L’ultimo indirizzo

(29 ottobre 2016)

Oggi è sabato, quindi non mi sento tanto in colpa distraendovi con un testo lungo.

Il 30 ottobre è, in Russia, la Giornata di memoria delle vittime delle repressioni politiche (inventata nel 1974 da un dissidente e riconosciuta ufficialmente dal Consiglio Supremo della RSFSR nel 1991). Quindi oggi, con un giorno di anticipo, vi racconto di un bellissimo progetto privato avviato in Russia nel 2014.

Cominciamo da una piccola parentesi storica-culturale. Come molto probabilmente alcuni di voi sanno, dal 1994 in Europa esiste il progetto «Pietre d’inciampo» (Stolpesteine), inventato dall’artista tedesco Gunter Demning. Nell’ambito di questo progetto in vari Paesi europei sono state installate, nei marciapiedi, delle pietre con sopra una piastra di ottone (10×10 cm di superficie). Tali pietre vengono installate davanti alle ultime abitazioni delle vittime di deportazioni nei campi di sterminio nazisti e riportano, sulle piastre, il nome e le date della nascita e della morte di una persona concreta prelevata e deportata dalla rispettiva abitazione. La produzione di una «pietra d’inciampo» costa 120 euro, all’inizio del 2016 ne erano già installati oltre 56 mila pezzi in tutta l’Europa. Ecco un esempio italiano:

Nel 2014 il giornalista e editore russo Sergey Parkhomenko decise di organizzare un progetto simile in Russia: lo scopo di tale progetto «nazionale» avrebbe però dovuto essere la commemorazione delle vittime delle repressioni politiche esercitate dallo Stato sovietico verso i propri cittadini. La scelta delle vittime da ricordare si basa, secondo l’idea di Parkhomenko, sui seguenti principi:

– la legge della Federazione Russa N1761-1 del 10 ottobre 1991, nella quale è affermato che il periodo delle repressioni politiche dello Stato sovietico iniziò già il 25 ottobre (cioè il 7 novembre secondo il calendario moderno) del 1917 ed è fornita la definizione delle vittime delle repressioni di cui sopra;

– da commemorare nell’ambito del progetto sono quelle persone semplici che non avrebbero mai avuto un monumento personale ufficiale (quindi non le celebrità come scienziati, artisti, ufficiali o gerarchi famosi);

– da commemorare sono tutti, indipendentemente dalla reputazione (quindi, ipoteticamente, anche quei tanti esecutori materiali delle repressioni che successivamente caddero vittime di queste ultime a causa dell’ennesima «svolta politica» del regime).

Il comitato artistico-storico, però, giunse facilmente alla conclusione che il sistema delle pietre inventato da Demning non è adatto alla Russia (prevalentemente per ragioni climatiche: la neve e la vita breve del manto stradale derivante dai modi di spazzare la neve e il ghiaccio). Quindi si pensò di progettare una targa da applicare direttamente sulle mura delle ultime abitazioni delle persone represse. Diversi artisti, designer e architetti hanno presentato le loro proposte per l’aspetto unico della futura targa; una di quelle proposte avrebbe dovuto essere scelta dal comitato. Ma, dopo aver visto la proposta dall’architetto Alexander Brodsky (non mi risulta che sia un parente del poeta), tutti dissero: sì, è proprio quello che ci serve.

L’idea consisteva in un semplice rettangolo di metallo con l’incisione del nome della persona repressa, la sua professione, le date di nascita, arresto, fucilazione e riabilitazione postuma e, di fianco, un quadrato vuoto (che simboleggia una persona che non c’è più).

Dopo l’approvazione dei criteri di commemorazione e della idea della targa si è potuto procedere all’inizio delle installazioni. Per il regolamento del progetto — chiamato «L’ultimo indirizzo» — chiunque può richiedere l’installazione di una o più targhe sul muro di un edificio. Non è necessario essere un parente della persona commemorata (perché non tutte le persone represse hanno lasciato dei parenti in questo mondo), ne tanto meno essere un residente dell’edificio da cui fu prelevata la persona repressa (perché alcuni edifici negli anni hanno cambiato la loro destinazione). Semplicemente, si apre il database delle persone represse, si impongono dei filtri di ricerca come la città, la via e il palazzo, e si sceglie almeno una delle persone arrestate in quel edificio.

[Un esempio pratico: nel mio palazzo di Mosca cinque persone ebbero il loro «ultimo indirizzo» negli anni del Grande Terrore staliniano, tutti sono stati fucilati tra il 1937 e il 1938 in quanto «membri di una organizzazione terroristica anti-rivoluzionaria» e «spie». Nessuno dei cinque cognomi/nomi mi è noto perché i membri delle loro famiglie (che avrebbero potuto essere dei miei vicini) chissà che fine hanno fatto. Però io posso richiedere l’installazione di una targa per ognuno di quei cinque signori solo perché sono umanamente dispiaciuto per la loro sorte.]

Richiedendo l’installazione di una targa è necessario dunque indicare la persona alla quale è dedicata e pagare 4000 rubli (circa 58 euro secondo il tasso di cambio odierno) per la produzione della targa. La targa verrà fatta in acciaio inossidabile e avrà le dimensioni di 11×19 cm. Inoltre, è utile mettersi d’accordo con gli abitanti del palazzo o, se si tratta di un edificio contenente solo uffici, con i proprietari.

Il 10 dicembre 2014 (la Giornata mondiale dei diritti umani) sui primi 9 palazzi di Mosca sono state installate le prime 18 targhe. Al giorno d’oggi le targhe installate sono più di trecento in tutta la Russia (ma la quantità maggiore si trova a Mosca e San Pietroburgo). La quantità delle targhe già ordinate ma ancora da installare ha abbondantemente superato mille unità… E’ un po’ strano scrivere in questo modo degli oggetti che rappresentano le persone.

Ecco, ho sfruttato una occasione formale per raccontarvi di una bella e giusta iniziativa dei privati realizzata in un modo che trovo bello.

Rubriche: Russia

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