L’archivio del tag «uk»

Immagino la gioia

Nella città inglese di Brighton and Hove è stata approvata una legge locale che impone, per la costruzione di nuovi edifici di oltre cinque metri di altezza, l’utilizzo dei mattoni speciali per la nidificazione delle api solitarie.
Più o meno tutti sanno che le api che vivono in grandi alveari: queste sono le cosiddette api sociali. Ma poi esistono anche delle api solitarie: in realtà sono la maggioranza, quasi 250 delle 270 specie che vivono nel Regno Unito. Pure le api solitarie sono considerate importanti impollinatori di piante e la loro scomparsa potrebbe causare dei gravi danni all’ecosistema locale. E, tra l’altro, si sostiene che le api solitarie spesso si stabiliscono nelle crepe delle vecchie murature. Ma i nuovi edifici moderni vengono costruiti senza delle cavità utili per gli insetti, quindi le api solitarie soffrono. I mattoni per le api imposti dalla nuova legge sono uguali ai mattoni normali, ma hanno dei buchi: le api potranno arrampicarsi e viveri dentro.

Il consigliere comunale Robert Nemeth, l’ideatore della suddetta legge, spera che i nuovi mattoni contribuiscano alla conservazione della biodiversità. Ma io immagino già quanto gli saranno grati gli elettori umani residenti nei nuovi palazzi, ahahaha…


UK di cento anni fa a colori

Quasi un secolo fa il fotografo americano Clifton R. Adams trascorse, sull’incarico della National Geographic, diversi anni nel Regno Unito per fotografare la vita quotidiana della popolazione locale. Viaggiò dunque per diverse città, paesi e fattorie.
Clifton morì nel 1934 all’età di soli 44 anni, ma riuscì comunque a lasciarci un preziosissimo archivio fotografico. Fanno parte di quest’ultimo anche le fotografie a colori scattate nel Regno Unito dal 1927 al 1934. Per realizzare le immagini a colori, in particolare, il fotografo utilizzò il metodo dell’autocromia (brevettato nel 1903 dai fratelli Lumière).
Il principio del suddetto metodo consiste nel colorare i grani di fecola di patate (circa 0,01 mm di diametro) di rosso-arancio per 3 parti, verde per 4 parti e blu-viola per 2 parti. Una comune piastra di vetro (utilizzata nelle macchine fotografiche di allora al posto della pellicola) era grande 13×18 cm e poteva «ospitare» sulla propria superficie utile circa 200 milioni di grani. Al vetro veniva dunque applicata una colla speciale, sopra la quale veniva spalmato uno strato sottile di grani setacciati. Inoltre, bisognava assicurarsi che i colori fossero distribuiti uniformemente su tutto il piano. Non ci dovevano essere delle senza stratificazioni. Lo spazio tra i grani veniva riempito di nerofumo. Infine, sopra veniva aggiunto uno strato di lacca e poi uno strato di fotoemulsione pancromatica.
La piastra preparata come appena descritto veniva posizionata con il lato di vetro rivolto verso l’obiettivo. La luce entrata dall’obiettivo si colorava passando attraverso i grani colorati e solo dopo cadeva sull’emulsione. Si doveva usare un filtro fotografico giallo per scattare le foto.
La luce passata attraverso il vetro preparato nel modo sopraindicato era attenuata di 60 volte rispetto a quella che si poteva ottenere con delle lastre non autocromatiche. Ma pure in queste condizioni era possibile fotografare, in una giornata di sole, con una apertura di 4 o 5 e un’esposizione normale di 2 secondi. Le foto venivano di una qualità alta ed erano facili da elaborare.
Bene, ora possiamo finalmente vedere alcune foto di Clifton R. Adams. La fonte scoperta da me ne contiene tante belle e interessanti. Per il presente post ho dunque selezionato solo una parte di quelle immagini, ma i lettori più interessati potranno vederle facilmente tutte.
Bambini che giocano sulla sabbia vicino a Yarmouth, un luogo di vacanza popolare sull’isola di Wight (1928):
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Il limite delle capacità

Non ci vuole tanto a falsificare le elezioni politiche nel proprio Stato: ci sono le «forze dell’ordine» per chi si lamenta in casa e la magica frase «sono i nostri fatti interni» per chi si sorprende all’estero.
È invece molto più difficile regolare le proprie «questioni interne» all’estero: ieri la polizia inglese ha dichiarato di avere individuato il terzo responsabile dell’uso della sostanza Novichok a Salisbury nel 2018.

Da anni ormai non riesco a capire perché i servizi segreti russi vengano (ancora) visti come una specie del «marchio di qualità»: la parte «segreti» del proprio nome l’hanno persa quasi completamente…


Ricordarsi che cosa è la vita

Chiedo anticipatamente scusa per la fonte della notizia, ma il fatto di cronaca in questione merita di essere ricordato. Una signora inglese di Weymouth non è uscita di casa per 9 mesi a causa della paura per il Covid-19; terminato l’isolamento volontario, è stata travolta da un camion all’inizio della prima uscita di casa, mentre stava cercando la mascherina nella borsa.
Ecco, questa non è una semplice notizia di cronaca. Non è nemmeno una ennesima notizia sul Covid. È una notizia sulla pandemia del panico. Sulla pandemia alimentata da oltre un anno e mezzo dai giornalisti, dai governi e dai vari isterici da Facebook. Sulla pandemia che ha fatto dimenticare a moltissime persone in giro per il mondo la differenza tra l’esistenza biologica e la vita. La crescente preoccupazione per la prima ha indotto molte persone a dimenticare come si vive nel mondo reale. Ha fatto dimenticare anche le cose banalissime: per esempio, la necessità di prestare una minima attenzione a dove si cammina in un mondo popolato anche da altri esseri viventi.
Io non capisco – e forse non capirò mai – a cosa possa servire l’esistenza biologica senza la vita. Che senso può avere?
Però capisco che il Covid è solo uno degli elementi negativi della vita di cui tenere conto: come delle tegole che possono cadere dai tetti, dei coperchi dei tombini fissati male o delle macchine che veloci. E tanti altri pericoli di questo mondo imperfetto. Questa comprensione mi permette di vivere serenamente una vita normale. Nonostante l’impegno di tutti coloro che continuano ad alimentare la pandemia del panico.


La promessa di una legge

La città di Liverpool è stata esclusa dalla lista del Patrimonio dell’umanità della UNESCO perché la sua amministrazione si sarebbe «permessa» di programmare la riqualificazione e la modernizzazione della sua zona portuale…
Capisco che è importante tutelare l’aspetto storico di certe zone del nostro pianeta, ma, in qualità del futuro Presidente del mondo (sarò io a nominarmi), non posso non anticipare anche un altro principio importantissimo. Sotto la mia presidenza, non saranno escluse dal Patrimonio dell’umanità tutte le città capaci di crescere e svilupparsi con una giusta continuità stilistica. Perché la tutela della storia non deve trasformare il nostro habitat in una forma architettonica della lingua latina. Questa ultima, non a caso, è considerata morta da secoli.
Ho dato dell’assassino alla UNESCO? Si potrebbe dire anche così.


Un libro rientrato

È una storia abbastanza curiosa: qualche tempo nella biblioteca della cattedrale di Sheffield è stato restituito un libro preso in prestito nel relativamente lontano 1709… Esatto: ben 312 anni fa. Per il solo dovere di cronaca aggiungo che si tratta di una ristampa de «The Faith and Practice of a Church of England Man» del 1704.
Ma il punto più interessante è un altro. Il vice priore della cattedrale (felicissimo per il ritrovamento del libro) si è messo a ipotizzare — per scherzo! — l’entità della multa da infliggere agli eredi del lettore ritardatario. Ebbene, dovrebbe utilizzare il sistema adottato nelle biblioteche italiane (almeno quelle che conosco io): sanzionare il ritardatario con due giorni della interdizione al prestito per ogni giorno di ritardo.
Ehm, forse i giorni di blocco sono più di due… non mi ricordo… non mi è mai capitato di consegnare con un ritardo sufficientemente grave… Spero di avere presto delle informazioni precise dai bibliotecari di mia conoscenza.
In ogni caso, la risposta «italiana» al suddetto grave ritardo sarebbe l’unica realmente simmetrica e allo stesso tempo sufficientemente divertente. Scrivo subito una mail, ahahaha

P.S.: in quanti hanno pensato che si sarebbero tenuti il libro?


Il nuovo vecchio logo

A febbraio la BBC ha iniziato a utilizzare — per alcuni suoi progetti — il proprio nuovo logo. Il fatto divertente, però, è: la gente se n’è accorta solo ora. E la stampa scandalistica si è pure lamentata per il prezzo non ufficialmente noto, ma apparentemente «alto».
Non so perché si lamentino: il buon re-design è sempre quello che porta qualcosa di nuovo senza stravolgere le abitudini degli utenti, quindi paghino pure bene quelli che riescono a rispettare il principio.
(Non sono un contribuente britannico, quindi per me è facile dirlo, ahahaha)

P.S.: se vi state ancora chiedendo quale sia la versione nuova del logo, vi risparmio un po’ di forze per le imprese più importanti. È quello della seconda riga.


Condoglianze online

Come era facile prevedere, la pandemia del Covid accelera il progresso un po’ in tutti gli ambiti della attività umana, anche in quelli meno allegri. Così, per esempio, la famiglia reale inglese non si è limita a comunicare (nel finesettimana) che il modo migliore di seguire il funerale del principe Philip è quello di vederlo su uno schermo. Ha pure creato, sul proprio sito, un libro di condoglianze online.

Purtroppo, non possiamo ancora fare a meno di queste cose.


Il principe Philip

Il principe Philip ha avuto una vita lunghissima, sicuramente interessante e allo stesso tempo strana. Ha fatto in tempo di vedere tantissimi eventi e personaggi, ma sempre distanziato per scelta di altri, imprigionato dal proprio status istituzionale. Provate a immaginare voi di dover vivere per quasi un secolo circondati da ogni genere di curiosità, ma non poterne «toccare con la mano» nemmeno una (o quasi).
Ecco, purtroppo noi non sapremo nemmeno cosa ne pensava lui di questa propria lunga esistenza. Un principe consorte non lascia le memorie scritte. Anche quando ha tantissimo da raccontare. Anche quando sa cosa significa essere un principe secolare, il «tagliatore di nastri più esperto al mondo» (la battuta è sua).
Quindi di Philip ci resteranno, purtroppo, pochissime cose. Per esempio, gli esempi del suo senso dello humor un po’ particolare… Particolare non significa necessariamente brutto, perché a volte, se letto attentamente, può essere trasformato con successo in una utile regola della vita. Intendo gli episodi come questo: a uno dei ricevimenti Philip incontrò un giornalista di un giornale scandalistico.
«E Lei cosa ci fa qui?», chiese Philip.
«Mi hanno invitato…»
«Ma questo non significa che doveva venire!»


Il mistero dei consensi

La serie delle pubblicazioni de The Guardian sull’uso relativamente largo dell’istituto del «Queen’s Consent» è interessante non solo dal punto di vista puramente giuridico. Quindi merita di essere letta almeno nei punti più importanti.
Il consenso della regina è, in sostanza, una cosa semplicissima: deve essere consesso per discutere in Parlamento ogni tipo di norma giuridica che possa in qualche modo toccare gli interessi della famiglia reale. Una persona comune non saprebbe avanzare delle ipotesi più o meno attendibili sulla quantità delle norme del genere, ma i giornalisti de The Guardian hanno calcolato che solo la regina attuale abbia utilizzato – con gli obiettivi e risultati di volta in volta diversi – almeno un migliaio di volte. Non tutti gli interventi della regina hanno una connessione (almeno quella visibile) con gli interessi della famiglia. Ma, in ogni caso, si potrebbe constatare che l’espressione «regna ma non governa» non corrisponde del tutto alla realtà dei fatti.
Leggendo la lista delle norme, la discussione delle quali ha in varie epoche richiesto una trattativa per ottenere il consenso della regina, ho effettivamente notato gli argomenti di genere molto vario (per esempio, le regole sulla pesca del salmone o sui parcheggi automobilistici). E per l’ennesima volta mi sono dispiaciuto che nemmeno la regina abbia trovato il modo di intervenire sulla tristissima storia del Brexit.
Del «Queen’s Consent», invece, non posso dire alcunché di negativo. È un attributo normale della monarchia e, vista la qualità della vita nell’UK, non sembra essere abusato (lmeno a un osservatore molto estraneo come me). Quindi esista pure.