In pochi ci pensano, ma una delle forme più antiche delle arti visive è costituita dai pupazzi di neve. Il materiale necessario per la loro realizzazione – la neve, appunto – era una volta molto più facilmente reperibile sul continente europeo e, soprattutto, era facilmente lavorabile. Allo stesso tempo, la naturale alternanza delle stagioni non ha permesso alla umanità di conservare (e quindi di studiare) gli esemplari antichi e non dei pupazzi di neve. Ma questo non significa che non possiamo svolgere delle ricerche storiche sull’argomento.
Così, per esempio, gli storici sostengono che la raffigurazione grafica più antica di un pupazzo di neve sia riportata ai margini del Libro d’ore (manoscritto KA 36, 1380 circa, pag. 78v). Il rogo e la forma del capello fanno presumere che tale immagine sia una manifestazione dell’antisemitismo europeo dell’epoca.
Da alcuni ricordi scritti, poi, sappiamo che almeno dall’inizio del XV secolo la costruzione dei pupazzi di neve si era trasformata in una vera arte. In vari Paesi europei si svolgevano pure dei festival tematici, appositamente per i quali venivano costruite delle figure di neve di varie dimensioni e forme.
Con il passare del tempo, però, il pupazzo di neve ha assunto una forma canonica, separandosi da tutto il resto dell’arte della neve: è costituito da tre sfere (che raffigurano le gambe, il corpo e la testa), due rami (le braccia), una carota (il naso) e due oggetti piccoli che dovrebbero ricordare gli occhi.
E poi, improvvisamente, è arrivato il 2020: l’anno che ha sconvolto molte cose, quindi anche quelle forme d’arte canoniche che sembravano fuori da ogni rischio. E in Italia, nota in tutto il mondo per le antiche tradizioni artistiche, è stato costruito questo pupazzo:
Non vi dico cosa mi ricorda…
Un po’ di arte seria
(29 Dicembre 2020)
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