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Jack Dorsey sta per lasciare Twitter

Jack Dorsey, uno dei creatori del Twitter, si è dimesso ieri dall’incarico di CEO. Si tratta di un gesto chiesto dagli investitori già nel 2020 perché, secondo loro, Dorsey dedicherebbe troppo tempo all’altra sua creatura: Square, un servizio di pagamento via dispositivi mobili.
Non mi dispiace assolutamente per Jack Dorsey, il quale finalmente ha più tempo e libertà morale per dedicarsi a ciò che gli interessa maggiormente in questo momento storico. Mi dispiace invece per gli investitori del Twitter, i quali – a differenza di Jack Dorsey – molto probabilmente non hanno ancora capito bene quanto siano limitate le possibilità di crescita di un servizio come Twitter stesso. Intendo: si può aggiungere una infinità di funzioni (aumentare la lunghezza massima dei post, permettere di pubblicare video, audio e immagini, introdurre/modificare la possibilità di inviare messaggi privati e fare tante altre cose che stanno tutte le altre piattaforme compreso il Twitter), ma solo per diventare uno qualunque tra i pari. Questo equivale alla attesa della fine della moda, la fine che prima o poi arriva per tutte le piattaforme online.
Quindi Jack Dorsey ha già capito che è giunta l’ora di dedicarsi a qualcosa di completamente nuovo (almeno nel senso di diverso), mentre gli investitori sperano ancora il nuovo CEO possa produrre un miracolo senza precedenti.
L’esperienza mi suggerisce che dovrebbe vincere Jack Dorsey.


Prometto di seguire le statistiche

Il Comando strategico delle forze armate degli USA ha un proprio account ufficiale su twitter. In aggiunta, il Comado è responsabile per la gestione dell’arsenale atomico e del sistema della difesa antimissilistica.
Cosa ci può essere di particolare sul twitter di una organizzazione del genere? Niente, tranne i soliti brevi comunicati stampa sulle esercitazioni e sulla vita dei militari. Il 28 marzo, però, è successo qualcosa di strano: prima è stato pubblicato un tweet molto strano, poi è comparso un tweet di scuse, e dopo ancora sono scomparsi entrambi i tweet.

La situazione è stata spiegata abbastanza velocemente: un bambino piccolo, figlio dell’addetto alla amministrazione dell’account su twitter, si è «approfittato» della brevissima distrazione del padre ed è riuscito a pubblicare un messaggio semplicemente giocando con la tastiera del computer aziendale.
Io, a questo punto, potrei fare delle battute super divertenti sul fatto che lo «smart working» sia il vero pericolo per il nostro pianeta (chissà quali altri tasti magici possono essere premuti, ahahaha), ma evito.
Vorrei invece scoprire, magari alla fine del 2021, quale percentuale degli account e dei computer è stata «protetta» dalla nuova password tanto «di moda»: ;l;gmlxzssaw.
Tra parentesi: (non è un suggerimento ai hacker che già sanno fare bene il proprio lavoro, è invece un avvertimento a tutte le persone che amano scherzare con la sicurezza).


Uno degli indici di Biden

Il Twitter informa che gli account presidenziali ufficiali saranno «consegnati» al nuovo presidente Biden con follower azzerati. Non so se tutti se ne accorgono, ma si tratta di una scelta potenzialmente pro-repubblicana. Infatti, né Joe Biden né la sua squadra (o, almeno, la sua parte già annunciata) sembrano delle persone particolarmente adatte per (ri)acquistare la popolarità in Internet. Non per le loro qualità politiche, ma, purtroppo, a causa dei fattori di età e formazione.
Allo stesso tempo, la velocità di crescita della quantità dei lettori (anche quando si parte dallo zero) è un bel indice di popolarità di un qualsiasi politico. Quindi le persone particolarmente interessate alla politica statunitense possono iniziare — a gennaio — a osservare il facilmente reperibile numero dei follower.

P.S.: Barack Obama, nel 2016, aveva esplicitamente chiesto di far mantenere i vecchi follower al suo successore. Donald Trump preferisce usare il twitter personale e, forse, anche per questo non è particolarmente interessato alla questione.


Due modelli di censura

Il fatto che il Twitter abbia iniziato ad aggiungere i link alle informazioni vere in fondo a certi twit di Trump, è una notizia molto curiosa. [Anche io sono bravo con i link, quindi ecco i due esempi: unodue.] L’iniziativa in sé rappresenta, forse, l’unica forma di censura umanamente possibile nei confronti degli autori dei famosi «fake news»: non viola il diritto all’informazione dei lettori e, allo stesso tempo, non costringe l’autore a optare verso la diffusione anonima dei propri comunicati fantasiosi.

Quello che mi incuriosisce ancor di più è, invece, la reazione di Mark Zuckerberg: afferma che il Facebook avrebbe una politica d’intervento diversa. Ecco, purtroppo il modo di agire del Facebook è noto particolarmente bene in Russia, dove da anni gli utenti vengono sistematicamente bloccati per le parolacce contenute nelle opere letterarie citate e per le opinioni politiche denunciate come «inopportune» dai bot pro-governativi. [Avrei messo anche più di due link sull’argomento, ma la maggioranza di voi non legge in russo.] C’è il sospetto che la direzione del social semplicemente non è interessata a entrare in merito di ogni situazione segnalata. Esercita la censura ceca e indifferenziata, spacciandola per una grande conquista.
Direi che il metodo del Twitter mi piace molto di più. Anche se, da utente, sono totalmente disinteressato al Twitter stesso: per i contenuti brevi ho altri canali di comunicazione decisamente più belli e comodi.