Il compositore francese Georges Bizet è troppo famoso per esservi presentato pure da me. Quindi il tentativo di dedicargli un post un po’ meno banale di quello che verrebbe in mente alla maggioranza delle persone può essere basato sulla seguente logica. Dato che Bizet fu considerato dai suoi contemporanei un pianista virtuoso, proviamo ad ascoltare qualche sua composizione per il pianoforte. Conoscendo infatti perfettamente lo strumento, poté esprimere al meglio le proprie capacità da compositore proprio scrivendo per questo strumento.
Metterei due composizioni brevi.
La prima è «Chasse fantastique» («Caccia fantastica» del 1865):
E la seconda è «Jeux d’enfants» («Giochi dei bambini» del 1871):
L’archivio della rubrica «Cultura»
Nei giorni scorsi mi è stato segnalato che già a partire dal 9 gennaio è possibile vedere nei cinema italiani il secondo film del giovane regista russo Kantemir Balagov: «La ragazza d’autunno» del 2019. Non so perché abbiano tradotto il titolo in questo modo: forse per mancanza di un correspettivo dell’originale «Dylda» – una persona eccessivamente alta, magra e poco proporzionata.
In ogni caso, è un bel film che merita di essere visto. Prima o dopo lo avrei sicuramente consigliato anche per iniziativa propria. Seppure con un po’ di ritardo, in questi giorni posso inoltre augurare a tutti i lettori di organizzarsi in tempo per vederlo sullo grande schermo. Il tentativo dei germogli ancora verdi di sopravvivere in un mondo arrugginito – metafora non casuale – si osserva meglio così.
Approfitto della occasione per ribadire: secondo il mio giudizio personale, il primo film di Kantemir Balagov («Tesnota» del 2017) è uno dei migliori film russi del XXI secolo.
Purtroppo devo constatare che gli scacchi è una delle attività intellettuali pubbliche più deludenti degli ultimi decenni. I giocatori professionali hanno infatti imparato tutte le aperture esistenti e hanno ridotto il gioco al tentativo di applicarle meglio dell’avversario.
Secondo la mia percezione, è dunque diventata una questione molto più di memoria che di ragionamento. Ad aggravare la situazione è l’uso dei computer per il calcolo delle mosse future ottimali (si pratica nel corso delle pause nelle partite) qualora una partita dovesse durare oltre una certa quantità di mosse calcolate in una apertura classica.
Molto probabilmente i giocatori professionali trovano una certa soddisfazione nei tentativi infiniti di imporre il proprio schema di gioco preferito all’avversario (ben noto anche a quest’ultimo). Ma secondo me erano molto più divertenti le mie partite con i compagni di classe e di scuola: giocate con la sola applicazione delle regole, erano piene di imprevedibilità e di pura analisi. Le mie capacità di ragionare e di trovare le soluzioni, pur essendo relativamente deboli, derivano anche da quelle partite.
P.S.: una nota autobiografica che non c’entra con l’argomento centrale. Ogni anno al campionato scolastico di scacchi in finale c’eravamo io e un mio compagno di classe. Quasi ogni anno io perdevo.
Il musicista canadese Jeff Healey divenne cieco all’età di otto mesi a causa di una rara patologia oculare: la retinoblastoma. Tale sfortuna non lo ha però mai fermato nell’esercizio della sua grande passione per la musica. Essendo naturalmente meno avvantaggiato nel controllo dello strumento rispetto ai suoi colleghi vedenti, ha (re)inventato la propria versione del tapping, la tecnica di suono della chitarra consistente – semplificando – nel battere con le punta delle dita le corde come se fossero dei tasti. Ed è riuscito a produrre un po’ di musica ascoltabile.
Oggi posto due canzoni di Jeff Healey Band.
La prima è «Angel Eyes» (dall’album «See the Light» del 1988):
E la seconda canzone è «How Long Can a Man Be Strong» (dall’album «Hell to Pay» del 1990):
I cinema – le strutture commerciali – non hanno saputo adeguarsi alla diffusine dell’internet e all’aumento della lunghezza dei film. Di conseguenza, si stanno estinguendo.
L’estinzione del cinema – quindi dei film e delle serie televisive – mi sembra un evento un po’ più lontano nel tempo: anche perché il cinema si adegua più facilmente al mondo contemporaneo. Ma si potrebbe fare di più.
Per esempio, immaginate quel momento di un film horror (ma anche d’azione) quando improvvisamente si spegne la luce e il protagonista ne rimane negativamente sorpreso. Ma nel XXI secolo la maggioranza degli spettatori inizia a vedere il riflesso del proprio volto sullo schermo nero! Secondo me gli sceneggiatori dovrebbero iniziare a prevedere e sfruttare questa circostanza.
Così diventiamo tutti attori. Ma anche dei propri spettatori.
Per il post musicale di oggi ho scelto la Sinfonia n. 1 (detta «Jeremiah») del compositore statunitense Leonard Bernstein. Non mi importa molto il fatto che essa sia stata scritta su una storia biblica: valuto e apprezzo sempre il solo aspetto artistico dell’opera.
Un certo Lee Steffen di Nashville ha pubblicato su Twitter una interessante classificazione degli schemi utilizzati per la creazione di una notevole parte dei poster cinematografici. È una osservazione curiosa tratta da una storia vera, ahahaha
I film d’azione blu/arancione
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Se qualcuno mi avesse chiesto perché non pubblico qualcosa del rock o blues russo, io avrei risposto di avere almeno due motivi validi. Uno di questi è la lingua.
Per fortuna, però, almeno in questo senso esistono anche delle eccezioni.
L’eccezione che vi propongo oggi è Sergey Voronov con il suo gruppo Crossroadz (i nomi vecchi del gruppo sono Crossroads e X-Roudz) formato nel 1990. Non è il suo unico gruppo, probabilmente nemmeno il più originale, ma cominciamo pure da esso.
Ho riflettuto per un po’ di tempo sulla opportunità di invertire l’ordine delle canzoni scelte, ma poi ho comunque trovato le forze per seguire la cronologia degli eventi.
La prima canzone selezionata è la «Diamond Rain» (dall’album «Between» del 1993):
La seconda canzone scelta per oggi è la «We Were Meant to Be» (dall’album «Irony» del 2009):
Finalmente un nome non banale.
Nei giorni scorsi ho scoperto che l’organizzazione pubblica «Paris Musées» («Musei parigini») – che cura 14 musei della città – ha fatto un passo enorme sulla strada del progresso. Ha pubblicato sul proprio sito oltre 150 mila immagini a risoluzione altissima dei pezzi esposti nelle sue strutture.
Tutte le foto possono essere visualizzate e scaricate gratuitamente, essere utilizzate a qualsiasi scopo. Comunque siano le vostre intenzioni – anche la semplice curiosità – vedere in dettaglio certe opere di Rembrandt, Gustav Courbet, Eugène Delacroix, Claude Monet o Antoon van Dyck almeno sul computer è una bella cosa.
È uno strumento in più per capire meglio cosa andare a vedere dal vivo.
Per il post musicale di oggi ho voluto selezionare qualcosa di allegro. A termine di un breve periodo di meditazione ho dunque scelto la piece per l’orchestra «An American in Paris», scritta dal compositore George Gershwin nel 1928 (e suonata per la prima volta a Canegie Hall il 13 dicembre dello stesso anno).
Sì, dovrei educarvi anche all’ascolto del jazz, ahahaha