La musica del sabato

(11 dicembre 2021)

Il gruppo inglese Jethro Tull nel corso della propria storia aveva sperimentato – di solito per il volere del proprio leader Ian Anderson – con diversi generi musicali: dopo essere partiti con il blues rock, i Jethro Tull hanno in diverse epoche aggiunto alla propria musica degli elementi di folk, jazz, musica classica e delle varie correnti del rock. I cambiamenti così forti – si tratta dei generi spesso abbastanza lontani tra essi – hanno costituito una delle cause principali dei cambiamenti frequenti della formazione del gruppo: c’era sempre qualcuno disinteressato (usiamo pure questo temine diplomatico) al nuovo genere adottato. Ma, sorprendentemente, i vari cambiamenti non hanno danneggiato la popolarità del gruppo. Anzi, i Jethro Tull, pur essendo sempre lontani dal mainstream, utilizzando degli arrangiamenti difficile e scrivendo dei testi particolari, hanno avuto un buon successo commerciale per oltre un decennio.
Ora, non ha molto senso tentare di riassumere tutta la storia musicale dei Jethro Tull in un solo post. Tale storia, come si è appena detto, è troppo lunga e varia. Sarebbe invece più utile e bello dedicarsi a un periodo stilistico alla volta. Di conseguenza, oggi ho deciso di dedicare il mio post musicale al periodo iniziale del gruppo: quello caratterizzato dal progressive blues e rappresentato dal loro primo album «This Was» del 1968.
Il primo brano scelto per oggi è il «Serenade to a Cuckoo», una cover della omonima melodia del musicista-compositore jazz Roland Kirk. In questa occasione è anche possibile apprezzare l’uso del flauto da parte di Ian Anderson (si dice che sarebbe stato il primo a utilizzare questo strumento nella musica rock).

Il secondo brano scelto dallo stesso album è la «A Song for Jeffrey», dedicata al musicista Jeffrey Hammond (il quale è diventato il bassista del gruppo tre anni più tardi).

Penso che per oggi possa andare bene così. Prima o poi tornerò ai Jethro Tull per condividere qualche altro periodo della loro storia.

Rubriche: Cultura

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