L’archivio del tag «ucraina»

Aiutare salvandosi la faccia

Dicono che la Germania sta bloccando da oltre un mese un pacchetto da nove miliardi di aiuti destinati dall’UE all’Ucraina. Allo stesso tempo, sembra che la Germania sia intenzionata a restituire alla Gazprom la turbina della Siemens riparata ma bloccata in Canada a causa delle sanzioni.
A questo punto si potrebbe pensare che nell’ottica della guerra in Ucraina il comportamento della Germania, come pure di diversi altri Stati europei, sia abbastanza strano. Più uno Stato è lontano dalle zone dei combattimenti e più è strano il suo comportamento (anche sulla questione della fornitura degli armamenti). È strano anche perché dopo il comprensibile entusiasmo iniziale nell’adottare le sanzioni contro la Russia, l’Europa sta lentamente passando alla necessità di «salvare la faccia» (© Macron) propria e non di Putin: azzerando, appunto, ogni forma di partecipazione politica-economica al conflitto incorso ma continuando a stare dalla parte del bene.
E quindi spero che si trovi almeno il modo di adottare l’idea alternativa (l’ho già sentita da più economisti) che consiste nell’acquistare più risorse naturali possibile dalla Russia, far precipitare i prezzi e applicare una sorta di tassa o dazio su tale prezzo (per esempio il 30%) a beneficio del bilancio ucraino. In tal modo verrebbero raggiunti almeno tre obiettivi:
1) lo Stato russo incasserà molto meno, anche rispetto ai tempi pre-bellici;
2) gli aiuti all’Ucraina non costeranno alcunché ai contribuenti europei;
3) in Europa non ci sarà la crisi del gas e del petrolio.
Tutto questo non aiuta molto a fermare la guerra, ma almeno potrebbe aiutare a raggiungere dei risultati positivi più visibili e immediati.


Un sogno che si è “avverato”

Dal momento dell’inizio della guerra Charkiv è rimasta una delle città più colpite dell’Ucraina. A causa dei regolari attacchi aerei e della sua vicinanza alla linea del fronte, a Charkiv vige il regime perenne del blackout e del coprifuoco. Le autorità hanno chiesto ai residenti di accendere le luci nei loro appartamenti il meno possibile e pure l’illuminazione stradale è stata lasciata spenta in tutto il periodo della guerra. Di conseguenza, nelle condizioni del cielo sereno di notte è possibile vedere non solo migliaia di stelle sopra la città, ma pure la Via Lattea. Il residente di Charkiv Pavlo Pakhomenko, un fotografo e appassionato di astronomia, ha deciso di approfittare di questa opportunità per fotografare la città notturna senza l’inquinamento luminoso.
Sul proprio instagram Pavlo Pakhomenko ha scritto:

Per anni ho sognato di fare le foto del genere, sperando in una interruzione programmata della energia elettrica o di una azione educativa pianificata. Purtroppo, il «genio del male» ha esaudito il mio desiderio nel modo più sgradevole: attraverso la guerra. Il mio nuovo sogno è che dopo la Vittoria, ogni anno alla fine di febbraio, in una notte limpida e senza luna, le luci vengano spente per un’ora e tutti escano per le strade a guardare le stelle e a ricordare tutti coloro che la guerra ci ha portato via.

E ora posto alcune di quelle foto:
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Un’altra visita

Secondo me un giorno, dopo la fine della guerra, uscirà il film a parte con le immagini di tutte le personalità che in questo periodo hanno visitato Zelensky per dare un supporto morale e promettere il sostegno più o meno materiale. Mentre per ora è solo una serie, fatta di «puntate» brevi. Anche su questo blog.

Richard Branson, in particolare, teoricamente avrebbe anche potuto finanziare la soluzione di molti problemi materiali dell’esercito ucraino ma, essendo un privato e non uno Stato, non ha la possibilità tecnica di farlo. Quindi aiuterà (e sicuramente investirà) ai tempi della ricostruzione della Ucraina.
Chissà quando gli investitori occidentali torneranno a pieno regime nella economia dell’attuale aggressore. Forse molto più tardi della fine dei combattimenti.


Il rapporto dell’ONU

Il mercoledì 29 giugno la Missione di monitoraggio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha pubblicato il primo rapporto sulle violazioni dei diritti umani durante la guerra in Ucraina. Nel documento vengono elencati i dati raccolti dal 24 febbraio al 15 maggio 2022. La maggior parte dei casi ai quali è dedicato il rapporto si è verificata in aree controllate dalle forze armate della Federazione Russa, ma ci sono stati anche casi in aree controllate dal governo ucraino.
Io non tento di riassumere il documento menzionato: le persone realmente interessate potranno leggere, facilmente, almeno le sue parti di maggiore interesse.
Per ora sottolineo solo che l’assurdità del solo tentativo di parlare dei diritti umani durante la guerra è relativa. Infatti, solo il processo di raccolta dei singoli casi concreti può aiutare, in un mondo organizzato come il nostro, a elaborare una base di prove per il/i futuro/i tribunale/i internazionale o nazionale. Le prove dei crimini di qualsiasi genere devono essere raccolte subito, finché sono «fresche»: non alterate o distrutte. Di conseguenza, possiamo constatare che l’ONU ha fatto un piccolo passo iniziale, raccogliendo una parte dei casi — sicuramente e purtroppo solo una piccola parte — sui quali verranno in futuro svolte tutte le indagini necessarie.
Potete iniziare a leggere già ora per quali fatti verranno giudicati gli esecutori e i loro mandanti (i nomi dei principali di questi ultimi vi sono già noti).


I visti per i russi

A partire da oggi – il 1 luglio 2022, il 128-esimo giorno della guerra – i russi hanno bisogno del visto per andare in Ucraina. Per ottenere un visto ucraino, i russi possono rivolgersi a uno dei centri visti di VFS Global; i diplomatici ucraini che lavorano nei Paesi terzi esamineranno le domande presentate. Allo stesso tempo, le autorità ucraine hanno precisato che il visto non garantisce l’ingresso nel Paese: la decisione finale spetterà alle guardie di frontiera ucraine. È quindi finito il periodo della libera circolazione tra i due Stati che durava dal 1997.
Ecco: la stranezza della introduzione così tardiva dei visti si aggrava ulteriormente dal fatto che si tratta non di una misura di sicurezza voluta dallo Stato, ma solo della reazione a una petizione creata sul sito ufficiale del Presidente ucraino. Tale petizione è stata creata l’11 febbraio (quasi due settimane prima dell’inizio della guerra) e alla data del 25 maggio ha raccolto 26,7 mila firme (il Presidente ucraino esamina solo le petizioni che abbiano raccolto almeno 25 mila firme). Capisco che a febbraio la petizione in questione era dovuta anche al fatto che è ben nota l’usanza – relativamente recente – delle forze militari russe di inviare i propri soldati sui territori ex-sovietici con dei mezzi pubblici e «mascherati» da civili. Ma è comunque strano rendersi conto del fatto che tra l’Ucraina e la Russia esistano ancora dei rapporti turistici, fino a ieri così stretti (per non parlare di quelli commerciali, ancora non interrotti).
Comunque, è solo una questione di tempo: il 19 giugno, per esempio, il Parlamento ucraino aveva già vietato l’import e la riproduzione in pubblico delle opere culturali create dagli autori russi che non abbiano condannato pubblicamente la guerra in corso.
Nelle ultime settimane mi è capitato di sentire alcuni esperti secondo i quali la priorità di Putin sarebbe quella di «riunificare» la parte più slava e «russificata» dell’ex URSS. Indipendentemente dal fatto che sia una tesi realistica o meno, Putin sta per ora raggiungendo dei grandi risultati di segno opposto.


Un gesto di buona volontà

Dopo gli incessanti attacchi missilistici ucraini sull’Isola dei Serpenti (la cui guarnigione ucraina era diventata famosa, per una bella frase, in tutto il mondo all’inizio della guerra), i militari russi hanno fatto esplodere tutte le attrezzature ancora non danneggiate e si sono affrettati a evacuarsi su barche da sbarco.
Il dettaglio più interessante – e in un certo senso divertente – di questo episodio della guerra in corso è il commento ufficiale del Ministero della Difesa russo. Merita di essere tradotto:

Il 30 giugno, in qualità di un gesto di buona volontà, le forze armate della Federazione Russa hanno completato lo svolgimento dei loro compiti sull’Isola dei Serpenti e hanno ritirato la guarnigione dislocatavi.
Tale atto dimostra alla comunità mondiale che la Federazione Russa non sta ostacolando gli sforzi delle Nazioni Unite finalizzate alla creazione di un corridoio umanitario per l’esportazione dei prodotti agricoli dal territorio ucraino.

Avete apprezzato, vero?


La convinzione

Non sono sicurissimo del fatto che tanti media occidentali abbiano scritto del fatto che i militari della Guardia Nazionale della Federazione (uno dei corpi militari russi) alla fine di febbraio entravano in Ucraina con l’uniforme da parata nei bagagli. Infatti, si programmava di fare una parata da vincitori a Kiev dopo pochissimi giorni…
Sono un po’ più sicuro del fatto che quasi nessuno abbia scritto che davanti alla Cattedrale principale delle Forze Armate della Federazione Russa a Kubinka (nella Regione di Mosca) è in fase di costruzione un arco di trionfo!

Immagino facilmente la sceneggiatura dello spettacolo di inaugurazione programmato.
Inizia tutto con un omino un po’ anziano che cammina sotto l’enorme arco al suono delle fanfare. L’omino viene seguito dai trofei conquistati nel corso della guerra: le macchine del sistema Iskander trasportano le lavatrici, i bollitori elettrici, i motori di barche etc. Poi seguono decine di migliaia di «veterani» senza gambe e senza braccia con tante medaglie. Poi una lunga colonna di vedove in nero passerà sventolando gli assegni da x milioni di rubli regalati dallo Stato per i mariti uccisi. Subito dopo passeranno i vari rottami dell’ex «secondo esercito più grande del mondo»: migliaia di carri armati e mezzi corazzati distrutti. Seguiranno centinaia di bossoli sparati contro l’Ucraina. La lunga processione sarà chiusa dall’enorme incrociatore «Moskva» ricoperto di fango e conchiglie. la nave, ovviamente, si incastrerà nell’arco di trionfo. E proprio in quel momento inizieranno i fuochi d’artificio.
Che spettacolo…
Ma stavo dormendo?..


Ben Stiller a Kiev

Zelensky riceve le visite più incredibili. E io inizio a sospettare che qualcuno tra poco cambi incredibilmente il genere dei film:


I nuovi candidati all’UE

Come era facilmente prevedibile, ieri il vertice dei leader dell’UE ha concordato lo status di candidato all’UE per l’Ucraina e la Moldavia. Ha dunque seguito le raccomandazioni della Commissione europea.
Considerando che nel mondo esistono da tempo anche alcuni altri potenziali candidati allo status di candidato (sono abbastanza sicuro di Azerbaijan, Armenia, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Kosovo), vediamo ancora più facilmente che la scelta dei leader europei è motivata prevalentemente dalle questioni di sicurezza. Infatti, dopo l’Ucraina, la Moldavia rimane lo Stato della zona meno «protetto» da accordi internazionali (nonostante la «cooperazione» con la NATO).
L’aspetto per ora più interessante della notizia di ieri è invece il destino della Georgia. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha infatti annunciato che il vertice dell’UE ha riconosciuto la «prospettiva europea» della Georgia ed è pronto a concederle lo status di candidato una volta che la Georgia avrà soddisfatto una serie di condizioni. Il primo ministro georgiano Irakli Garibashvili, a sua volta, ha dichiarato che il suo Paese «merita lo status di candidato all’UE più di ogni altro candidato». Ma si è dimenticato di precisare che tutti i successi georgiani sulla strada verso la candidatura all’UE sono stati fatti sotto la presidenza di Mikhail Saakashvili (2004–2013). Quest’ultimo si trova ora in opposizione e – sostanzialmente di conseguenza – in carcere. Mentre i governanti georgiani di oggi hanno già disfatto una parte delle modernizzazioni della Georgia volute da Saakashvili.
A questo punto penso che l’Ucraina e la Moldavia non avranno molti concorrenti (o compagni di viaggio?) sulla loro lunga strada verso l’ingresso nell’UE.


Le notizie della cleptomania

Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, alcuni Stati occidentali hanno rinominato le vie in cui si trovano le ambasciate russe. Così, per esempio, alla via dove si trova l’ambasciata russa a Praga è stato attribuito il nome di «Eroi ucraini», alla via analoga di Vilnius è stato attribuito il nome di «Eroi dell’Ucraina», mentre a Riga quello di «Indipendenza dell’Ucraina». In generale, la tradizione di modificare in questo modo gli indirizzi ufficiali delle rappresentanze diplomatiche russe non è nuova. A Washington, per esempio, l’ambasciata russa si trova in piazza Boris Nemtsov: nel 2018 un pezzo della via era stato dedicato al politico di opposizione ucciso nel centro di Mosca nel 2015. Si tratta di un modo «creativo» di esercitare pressione sullo Stato russo, costretto a indicare i nuovi indirizzi provocatori sui propri documenti ufficiali.
Lo Stato russo del XXI secolo ha però elaborato una propria tradizione interessante: rispondere in modo «simmetrico» alle «azioni offensive» degli Stati esteri, come se quelle azioni fossero ogni volta totalmente immotivate. Faccio subito un esempio recentissimo.
Alla fine di maggio il Comune di Mosca ha «deciso» di rispondere alle sanzioni statunitensi (dovute alla guerra in Ucraina) e di copiare finalmente il trucco occidentale del cambio degli indirizzi delle ambasciate. Ha quindi organizzato un sondaggio – tradizionalmente da risultato truccato con i voti obbligatori dei dipendenti comunali – sul nuovo nome da attribuire al pezzo della via dove si trova l’ambasciata USA. Il risultato del sondaggio è stato ufficializzato ieri: dal 22 giugno l’ambasciata statunitense a Mosca si trova in piazza della Repubblica Popolare di Donetsk.
Molto probabilmente non avrei mai scritto di questa ennesima manifestazione del degrado in cui si trovano la diplomazia e la direzione statale russi. Ma mi è sembrato curioso un dettaglio: sui cartelli pubblicitari che annunciano il cambio del nome della piazza è stato utilizzato – ovviamente senza permesso – il font «KTF Jermilov». Quel font era stato elaborato dai designer ucraini Oles Gergun e Yevgeny Anfalov per una campagna di sostegno alla Ucraina…

Non so se l’utilizzo non autorizzato proprio di quel font sia stato intenzionato o accidentale (qualcuno poteva averlo scelto a caso senza conoscerlo), ma in entrambi i casi la situazione diventa ancora più ridicola.