Si poteva scommettere un miliardo di euro su questa «notizia»: ieri Putin non si è presentato all’incontro con Zelensky a Istanbul. L’unico dettaglio che non ho indovinato è il fatto che non ha nemmeno fatto lo sforzo di inventarsi una scusa.
Al suo posto è andato un gruppetto di personaggi che non decidono nulla, guidati da un personaggio che dal puto di vista istituzionale e politico conta meno di nulla (l’ex ministro della cultura e l’autore della riscrittura della storia Medinsky). Ogni cosa (promessa, decisione, accordo) pronunciata da quei personaggi potrà essere tranquillamente ignorata da Putin. La delegazione ucraina lo sa benissimo, non si aspetta alcunché dagli incontri con quei personaggi, Zelensky ha deciso di non partecipare proprio… Tutto questo è logico, tutto questo era prevedibile in anticipo.
Il dettaglio interessante, invece, è: sempre ieri Trump ha dichiarato che non ci sarà alcun progresso nei colloqui di pace sull’Ucraina finché lui e il presidente russo Vladimir Putin non si incontreranno. E allora? Perché non ci è andato a Istanbul, dicendo «Vladimir, ci vediamo là»? Certo, si potrebbe logicamente dire: non lo ha fatto perché capisce che Putin vuole parlare solo con lui e non con Zelensky. Ma finché si preoccupa di come creare una situazione comoda per Putin, non ci sarà alcun progresso nelle trattative: Putin continuerà – ragionevolmente – a pensare di poter fare quello che vuole.
Finché Trump – da «campione delle trattative» – non decide di fare il duro con la parte forte della guerra, Putin continuerà a insultarlo con le proprie azioni. Come lo ha fatto ieri non presentandosi all’incontro di Istanbul voluto fortemente proprio da Trump.
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Donald Trump ha dichiarato che potrebbe recarsi a Istanbul il 15 maggio, dove probabilmente si svolgeranno i colloqui russo-ucraini, ma non ne è ancora sicuro perché ha in programma tantissimi incontri.
Avendo osservato il comportamento di Trump degli ultimi 3+ mesi, possiamo immaginare facilmente che a Istambul ci andrebbe di corsa, anche a piedi, per mostrare a tutti ancora una volta di essere l’uomo delle soluzioni. Ma sta aspettando di capire se la sua presenza sarà unica o meno: se ci saranno anche altri due personaggi.
Effettivamente, nel finesettimana Zelensky aveva fatto una grandissima mossa dichiarando che il giovedì 15 maggio aspetterà Putin a Istanbul per un colloquio (come lo stesso Trump gli ha chiesto di fare). È una grande mossa perché Zelensky capisce benissimo – a differenza di Trump e quasi tutta la squadra di quest’ultimo – che Putin farà qualsiasi cosa per non andarci! Non ci andrà un po’ perché ha paura di finire in un luogo potenzialmente nemico e un po’ perché in caso contrario dovrebbe negoziare direttamente con Zelensky al quale nega la legittimità (perché lo odia per il coraggio, per la tenacia, per il fatto che è stato eletto con i veri voti popolari e per tante altre cose). Di conseguenza, Zelensky ora sta costringendo Putin a fare due cose contemporaneamente: mostrare dispetto a Trump e inventare una scusa – in ogni caso ridicola – per non andare a un colloquio che egli stesso (Putin) ha proposto. Lo sta costringendo di mostrare un’altra volta, con una chiarezza ancora più grande, di non essere interessato alla pace. Immaginate le bestemmie che volano in questi giorni nella residenza di Putin…
Ora sarebbe bello convincere Trump di fare una dichiarazione pubblica più precisa: «io e Zelensky ti aspettiamo a Istambul, che fai?».
Ieri, nel corso di un discorso pubblico al Cremlino, Putin ha proposto alla Ucraina di riprendere i colloqui diretti «interrotti nel 2022» a partire dal 15 maggio a Istanbul «senza precondizioni»:
«Suggeriamo alle autorità di Kiev di riprendere i negoziati interrotti alla fine del 2022. Riprendere i negoziati diretti e, sottolineo, senza alcuna precondizione. Proponiamo di iniziare senza indugio già giovedì prossimo, 15 maggio, a Istanbul. Dove si sono svolti in precedenza e dove sono stati interrotti».
Chi si ricorda – almeno in un modo approssimativo – i «negoziati» del 2022, può interpretare facilmente la proposta di Putin: «ricominciamo a discutere la resa della Ucraina». È una proposta che non mi sorprende perché anche negli ultimi mesi Putin ha continuato a pretendere più o meno le stesse cose che ha sempre preteso: i territori, l’azzeramento dell’esercito ucraino, la non-adesione alla NATO etc.. Significa che si sente ancora in una posizione di forza, significa che non cederà di fronte alla logica osservazione di Zelensky (e alcuni altri leader mondiali) sulla opportunità di cessare i combattimenti per iniziare i negoziati sulla pace. Continuerà ad attaccare militarmente l’Ucraina per non indebolire la propria posizione.
Di conseguenza, non c’è alcun motivo di sperare in qualcosa nemmeno questa volta. Purtroppo, dobbiamo solo aspettare.
P.S.: il 3 maggio l’OPEC+ ha deciso di aumentare i volumi di estrazione del petrolio. Se tale misura persiste, potrebbe essere realmente importante nell’ottica del finanziamento della guerra: perché nel periodo caldo dell’anno la Russia non è in grado di aumentare l’estrazione ed è quindi costretta a vendere a un prezzo più basso quello che estrae già.
Per riprendere l’argomento del Giorno della Vittoria festeggiato ieri in Russia, vi segnalo un breve commento alle parole del capo dell’ufficio del presidente ucraino Andriy Yermak, secondo il quale «il più grande contributo alla distruzione di Hitler è stato dato dal popolo ucraino, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dagli altri alleati. Mosca sarebbe stata occupata e distrutta».
Da parte mia, aggiungerei solo che nel corso della attuale guerra gli ucraini sono liberi di fare tutte le dichiarazioni «di propaganda» che vogliono: si trovano in uno stato emotivo molto particolare e devono motivarsi a vicenda in tutti modi possibili (e, ovviamente, elogiare gli alleati attuali). Spero che in un futuro non tanto lontano si sarà la possibilità (e la disponibilità da parte loro) di discutere seriamente e pacificamente con loro di tutti gli argomenti immaginabili, gli episodi delle guerre comuni compresi.
Non so se ve ne siete accorti, ma da ieri conosciamo un nuovo – non so dire il numero seriale perché ho perso il conto – motivo della guerra in Ucraina espresso direttamente da Vladimir Putin.
Infatti, ieri su uno dei canali televisivi statali russi è uscito il film documentario «Russia. Cremlino. Putin. 25 anni»…
Probabilmente avrei dovuto mettere tra virgolette anche la parola documentario, ma non mi va di rendere il testo troppo pesante dal punto di vista visivo: tanto, avete già capito che si tratta di propaganda.
Insomma, in una delle scene di quel film Putin ha affermato che il mancato riconoscimento dell’indipendenza e della sovranità della Russia da parte dell’Occidente ha portato, alla fine, alla «operazione militare speciale» in Ucraina. Dopo il crollo dell’URSS, l’Occidente decise che la Russia si era indebolita e volle dividere la Federazione Russa in altre 4–5 parti.
Chi e quando lo voleva? Putin, ovviamente, non lo dice. Mentre io non riesco proprio a ricordarmi intenzioni o tentativi del genere. Allo stesso tempo, mi ricordo benissimo che lo stesso Occidente aveva tanta paura della divisione dell’URSS in una qualsiasi quantità di parti perché questo poteva comportare – secondo i politici di allora – la divisione dell’arsenale nucleare tra diversi nuovi Stati. Tale divisione era stata evitata grazie alla assegnazione di tutto l’arsenale alla Russia, il che si è rivelato (come vediamo ora) una scelta fatale per la pace.
Ma Putin pensa che tutti si siano dimenticati già tutto, quindi ci racconta il suddetto nuovo motivo della guerra. Boh…
Ieri tutti scrivevano dei risultati negativamente impressionanti dei primi cento giorni del secondo mandato presidenziale di Trump, ma lui ha finalmente deciso di fornire beni e dati militari alla Ucraina (non solo nuovi lotti, ma anche quelli già stanziati dal Congresso ai tempi di Biden). Si tratta delle forniture in cambio di denaro, non come aiuti, ma questo è già qualcosa, qualcosa di molto positivo.
Prima di tutto, a me (come, spero, a tutti coloro che tifano per l’Ucraina) non dispiace assolutamente a dire grazie a Trump anche mille volte. L’importante è il risultato.
In secondo luogo, dobbiamo congratularci con l’Ucraina per un ottimo accordo concluso con il «maestro degli accordi» Trump. Perché l’accordo sullo sviluppo di 57 tipi di minerali è un accordo sullo sviluppo di ciò che si trova nel sottosuolo ucraino in quantità sconosciute (non sono state condotte ricerche serie per alcune decenni), in territori non sempre fisicamente accessibili (per motivi ben noti) e in luoghi che spesso sono gravemente danneggiati (in tutti i sensi possibili) a causa di tre anni di guerra. Quindi anche la parte ucraina è stata bravissima.
Ora possiamo solo sperare che tutto vada bene e che l’imprevedibile Trump non faccia nuovi scherzi…
L’articolo proposto per questo sabato è, in realtà, un tentativo di indovinare il significato delle idee di Donald Trump con le carte…
Con le mappe geografiche però. Con le carte geografiche della Ucraina e della guerra che è in corso sul suo territorio. Viene mostrato quali territori proporrebbe Trump – se sapesse di cosa sta parlando, ovviamente – di regalare alla Russia sotto forma di uno «scambio».
Ma non mi metto a riassumere il testo e/o raccontare le mappe. Siete capaci di seguire il link e fare tutto il necessario per la comprensione dei contenuti.
Trump ha condannato il massiccio attacco dell’esercito russo di ieri alla Ucraina, compresa la città di Kiev:
I am not happy with the Russian strikes on KYIV. Not necessary, and very bad timing. Vladimir, STOP! 5000 soldiers a week are dying. Lets get the Peace Deal DONE!
Mi chiedo se Zelensky e Biden siano ancora secondo lui colpevoli dell’inizio della guerra. E se sia Zelensky a non volere che finisca?
In realtà, è interessante ma non importante. Ciò che è importante è: molto probabilmente è impossibile offendere seriamente Trump: quando egli finalmente capirà tutto di Putin (prima o poi dovrà farlo, nonostante le capacità limitate), semplicemente passerà a qualche questione più semplice e veloce da «risolvere». Gli è già successo molte volte fare in questo modo. Ma non sarà in grado di offendersi nello stile di Putin, tipo: «Non mi rispetti, quindi ora ti rovino tutta la tua misera esistenza». Il suo livello di cultura è notoriamente basso, ma è comunque basso secondo i criteri americani. Purtroppo, in questo particolare momento storico è da considerare una cosa negativa.
Il 17 aprile, in occasione di un incontro a Parigi con i rappresentanti ucraini ed europei, la delegazione statunitense guidata dal Segretario di Stato Marco Rubio aveva presentato il proprio piano per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina. Il piano sarebbe stato «valido» fino al 23 aprile, i suoi punti principali sarebbero i seguenti:
– gli Stati Uniti riconoscono la Crimea come russa;
– tutti i territori occupati dall’esercito russo a partire dal febbraio 2022, ad eccezione di una piccola parte della regione di Kharkiv, rimangono sotto il controllo russo, ma senza il riconoscimento internazionale dell’annessione; ciò include la maggior parte della regione di Luhansk e parti delle regioni di Donetsk, Zaporizhzhya e Kherson;
– la promessa che l’Ucraina non diventerà membro della NATO; la sua adesione all’Unione Europea rimane una questione aperta;
– la revoca di tutte le sanzioni imposte alla Russia dall’inizio del conflitto in Ucraina orientale nel 2014;
– l’intensificazione delle relazioni economiche tra gli Stati Uniti e la Russia;
– un gruppo di Paesi europei garantisce la sicurezza dell’Ucraina; le garanzie statunitensi non sono menzionate;
– assistenza alla ricostruzione postbellica dell’Ucraina (non viene specificato con quali fondi);
– la centrale nucleare di Zaporizhzhya rimarrà all’Ucraina, ma sotto la gestione degli Stati Uniti, e fornirà elettricità sia all’Ucraina che alla Russia;
– l’Ucraina firmerà un accordo sui «minerali» con gli Stati Uniti.
In sintesi: in base questo piano – a quanto pare, resterà solo sulla carta – l’Ucraina dovrebbe arrendersi, Putin dovrebbe ottenere tutto quello che vuole in questo momento storico, gli USA non hanno alcun impegno ma prendono tutto quello possono dalla Ucraina, mentre la sfigata Europa deve garantire tutto a tutti.
A questo punto io ho solo due domande.
La domanda retorica: l’Ucraina avrebbe accettato un piano del genere? (Non chiedo se esiste almeno una persona convinta della risposta positiva).
La domanda letteraria: in quale città è stato scritto questo piano? Secondo me è stato scritto a Mosca e poi portato a uno degli incontri tra la delegazione americana e la delegazione russa: al termine dell’incontro i rappresentati delle due parti hanno preso dal tavolo le cartelle sbagliate e ora spacciano il loro contenuto per il proprio avendo paura di ammettere lo sbaglio… Si potrebbe scriverne un bel racconto di fantascienza politica!
Come vi ricordate, sabato Putin aveva annunciato la cosiddetta «tregua di Pasqua» sul fronte ucraino: dalle 18:00 del 19 aprile alle 00:00 del 21 aprile. Dire che poteva benissimo evitare tutta la guerra è una scontata, banale. La ripetizione delle banalità ci interessa poco, vediamo invece i dettagli più importanti della realtà.
Ieri Vladimir Zelensky ha dichiarato che le truppe russe hanno bombardato le forze ucraine 387 volte tra le 18:00 del 19 aprile e la mezzanotte del 20 aprile. Ha aggiunto che dall’inizio della suddetta «tregua di Pasqua», l’esercito russo ha effettuato 19 assalti e utilizzato 290 droni.
Allo stesso tempo, secondo il Ministero della «Difesa» russo nella notte del 20 aprile l’esercito ucraino avrebbe bombardato l’esercito russo 444 volte e ha effettuato 900 attacchi con i droni.
Non posso dire quanto siano reali i numeri riportati, ma l’importante è capire due principi. In primo luogo, un certo numero di attacchi c’è sicuramente stato: lo sappiamo dalle notizie certe. In secondo luogo, gli attacchi non potevano non avvenire: nemmeno se Putin fosse stato realmente interessato alla «tregua di Pasqua». Infatti, su una linea del fronte lunga quasi due mila chilometri è un po’ difficile controllare le azioni di ogni singolo idiota che ha la mente alterata dalla guerra; qualunque cosa faccia l’idiota, dall’altra parte ovviamente arriva la risposta.
Putin non poteva non immaginarlo, quindi la sua idea della «tregua di Pasqua» è ancora più stupida di quanto poteva sembrare in un primo momento. E, allo stesso tempo, non è interessante (e non ha molto senso) cercare di indovinare se quella tregua sia stata violata appositamente o meno. Non poteva non essere violata.