Gordon L. Goodwin è uno dei più noti e apprezzati musicisti jazz dei giorni nostri. Diversi miei lettori potevano avere sentito – molto probabilmente senza accorgersene – la musica di Goodwin in almeno uno dei numerosi film nei quali è stata utilizzata.
Io oggi provo a pubblicizzare questo bravo artista pubblicando due brani dall’album «XXL» (del 2003) del gruppo Gordon Goodwin’s Big Phat Band.
Il primo brano scelto per oggi è «High Maintenance»:
E il secondo brano di oggi è «Hunting Wabbits»:
Secondo me al giorno d’oggi l’intero jazz andrebbe pubblicizzato, soprattutto tra gli ascoltatori relativamente giovani, quindi sono particolarmente contento di farlo con l’"aiuto" di un grande. Anche se capisco che a qualcuno potrebbe sembrare un genere musicale un po’ difficile…
L’archivio della rubrica «Cultura»
Il pianista e compositore austriaco Carl Czerny era considerato a Vienna, nella prima metà del XIX secolo, uno dei migliori insegnanti di pianoforte. E, infatti, è stato un leggendario metodista, famoso per avere scritto una altissima quantità di studi per il pianoforte. C’è chi sostiene che è impossibile trovare, in tutto il mondo, un pianista degli ultimi duecento anni che non abbia durante la propria vita suonato almeno una composizione di Carl Czerny.
Fino al 1815 Carl Czerny fu un concertista apprezzato sia dai compositori che dal pubblico: Ludwig van Beethoven gli affidò l’esecuzione del suo Terzo Concerto per pianoforte e orchestra. Nel 1815, però, Czerny smise di suonare il pianoforte e si concentrò sulla pedagogia e la composizione.
Per oggi la mia intenzione abbastanza ovvia è stata quella di selezionare due composizioni «normali» (e non degli studi) di Carl Czerny. Il risultato è il seguente.
La prima composizione selezionata è la sonata per due pianoforti in do maggiore, op. 119 («sonata militaire et brillante»):
Mentre la seconda composizione selezionata è la sonata per due pianoforti in sol maggiore, op. 120 («sonata sentimentale»):
Secondo me la tendenza alla pedagogia si percepisce comunque…
Il 21 aprile nei cinema russi è uscito un nuovo film di guerra che non ho visto e, in realtà, non so nemmeno se vedrò (per i film su quella tematica solitamente aspetto i commenti degli esperti di fiducia). Ma ho comunque un motivo per scriverne già ora.
Il nome del suddetto – «Il primo Oscar» – si riferisce palesemente alla storia del primo premio Oscar ricevuto dagli autori sovietici: quello per il documentario «La disfatta delle truppe tedesche vicino a Mosca» girato nel 1942 dai cine-cronisti militari sovietici.
Il nuovo film del 2022 dedicato a quella storia potrebbe anche essere bello (non lo so ancora). Sicuramente parla di alcuni episodi di vero eroismo. Sicuramente è stato concepito, girato e montato prima del 24 febbraio 2022. Sicuramente pure il suo poster è stato concepito e realizzato prima della guerra con l’Ucraina. Ma, comunque, come ci si può liberare – ora che abbiamo visto e letto di tutto sulla guerra in corso – della sensazione che un soldato sovietico stia portando una lavatrice fuori dalla battaglia?
Probabilmente è per questo che Yandex ha rimosso quasi completamente il vecchio poster dai suoi risultati di ricerca (sostituendolo con altri poster per non imbarazzare la gente), mentre Google non si è preoccupato di nulla e mostra ancora una schermata intera di queste lavatrici.
Formalmente, il gruppo rock (strumentale) statunitense The Ventures è uno dei gruppi più longevi al mondo: è nato nel 1958, anche se nessun membro della gloriosa formazione originale è ancora in attività o addirittura in vita. Allo stesso tempo, è uno dei gruppi di maggior successo commerciale della storia.
In questa sede, però, ci interessa il fatto che The Ventures storici, avendo sperimentato tanto con il suono, hanno esercitato una certa influenza su tantissimi altri gruppi di epoche diverse e si sono guadagnati il titolo di «The Band that Launched a Thousand Bands».
Una delle manifestazioni più interessanti della influenza della loro musica è il brano «Surf Rider (Spudnik)», il quale era stato incluso – sotto due nomi diversi – negli album «Mashed Potatoes and Gravy» (1962) e «Surfing» (1963).
Già nel 1963 hanno iniziato a comparire sul mercato le prime (tra le numerose) cover di quel brano. Una delle prime è stata una versione allungata e velocizzata del gruppo californiano The Lively Ones (l’album che la contiene si chiama «Surf Rider!»):
Vi è sembrata già più famigliare? Giusto. Proprio questa cover si sente durante i titoli finali del film «Pulp Fiction» di Quentin Tarantino. Il problema è che più o meno tutti si sono dimenticati, ben prima del 1994, dell’originale de The Ventures.
Quindi a questo punto The Ventures hanno deciso di sfruttare la situazione e reinserire il proprio «Surf Rider» nel programma dei concerti. Ma lo hanno anche rielaborato un po’:
In questo modo è stato salvato dall’oblio, grazie alla loro influenza, uno dei brani del gruppo.
Probabilmente è arrivato il momento di fare un nuovo post musicale legato alla guerra in Ucraina.
Inizierei con i Pink Floyd che nell’ambito del grande progetto internazionale «Stand Up for Ukraine» hanno pubblicato la loro prima canzone nuova dal 1994: «Hey Hey Rise Up». Nella composizione viene utilizzato un frammento vocale cantato dal musicista ucraino Andriy Hlyvnyuk (del gruppo ucraino Boombox) in Piazza Sofia a Kiev. In questo ultimo caso si tratta della canzone «Oy u luzi chervona kalyna». Il titolo della canzone dei Pink Floyd si riferisce al verso della suddetta canzone «A mi našu slavnu Ukrajinu, gej, gej, rozveselimo!».
La seconda canzone del post odierno è la vecchia (del 1985) e ben nota «Russians» di Sting. L’autore ha recentemente dichiarato che non avrebbe mai immaginato che questo brano potesse tornare a essere attuale. E, invece, ora riprende a cantarlo… Ma io pubblico una sua vecchia (e classica) interpretazione:
Ecco, per oggi è così…
Il compositore Pierre Boulez per molti anni è stato uno dei maggiori esponenti dell’avanguardia musicale francese. Non so se questo aspetto abbia realmente favorito la sua popolarità nel senso tradizionale: la musica che componeva poteva spesso sembrare – per l’orecchio di uno ascoltatore medio – troppo «particolare» e quindi troppo difficile. Di conseguenza, al largo pubblico Pierre Boulez è più noto in qualità del direttore d’orchestra: un altro ambito dove ha raggiunto dei livelli notevoli.
Ma io, come al solito, preferisco comunque dedicare il post musicale alle opere originali («primarie») dell’artista, quindi per oggi ho selezionato le seguenti due composizioni di Pierre Boulez…
Inizierei con il «Dialogue de l’ombre double» per il clarinetto e gli strumenti elettronici (composto negli anni 1982–1985; lo stesso compositore aveva successivamente creato una versione anche per il fagotto):
E poi aggiungo la Sonata n. 2 per il pianoforte (composta nel 1948), una delle composizioni più nota tra quelle tipiche dello stile di Pierre Boulez:
Alla sua attività da direttore d’orchestra ci tornerò più tardi…
Il lunedì scorso – l’1 di aprile – è uscito il tanto atteso nuovo album dei Red Hot Chili Peppers: «Unlimited Love». Considerata la data della pubblicazione preannunciata da tempo, in tanti hanno temuto che si trattasse di uno scherzo… Però album è uscito veramente, ed è il primo dal 2016. Inoltre, i fan del gruppo possono essere contenti anche per l’ennesimo ritorno dello storico chitarrista John Frusciante (il co-autore delle canzoni del gruppo più famose).
Quindi per il post musicale odierno ho pensato di selezionare due canzoni che rappresentano non solo il nuovo album, ma anche la formazione «d’oro» riunitasi.
La prima canzone di oggi è la «Black Summer» (dal nuovo album «Unlimited Love», 2022):
La seconda canzone di oggi è datata, ma anche apprezzata da tanti: «Californication» (dall’omonimo album del 1999):
I membri del gruppo non sono più giovanissimi (soprattutto per il genere musicale che suonano), ma io spero comunque che riescano a produrre tanta altra buona musica.
Un giorno del 1800 il compositore austriaco Franz Joseph Haydn vide presentarsi a casa sua un visitatore-cliente un po’ particolare che fino a quel momento non aveva mai interagito direttamente con il padrone della casa: il macellaio della zona – e, soprattutto, un grande fan di Haydn – che gli chiese di comporre un minuetto per il matrimonio della figlia. Il compositore accettò e consegnò, il giorno concordato, il lavoro svolto. Dopo alcuni altri giorni, poi, Haydn udì provenire dalla strada una esecuzione molto forte e un po’ stonata di quel minuetto. A quel punto si avvicinò alla finestra e vide una orchestra da strada, gli sposi, tanti ospiti e il macellaio con un grande toro a seguito. «Maestro! Il miglior ringraziamento da parte di un macellaio può essere solo il migliore dei suoi tori», esclamò il cliente felice.
È per questo che il minuetto in Do maggiore di Haydn si chiama «Minuetto del toro» (oppure il «Minuetto del bue»):
Un giorno Franz Joseph Haydn fu impegnato a Londra a dirigere l’esecuzione di una delle sue sinfonie. Gli spettatori desiderosi di vedere dal vivo il compositore famoso si radunarono vicino al palco e solo per questo motivo si salvarono da un grande lampadario improvvisamente caduto dal soffitto. Haydn, fortemente impressionato da quanto accaduto, espresse comunque una grande soddisfazione per il fatto che la sua musica salva le vite umane.
Oggi molti storici della musica sostengono che la sinfonia eseguita in quella occasione sarebbe stata la Sinfonia n. 102 in bemolle maggiore (composta nel 1794):
Forse ho trovato un nuovo principio per scegliere le composizioni musicali da postare…
I violinisti di 29 Paesi hanno eseguito contemporaneamente la canzone popolare ucraina «Verbova doščečka» a sostegno dell’Ucraina. Hanno suonato insieme a Ilya Bondarenko, un violinista di Kiev che ha registrato il proprio video nei sotterranei di un palazzo che ora servono da rifugio antibombe.
Per farvi capire di quale canzone si tratta, aggiungo questa interpretazione – in stile abbastanza moderno – della cantante ucraina Iwanka Tscherwinska:
Il testo della canzone non ha in realtà molto senso. Tradizionalmente veniva cantata durante le feste del paese; applicando una certa fantasia si potrebbe presumere che parli della attesa di un ragazzo.
Il duo olandese Bolland & Bolland, nato nel 1971 e composto dai fratelli Rob e Ferdi, ha tentato di affermarsi in diversi generi musicali (soft-rock, folk, elettronica, pop…), senza però raggiungere dei risultati rilevanti. Anzi, la loro canzone più nota è diventata conosciuta nel mondo e nel tempo solo perché una sua cover è stata registrata, nel 1986, da un noto gruppo inglese. Ma a quest’ultimo fenomeno sarà dedicato un post musicale specifico. Oggi, invece, mi concentro sulla tesi che alcune canzoni dei fratelli Bolland potrebbero anche essere inserite in fondo a una playlist di riserva, quella playlist che viene «tirata fuori» ogni x mesi: quando tutte le altre si conoscono già a memoria o non possono essere riprodotte per qualche strano motivo.
Quindi la prima canzone dei Bolland & Bolland selezionata per oggi è il brano con il quale sono diventati relativamente conosciuti: «Wait For The Sun» (dall’album «Florida» del 1972). Si percepisce facilmente il tentativo di imitare lo stile dei Simon & Garfunkel.
La seconda canzone scelta per oggi è la «Shoot The Moon» (dall’album «Brotherology» del 1987). Niente di particolare, ma almeno c’è un po’ di vita.
Insomma, si tratta di due mediocrità ascoltabili in casi estremi. Proprio in questa qualità vanno tenuti nelle nostre eventuali raccolte.
P.S.: per la loro fortuna, i due fratelli hanno saputo applicarsi nella produzione musicale.