Nei giorni scorsi la Bulgaria ha trovato il modo di trasferisce all’Ucraina un altro centinaio di BTR-60 sovietici: con pezzi di ricambio, armi e munizioni.
C’è un po’ di ironia nel fatto che prima i comunisti hanno derubato e impoverito il popolo del proprio impero spendendo cifre folli per la produzione di veicoli da combattimento. Poi i comunisti hanno spedito quei pezzi di ferro in tutto il mondo, nella maggior parte delle occasioni gratuitamente (il tutto è andato a credito, che poi è stato cancellato). E ora tutte queste macchine da combattimento vengono portate da tutto il mondo in Ucraina per combattere contro gli ex funzionari comunisti completamente impazziti nel 2022.
Solo i comunisti possono fare tre deficit sugli stessi propri prodotti (in questo caso militari).
L’archivio del tag «ucraina»
Il National Security Archive della George Washington University ha pubblicato 11 documenti relativi alla prima visita del 42-esimo Presidente degli Stati Uniti Bill Clinton in Russia e ai suoi incontri con l’allora Presidente russo Boris Eltsin. Il vertice Russia-USA si svolse dal 12 al 15 gennaio 1994. Tra i documenti pubblicati vi sono le trascrizioni e i resoconti degli incontri a due tra Eltsin e Clinton, nonché della loro cena a Novo-Ogariovo. In occasione della visita del presidente statunitense, Mosca, Washington e Kiev annunciarono di aver concordato il ritiro dell’arsenale nucleare sovietico dall’Ucraina. Trent’anni dopo, Clinton ha detto di essere dispiaciuto per il fatto che le autorità ucraine avevano rinunciato alle armi nucleari.
I più curiosi possono andare a vedere quei documenti per scoprire – questa vota dai documenti ufficiali – da come si parlava dell’ingresso della Russia nella NATO, della collaborazione USA–Europa–Russia e delle garanzie di sicurezza da dare alla Ucraina.
Nei giorni scorsi la mia collezione di monete si è arricchita di alcuni preziosi esemplari. Uno di essi è il rublo sovietico commemorativo, emesso nel 1989 per i 175 anni dalla nascita del poeta ucraino Taras Shevchenko (considerato uno degli artefici della letteratura ucraina e della lingua ucraina contemporanea):
Probabilmente, qualche volta potrei usare la foto di questa moneta in qualità di una immagine di profilo (visto che la forma rotonda ci è imposta su quasi tutti i siti già da un po’ di anni). Ho pure i baffi in una certa misura simili! In ogni caso, sarà un trucco tecnico esteticamente più bello e originale di una bandierina applicata sopra una foto propria. E, ovviamente, non significa assolutamente che sono un nostalgico dell’URSS (è in realtà è proprio al contrario).
P.S.: a tutti coloro che non lo sanno comunico che il dritto delle monete commemorative sovietiche era identico a quello delle monete normali. Eccolo sempre sulla stessa moneta di cui sopra: Continuare la lettura di questo post »
Il capo della CIA William Burns ha scritto un articolo per Foreign Affairs dove, tra le altre cose, ha comunicato che la Russia avrebbe perso almeno 315 mila uomini – tra uccisi e feriti – nella guerra in Ucraina.
Mi dispiace che pure la CIA – la quale è sicuramente una organizzazione informata molto bene sull’argomento – partecipi alla creazione delle illusioni potenzialmente dannose. Dal numero riportato, infatti, sembrerebbe che l’esercito abbia già perso circa la metà degli uomini coinvolti nella aggressione contro l’Ucraina. Mentre in realtà ci sono dei dettagli importanti: non tutti quegli uomini sono dei militari di professione (ma cittadini mobilitati, detenuti prelevati dalle carceri, «wagneriani» etc.), non tutti i feriti sono stati definitivamente mandati a casa (in alcuni casi sono tornati sul fronte anche più di una volta), Putin è disposto fare molto per compensare la carenza dei missili, bombe e altro materiale con le masse dei corpi umani.
Insomma, il numero – sicuramente alto in termini assoluti – non deve sembrare un segno di gravi problemi dell’esercito russo. E, di conseguenza, non deve far sperare che Putin possa perdere o addirittura arrendersi in tempi brevi solo a causa delle perdite umane.
E poi, le perdite umane per lui non sono assolutamente un problema.
Il premier ungherese Viktor Orban ha dichiarato, nella intervista al media francese Le Point, che l’Ungheria sosterrà la decisione europea di stanziare 50 miliardi di euro in aiuti alla Ucraina, ma a condizione che i Paesi-membri dell’UE approvino questa decisione ogni anno…
Poi ha detto anche tante solite stronzate (che di fatto bisogna trattare con Putin etc), ma noi basta già il punto di cui sopra.
In sostanza, Orban ha deciso di non fare più finta di essere un tipo timido e, invece, di manifestare sfacciataggine di livello massimo: «voglio che mi garantiate la possibilità di ricattarvi almeno una volta all’anno, così almeno una volta all’anno ci guadagno qualcosa».
Geniale! Anche io voglio salire a questi livelli.
Ah, e secondo me non è escluso che ci riesca…
La sera di ieri, il 29 gennaio, i mass media ucraini hanno citato delle «fonti» innominate secondo le quali il comandante in capo delle Forze armate ucraine, Valery Zaluzhny, potrebbe essere licenziato o è già stato licenziato. Poco dopo, il Ministero della Difesa ucraino ha pubblicato un messaggio su Telegram: «Cari giornalisti, rispondiamo subito a tutti: no, non è vero». Di conseguenza, se dovesse capitare anche a voi di leggere una «notizia» del genere, state attenti…
E, in ogni caso, vi ricordo un principio universale utile per il futuro: anche i media più seri russi e ucraini molto spesso citano delle «fonti anonime nella amministrazione presidenziale / governativa / parlamentare etc», senza però che tale fonte esista veramente. Semplicemente, in ogni media c’è sempre qualche giornalista poco responsabile che inventa o tenta di indovinare delle notizie che gli sembrano imminenti per logica degli eventi passati (come, per esempio, i presunti rapporti difficili tra Zaluzhny e Zelensky) e «si copre» con una fonte «che ha voluto rimanere anonima». Quelle notizie inventate, ovviamente, molto spesso non succedono e il giornalista inizia a sperare che tutti si dimentichino del suo trucco mal riuscito. Mentre noi, i lettori attenti, iniziamo a chiederci perché mai qualche dipendente della amministrazione debba passare qualcosa ai giornalisti in un modo anonimo… A meno che non si tratti di una disinformazione appositamente concordata con i capi.
Fortunatamente non so come esplodono gli aerei Il-76 con un carico di missili S-300 e come esplodono quelli senza un carico del genere. Ma vedo tanto fumo e tanto fuoco, mentre i corpi – o i loro frammenti – dei prigionieri di guerra ucraini presumibilmente presenti sull’aereo (dei quali la propaganda russa sta scrivendo così tanto) non sono ancora stati mostrati nemmeno sulle immagini censurate.
Ma un sacco di gente cerca di indovinare: cosa o chi, verso dove e da dove trasportava quell’aereo. Tentano di indovinare senza potersi basare su una quantità sufficiente di dati certi.
E, purtroppo, capisco perché le autorità ucraine non si affrettano a dire se abbiano abbattuto loro l’aereo. Se lo avessero abbattuto loro, sarebbe stato un buon successo militare. Ma potrebbero emergere dei dettagli che, pur non dipendendo da loro, possono eccitare negativamente le menti deboli della società.
Nell’aprile 2023 Vladimir Putin aveva ordinato la creazione (ovviamente in Russia) di musei dedicati alla guerra in Ucraina e, di conseguenza, anche la ricerca e il trasferimento nei musei di «artefatti legati alla operazione militare speciale».
Da quel momento mi è capitato di leggere diverse notizie sulle esposizioni museali più o meno assurde e/o ridicole mirate a eseguire il suddetto ordine presidenziale. Ovviamente, i dirigenti di tutti i musei coinvolti non possono disobbedire nemmeno quando personalmente, nella propria mente, sono contrari alla guerra e alla politica putiniana in generale (ma non posso e non voglio criticare i dirigenti-oppositori per il fatto che continuino a lavorare: hanno dei loro validissimi motivi per farlo). E, di conseguenza, a volte non riesco a capire se ogni singola esposizione sia stata preparata dai semplici idioti oppure dalle persone intenzionate a screditare l’esercito-aggressore russo e la guerra in Ucraina.
Per capire su cosa si basano i miei dubbi, potete leggere l’articolo che riassume la situazione attuale dei musei russi della guerra in Ucraina. Non so se vi farà arrabbiare, vi stupirà o vi divertirà, ma sicuramente produrrà uno di quegli effetti.
Con grande curiosità – ma senza stupirmi – ho scoperto che già in autunno del 2023 Vladimir Putin ha deciso di disfarsi di una delle principali «eredità» ricevute dal suo ex «cuoco» Evgeny Prigozhin. Quest’ultimo, se vi ricordate, arruolava nella propria compagnia militare privata «Wagner» i detenuti russi per farli combattere in Ucraina. In realtà li utilizzava per le missioni più disperate, come carne da macello, ma questo è solo un dettaglio. L’importante è che in cambio della firma sul contratto prometteva la liberazione (con la relativa grazia firmata dal Presidente) dopo sei mesi di partecipazione alla guerra. E, effettivamente, tutti quelli che sono riuscito a tornare vivi dalla guerra, sono stati graziati (un altro piccolo dettaglio: molti di loro sono tornati alla vita «civile» con le loro abitudini criminali di prima, ma, naturalmente, aggravate dalla esperienza avuta in guerra).
Ecco, il servizio russo della BBC scrive che già dall’autunno 2023 Putin ha smesso di firmare decreti di grazia per i detenuti che hanno accettato di andare in guerra: ora vengono inviati in Ucraina dopo un «liberazione condizionale» e un contratto che non può essere disdetto fino alla fine della guerra. I contratti da sei mesi, invece, non vengono più firmati. Si tratta di una notizia non comunicata ufficialmente, ma trovata dai giornalisti sulle numerose chat (telegram e altri) dei parenti dei detenuti mandati in guerra.
Non penso che Putin tenti in questo modo di risolvere il problema della invasone del territorio russo da parte dei criminali «non corretti» e armati. È più probabile (anzi, è quasi certo) che tenti di risolverne altri due: 1) minimizzare l’arruolamento dei civili liberi (che non sta andando benissimo e può essere praticato tranquillamente solo in provincia); 2) compensare la mancanza degli strumenti tecnologici bellici con le grandi masse di corpi umani (una tradizione russa vecchia alcuni secoli).
Prima o poi i detenuti russi capiranno il trucco, ma avranno sempre meno modi di rifiutare la proposta di firmare il contratto. Prigozhin, dunque, verrà ricordato come una persona buona e onesta, ahahaha
Il documentario «20 Days in Mariupol» del regista ucraino Mstislav Chernov – che racconta i primi giorni della invasione russa dell’Ucraina – è stato candidato all’Oscar nella categoria Miglior documentario.
Non lo scrivo per comunicarvi una notizia che sicuramente conoscete già da voi.
Lo scrivo per dire che si tratta di uno dei pochissimi casi in cui sarò contento per una premiazione perfettamente politicizzata. Il film in questione è sicuramente interessante dal punto di vista storico (dunque è un documentario utile e importante), ma non sono competente per confrontarlo con i concorrenti. So solo che la sua premiazione in questo momento storico sarà molto utile alla causa ucraina…