Lo scrivo ora, prima che mi sia dimenticato di farlo o che sia passato troppo tempo: ieri pomeriggio mi è capitato di partecipare a un workshop di alcuni ricercatori di statistica della mia Facoltà… Capisco che già la notizia della mia partecipazione a un evento del genere risulta, per alcuni di voi, una bella barzelletta, ma sono appena all’inizio di un racconto che in realtà riguarda degli argomenti seri…
Volevo raccontarvi di avere appreso, nel corso del suddetto workshop, una serie di informazioni interessanti. Per esempio, oggi potrei condividere con tutti coloro che si ricordano ancora della pandemia del Covid-19 il link di una sezione del sito del laboratorio di ricerca «spsTREND». Il gruppo svolge delle ricerche anche quantitative con dei risultati a volte curiosi e non scontati. Così, studiando il malessere psicofisiologico durante la pandemia in Italia il gruppo ha scoperto che con un grado di coinvolgimento personale basso le donne hanno reagito al fenomeno della pandemia in modo «più pesante» degli uomini (questo dato sembra confermare alcuni stereotipi). Mentre con il crescere del grado di coinvolgimento personale (quando tra i familiari si scopre un positivo, un ricoverato o, il grado massimo, un deceduto) la «pesantezza» della reazione maschile raggiunge presto quella femminile. Allo stesso modo, i giovani tra i 18 e i 39 anni risultano «spensierati» finché va tutto bene, ma vanno velocemente «in panico» come le persone più anziane quando vengono a sapere di un positivo, un ricoverato o, il grado massimo, un deceduto in famiglia… Le persone della fascia d’età più elevata (tra quelle impostate dal gruppo di ricerca), invece, quasi non cambiano la propria reazione con crescere della gravità della situazione.
Insomma, è ricerca interessante, lo sono pure alcune altre. Sarebbe curioso applicare lo stesso metodo di ricerca anche ad altri fenomeni del periodo storico corrente.
L’archivio del tag «statistica»
La settimana scorsa l’azienda tedesca Statista ha prodotto un rapporto – naturalmente non quello definitivo – sulla provenienza e l’entità degli aiuti militari all’Ucraina: «Where Military Aid to Ukraine Comes From». Alcuni dei dati pubblicati sono interessanti.
Guardando le promesse di aiuto militare all’Ucraina tra l’inizio dell’invasione russa e il 27 marzo, il governo degli Stati Uniti si è impegnato a fornire di gran lunga il maggior numero di armi e altri equipaggiamenti. Quasi 4,8 miliardi di dollari in aiuti militari sono stati promessi fino a questa data, secondo l’Ukraine Support Tracker del Kiel Institute for the World Economy. Questo numero potrebbe presto aumentare ancora di più, dato che la Casa Bianca starebbe preparando un altro sostanzioso pacchetto di aiuti militari. Insieme a un pacchetto simile annunciato a metà aprile, il nuovo round di finanziamento aumenterebbe gli aiuti militari degli Stati Uniti all’Ucraina di altri 1,6 miliardi di dollari.
La seconda classificata, l’Estonia, ha promesso molto meno – 240 milioni di dollari – nell’arco di tempo dato, ma l’aiuto militare impegnato dal paese ammonta allo 0,8% del PIL della piccola nazione. Questo è molto di più in termini relativi di qualsiasi impegno degli altri principali donatori all’Ucraina, anche quando si combinano gli impegni di aiuto militare, finanziario e umanitario. L’impegno combinato degli Stati Uniti di circa 8,3 miliardi di dollari in aiuti umanitari e militari ammonta solo a circa lo 0,04% del suo PIL.
I prossimi maggiori donatori di aiuti militari all’Ucraina sono Regno Unito, Italia, Svezia e Germania. Uno dei più grandi vicini dell’Ucraina, la Polonia, appare più in basso nella lista, avendo promesso pochissimo aiuto militare al paese, concentrandosi invece su impegni di aiuto finanziario di circa 900 milioni di dollari, il che lo rende il secondo più grande donatore complessivo all’Ucraina dopo gli Stati Uniti.
Ecco il relativo grafico:
Volendo, potete vedere il rapporto originale sul sito.
The Economist ha pubblicato dei grafici dettagliati e interessanti sull’eccesso di mortalità verificatosi durante tutto questo periodo della pandemia del Covid-19. Si tratta certamente dei dati importanti, ma non so se qualcuno sarà mai in grado di stabilire quanti morti siano realmente attribuibili al coronavirus e quanti invece alla pandemia del panico e della paura creata da quasi tutti i governi. Quella pandemia che — sconvolgendo il corso abituale della vita — ha portato alla gente non solo tutti i tipi di depressione, fobie e attacchi di panico, ma, in molti casi, anche a un marcato indebolimento dell’immunità. Gli effetti di questa pandemia di panico e paura si sentiranno ancora per anni, ben oltre la fine ufficiale di tutto questo caos covidico.
Però nel frattempo possiamo osservare pure un dato chiarissimo e per nulla sorprendente. Un secco dato statistico che non può essere scambiato per una opinione. Provate ad andare sul sito sopraindicato e leggere la classifica degli Stati fatta in base all’eccesso di mortalità: in quale posizione si trova quell’unico Stato europeo che si è rifiutato di creare problemi ai propri cittadini? I critici ci avevano detto che quei cittadini sarebbero morti tutti…
Un piccolo spoiler per tutti coloro che non hanno voglia di consultare i dati scientifici: la Svezia si trova al 47-esimo posto. Quarantasettesimo. Non so se il vostro bagaglio delle domande circa la gestione della pandemia da parte del proprio Governo sia ora variato.
E poi una piccola precisazione: il dato ufficiale della Russia non è reale, ma fortemente corretto al ribasso.
Capisco che molte (o moltissime?) persone non ne possono più di leggere del Covid-19. Certi giorni pure io mi unisco a loro: in qualche modo la tranquillità interiore va anche tutelata.
Ma ogni volta mi «richiamo all’ordine» e ricomincio a aggiornarmi dalle poche fonti valide.
Una di queste fonti è la pagina creata da Dmitry Kobak e Ariel Karlinsky su GitHub. Quella pagina che in «tempo reale» monitora e ci mostra l’eccesso di mortalità per il Covid-19 in giro per il mondo. Attraverso lo studio dei numeri e dei relativi grafici divisi Stato per Stato e della classifica mondiale tutti i visitatori possono informarsi e provare a trovare un po’ di ottimismo un po’ strano e forse un po’ egoistico (perché ci sono molte zone del mondo messe peggio di quelle dove ci troviamo noi).
Comunque sia il vostro rapporto con le informazioni del genere, quello appena indicato è uno strumento interessante.
Il mio iPhone (in servizio dall’1 gennaio 2017) dice che tra gli ultimi quattro anni proprio il 2020 è stato l’anno in cui ho camminato di più. Non so a quante altre persone nel mondo sia successa una cosa del genere.
Prima del 2017 avevo ancora un telefono «d’epoca» e non uno smartphone, quindi non ero accompagnato nei miei spostamenti da un contapassi sempre attivo. Ma so di certo che nella mia vita erano capitati degli anni decisamente più «impegnativi».
Ora voglio vedere se riuscirò a mantenere la sana abitudine anche in un futuro e inevitabile periodo di maggiore normalità nei rapporti della umanità con le malattie.
Ma, intanto, utilizzo questo post anche per conservare le statistiche degli anni precedenti: Continuare la lettura di questo post »