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USA2016: due considerazioni ovvie

Ora che entrambi i partiti principali statunitensi hanno ufficialmente scelto i propri candidati per le elezioni presidenziali, lo possiamo dire: la campagna elettorale della Hillary Clinton sarà tutta incentrata sulle dichiarazioni anti-Trump. In sostanza, il Partito Repubblicano le ha fatto un grosso regalo, fornendo una grossa e spettinata scusa per mettere gli argomenti più difficili in secondo piano. Di conseguenza, la Clinton potrebbe avere la vittoria facile come la ebbe Chirac nel 2002 quando dovette «salvare la Francia da Le Pen».

In ottica delle elezioni presidenziali statunitensi è un po’ più interessante vedere il comportamento della Russia. Avete già sicuramente letto o sentito dell’attacco agli archivi elettronici del Partito Democratico da parte dei hacker russi. Non so, però, se avete ben chiaro il perché. Le istituzioni russe puntano su Donald Trump non perché lo vedono come un candidato «amico della Russia». Infatti, ogni politico è prima di tutto un amico della propria carriera in patria (oltre a essere lo schiavo dei propri oneri/poteri istituzionali).

Le istituzioni russe puntano su Donald Trump perché lo vedono come un elemento destabilizzante della politica interna degli USA. In sostanza, sperano che le istituzioni statunitensi si concentrino sulla lotta al presidente Trump, non creando ulteriori «problemi» alla Russia (per esempio sanzioni). Sanno benissimo che la vita presidenziale di Trump terminerebbe con un impeachment entro un massimo di due anni (sappiamo già che tipo è, vero?).

Allo stesso tempo, le istituzioni russe vedono la Hillary Clinton come una politica con la quale si può trattare normalmente, in quanto appartenente a una classe politica tradizionalmente comprensibile. Sanno, infine, che la Clinton è capace di lavorare regolarmente per almeno un mandato presidenziale.

Alla politica regolare nel medio periodo preferiscono però la vita facile nel breve periodo.

L’uomo più importante del Cremlino è, come forse sapete, un tattico e non un stratega.


Anche Putin sbaglia

Il presidente russo Vladimir Putin non ha la fama di un grande apologeta della democrazia. In Occidente, però, non tutti sanno della grande attenzione che egli presta al rispetto delle formalità. Infatti, non si sveglia mai con il pensiero di emanare un ordine del tipo «per la Nostra altissima volontà il diritto X dei cittadini da oggi viene ridotto a livello Y». Per ogni azione che ritiene necessaria da compiere fa approvare una apposita legge alla Duma. In sostanza, vuole che tutto sia fatto «a norma di legge».

Uno dei difetti del sistema descritto è la riduzione del Parlamento al rango della segreteria del Presidente: il primo si limita ad approvare le norme volute dal secondo.

Il 3 luglio 2016, però, è successo un fatto eccezionale: per la prima volta le formalità non sono state rispettate. Infatti, Vladimir Putin ha firmato un testo di legge diverso da quello votato dalla Duma e approvato dal Consiglio Federale. La cronologia dei fatti è la seguente:

21 giugno 2016 la Duma approva la Legge Federale n. 150/2016 «Sulle armi». Una delle norme della legge stabilisce che il permesso per la detenzione di armi da fuoco viene concesso al cittadino privato per un periodo di 10 anni.

3 luglio 2016 Vladimir Putin firma una testo della legge che contiene una durata del permesso diversa: pari a 5 anni.

6 luglio 2016 la «Rossiìskaja Gazeta» (l’analogo russo della Gazzetta Ufficiale) pubblica il testo della legge: sulla versione cartacea il periodo è di 10 anni, mentre sulla versione online è di 5 anni. Alcuni esperti se ne accorgono e si scatena il caos delle opinioni sulle possibili soluzioni del problema.

Molto brevemente (e in parole comprensibili) spiego la situazione. Il presidente non ha il diritto di modificare la legge approvata dal Parlamento ma solo firmarla o rifiutarsi di farlo. Nella seconda opzione può rimandarla al Parlamento per delle modifiche. Alcuni esperti del diritto costituzionale russo sostengono, quindi, che la divergenza tra i due testi di legge possa essere interpretata come il rifiuto di firmare il testo della legge nella sua formulazione attuale (in questo caso non è chiaro perché il testo sia stato pubblicato dalla stampa giuridica ufficiale). Il portavoce di Putin, invece, sostiene che si tratta solo di «un errore nei database di vari siti web, compresi quelli istituzionali» (una palese stronzata, visto che sono gli stessi database che i deputati consultano nel corso delle votazioni).

Io non so ancora come verrà risolto il caso. Sicuramente vi terrò aggiornato. Ma, intanto, faccio una proposta a coloro che intendono scrivere una tesi di laurea in diritto pubblico: provate a ipotizzare un errore simile fatto dalle istituzioni italiane. Quali soluzioni potreste proporre? Quali misure di correzione dovrebbero essere codificate?


Oggi vi racconto una piccola storia sul funzionamento dell’Esercito russo.

Questo tipo è il tenente-generale Aleksander Shevchenko che attualmente si trova a capo del Dipartimento dei mezzi blindati del Ministero della Difesa russo.

Non chiediamoci, almeno per ora, come faccia a mantenere il proprio incarico portando un cognome ucraino e andiamo avanti.

Questo, invece, è l’ultima versione di UAZ Patriot (modificato dal produttore appositamente per le necessità dell’Esercito):

Evito di farvi vedere la foto del presidente russo Vladimir Putin perché, molto probabilmene, sapete già che aspetto ha.

Quando i tre si incontrano (come è successo, per esempio, ieri nel corso della ispezione da parte di Putin dei nuovi mezzi militari), Shevchenko cerca di aiutare Putin ad aprire la portiera (lato passeggero) della UAZ. Il generale Shevchenko non prende lo stipendio per nulla, si impegna tanto, quindi strappa la maniglia della portiera.

E cerca di nasconderla seguendo la vecchia saggezza russa: le foglie vanno nascoste nella foresta.

Concludo con il video di questa operazione speciale:


I Putin nei Panama Paprs

Riprendendo, in parte, il post di ieri, ribadisco un concetto che deve essere chiaro a tutti: il nome di Vladimir Putin mai comparirà sui documenti di Panama Papers o altri casi simili. Infatti, sono passati i tempi in cui i politici ricevevano le valigie piene di banconote nei parcheggi deserti per portarle poi di notte in qualche banca svizzera. Ora «consigliano», per esempio, di fare un regalo a qualche persona determinata o investire in qualche determinato progetto.

Sui documenti di Panama Papers resi pubblici al giorno d’oggi si trovano però quattro cartelle corrispondenti al cognome Putin:

Non sono sicuro che Alexandr (o Alexander) sia uno dei tre zii di Vladimir. Ma posso supporre che Igor (si tratta di una sola persona) sia Igor Alexandrovich Putin, uno dei cugini di Vladimir.

Igor, nato il 30 marzo 1953, per 24 anni fece il militare. Nei primi anni 2000 si trasferì nella pubblica amministrazione e dal 2010 al 2013 fu membro del consiglio direttivo della banca russa Master-bank (licenza ritirata il 20 novembre 2013). Non so di preciso cosa faccia ora.

P.S.: penso che l’uso di alcuni tempi verbali sia del tutto comprensibile dai miei fantastici lettori.


Gli Stati uniti dal Panama

Confesso il mio interesse verso la storia dei soldi di Putin e altri a Panama tende, per ora, verso lo zero. L’utilizzo dei «paradisi fiscali» non viola le leggi terrestri o divine ma, semplicemente, infastidisce gli Stati tanto tirchi da essere incapaci di offrire alle persone un regime fiscale che perlomeno non sappia di espropriazione. E per comprendere l’origine dalle ricchezze di certi politici, invece, mi serve tempo (anche se si sapeva da tempo, per esempio, che Putin non è una persona povera).

Quindi scriverò seriamente dell’argomento solo qualora dovessi scoprire qualcosa oltre l’originalissimo fatto che «tutti i politici sono dei ladri».


Missione compiuta. Quale?

Un politologo intelligente russo (di quelli intelligenti ce ne sono pochi in tutto il mondo), Stanislav Belkovsky, sostiene da anni che Vladimir Putin è un tattico e non un stratega. Di conseguenza, il presidente russo può permettersi di svegliarsi una mattina (nel suo caso sempre tarda) e decidere, senza un apparente motivo, che gli «obbiettivi fissati per la missione in Siria sono stati raggiunti». Raggiunti in meno di sei mesi?

Pur essendo infinitamente contento per il ritiro delle truppe russe, continuo a non capire le motivazioni del loro invio in Siria. Il ministro della Difesa russo, per esempio, ha dichiarato oggi che nel corso della missione sono stati distrutti più di due mila «delinquenti» provenienti dalla Russia, di cui 17 leader di bande. Si tratterebbe di un risultato eccezionale dei famosi bombardamenti fatti a canine penis.

La spiegazione più razionale del ritiro delle truppe che posso inventarmi per ora è l’offesa di Putin per la recente intervista di Obama. Lo so che una persona not completely stupid non si offende così facilmente e/o vistosamente, ma non diventa nemmeno l’oggetto di determinate dichiarazioni/definizioni.

In chiusura del presente post vi do una piccola informazione storica. Nell’URSS esisteva un metodo facile di riempire di spettatori tutte quelle manifestazioni patriottiche e ideologiche che la gente non visitava per l’iniziativa propria: si mandavano i militari, cioè i dipendenti pubblici meno liberi di decidere sul proprio tempo libero. Ecco: due anni fa la Russia ha ottenuto una località turistica quotata pochissimo tra le persone libere di scegliere. Chi potrà dare a loro un giusto esempio? E chi potrà allargare quella località turistica in caso di arrivo di decine di milioni di turisti?


Limousine di (per) Putin in vendita

Alcuni anni fa avevo pubblicato un articolo sulla limousine ZIL 4112R che era, all’epoca, in fase di costruzione. Avrebbe dovuto diventare, prendendo posto dalla Mercedes Pullman, l’auto ufficiale del presidente russo Vladimir Putin.

Si dice, però, che il ZIL 4112R non sarebbe piaciuto a Putin. Alla fine di febbraio si è quindi scoperto che la limousine è stata messa in vendita. Infatti, sembra che sia proprio la fabbrica-produttrice a vendere l’auto tramite Hemmings (azienda specializzata nella vendita delle auto da collezione). L’esemplare messo all’asta si trova a Mosca e ha appena 143 chilometri percorsi (almeno la metà dei quali sarà stata fatta dai giornalisti nelle occasioni delle varie presentazioni). Di conseguenza, è logico supporre che la macchia in questione non abbia mai avuto un proprietario.

La somma richiesta è di appena 1.200.000 dollari.

Metto solo una foto perché le altre sono disponibili anche sulla pagina della vendita .


Il discorso di Putin

Il giorno più inutile dell’anno riprendiamo la tradizione di ascoltare il discorso di auguri del presidente russo Vladimir Putin. Io me lo aspettavo molto diverso, ma alcuni particolari sono comunque interessanti (sottotitoli italiani escono in automatico):


Un viaggio e una speranza

Riprendiamo l’argomento delle manie dei dittatori. Oltre all’evitare di riconoscere i propri problemi di salute, i dittatori non amano nemmeno viaggiare. Soprattutto quando in casa propria si trovano in una situazione politica complicata. Sono convinti, spesso a ragione, che la loro assenza possa essere sfruttata dai nemici o collaboratori insoddisfatti per la realizzazione (o il perfezionamento decisivo) di un colpo di Stato.

Bashar al Assad è un dittatore atipico già per il solo fatto di esserlo diventato contrariamente alle proprie intenzioni iniziali e solo a causa di un tragico fatto familiare. In ogni caso, non viaggiava all’estero dal 2010 (se non sbaglio): dopo tutto quello che ha fatto dal 2010 in poi, lo volevano vedere veramente in pochi. Ieri, però, ha fatto un viaggio a sorpresa a Mosca «per discutere della operazione militare sul territorio siriano». Dato che un incontro personale con Putin incide pochissimo sull’andamento della guerra in Siria (l’influenza reale di entrambi è minima) possiamo pensare una delle due cose. O spera di essere destituito, o…

Io non ho ancora capito se è tornato in Siria…

Magari sono poco informato e Assad è già a Damasco. Ma è comunque poco furbo puntare su un politico il cui futuro prossimo è per niente roseo. A puntare, naturalmente, è stato quel noto politico che ha portato Assad a Mosca.


Putin all’ONU

Potrei commentare l’intervento fatto ieri da Vladimir Putin all’ONU, ma non ha senso. Non ha senso perché, in sostanza, non ha detto nulla di nuovo.

In primo luogo, ha ripetuto il suo vecchio concetto «sbagliano tutti tranne noi».

In secondo luogo, ha ripreso il vecchio concetto «non rompetemi i coglioni perché in Cecenia combatto contro il nostro comune nemico (il terrorismo islamico). Se non lo faccio sarà peggio per tutti, quindi accettatemi alla pari». Questa volta, però, la formula pronunciata è stata «non rompetemi i coglioni per la guerra in Ucraina che sono pronto a combattere il nostro comune nemico in Siria. Se non faccio, sarà peggio per tutti, quindi accettatemi alla pari».

Come conciliare l’ultimo concetto con il primo («sbagliano tutti tranne noi») e con l’appoggio a Assad? Dipende dalla fantasia degli occidentali. Nei prossimi mesi (o settimane?) vedremo i risultati.