Indipendentemente dal fatto che ci piaccia o meno Donald Trump, dobbiamo ricordare che la possibilità del popolo di manifestare per (o protestare contro) qualsiasi propria convinzione è uno dei segni distintivi di una democrazia. Nessun principio democratico stabilisce che una protesta debba necessariamente essere impercettibile da coloro contro chi sta protestando una parte della popolazione. In più, nessuna Istituzione viene smantellata dai colpi di selfie delle persone più o meno strane. E, sicuramente, non dobbiamo e non possiamo definire come antidemocratiche sempre e solo quelle manifestazioni che per qualche motivo non ci piacciono.
Donald Trump, invece, non è il popolo. Ha delle sue responsabilità e sicuramente sarà giudicato in un futuro più o meno prossimo: da un giudice o dalla storia (ovviamente, dobbiamo ricordaci che «giudicato» non è sempre un sinonimo di «condannato»). Ma già ora possiamo chiederci perché non faccia nulla di concreto contro ciò che è realmente un attentato alla democrazia: la censura esercitata dai social networks. Come avete probabilmente letto, ieri è stato bloccato su Twitter, Facebook e Instagram, i cui proprietari a parole difendono la libertà di espressione, mentre sulla pratica concedono quella libertà solo alle persone che esprimono le idee «giuste».
A me non piace Trump, ma non capisco comunque perché in tutti questi quattro anni non abbia fatto la cosa più logica e semplice. Non capisco perché non abbia registrato e creato un sito proprio. Un sito dove avrebbe potuto pubblicare qualsiasi cosa e raccogliere tutti i like e i commenti del mondo. Dal punto di vista tecnico non ci vuole niente a realizzare una cosa del genere: a suo (come pure a nostro) servizio c’è una grande varietà di CMS più o meno avanzati.
Si vede che gli piace soffrire…
Una delle grandi stranezze di Trump
(8 gennaio 2021)
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