due canzoni faccia schifo).
Per puro caso ho trovato una interessante versione della canzone «Billie Jean» suonata da Jose Feliciano. È interessante per la chitarra:
E poi, a questo punto, metto anche la versione originale di Michael Jackson (il quale l’altro ieri avrebbe compiuto 61 anni):
Anche se non sono mai stato un grande fan di Michael Jackson…



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