Negli USA per molti anni gli automobilisti hanno rubato i cartelli stradali con i numeri 69 e 420. Ciò accadeva perché molte persone associano il numero 69 con una posizione della Kamasutra (come se fosse l’unica che conoscono) e il numero 420 con il consumo della cannabis (negli USA esiste la campagna «420» che invita la popolazione a lottare per la legalizzazione della cannabis, le azioni di protesta si svolgono il 20 aprile di ogni anno).
Nella ricerca del modo di fermare i furti dei cartelli, a qualche funzionario è venuta in mente l’idea interessante di scrivere su di essi «68,9 miglia» e «419,9 miglia» al posto dei vecchi valori.
Ricordatevi di questo metodo la prossima volta che dovete inventare una forma di protezione di qualcosa. La sola fantasia può fare molto.
L’archivio del tag «usa»
Nella vita reale è importantissimo capire un semplice principio (possiamo anche chiamarlo life hack): se non riuscite a trovare la soluzione di un problema, cercatela dalla parte opposta.
Vediamo subito un esempio storico. L’ex presidente Theodore Roosevelt, essendo molto insoddisfatto del proprio successore William Taft, decise nel 1912 di tornare alla Presidenza. Durante la campagna elettorale, dunque, pensò di distribuire 3 milioni di opuscoli con il testo di un proprio discorso e una foto sulla copertina.
Nella parte bassa della foto è ben visibile la scritta «copyright 1910 by moffett studio chicago». Vediamola subito per capire di cosa si tratta.
Solo quando gli opuscoli furono ormai stampati, il capo della squadra di Roosevelt (un certo George Walbridge Perkins I) si accorse di quella scritta. E comprese subito tutta la catastroficità dell’errore: non fu ottenuta l’autorizzazione all’uso della foto. La legge sui diritti d’autore avrebbe dunque consentito al fotografo di chiedere 1 dollaro per ogni copia della foto distribuita. I 3 milioni di dollari del 1912 equivalgono ai 60 milioni di dollari di oggi. Si volle dunque evitare una spesa del genere. Allo stesso tempo, la ristampa degli opuscoli con una foto diversa avrebbe comunque comportato delle spese (e una perdita di tempo).
G. W. Perkins decise di contattare il fotografo Moffett per cercare di concordare le condizioni migliori. E gli inviò un telegramma: «Intendiamo distribuire tre milioni di opuscoli con la foto di Roosevelt sulla copertina. È una ottima opportunità per il fotografo. Quanto è disposto a pagare se scegliamo una delle sue foto? È necessaria una risposta immediata». Maffett fu veloce a rispondere: «Vi ringrazio per l’opportunità, sono disposto a pagare 250 dollari».
P.S.: come avrete capito da questa storia, un altro life hack si chiama «studiate». Ma lo conoscete già senza il mio aiuto.
Da dove arrivarono gli antenati degli statunitensi: la nazionalità dominante nei quadrati del territorio 100×100 miglia.
Al giorno d’oggi negli Stati Uniti quasi 50 milioni di persone si autodefiniscono discendenti degli immigrati tedeschi: molti più di quelli originari del Regno Unito. Nella maggioranza delle città americane esisteva almeno un giornale locale in lingua tedesca; a New York ce n’erano dodici.
Nel 1917, però, gli USA entrano nella Prima guerra mondiale e l’uso del tedesco diventa anti-patriottico. Cambiano molti termini comunemente diffusi (per esempio, frankurter diventa hot dog) e cognomi (per esempio, Schmidt diventa Smith), in molti Stati viene vietato l’insegnamento della lingua tedesca nelle scuole (a volte anche nelle scuole private). Nel 1923 la Corte Suprema riconosce l’incostituzionalità di tutte le limitazioni, ma il danno ormai è fatto. La lingua tedesca è quasi completamente sparita dall’uso nei luoghi pubblici e quindi nella vita quotidiana.
A causa di una aggressiva politica imperiale russa lo stesso succede oggi nelle ex Repubbliche sovietiche con la lingua russa.
Alla base c’è sempre la stupidità.
Per l’anniversario dell’11/9 è stata riaperta – restaurata – la stazione della metropolitana newyorkese che si trova(va) proprio sotto le Twin Towers.
Rileggete bene queste parole semplici: è stata riaperta la stazione.
Qual è la morale di questa notizia? I problemi, anche quelli gravissimi, di una stazione della metropolitana non possono e non devono causare il blocco della intera linea. Purtroppo dubito che i costruttori delle nuove linee della metropolitana milanese siano capaci di comprendere e/o di mettere in pratica tale principio.
In Minnesota il giudice federale ha respinto il ricorso degli atei che contestavano la presenza della frase «In God We Trust» sulle banconote e monete statunitensi. Secondo i ricorrenti il motto nazionale sarebbe incostituzionale in quanto viola il principio della libertà della fede religiosa. E, purtroppo, non è la prima volta che falliscono nella loro lotta giudiziaria contro quel anacronismo.
Io, da parte mia, spero ancora di fare in tempo a vedere il mondo — almeno quello occidentale — libero da ogni genere di simbologia religiosa negli spazi pubblici. Restino pure le chiese (tanto per me sono solamente degli edifici con un loro valore artistico più o meno alto), ma tutto il resto dovrebbe sparire: i simboli, le immagini, le divise da lavoro dei preti etc. Perché gli umani, essendo dotati della ragione, hanno il compito di comprendere il mondo e non rimanere degli eterni bambini riempiti di favole. Perché ogni religione è una favola, raccontata alla società-bambino per aiutarla a crescere con dei giusti valori e principi nella testolina. Ma nel XXI secolo la (o le?) società occidentale è ormai grandicella per continuare a vivere di favole. Dovrebbe ormai liberarsi delle religioni per non apparire rimbambita.
In questo senso, le mie speranze sono ancora molto legate a quanto succede — o può succedere — negli USA, uno dei più grandi esportatori del progresso degli ultimi decenni (anche se pure la società americana ha delle grandissime stranezze).
Come saprete, teoricamente non è possibile espellere dal territorio di uno Stato le persone apolide. A meno che non si trovi un altro Stato disposto ad accogliere quella persona. Quindi l’espulsione di Jakiw Palij è una rara e giusta occasione di fare i complimenti a Donald Trump per il lavoro diplomatico svolto.
Ed è una buona occasione per constatare che pure Trump, nato e formato negli USA, non è del tutto privo a quei principi di libertà che stanno ostacolando molte delle sue iniziative presidenziali.
Alcuni esempi delle diffenze liguistiche tra le varie zone degli USA:
Vorrei trovare qualcosa del genere anche per l’Italia.
Agli americani piace molto convertire le grandi superfici in campi da calcio. Per qualche motivo a me sconosciuto tale operazione fa una certa impressione sui lettori/ascoltatori statunitensi. Pure in Europa c’è chi adotta questa moda.
Purtroppo, però, gli americani ed i loro seguaci europei si dimenticano di precisare quale sport si sottintende.
Eppure c’è una notevole differenza. Un campo da football americano ha le misure 109,73×48,74 metri, mentre il campo da football europeo (che in Italia si chiama con la parola mussoliniana «calcio») ha le misure 105×68 metri.
Ci sono quasi 1800 metri quadri di differenza!
La settimana scorsa è stato rimosso dal Central Park di New York il monumento a James Marion Sims, considerato il padre della moderna chirurgia ginecologica. Non mi metto a spiegarvi quale fu l’oggetto delle sue ricerche mediche: volendo lo potete scoprire tranquillamente da voi leggendo il relativo articolo della Wikipedia. Purtroppo in questo momento è molto più interessante vedere il motivo della rimozione di quel monumento (e della messa in discussione di altri).
In sostanza, James Marion Sims, nato nel 1813 e morto nel 1883, nella seconda metà degli anni ’40 condusse una lunga serie delle sperimentazioni mirate a trovare la soluzione di un determinato problema medico. La maggioranza di tali sperimentazioni fu eseguita sulle schiave afroamericane, spesso comprate per l’occasione. Quindi nel 2007, quando venne pubblicato il libro «Medical Apartheid» della scrittrice Harriet A. Washington, si iniziò a parlare della «necessità» di rimuovere il monumento in quanto sarebbe dedicato a una «macchia sulla storia americana». Nel 2017, quando negli USA improvvisamente si è scoperta la reale possibilità di un imminente crollo del consenso storico sugli esiti della guerra civile tra Nord e Sud, si sono intensificate anche le discussioni sul monumento a James Marion Sims.
Il mio post odierno non è dedicato alle questioni di genere, razza o libertà. Il mio post è dedicato all’ennesimo tentativo, stupido come tutti gli altri tentativi precedenti, di riscrivere la storia per farla corrispondere agli standard etici e morali di oggi. Ma la storia è una materia molto più ampia della semplice cronologia degli eventi anche perché i suddetti standard sono in una continua evoluzione. Non capirlo (o fingere di non capirlo) è una evidente manifestazione di stupidità. Molte delle cose considerate normali anche fino a pochi decenni fa, oggi nel migliore dei casi sono fuori moda. Eppure all’epoca dei fatti avevano portato ai risulti tuttora considerati positivi per l’umanità. Riconoscere, sfruttare e ricordare i risultati, e allo stesso tempo maledire e cancellare dalla memoria coloro che hanno avuto la capacità di raggiungerli solo a causa dei metodi normali (per fortuna o purtroppo) per la loro epoca è forse anche peggio della semplice stupidità. È una forma pesante della ipocrisia.
Purtroppo la proliferazione di questa forma di ipocrisia sta colpendo, ultimamente, non solo la medicina. Pensiamo al mondo del cinema – un mondo dal punto professionale storicamente maschile – dove da sempre (o quasi) l’ingresso delle donne si trovava sotto le scrivanie. Fino a pochi mesi era una cosa talmente scontata, che a nessuno veniva in mente di parlarne. L’inizio improvviso della moda di parlare del harassment ha introdotto anche in questo caso delle norme di applicazione retroattiva: chi ha reso possibile, almeno dal punto di vista organizzativo, la realizzazione di diversi buoni film oggi si trova tagliato fuori dal mondo professionale solo perché teneva atteggiamenti tipici dei loro tempi.
Una parte del mondo sta andando da qualche parte sbagliata…
Come atteso, il Dipartimento del Tesoro statunitense ha diffuso il cosiddetto «Kremlin Report», cioè una lista di politici e uomini d’affari (familiari compresi) e di enti parastatali accomunati dalla vicinanza a Vladimir Putin. Si tratta di un elenco delle persone da osservare e, eventualmente, inserire nella lista dei soggetti alle varie sanzioni personali-economiche. [Io la riporto in fondo al presente post.]
Prima di leggere qualcosa sull’argomento e/o formare una propria opinione in merito, bisogna comprendere alcuni — pochi — concetti fondamentali. In primo luogo, c’è da dire che la lista dei politici appare ragionevole e potrebbe essere estesa fino a comprendere la stragrande maggioranza dei politici di livello federale, regionale e locale. Per ora, invece, pare che gli autori della lista abbiano adottato una metodologia di ricerca molto semplice: avrebbero aperto una edizione recente delle «pagine gialle» di Mosca per copiare da essa i nomi dei dirigenti delle varie strutture.
In secondo luogo, appare molto strana la lista degli imprenditori. Pare che gli autori della lista si siano limitati a copiare in massa i nomi elencati al vertice della lista Forbes-Russia. Infatti, tra gli imprenditori ho trovato i nomi delle persone che sono ricche, potenti e libere nonostante — e non grazie a — l’esistenza di Vladimir Putin al potere. Alcuni di loro anni fa hanno praticamente azzerato le loro attività economiche in Russia (come il № 59 della lista appena pubblicata Yuriy Milner o № 69 Mikhail Prokhorov) per non dipendere dal regime e non dover spartire i propri guadagni con qualcuno del potere. Alcuni altri, invece, fanno il possibile per rimanere politicamente neutrali, riuscendo a proteggere (per ora) le proprie attività (tra questi vediamo gli esempi del № 11 Petr Aven [Alfa-Bank] o il № 93 Arkadiy Volozh [Yandex.ru]).
Isomma, per adesso la lista è solo un elenco astratto che qualsiasi persona dotata dell’internet avrebbe potuto stilare in meno di un quarto d’ora (quindi molto meno dei 180 giorni che ci hanno impiegato i funzionari statunitensi). Vediamo cosa ne fannonel futuro.
E ora, finalmente, la famosa lista:
La parte politica
La parte economica