Come avete già molto probabilmente letto, ieri i cinque Stati che hanno l’accesso al Mar Caspio (Russia, Kazakistan, Azerbaijan, Iran e Turkmenistan) hanno firmato, dopo 22 anni di tentativi, un accordo sul suo status legale. Infatti, dal 1996 si discuteva su due questioni ritenute fondamentali da tutte le parti: i limiti delle acque territoriali e il passaggio dei gasdotti.
Il risultato dell’accordo è una convenzione che mi sembra sorprendentemente ben fatta. Se non dovesse essere tradotta in italiano entro la fine di settembre, proverò a occuparmene io (tanto non è lunga). Intanto comunico che è stato trovato il modo di stabilire la profondità delle acque territoriali (15 miglia) e le regole chiare sull’utilizzo del resto delle acque.
L’aspetto più curioso di questa storia è però un altro: dopo avere studiato la notizia, per ben due motivi ho pensato subito alla Cina. In primo luogo, la Russia ha dimostrato di poter essere più flessibile (e quindi più «producente») dal punto di vista diplomatico: la Cina non riesce a risolvere da decenni la questione del Mar Cinese Meridionale solo a causa della propria l’avidità (ma un po’ anche per quella posizione di forza che le Russia non ha nei confronti dell’Iran). In secondo luogo, è evidente che la Russia stringe gli accordi territoriali veri solo con gli Stati che non può occupare militarmente (conosciamo degli esempi) o che non può proclamare in via unilaterale come dei propri alleati anti-occidentali (di fatto regalando dei ampi territori e costruendo dei oleodotti convenienti solo per la controparte: entrambe le cose sono successe nei rapporti russo-cinesi).
Qual è la conclusione che potremmo trarre dal capoverso precedente? C’è uno Stato molto esteso che è molto bravo solo in qualità di un attore locale.
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