Negli ultimi mesi mi accorgo sempre più spesso che il Bloomberg pubblica regolarmente, al posto delle notizie vere, delle «notizie» o interpretazioni degli eventi di invenzione propria. Proprio per questo ho smesso di reagire alle sue pubblicazioni e non invito gli altri a farlo.
La settimana scorsa, però, ho appreso una notizia interessante e non contraria alla logica, dove proprio il Bloomberg era indicato come fonte. In sostanza l’India avrebbe aumentato notevolmente le spedizioni di beni e tecnologie a duplice uso soggette a restrizioni all’esportazione verso la Russia, posizionandosi al secondo posto dopo la Cina. Le esportazioni indiane di beni come microchip e macchinari hanno raggiunto i 60 milioni di dollari in aprile e maggio, il doppio rispetto ai primi tre mesi dell’anno. A luglio, le vendite hanno raggiunto i 95 milioni di dollari. Secondo dati recenti, quasi il 20% di tutta la tecnologia sensibile che entra nel complesso militare-industriale russo passa dall’India. Poiché i Paesi occidentali hanno vietato alle loro aziende di fornire la maggior parte dei beni a duplice uso alla Russia, i produttori russi li acquistano da Paesi terzi.
Ecco, non ho la certezza assoluta sulla precisione dei dati riportati, ma capisco che si inseriscono bene nella logica generale degli eventi. Dal febbraio 2022 il governo russo, tra le altre cose, sta cercando di a) vendere il petrolio tramite i vari Stati-intermediari (tra i quali l’India è uno dei principali) e b) cercare le vie del cosiddetto «import grigio» (acquistare le tecnologie necessarie tramite i vari Stati-intermediari). In entrambi i casi sta cercando di agire – seguendo una delle idee strane di Putin – utilizzando non le valute dei principali «Stati-nemici», ma le valute degli intermediari. Ma la rupia indiana, con le sue problematiche di conversione, non è la valuta più utile del mondo. Di conseguenza, le rupie ottenute con la vendita del petrolio o rimangono dei soldi inutilizzabili, o si spendono per le tecnologie dell’import grigio.
I Governi degli Stati occidentali preoccupati della situazione creatasi dovrebbero saperlo, ma non sono sicuro che sappiano anche come comportarsi in questo specifico caso.
L’archivio del tag «sanzioni»
Ieri il Dipartimento del Tesoro statunitense ha imposto sanzioni contro il canale televisivo russo RT («Russia Today») a causa dei «tentativi di Mosca di influenzare le elezioni presidenziali» statunitensi. Le sanzioni riguardano 10 persone (manager di RT) e due organizzazioni. Le restrizioni sono state imposte al gruppo mediatico Rossiya Segodnya (il nome russo di «Russia Today») e a cinque delle sue filiali: RIA Novosti, RT, TV-Novosti, Ruptly e Sputnik. In una dichiarazione, il Dipartimento del Tesoro ha affermato che:
Russian state-sponsored actors have long used a variety of tools, such as generative artificial intelligence (AI) deep fakes and disinformation, in an attempt to undermine confidence in the United States’ election processes and institutions.
Finalmente qualcosa di concreto! Perché tutti i precedenti discorsi sulla interferenza russa nelle elezioni americane erano talmente generici e privi di fondamento (e a volte pure basati su fake) che quasi mi offendevo per le ingiustizie subite dalla propaganda di Stato russa: secondo me – e secondo tutti i lettori attenti delle notizie – essa si impegna di più e funziona molto più efficacemente di qualsiasi servizio speciale russo. Ma solo nel 2024 i suoi sforzi sono stati notati e apprezzati come si deve.
Faccio, dunque, le mie congratulazioni – anche se di tipi diversi – sia al Dipartimento del Tesoro americano che alla redattrice capo di RT Margarita Simonyan.
Nell’articolo/intervista del Corriere della Sera su/con il miliardario Alisher Usmanov (che sul giornale viene definito uzbeko, mentre in Russia è sempre stato percepito come un personaggio della scena economica e politica russa) si leggono, purtroppo, molte cose logiche e condivisibili su ciò che sta accadendo ora tra la Russia e gli Stati occidentali (da oltre due anni pure io scrivo molte di quelle cose; va solo precisato che i dati che mostrerebbero la crescita della economia russa sono attualmente dovuti esclusivamente alla spesa militare, compresi gli stipendi alti dati a chi va a combattere in Ucraina). Il «purtroppo» della frase precedente si riferisce solo al fatto che lo stesso Usmanov è un personaggio molto particolare, controverso in alcuni episodi della sua biografia più o meno recente e, sicuramente, fino a un certo momento storico molto utile alla affermazione del regime putiniano in Russia.
Non posso avanzare pubblicamente delle ipotesi sul perché quell’articolo sia comparso sul Corriere (come diceva Andreotti in questi casi? ahahaha), ma posso ripetere, per l’ennesima volta, una cosa che dice pure lui: le persone come Usmanov vanno «rubate» a Putin. Le persone come lui fanno capire, in tutti i modi disponibili e ritenuti da loro sicuri, all’Occidente che sarebbero ancora disposti a passare dalla parte della civiltà occidentale, ma devono essere aiutati. Aiutati, prima di tutto, con la creazione – da parte degli occidentali – di un meccanismo ben definito, comprensibile e funzionante che permetta a loro di liberarsi dal peso delle sanzioni in cambio di qualcosa e con la possibilità di utilizzare almeno una parte dei propri averi collocati fuori dalla Russia. Solo in quel modo si sentiranno al sicuro nell’Occidente e non saranno costretti a vedere la Russia putiniana come l’unico posto tranquillo e sicuro. Solo in quel modo non saranno spinti a utilizzare le proprie ricchezze e le proprie capacità imprenditoriali a favore di Putin e della sua guerra.
Ecco, ora potete rileggere quell’articolo sotto l’ottica da me proposta.
Chi segue le statistiche della invasione russa dell’Ucraina molto probabilmente conosce, tra le altre cose, anche il fatto che uno dei maggiori e costanti successi dell’esercito ucraino consiste nell’affondamento delle navi da guerra russe. È un successo che incide più sulla logistica militare russa che sull’andamento degli scontri sulla terra ferma, ma è comunque un successo. Per costruire le nuove navi ci vogliono tanto tempo, tanti soldi e tante componenti di produzione estera. Questa ultime, in particolare, non potrebbero essere fornite alla Russia a causa delle sanzioni…
Ecco: l’articolo che segnalo questo sabato racconta di certe aziende europee che stanno aiutando lo Stato russo nel minimizzare i «danni» almeno dell’ultimo dei tre ostacoli elencati.
Purtroppo, suppongo (e, relativamente ad alcuni altri ambiti, so) che ci siano anche altre aziende che si stanno impegnando nella stessa missione.
La Bloomberg scrive, con riferimento ai documenti giudiziari depositati presso il Tribunale distrettuale di Manhattan, che il Dipartimento di Giustizia degli USA ha chiesto al tribunale l’autorizzazione a vendere il superyacht «Amadea», che apparterrebbe al senatore e miliardario russo Suleiman Kerimov. Lo yacht in questione è di 106 metri, ha il valore di 325 milioni di dollari ed è stato arrestato alle Fiji su richiesta degli USA nell’aprile del 2022 in seguito alle sanzioni imposte alla Russia dopo l’inizio della grande guerra in Ucraina. Le autorità statunitensi affermano di pagare 600.000 dollari al mese per la manutenzione dello yacht: questo importo comprende 360.000 dollari per pagare l’equipaggio, 75.000 dollari per il carburante dello yacht (presumo che nel caso di uno yacht fermo serva solo per la generazione della corrente elettrica) e 165.000 dollari per la manutenzione, il ritiro della spazzatura e altre spese.
Le autorità statunitensi sostengono, abbastanza logicamente, che le suddette spese dovrebbero essere sostenute da chi si dichiara il reale proprietario del bene arrestato (un altro personaggio russo sottoposto alle sanzioni). Mentre io posso suggerire una alternativa: può rivelarsi utile anche negli Stati europei, dove si trovano tanti altri beni russi arrestati. È vero che la responsabilità penale è personale, ma nel caso dei personaggi (e, spesso, enti) russi ritenuti responsabili della guerra in Ucraina si tratta evidentemente di una associazione a delinquere accumunata dello stesso crimine. Di conseguenza, si potrebbe ipotizzare un utilizzo utile e comprensibile (e tanto discusso da un po’ di tempo in Europa) degli utili generati dalle risorse finanziarie russe congelate. Legalmente sarà non meno facile del destinarle alla Ucraina o del trasformarle nell’utile di uno Stato occidentale, ma almeno permetterà evitare i costi della propria politica nei confronti del regime putiniano (ora non mi metto ad analizzare ancora una volta quanto sia efficace quella politica).
Sono proprio curioso di scoprire se qualcuno dimostri la stessa mia fantasia…
Il «Politico» scrive che i diplomatici europei il tredicesimo pacchetto di sanzioni (programmato per il 24 febbraio 2024) contro lo Stato russo come «simbolico», poiché è necessario più tempo per concordare «qualcosa di più grande». Per ora si parla dell’idea di limitare i movimenti dei diplomatici russi al territorio dello Stato in cui sono accreditati (non so come possa essere realizzata una idea del genere), le nuove restrizioni sulle persone i cui beni nell’UE sono già congelati (e allo che senso hanno le nuove sanzioni?) e «il divieto per un maggior numero di aziende di esportare beni a doppio uso».
Insomma, per il secondo anniversario della guerra in Ucraina hanno inventato un nuovo pacchetto di sanzioni praticamente inutili, non sensibili per Putin e tutta la sua cerchia. Perché, come dicono gli stessi funzionari comunitari, dopo due anni di guerra «è necessario più tempo».
Vi è mai capitato di discutere con le persone che si lamentano della burocrazia europea?
Ieri le autorità britanniche hanno introdotto le sanzioni contro 46 persone fisiche e giuridiche legate in vari modi all’invasione russa dell’Ucraina. In particolare, le sanzioni sono rivolte contro più di 30 aziende e persone coinvolte nella produzione di droni e missili, nonché nell’importazione di prodotti elettronici.
Si tratta di una buona occasione per precisare che le varie autorità competenti degli Stati occidentali, se realmente volessero raggiungere degli obiettivi utili contro la guerra tramite l’adozione delle sanzioni, farebbero bene a iniziare a sanzionare le persone e le imprese coinvolte nella esportazione verso la Russia di beni e tecnologie utilizzate per la continuazione della guerra stessa. Infatti, quei beni e quelle tecnologie teoricamente, in base alle sanzioni già adottate, non possono essere esportate in Russia, ma ci arrivano comunque grazie alle sequenze più meno complesse di intermediari. Per esempio (e per semplificare), vengono vendute dal produttore a una società turca, poi rivendute a una società kazaka e poi fornite alla Russia. Cercare, trovare e sanzionare gli intermediari, le banche attraverso le quali effettuano i pagamenti e i trasportatori ai quali affidano gli oggetti è sicuramente più difficile di inventare le nuove sanzioni (dove basterebbe aprire un dizionario e scegliere un nuovo oggettivo a caso), ma è anche infinitamente più efficace.
Forse alle autorità britanniche citate all’inizio del post manca solo un piccolo passaggio logico… Spero che almeno loro lo facciano.
Ho letto che le autorità britanniche hanno annullato le sanzioni personali imposte a Oleg Tinkov. Questa decisione è giusta e buona (nonostante tutte le stranezze personali e le ragioni non del tutto ovvie delle sue azioni, Tinkov ha comunque condannato la guerra in Ucraina), ma, purtroppo, è finora unica. Sembra che abbia avuto più importanza la sua lunga amicizia con Richard Branson che la tanto attesa presa di coscienza da parte degli Stati europei della necessità di lasciare il folle Putin senza dei sostenitori ricchi sul territorio russo.
Ci sono molte altre verità apparentemente ovvie che devono essere spiegate a lungo e duramente ai politici occidentali. Purtroppo, mi sembra sempre più importante e promettente che spiegare qualcosa alla maggioranza dei russi.
Per oltre un anno molte persone (con delle idee politiche molto varie) mi hanno chiesto se e perché le sanzioni occidentali non causino dei problemi alla economia russa. E io ho sempre cercato di spiegare che l’effetto delle sanzioni non può essere immediato…
Ma ecco che, finalmente, posso mostrare uno degli effetti che si sono finalmente messi in evidenza in un modo comprensibile più o meno a tutti.
Perché il rublo russo si sta svalutando tanto? Non è solo un tipico fenomeno stagionale (estivo). Ha anche almeno due altre spiegazioni. In primo luogo, i soldi che ancora arrivano in Russia grazie alla vendita delle materie prime possono essere spesi in pochissimi modi. In secondo luogo, continua essere molto alta la tendenza di portare i capitali fuori dalla Russia, al sicuro (tecnicamente è abbastanza difficile, ma la gente che ha le somme serie è motivata a provare alcune vie poco convenzionali che vi risparmio).
L’importante è capire che le sanzioni producono sempre i loro effetti.
I giornalisti di Important Stories, insieme ai colleghi di OCCRP, Times, Der Spiegel, Le Monde, Forbes e altri media, hanno pubblicato un’inchiesta sui fratelli-«oligarchi» Boris e Arkady Rotenberg, molto vicini a Vladimir Putin (ed è per questo motivo che sono tanto ricchi). Da decine di migliaia di documenti ed e-mail dei dipendenti della società di gestione trapelati — il cosiddetto «archivio Rotenberg» — i giornalisti hanno scoperto che, nonostante le sanzioni occidentali, i Rotenberg sono stati in grado di conservare una parte considerevole dei loro beni all’estero.
Il sistema stesso di conservazione dei beni di personaggi sottoposti alle sanzioni può essere interessante quanto i migliori gialli concepiti dagli autori più fantasiosi. E, allo stesso tempo, dobbiamo ricordare che tutti quei beni saranno un giorno l’oggetto di una lunga e difficile caccia da parte dei giuristi che saranno impegnati nella raccolta dei soldi russi in tutto il mondo per ricostruire l’Ucraina postbellica.
Quindi si può provare a leggerne qualcosa.