Il generale Mark Milley – il capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti – ha dichiarato che le condizioni meteorologiche consentiranno alle forze armate ucraine di condurre un’offensiva per poco più di un mese. A suo avviso, le forze armate ucraine avranno più difficoltà a manovrare in autunno. Milley ha anche aggiunto che le forze armate ucraine stanno avanzando più lentamente del previsto.
Tutte le conclusioni ottenute dalle analisi di chissà quale entità e durata mi fanno un po’ ridere e arrabbiare allo stesso tempo. È ovvio che l’avanzata ucraina sta procedendo più lentamente di quanto si spera (prima di tutto, dagli ucraini stessi). Ma grazie a quali cazius di mezzi dovrebbe essere più veloce? Grazie a poche decine di carri armati? Oppure grazie alla promessa degli F16 non ancora integrati nel sistema militare ucraino? Boh…
L’archivio del tag «ucraina»
La Direzione principale dell’intelligence del Ministero della Difesa ucraino ha pubblicato il film «Piloti russi abbattuti», in cui vengono descritte diverse operazioni speciali dei servizi segreti ucraini. Tra le altre cose, il film mostra un pilota che ha contrabbandato un elicottero Mi-8 russo in Ucraina nel mese di agosto.
Ma sicuramente ne avevate già letto abbastanza all’epoca dei fatti.
L’ormai ex ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, dimessosi all’inizio di settembre, ha pubblicato sul quotidiano britannico The Guardian un testo importante per lui, per l’Ucraina e per il mondo. Non vorrei che qualcuno lo saltasse, dunque vi passo subito il link.
Non ci avevo mai pensato prima, ma in realtà quello sottolineato dal Financial Times è un fenomeno abbastanza logico, teoricamente prevedibile: il contingente di militari ucraini arrivati in Germania per l’addestramento offerto dai militari europei è eterogeneo sia in termini di livello di formazione che di età (uno degli «studenti» ha più di settant’anni) ed è dunque facilmente ipotizzabile che alcuni comandanti ucraini preferiscano non sottrarre il personale militare più prezioso (quello più attivo mentalmente) alle missioni di combattimento. Se l’ipotesi dovesse essere corretta, si tratta, purtroppo, di una questione che non può essere risolta senza creare degli ostacoli alla controffensiva ucraina.
Nello stesso articolo, poi, vengono messi in evidenza altri due problemi. In primo luogo, è la mancanza degli interpreti che conoscano la terminologia tecnica militare in tutte le lingue utilizzate durante i corsi.
In secondo luogo, uno dei militari occidentali coinvolti nell’addestramento ha dichiarato, a condizione di anonimato, che i militari europei hanno a che fare con gli ufficiali-studenti ucraini che hanno ricevuto la loro formazione militare durante l’epoca sovietica e sono convinti di «saperne di più» delle materie trattate. Questo sarebbe un problema enorme nel contesto di quello che mi è capitato di sentire in una intervista (fatta in russo) dello studioso della guerra Michael Kaufman: l’esercito ucraino, nonostante tutta la sua evoluzione degli ultimi trent’anni, è comunque un erede della dottrina militare sovietica nella quale la priorità veniva data alla artiglieria e non (a differenza di quella americana) alle forze aeree. Di conseguenza, non è sufficiente – secondo Kaufman – fornire fisicamente gli F16 e le altre armi occidentali più o meno moderne: bisogna anche insegnare, da zero, agli ucraini il modo di usarli in un modo ben coordinato. Ma, aggiungo io, i blocchi mentali degli studenti rendono il compito ancora più difficile.
Tutto questo potrebbe farci giungere alla triste conclusione che l’unica soluzione sarebbe quella di schiacciare il nemico con la massa. Boh, vedremo…
Effettivamente, le nuove tecnologie sono spesso utili contro i problemi vecchi:
Sicuramente, in questo modo si velocizza almeno il ritrovamento «sicuro» di una parte significante delle mine.
Quando Yuriy Ignat – il portavoce del Comando delle forze aeree dell’Esercito ucraino – dice pubblicamente che l’Ucraina non riceverà i caccia F-16 statunitensi nel prossimo autunno o inverno, lo dice non a noi o agli ucraini, ma all’esercito russo.
Infatti, il suo lavoro non consiste nell’informare tutti – quindi pure l’esercito del nemico invasore – del calendario dell’arrivo dei nuovi armamenti. Di conseguenza, tutti coloro che tifano per l’Ucraina possono iniziare a interpretare le parole di Ignat esattamente al contrario. E, ovviamente, sperare.
Io ho già iniziato.
Per quasi diciotto mesi i giornalisti e i loro lettori / ascoltatori si erano chiesti su quale tratto del «fronte ucraino» si trovassero realmente i famosi combattenti ceceni di Kadyrov, quelli che avrebbero dovuto essere i più feroci, spietati etc. etc.. Per quasi diciotto mesi si riusciva a trovarli solo sulle immagini di TikTok e Instagram, dove posavano in delle scene più o meno «eroiche» (secondo i loro standard un po’ particolari).
Ieri, «finalmente», sono stati trovati: nel villaggio Ursuf (provincia di Mariupol, quindi sul territorio occupato e controllato dall’esercito russo) avrebbero fatto una sparatoria con i militari russi. Tra gli uccisi ci sarebbero almeno quattro militari russi e almeno sette civili residenti della zona. La notizia è stata diffusa dalle autorità legittime ucraine, ma, in ogni caso, non c’è un modo di verificare la sua autenticità. Allo stesso tempo, la notizia mi sembra credibile in quanto perfettamente in linea con tutto ciò che sapevo fino a oggi dei «militari» ceceni e della loro voglia di combattere a favore del russo chiamato Putin (dove il cognome è solo uno dei valori possibili di una variabile).
Le forze armate ucraine hanno attaccato ancora una volta – chiaramente non per l’ultima – il ponte di Crimea: le capisco e, in una certa misura, le sostengo anche in questa specifica impresa.
Non capisco altre due cose: perché ci sia bisogno di mascherare il ponte con del fumo durante gli attacchi (come se le armi moderne fossero puntate «a occhio») e a che scopo viene dato l’avviso vocale «lasciate il ponte» (come se ci fossero persone che sono venute sul ponte per stare in piedi o sdraiarsi su di esso e non per andare da un capo all’altro).
Nel finesettimana a Gedda, in Arabia Saudita, si era tenuto il nuovo vertice – a livello di consiglieri politici e militari – sulla futura pace in Ucraina. Ai vertici del genere per ora, purtroppo, si parla dei concetti molto teorici (e lo si vede anche dal rango dei funzionari che ne partecipano), dunque per ora non ha molto senso commentarli.
Ma so che qualcuno (soprattutto tra quelli favorevoli alla guerra) aveva reagito – non importa in che modo e con quale forza – al mancato invito dei rappresentanti della Russia.
Ebbene, il mancato invito non merita la nostra attenzione. E nemmeno l’attenzione delle varie creature favorevoli alla guerra. Infatti, ci ricordiamo bene che nemmeno i rappresentanti della Germania furono invitati alle conferenze di Teheran e di Yalta. In compenso, un po’ più tardi furono invitati a un lungo e importante evento a Norimberga.
Per non farvi stancare troppo con tutti quei post sulla guerra e sulle armi, oggi scrivo dell’arte… Dell’"arte«.
Pochi giorni fa ho letto che la sezione moscovita dell’Unione degli artisti della Russia (una di quelle «Unioni» ereditate dal corporativismo sovietico), con il sostegno del Fondo presidenziale per le iniziative culturali e dell’agenzia di informazione ed esposizione «ArtContract», aveva indetto il concorso di portata federale per la creazione di opere di propaganda visiva «Aghitfront». Le domande di partecipazione al concorso erano accettate fino al 23 aprile 2023.
Gli obiettivi del concorso erano stati definiti come segue: «creazione e accumulo su un sito web accessibile al pubblico di opere artistiche e visive di propaganda e pubblicità sociale per l’educazione patriottica continua della popolazione della Federazione Russa, la divulgazione degli scopi e degli obiettivi dell’operazione militare speciale [lo Stato russo usa quella espressione al posto della parola guerra – E.G.], la protezione del „mondo russo“ e dei suoi valori, al fine di soddisfare le esigenze della società e dello Stato in contenuti socio-politici dinamici ed energici di alta qualità per la collocazione su Internet e sulla stampa, per l’uso come pubblicità esterna».
Ovviamente gli organizzatori si erano appropriati del 90% della somma destinata ai premi (592 mila rubli su 652), ma non è di questa cosa ovvia che volevo scrivere. Volevo scrivere di uno dei vincitori del concorso.
La maggioranza dei disegni premiati non sarà comprensibile alle persone che non conoscono la lingua russa o conoscono poco il contesto politico interno russo. Quindi almeno per ora non ve ne racconto. Ma uno dei disegni premiati è quasi puramente grafico: è accompagnato solo dalla scritta «Spazziamo via la feccia fascista».
Ecco, guardate bene il disegno e provate a rispondere in un modo obiettivo, serio e onesto alla mia domanda: su questo disegno, quale delle due bandiere viene spazzata via dalla sagoma della Ucraina?
In più, quel colore marrone mi ricorda una sostanza ben nota a tutti…
Se la vostra interpretazione del disegno coincide con la mia, unitevi alle mie speranze per l’impunità dell’artista! (Non scrivo «preghiere» perché sono un apateista.)