L’archivio del tag «putin»

La lettura del sabato

Questo sabato vi propongo di scoprire, attraverso una lettura abbastanza breve, come Putin stesso riassume la propria visita in Cina del mercoledì 18 ottobre. Pure dal suo riassunto vediamo che in quella occasione – il forum dedicato alla «Nuova via della seta» – è stato solo uno dei tantissimi (sicuramente non quello speciale) ospiti di Xi Jinping con i quali quest’ultimo voleva parlare. Non hanno dunque concluso alcunché e chissà quando avranno l’occasione almeno di parlare delle cose che interessano a entrambi. Molto probabilmente Putin lo sapeva in anticipo, ma non poteva non andare da uno di quei leader politici sull’aiuto dei quali spera tanto.


Una reazione interessante

Lo avete già letto: il 20 settembre, cinque (pare) «peacekeepers» russi sono stati uccisi in Nagorno-Karabakh: il loro veicolo è finito sotto il fuoco di armi leggere azere. Non voglio ipotizzare che tipo di «peacekeepers» fossero: la prassi insegna che i militari russi possono solo tentare di condurre delle guerre di conquista (vedi l’Ucraina) o non fare nulla (vedi il Nagorno-Karabakh), ma non li ho ancora visti garantire o imporre la pace. Però in questi giorni ho visto una reazione interessante alla loro morte.
Sembra che il presidente azero Ilham Aliyev si sia scusato al telefono con Putin; il portavoce Peskov ha detto che «non conosciamo ancora tutti i dettagli di questa vicenda, ma almeno è in corso un’indagine»; non ci sono notizie sulla reazione di Putin stesso a quanto accaduto. Tutto ciò significa che Putin ha semplicemente accettato silenziosamente la notizia della uccisione dei militari russi: perché la sua formidabile e intransigente reazione ci sarebbe stata certamente riferita, anche in formato video (e ci ricordiamo benissimo che nel 2008 una situazione molto simile era stata un pretesto sufficiente per la guerra contro la Georgia). Ma Putin sa benissimo che tutte le sue forze militari sono ora impegnate in Ucraina, quindi non ci sono le risorse per affrontare l’Azerbaigian e il suo sponsor Turchia. Così se ne sta lì, con la paura di scoreggiare, da far vedere che sia successo qualcosa di degno di nota.
Un grande e terribile Putin…


La mossa “nemica” della Armenia

Il primo ministro armeno Nikol Pashinyan ha dichiarato ieri che lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale sarà ratificato integralmente:
Il governo ha inviato lo Statuto di Roma al Parlamento e, secondo la mia posizione e quella della frazione del nostro partito, lo Statuto sarà pienamente ratificato. Il fatto della ratifica non ha nulla a che fare con le relazioni tra l’Armenia e la Russia, ma riguarda le nostre questioni di sicurezza.
Il Governo armeno ha inviato lo Statuto di Roma al Parlamento per la ratifica il 1° settembre. Il presidente del Parlamento Alen Simonyan ha dichiarato che il documento, firmato dalla Armenia nel 1998, verrà ratificato presto.
Si tratta di uno di quei rarissimi casi in cui io interpreto le parole del linguaggio diplomatico esattamente così come sono state pronunciate. L’Armenia si trova realmente in una situazione del costante percolo bellico accompagnato dai vari crimini di guerra. Mentre Putin – per il quale è stato emanato il mandato internazionale di arresto proprio dalla Corte penale internazionale, istituita dal suddetto Statuto – viaggia poco all’estero e non vorrà certamente visitare una zona già poco sicura come l’Armenia. Di conseguenza, è evidente più o meno a tutti che la suddetta ratifica dello Statuto non è una misura rivolta (almeno in via principale) contro di lui: l’Armenia dipende ancora in molti aspetti dalla Russia, dunque l’applicazione dello Statuto sarà sicuramente molto selettiva. Ma il Ministero degli Esteri russo, ovviamente, non poteva non esprimere pubblicamente la propria «preoccupazione»: fa parte del suo lavoro.


Conviene apparire assassino

La mattina di ieri, il 29 agosto, Dmitry Peskov – il portavoce di Putin – ha dichiarato che «la presenza del presidente al funerale di Prigozhin non è prevista».
Sempre ieri, di pomeriggio, si è svolto l’"evento" ufficialmente definito «funerale di Prigozhin»: senza Putin e senza il pubblico, senza gli onori militari dovuti per legge a una persona avente lo status di «Eroe della Russia», «segreto» secondo la formula ufficiosa.
La suddetta dichiarazione e la suddetta assenza di Putin insieme fanno una buona occasione per sottolineare un aspetto logico interessante: indipendentemente da quello che è realmente successo a Evgeny Prigozhin (abbattuto, fatto esplodere in aria, arrestato di nascosto sul secondo aereo, lasciato scappare all’estero etc., etc.), a Putin conviene far credere a una determinata categoria dei russi che sia stato proprio lui a ordinare l’eliminazione di Prigozhin. Tale ordine e la sua esecuzione in una data quasi simbolica (due mesi esatti dalla «rivolta») dimostrerebbero – nella sua logica mafiosa – una grande forza e la capacità di eliminare i nemici. Di conseguenza, i collaboratori più stretti e/o potenti dovrebbero spaventarsi e non pensare più ai tentativi di destituire Putin.
Il problema sta nel fatto che il trucco funzionerà fino alla prossima situazione di pericolo più o meno reale, quando Putin apparirà nuovamente in televisione impaurito e incapace di dire alcunché di preciso.
Ma per ora gli conviene far credere che sia stato lui a eliminare Prigozhin. In tale missione sarà sicuramente aiutato dai vari propagandisti ufficiali e non.


I “segreti di Putin”

I giornalisti di «Mediazona» hanno calcolato – sulla base dei numeri di serie – che nel luglio 2023 il 62% dei decreti presidenziali firmati da Putin non è stato pubblicato. Infatti, tutti i decreti presidenziali vengono numerati in un semplice ordine progressivo dall’inizio dell’anno: se un certo numero non si trova nei documenti pubblicati, significa che è stato assegnato a un decreto segreto. Una percentuale così alta di decreti segreti non si era mai vista durante la permanenza di Putin alla Presidenza della Russia. Inoltre, solo una volta nella storia della Russia moderna la quota di decreti segreti è stata leggermente superiore a quella attuale: il 64% nel gennaio 1999 (alla presidenza c’era ancora Boris Eltsin).
Allo stesso tempo, secondo i risultati dei primi sette mesi, il 2023 è al primo posto in termini di quota di decreti segreti. Durante questo periodo, essi sono risultati essere il 48% del numero totale di documenti firmati da Putin.
A tale statistica – che può interessarvi o meno – si potrebbe aggiungere un dettaglio «curioso» sui documenti firmati da Putin nel 2022. Non si è ancora trovato alcun documento firmato da Putin con il quale sarebbe stato dato l’inizio alla invasione dell’Ucraina il 24 febbraio 2022. Pare che un documento del genere non esista proprio: Putin ha trovato il coraggio di iniziare la vera guerra, ma non di farlo formalmente con il proprio nome.


Che trailer interessante

Il regista polacco Patryk Vega ha pubblicato il primo trailer del proprio thriller politico in lingua inglese «Putin»:

Il trailer fa una impressione un po’ strana (ehm, sì, strana), ma, nonostante tutto, per ora direi che cercherò di vedere il film…


L’ipotesi dell’arresto

La Russia ha fatto intendere che l’eventuale arresto in Sudafrica di Putin in caso della sua partecipazione al vertice del BRICS (in agosto) equivarrebbe a una dichiarazione di guerra. Lo ha dichiarato il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa nella sua testimonianza scritta in tribunale, citata dal media locale Independent Online. Ramaphosa ha inoltre dichiarato di aver avviato le consultazioni in materia con la Corte penale internazionale.
A questo punto un lettore medio potrebbe chiedersi: la Russia che da quasi un anno e mezzo non sta riuscendo a ottenere dei particolari successi militari in Ucraina è in grado (e intenzionata) di dichiarare un’altra guerra in una terra così lontana? La risposta mi sembra evidente. Dovrebbe essere evidente anche a Putin (ammesso che abbia ancora conservato una capacità minima di ragionare) e, forse, ai vertici del Sudafrica.
Quindi per il momento vedo due opzioni. O il Cremlino collettivo sta tentando un bluff, o la protezione degli interessi statali russi sul continente africano sarà nuovamente protetta dalla Wagner.
A proposito: Prigozhin che fine ha fatto? E che piani per il futuro ha?


Logico…

In una intervista di ieri (in russo) Putin ha dichiarato che «l’Ucraina ha il diritto di garantire la propria sicurezza, ma questo non deve peggiorare la sicurezza della Russia». È una dichiarazione della quale avremo quasi potuto ridere, soprattutto invertendo l’ordine dei nomi di due Stati.
Ma anche chi ride troppo presto ride male. Perché il contesto della dichiarazione di Putin è ancora più ridicolo: faceva parte del suo commento sul vertice della NATO a Vilnius. Uno degli obiettivi della guerra «preventiva» pubblicamente annunciati era quello di impedire l’estensione della NATO verso i confini russi (non si capisce perché tale estensione debba essere vista come un pericolo, ma almeno per ora lasciamo perdere). Tra gli effetti della guerra abbiamo già visto il raddoppio dei confini della Russia con la NATO (l’adesione della Finlandia) e la promessa (fatta proprio a Vilnius) di ammettere l’Ucraina con una procedura semplificata (proprio come si è fatto con la Finlandia; non era difficile da prevedere). Di conseguenza, in base alla logica di Putin la Russia ha fatto la guerra per migliorare e peggiorare la propria sicurezza allo stesso tempo.
Una logica molto logica, ancora più «logica» di prima.


L’incontro tra Prigozhin e Putin

Ieri il giornale francese Liberation ha scritto che Evgeny Prigozhin si sarebbe incontrato con Putin nel Cremlino il 1° luglio, una settimana dopo la «rivolta».
Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, ha reagito a tale notizia comunicando che Putin e Prigozhin si sarebbero incontrati nel Cremlino il 29 giugno e che l’incontro sarebbe durato quasi tre ore.
I giornalisti russi si sono ricordati che il 29 giugno Peskov aveva dichiarato di non sapere dove si trova Prigozhin.
Mentre io (e non solo io) ho sempre immaginato che Prigozhin non avrebbe potuto, all’inizio di luglio, girare liberamente per Mosca e San Pietroburgo, ritirare personalmente i soldi, le armi e i beni vari precedentemente sequestratigli, senza avere un permesso personale di Putin. Anzi: non solo il permesso, ma anche una garanzia credibile della sicurezza fisica.
Non voglio sprecare la fantasia per ipotizzare cosa e perché si siano detti i due personaggi, indipendentemente dalla data reale dell’incontro. Voglio solo scoprire su cosa basava il coraggio di Prigozhin di presentarsi fisicamente nel Cremlino dopo avere costretto Putin di apparire una persona impaurita, indecisa e disorientata: sa bene, ancora meglio di noi, che le promesse di Putin non valgono molto.


I sondaggi russi creativi

È interessante vedere, nell’ottica degli ultimi eventi, i risultati dei sondaggi condotti dall’ente russo «Levada Center» (una organizzazione russa indipendente e non governativa, che conduce sondaggi e ricerche sociologiche).
I sondaggi sulla figura di Evgeny Prigozhin: nel sondaggio del 25–28 giugno, il 29% degli intervistati ha dichiarato di vedere positivamente l’attività di Prigozhin (l’11% che approva pienamente le sue attività, il 18% che le approva parzialmente). Rispondendo alla stessa domanda il 22–23 giugno, il 30% degli intervistati aveva dichiarato di approvare pienamente le attività di Prigozhin, mentre il 28% ha dichiarato di approvarle parzialmente.
I sondaggi sulla figura del Ministro della «Difesa» Sergei Shoigu: una settimana fa il 60% degli intervistati approvava le sue attività (il 30% approvava pienamente e il 30% solo in parte), mentre ora il grado di approvazione è al 48% (il 24% in totalmente e il 24% in parte).
I sondaggi sulla figura di Vladimir Putin: il grado di approvazione è quasi invariato. Prima della «rivolta», l’82% degli intervistati aveva dichiarato di appoggiare in tutto o in parte le sue attività; il giorno della «rivolta» il 79%; e dopo la rivolta ancora l’82%.
Allo stesso tempo, i politici regionali dichiarano che il Cremlino ha comunicato loro che il livello di fiducia di Putin è sceso del 9–14%. E, di conseguenza, in questi giorni viene organizzata una tournée di Putin nelle regioni russe mai vista prima: si sta comportando quasi come un comune politico occidentale che per qualche motivo si interessa del rapporto reale con i potenziali elettori.
Ma il problema è: la cerchia di Putin (ma anche il pubblico internazionale) ha improvvisamente visto che il presidente, in realtà, non ha due cose. In primo luogo, non ha l’appoggio reale delle numerose strutture armate create negli ultimi due decenni (alcune non lo hanno difeso contro Prigozhin nascondendosi non si capisce dove, altre «erano bloccate nel traffico» come i combattenti di Kadyrov). In secondo luogo, nessuno di quei oltre l’80% dei cittadini si era organizzato per difendere – almeno attraverso delle manifestazioni da piazza – l’"amato" presidente.
Di conseguenza, nonostante tutti i sondaggi possiamo sperare che Putin ora rischi un po’ di più a essere «scaricato» da chi si sente più forte di lui.