Non so se sia capitato anche a voi di leggere, in questi giorni, che in Italia viene organizzata una serie di iniziative teatrali-liriche aventi per l’obiettivo la raccolta dei fondi per il restauro e la trasformazione in un vero museo della cosiddetta «Villa Verdi»: la villa e tenuta di Sant’Agata – in provincia di Piacenza – che a partire dal 1851 fu l’abitazione principale di Giuseppe Verdi.
Io non ho – almeno per ora – un teatro lirico. Non ho nemmeno una sala per concerti o qualche locale del genere per ospitare una delle suddette iniziative. Però posso fare due cose «pro bono»: 1) segnalarvi l’obiettivo generale della raccolta fondi per farvi scegliere, eventualmente, l’iniziativa più interessante e/o accessibile; 2) postare qualche composizione di Verdi per stimolare l’interesse. La prima cosa è già stata fatta, quindi passo alla seconda: quella meno utile (nel senso che Verdi non ha bisogno di essere pubblicizzato da uno come me).
Inizierei con la composizione giovanile «Variazioni per pianoforte e orchestra su „Caro suono lusinghiero“», la quale fu presentata da Giuseppe Verdi nel 1832 all’esame di ammissione al Conservatorio di Milano. Quell’esame ebbe l’esito negativo. Putroppo, non riesco proprio a ricordarmi che nome porta oggi il Censervatorio di Milano…
La seconda composizione di Verdi che ho scelto per oggi è moto più «semplice»: il Valzer in fa maggiore (composto nel 1859). Sicuramente lo avete già sentito in varie occasioni.
Bene, ora siete un po’più preparati al salvataggio del bagaglio culturale materiale dell’Italia.
L’archivio della rubrica «Cultura»
Dieci giorni fa, il 18 gennaio 2023, è morto il chitarrista e cantante statunitense David Crosby. E io, dopo alcuni ragionamenti, ho deciso di dedicare un post musicale alla sua memoria: anche se il giustificare le pubblicazioni sulla cultura con delle date e/o avvenimenti di qualsiasi genere non è una cosa che mi piace tanto. Ma la grandezza e l’importanza di David Crosby nella musica prevale su tutto, dunque faccio una eccezione.
Il primo brano scelto per oggi è la canzone «What’s Happening» del gruppo The Byrds. Si tratta di una delle prime canzoni scritte dal giovane David Crosby per il suo primo gruppo.
La seconda canzone scelta per oggi – sempre tra quelle scritte da David Crosby – è ormai del supergruppo CSN (composto da Crosby, Stills e Nash): la «Long Time Gone». Stilisticamente è più vicina alle mie preferenze.
La carriera musicale di David Crosby è stata lunga e interessante, quindi ripescare da essa solo due canzoni è stata una impresa quasi disperata. Ma almeno ho provato a onorare la sua memoria.
Ho letto ieri che il film «Navalny» – realizzato da Daniel Roher per HBO – è stato ufficialmente nominato all’Oscar 2023 nella categoria «miglior documentario». Non sono in grado di dire quanto sia probabile la vittoria (anche perché ci sarebbe almeno un concorrente molto forte: «All the Beauty and the Bloodshed»), ma in realtà volevo solo constatare una cosa legata al cinema in un modo collaterale.
Un premio cinematografico come l’Oscar dipende sempre molto dalla moda. Dalla moda per certi argomenti del momento, per certi Stati, società o culture. Quest’anno, per esempio, c’è la moda dell’argomento del «dopo Putin», anche se esso non è ancora stato formulato in chiari termini. Ma è sicuramente molto atteso, dunque presumo che indipendentemente dai risultati della premiazione il film avrà la sua vittoria fondamentale: quella del numero delle visioni.
Mentre per ora so già che una persona ben determinata ha ricevuto un nuovo segnale: una indicazione su chi viene realmente sostenuto, appoggiato e seguito dal mondo civile. Sono sicuro che si tratta di un segnale molto fastidioso.
Il 7 dicembre 2022 al Teatro della Scala, in occasione della prima per la stagione 2022/2023, è andata in scena una opera del compositore russo Modest Mussorgsky: di questi tempi potrebbe sembrare una scelta sorprendentemente coraggiosa… Ma a me sembra anche una bella manifestazione di un buon senso dell’umorismo: infatti, l’opera eseguita è stata «Boris Godunov». Le persone non sufficientemente informate per poter apprezzare lo scherzo possono leggere qualche articolo che spiega la trama.
Io, nel frattempo, tento di essere non peggio della Scala (che autostima, ahahaha) e vi propongo la suite per pianoforte «Quadri di un’esposizione» di Modest Mussorgsky. L’interpretazione di questa composizione nel suo formato tradizionale che ho selezionato è di Evgeny Kissin:
Ma aggiungo – per le persone particolarmente interessate – pure una buona versione per l’orchestra:
Non so quale delle due preferite voi…
Vicente Amigo Hirol è un chitarrista flamenco del sud della Spagna (nato a Guadalcanal e cresciuto a Cordoba) che in trentaquattro anni di carriera da solista ha vinto un Grammy e diversi concorsi di flamenco. Ma oltre al flamenco suona anche altri generi musicali. Alcuni critici musicali lo definiscono «nuovo Paco de Lucia».
Per il post musicale di oggi ho selezionato, come al solito, due composizioni. La prima è la leggera – quasi pop – «Tres Notas Para Decir Te Quiero»:
La seconda composizione scelta tra il repertorio di Vicente Amigo Hirol è il flamenco «Tangos Del Arco Bajo»:
Lascio giudicare a voi se possa effettivamente essere considerato un «nuovo Paco de Lucia». In ogni caso, la sua tecnica sembra essere a un alto livello.
Il giorno del Natale ortodosso io, pur essendo un apateista, non potevo non selezionare – per il post musicale del sabato – qualche esempio di musica sacra suonata dalla gente palesemente ortodossa in tutti i sensi.
Il primo brano selezionato è la canzone «Angels In Heaven» interpretata da Chris Rodrigues e Abby the Spoon Lady:
Il secondo brano di oggi è invece la canzone «The Cuckoo» interpretata da Les Blackwell e Abby the Spoon Lady:
In qualità del regalo di Natale vi lascio link del canale YouTube della Spoon Lady.
Però oggi è una domenica, non solo il primo giorno dell’anno: questo significa che dovrei rispettare la tradizione (che ho creato con le proprie mani, ahahaha) e pubblicare qualche video. Ma, considerata la particolarità della data, ho pensato che fosse opportuno fare una edizione speciale del video-post musicale.
Trovo logico postare la canzone «New Year’s Day» degli U2 (dall’album «War» del 1983):
In generale posso dire che questa è, secondo i miei gusti, una delle poche canzoni ascoltabili del gruppo.
Per l’ultimo post musicale dell’anno – e per l’ultimo post dell’anno in generale – ho voluto selezionare qualche musica bella, positiva, non particolarmente impegnativa e allo stesso tempo «tipicamente invernale». Si è rivelato un compito non così facile come possa sembrare, ma alla fine ci sono riuscito. Penso…
La prima composizione scelta per oggi è la étude n. 12 in si minore «Chasse-neige» («Tempesta di neve») del compositore ungherese Franz Liszt. È una composizione di semplicità solo apparente: in realtà è considerata una di quelle un po’ più difficili da suonare pure tra gli studi di Liszt. Però corrisponde alla maggioranza dei miei criteri stabiliti in partenza.
La seconda composizione scelta per oggi è il waltz n. 7 in do diesis minore (il cosiddetto «valzer invernale», Op. 64/2, composto tra il 1846 e il 1847) del compositore francese Fryderyk Franciszek Chopin. Si tratta di una di quelle composizioni che lo stesso Chopin non volle mai pubblicare: temette che la loro elevata melodiosità possa essere troppo facilmente banalizzata dagli esecutori dotati delle capacità o del gusto estetico non sufficientemente alti. Non so come lo avrebbe suonato Chopin – che fu considerato dai suoi contemporanei anche un grande pianista –, ma a me piace anche così:
Ecco, per oggi è andata così. Colgo l’occasione per augurarvi ancora una volta un felice anno nuovo: pieno di armonia, sinfonia e tante altre cose belle.
Nel settembre del 1960 il cantante Charles Brown aveva registrato una canzone tipicamente natalizia in ogni suo aspetto: la «Please Come Home for Christmas»:
Successivamente, questa canzone era diventata tanto popolare da essere ripresa da moltissimi gruppi e cantanti anche abbastanza famosi. Per la vostra fortuna (?) non tento nemmeno di postare tutte le versioni esistenti: ne seleziono solo due tra le più interessanti.
La prima cover che potrei proporre oggi è quella probabilmente più nota: cantata/suonata dagli Eagles nel 1978 (ma non inclusa in alcun loro album di studio):
La seconda cover pubblicabile è di George Ezra. In questa interpretazione si notano delle leggere tendenze al pop, ma è comunque interessante per il suo carattere più moderno.
Bene, penso che per oggi possa bastare così. Nei prossimi giorni avrete abbastanza tempo (e, probabilmente, le forze) per cercare, volendo, le altre numerose versioni.
Il compositore Antonín Leopold Dvořák, considerato uno dei fondatori della scuola musicale ceca, fece nelle proprie composizioni un ampio uso di motivi ed elementi della musica popolare della Moravia e della Boemia…
Una precisazione che non c’entra alcunché con l’argomento del presente post: qualche anno fa una signorina un po’ particolare mi aveva detto di essere sempre stata convinta che io fossi «un musicista di boemia». Scrivendo di questo fatto curioso ho evitato appositamente la maiuscola perché penso di capire cosa avesse inteso. E, soprattutto, l’ho scritto per dire che la composizione della prima frase dell’articolo si è rivelata un compito difficilissimo: mi sono interrotto da solo con una risata stupida. Va bene, chiudo la parentesi.
Nonostante un notevole legame con le tradizioni musicali locali, Dvořák può essere considerato (e lo è) uno dei più interessanti compositori europei della seconda metà del XIX secolo. La sua fama internazionale iniziò con la prima serie delle Danze slave (op. 46) pubblicate nel 1878:
Negli anni successivi Dvořák confermò le proprie alte qualità di compositore con una buona varietà di tipi delle composizioni, ma per il post odierno ho pensato di sceglierne una delle più note: la Sinfonia n. 9 «Dal Mondo Nuovo» (op. 95), composta nel 1893 – nel periodo della direzione del National Conservatory di New York.
Fortunatamente, il nome – e la musica – di Antonín Leopold Dvořák non si è perso in mezzo a quelli dei numerosi compositori più noti al pubblico «comune».