Il presidente russo Vladimir Putin non ha la fama di un grande apologeta della democrazia. In Occidente, però, non tutti sanno della grande attenzione che egli presta al rispetto delle formalità. Infatti, non si sveglia mai con il pensiero di emanare un ordine del tipo «per la Nostra altissima volontà il diritto X dei cittadini da oggi viene ridotto a livello Y». Per ogni azione che ritiene necessaria da compiere fa approvare una apposita legge alla Duma. In sostanza, vuole che tutto sia fatto «a norma di legge».
Uno dei difetti del sistema descritto è la riduzione del Parlamento al rango della segreteria del Presidente: il primo si limita ad approvare le norme volute dal secondo.
Il 3 luglio 2016, però, è successo un fatto eccezionale: per la prima volta le formalità non sono state rispettate. Infatti, Vladimir Putin ha firmato un testo di legge diverso da quello votato dalla Duma e approvato dal Consiglio Federale. La cronologia dei fatti è la seguente:
21 giugno 2016 la Duma approva la Legge Federale n. 150/2016 «Sulle armi». Una delle norme della legge stabilisce che il permesso per la detenzione di armi da fuoco viene concesso al cittadino privato per un periodo di 10 anni.
3 luglio 2016 Vladimir Putin firma una testo della legge che contiene una durata del permesso diversa: pari a 5 anni.
6 luglio 2016 la «Rossiìskaja Gazeta» (l’analogo russo della Gazzetta Ufficiale) pubblica il testo della legge: sulla versione cartacea il periodo è di 10 anni, mentre sulla versione online è di 5 anni. Alcuni esperti se ne accorgono e si scatena il caos delle opinioni sulle possibili soluzioni del problema.
Molto brevemente (e in parole comprensibili) spiego la situazione. Il presidente non ha il diritto di modificare la legge approvata dal Parlamento ma solo firmarla o rifiutarsi di farlo. Nella seconda opzione può rimandarla al Parlamento per delle modifiche. Alcuni esperti del diritto costituzionale russo sostengono, quindi, che la divergenza tra i due testi di legge possa essere interpretata come il rifiuto di firmare il testo della legge nella sua formulazione attuale (in questo caso non è chiaro perché il testo sia stato pubblicato dalla stampa giuridica ufficiale). Il portavoce di Putin, invece, sostiene che si tratta solo di «un errore nei database di vari siti web, compresi quelli istituzionali» (una palese stronzata, visto che sono gli stessi database che i deputati consultano nel corso delle votazioni).
Io non so ancora come verrà risolto il caso. Sicuramente vi terrò aggiornato. Ma, intanto, faccio una proposta a coloro che intendono scrivere una tesi di laurea in diritto pubblico: provate a ipotizzare un errore simile fatto dalle istituzioni italiane. Quali soluzioni potreste proporre? Quali misure di correzione dovrebbero essere codificate?