In vista delle elezioni presidenziali russe del 18 marzo, due settimane fa introdotto la questione delle firme che gli aspiranti candidati avevano dovuto raccogliere tra la popolazione. Oggi racconto brevemente di un dubbio circa le modalità con le quali sono state raccolte quelle firme.
Prima di tutto fornisco alcuni dati necessari:
1) Ogni candidato ha diritto di spendere per tuttala procedura dalla propria candidatura non più di 400 milioni di rubli (al giorno d’oggi sono un po’ più di 5.600.000 euro). Questa somma deve copriresia la campagna elettorale, sia tutte le spese amministrative necessarie per rendere ufficiale la candidatura.
2) Il resoconto di tutte le spese deve essere periodicamente fornito alla Commissione elettorale russa (l’organo che organizza le elezioni). Questa ultima rende pubblici i dati sul proprio sito ufficiale.
3) Nel resoconto di cui sopra devono essere indicate, tra tutte le altre, anche le spese per la raccolta delle firme.
4) Le persone esperte che nel passato si sono già occupate praticamente delle elezioni forniscono una statistica interessante. In sostanza, un adetto alla raccolta firme bravo ne raccoglie 7 o 8 nell’arco di una giornata d lavoro. Un adetto ottimo ne raccoglie 14 o 15 nello stesso periodo. Potrebbero sembrare poche, ma in realtà non è così: i cittadini raramente si fanno fermare da uno sconosciuto con dei fogli in mano, raramente gli aprono la porta di casa, raramente sono disposti a mostrargli un documento di identità (i dati del quale andranno sul foglio delle firme). Di conseguenza, la raccolta delle firme è un lavoro difficile, lento e faticoso: quasi nessuno è dispostoa farlo per sola passione.
5) Gli adetti alla raccolta delle firme devono dunque essere pagati. A Mosca vengono pagati circa 300 rubli per ogni firma raccolta (poco più di 4 euro), mentre nelle altre località la paga può scendere fino a 150 rubli per ogni firma.
Bene, ora vediamo quanto hanno pagato i 6 candidati per ogni firma raccolta (in media sul territorio russo):
Come possiamo vedere, solo un candidato ha dichiarato una spesa realistica, tutti gli altri hanno a) pagato in nero, b) sfruttato degli schiavi, c) hanno compilato i fogli delle firme in ufficio proprio con dei dati falsi. Scegliete l’opzione che vi piace di più.
N.B.: due candidati (Žirinovskij e Grudinin) non dovevano raccoglierle firme in quanto appoggiati dai partiti presenti nella Duma.
E ora vediamo le spese complessive per la raccolta di ogni singola firma. Questo valore deve essere necessariamente superiore allo zero perché i fogli delle firme vengono stampati a spese dei candidati.
Se confrontiamo i due grafici, potremmo avere l’impressione che alcuni candidati abbiano dichiarato dei valori inventati a caso. Per comodità affianco i due grafici di prima:
Leggendo la documentazione finanziaria, si possono osservare altri dettagli interessanti. Per esempio:
Vladimir Putin ha ricevuto quasi subito la somma massima prevista dalla legge (400 milioni) solo da alcune perone giuridiche. In più, ha speso poco più di 71 mila per la raccolta delle 100.000 firme.
Baburin e Suraikin hanno speso meno di 1 milione a testa, pagando solo la stampa dei fogli.
Boris Titov ha speso meno di 3 milioni, dei quali esattamente 2.400.000 rubli per la raccolta delle firme. Ma veramente una somma così precisa?
Ksenia Sobchak ha speso quasi 581 mila per la raccolta delle firme e 4,3 milioni per l’organizzazione della raccolta. Sembra che abbia iniziato con l’intenzione di raccogliere le firme vere per poi abbandonare l’idea. E, in effetti, i proprietari di alcune grosse fabbriche sostengono di avere ricevuto dal Cremlino il «consiglio» di garantire una certa quantità di firme alla Sobchak.
E con questa concludo anche la puntata di oggi.
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I post precedenti sui potenziali candidati:
Il post № 0 – alcuni candidati particolari
Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
Il post № 4 – Ekaterina Gordon e Aleksej Navalny
Il post № 5 – Sergej Baburin e Maksim Suraikin
L’archivio del tag «putin»
Per i pretendenti alla presidenza russa, il 31 gennaio era l’ultimo giorno per consegnare alla Commissione elettorale russa le firme dei cittadini che appoggiano le loro candidature. In base alla legge elettorale, è un passaggio necessario per tutti i candidati che non siano appoggiati da uno dei partiti politici presenti nel Parlamento. È necessario raccogliere 300.000 firme (dei quali non più di 7500 nella stessa Regione) per i candidati non appoggiati da alcun partito e 100.000 (dei quali non più di 2500 nella stessa Regione) per i candidati appoggiati da un partito non presente nel Parlamento. In base alla idea iniziale del legislatore, si tratta di un primo test preliminare della «importanza sociale» dei potenziali candidati. La raccolta delle firme è, sulla pratica, una impresa molto difficile anche perché un minimo errore in qualsiasi punto della compilazione del foglio con le firme fa annullare l’intero foglio. Per i candidati è prevista la possibilità di presentare fino al 7% delle firme in più al previsto per tutelarsi dagli eventuali errori (di fatto ce ne sono sempre). L’attenzione dei controllori, comunque, varia in base al nome del candidato.
Oggi sappiamo, ormai, che dei 64 candidati iniziali solo in 8 (otto) sono riusciti a superare tutte le formalità burocratiche e diventare dei candidati ufficiali. Due di loro non hanno dovuto raccogliere le firme: Vladimir Žirinovskij (in quanto deputato e leader del suo partito LDPR) e Pavel Grudinin (appoggiato dal Partito comunista pur non essendo un suo membro). Di loro due, però, ho già scritto nelle puntate precedenti.
Allo stesso tempo, non penso che sia necessario presentarvi il vincitore delle elezioni del 18 marzo. Per il solo dovere di cronaca preciso che è stato il primo a riuscire a raccoglire le 300.000 firme richieste (non è mai stato membro della Russia Unita e, come a volte capita, quest’anno ha deciso di candidarsi in qualità di un indipendente).
Gli altri cinque candidati sono Grigorij Javlinskij, Boris Titov, Ksenia Sobchak, Sergej Baburin e Maksim Suraikin. Non vi ho ancora presentato gli ultimi della lista – perché sin da subito mi erano sembrati tra i meno interessanti – ma ormai, se non accade qualche imprevisto, devo necessariamente scrivere anche di loro.
Ma non lo faccio oggi. Oggi sfrutto l’ultima occasione per scrivere di alcuni esclusi.
Il 26 gennaio, per esempio, l’aspirante candidata Ekaterina Gordon ha fatto una dichiarazione molto curiosa: avrebbe raccolto circa 105 mila firme (essendo appoggiata da un partito, avrebbe avuto bisogno di raccoglierne 100.000) ma si è rifiutata di presentarle alla Commissione elettorale «per non partecipare alle elezioni-farsa». Non potendo sospettare che sia affetta di una forma estrema di ingenuità (di certo non ha scoperto ora l’attendibilità delle elezioni russe) e comprendendo che la raccolta delle firme richiede un lungo, duro e ben organizzato lavoro di alcune centinaia di volontari (Gordon non si è mai mostrata una grande manager), constatiamo che la sua tentata candidatura alla presidenza è stata solo una mossa pubblicitaria di portata federale. Con il mio modesto contributo è andata anche oltre, ahahaha
Sarebbe poco logico continuare a non nominare uno dei pochissimi veri oppositori russi Aleksej Navalny nel contesto delle elezioni presidenziali. Io, però, preferisco essere molto sintetico. In sostanza, Navalny è stato escluso dalle elezioni a causa delle persecuzioni giudizioziare molto fantasiose e poco sensate dal punto di vista giuridico. Formalmente, però, la legge è stata rispettata: un cittadino con la condanna penale non estinta non può candidarsi. Ma non c’è alcun motive di preoccuparsi: nel futuro avremo ancora moltissime occasioni per parlare di Navalny-politico. Per ora mi limito a constatare la sua vera fortuna: non è costretto a perdere le elezioni contro Putin. E, allo stesso tempo, un suo errore strategico notevole: chiamando i propri sostenitori a boicottare le elezioni presidenziali, contribuisce a far aumentare il vantaggio relativo del vincitore scontato.
Beh, mi sono appena reso conto che il post è diventato un po’ troppo lungo. Quindi per oggi mi interrompo e riprendo l’argomento dei candidate la settimana prossima.
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I post precedenti sui potenziali candidati:
Il post № 0 – alcuni candidati particolari
Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
Questa settimana non ho scritto nulla sui candidati alle votazioni presidenziali russe del 18 marzo 2018. Quindi provo a recuperare oggi con l’aito del video-post domenicale.
Probabilmente conoscete già la storia che sto per illustrare con due brevi video, ma, in ogni caso, vanno in qualche modo conservati per la cronaca. Cercherei di limitare al minimo le parole.
Come alcuni di voi sanno, ogni anno la notte tra il 18 e il 19 gennaio la Chiesa ortodossa celebra il battesimo del Signore. E, negli utimi 10–15 anni, tra i fanatici religiosi russi si è diffuso il strano rito da ripetere ogni quella note: quello di fare un buco nel ghiaccio che copre un fiume o un lago e di tuffarsi nell’acqua gelata sotto la sorveglianza (e dopo la benedizione) di un prete. Si tratta di un rito pericoloso per la salute (può comportare anche alcuni problem non risolvibili), ma quando la religione da al cervello, il cervello spesso cede.
Da molti anni il noto funzionario russo (e candidato alla presidenza nel 2018) Vladimir Putin sta cercando di apparire un buon Cristiano [ortodosso]. Non giudico se ci sta riuscendo o meno; sottolineo solo che ha ancora dei dubbi sul come si fa il segno della croce tra gli ortodossi. Quest’anno si è immerso al lago Seliger (quasi 400 kilometri a nord-ovest da Mosca); la temperatura dell’ambiente era di –5°C.
[Ci sono dei forti dubbi circa la temperatura dell’acqua: infatti, all’uscita dall’acqua gelata il corpo di Putin dovrebbe «fumare». Ci sarà stato qualche trucco?]
La candidata Ksenia Sobchak, per qualche strano motivo, ha deciso di sfidare (o imitare?) Putin anche su questo campo. Si è immersa in un fiume vicino a Tomsk (in Siberia); la temperatura dell’ambiente era di –40°C. Si potrebbe farle i complimenti per il coraggio, ma io, personalmente, avrei preferito che trovasse il coraggio di sfidare l’avversario politico su qualche campo più impegnativo dal punto di vista intellettuale.
Il candidato del Partito Comunista russo Grudinin è tanto fortunato da non dover tentare una simile impresa (indovinate il perché). Non si sa se gli altri candidati abbiano tentato di ripetere l’impresa.
Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo. Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario (non lo sono!), ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come il 31 dicembre precedente, possiamo facilmente notare che Vladimira Putin ha preferito di parlare ai co-cittadini senza dire nulla. Nessun cenno ai problemi di fronte ai quali si è trovato il Paese e alle possibili soluzioni da tentare nel 2018. Nemmeno una parola sui risultati positivi – reali o presunti – raggiunti nel 2017. Insomma, nessun legame con la vita reale.
L’ignorare la realtà è la nostra realtà.
Il 18 dicembre 2017 è ufficialmente iniziata la campagna elettorale per le elezioni presidenziali russe del 2018. Prima di tale data 29 persone hanno pubblicamente espresso la propria intenzione di candidarsi. Noi, conoscendo già il nome del vincitore delle elezioni (chi non lo conosce, provi a indovinarlo con in tre tentativi), possiamo studiare i candidati al secondo posto.
Per evitare di scrivere un post di cinquanta schermate, ho pensato di dividere i personaggi che hanno già formalizzato la propria candidatura in piccoli gruppi, pubblicando dunque una serie di post sull’argomento. Inizierei con un testo dedicato ai concorrenti storici, quelli che partecipano alle elezioni presidenziali ormai da decenni.
Vladimir Žirinovskij (71 anni, nato il 25 aprile 1946) è il fondatore e il leader del partito politico nazionalista LDPR (Partito Liberal-Democratico di Russia); uno dei deputati della Duma con più anni di attività ininterrotta: lo è dal 12 dicembre 1993. Ha due lauree: nel 1970 si è laureato in Lingua e letteratura turca, mentre nel 1977 in Giurisprudenza; nel 1998 ha conseguito il Phd in sociologia. In qualità del politico è noto prevalentemente per un comportamento violento (verbale e a volte fisico) nei confronti dei propri oppositori, un altissimo grado di populismo e la capacità di ribaltare la propria opinione su qualsiasi argomento in giro di poche ore in base alle proprie necessità. (Sull’ultimo punto l’esempio più curioso è di alcuni anni fa: nel corso di uno dei discorsi nell’aula della Duma Žirinovskij invitò a chiudere una emittente radiofonica di opposizione. Il capo-redattore della radio reagì immediatamente con la frase «Benissimo, personalmente per Lei le porte dei nostri studi sono chiuse». Il giorno dopo, nella stessa aula, Žirinovskij tenne un altro discorso davanti ai colleghi dicendo che quella emittente fosse la migliore al mondo e meritevole di ogni forma di sostegno).
Il 22 dicembre 2017 ha presentato la propria candidatura alle elezioni presidenziali; facendo parte di un partito presente nella Duma, può candidarsi con la più semplice delle procedure (in sostanza, presentando solo alcune form compilate). Aveva già partecipato alle presidenziali nel 1991 (7,81% delle preferenze), nel 1996 (5,78% delle preferenze), nel 2000 (2,7% delle preferenze), nel 2008 (9,35% delle preferenze) e nel 2012 (6,22% delle preferenze). Aveva saltato solamente le elezioni del 2004, l’edizione nella quale si fece tutto il possibile per garantire il secondo mandato presidenziale a un noto politico russo, all’epoca un po’ meno affermato a livello nazionale.
Grigorij Javlinskij (65 anni, nato il 10 aprile 1952), è un economista (phd), l’ex vice-premier dell’URSS, il fondatore e il leader del partito politico liberale «Jabloko». All’epoca del lavoro nel Governo sovietico, nel biennio 1989–1990, curò l’elaborazione del programma economico chiamato «500 giorni» e avente per l’obiettivo di far uscire l’economia sovietica dallo stato di agonia. Per una serie di circostanze politiche tale programma non fu realizzato in alcun modo, mentre Javlinskij dovette dimettersi.
Nella realtà politica post-sovietica Javlinskij si distingue per essere un eterno oppositore: a Eltzin prima e a Putin poi. Ma non solo a quei due. Il modo di fare la politica di Javlinskij lo porta, infatti, ad essere costantemente in controposizione a tutto e a tutti: egli e il suo partito politico non riuscì, nemmeno in una occasione, ad allearsi con altri candidati o partiti, anche quelli aventi il credo politico molto molto simile. Si tratta, in sostanza, di uno dei politici più derisi in Russia. È noto, infatti, che pur essendo un uomo istruito e un economista preparato, è capace ad esprimere la propria contrarietà alla affermazione «1+1=2» pronunciata da qualcuno che non riconosca la sua leadership assoluta.
Javlinskij aveva partecipato alle elezioni presidenziali russe nel 1996 e nel 2000; alle elezioni del 2012 la sua candidatura non fu registrata dalla Commissione elettorale centrale. Javlinskij intende candidarsi per le elezioni del 2018.
Sicuramente avete già sentito o letto almeno una volta nella vita il nome di Gennadij Zjuganov, lo storico leader del Partito comunista russo. Aveva partecipato alle elezioni presidenziali russe nel 1996, 2000, 2008 e 2012, arrivando costantemente secondo. Come Žirinovskij, aveva saltato – per il medesimo motivo – le elezioni del 2004. In ogni caso, precisiamolo subito, il Partito comunista russo è la secondo partito più votato in Russia (il primo è la «Russia unita»). Non è però un partito di opposizione: assieme al LDPR di Žirinovskij e alla «Russia giusta» in sede parlamentare appoggia tutte le iniziative della «Russia unita»: in caso contrario la sua presenza nella Duma sarebbe fortemente ridimensionata (ma, a differenza di altri partiti, molto probabilmente non totalmente esclusa).
Ora, però, Gennadij Zjuganov ha 73 anni (è nato il 26 giugno 1944) e, come dicono, ha alcuni problemi di salute tipici della sua età (cuore prima di tutto). Si tratta dunque di una situazione non ottimale per candidarsi alle elezioni presidenziali o, addirittura, aspettare le elezioni del 2024. Allo sesso tempo, nel corso di tutta la storia del Partito comunista russo Zjuganov fece tutto il possibile per non permettere la comparsa di un altro potenziale leader del partito che potesse eliminarlo politicamente prima del dovuto. Di conseguenza, in vista delle elezioni del 2018 ha fatto una mossa a sorpresa: nonostante le assicurazioni iniziali circa la propria partecipazione, a dicembre propose come candidato-presidente Pavel Grudinin.
Pavel Grudinin, nato il 20 ottobre 1960 a Mosca, fino al 2010 fece parte del partito «Russia unita», mentre ora non è iscritto in alcun partito. Laureato in ingegneria agricola nel 1977, successivamente è diventato un grande produttore agricolo grazie alla privatizzazione, all’inizio degli anni ’90, di un sovchoz (una tipica grossa azienda agricola dell’epoca sovietica) di cui fu già il dirigente a partire dal 1990. Attualmente Pavel Grudinin è una persona ricca, in sostanza un capitalista a guida di una azienda tipicamente capitalistica, le cui priorità politiche hanno ben poco in comune con quelle del Partito comunista. È dunque è una figura politica interessantissima, che da una parte dovrà accontentare gli elettori del partito (la maggioranza dei quali non sono comunque più dei comunisti nel senso classico) e, dall’altra parte, attirare degli elettori nuovi. Ed è per questo che nei suoi discorsi pubblici la retorica capitalista si mischia magicamente con il relativamente popolare in Russia stalinismo e con la critica alla politica di Putin. Sottolineo che su quest’ultimo punto Grudinin insiste molto più di Zjuganov.
Insomma, politicamente Pavel Grudinin mi sembra uno dei candidati più curiosi di queste elezioni. Non solo per il risultato che potrà ottenere il 18 marzo 2018, ma anche per il suo futuro ruolo nella politica e nella vita partitica.
A questo punto prendo una breve pausa nella presentazione dei candidati e vi prometto di continuarla tra pochi giorni. Parleremo di personaggi interessanti in tutti i sensi!
A grandissima sorpresa, il canditato № 1 ha annunciato oggi la propria partecipazione alle elezioni presidenziali russe del 18 marzo 2018. Ora aspettiamo le altre e gli altri (anche quelli non citati nel post del link).
Allontanate dagli schermi i minori di 18 anni.
Assicuratevi che le vostri mogli, fidanzate o i capi non abbiano i vostri schermi nel proprio campo visivo.
Perché tante misure precauzionali? Perché nel post odierno vi racconto di cinque potenziali candidati alle elezioni presidenziali russe che si terranno il 18 marzo 2018. Si tratta di cinque personaggi molto particolari che potrebbero turbare le menti più deboli…
Ufficialmente la campagna elettorale può iniziare non prima di 90 giorni prima delle elezioni (dunque non prima di inizio dicembre 2017), ma alcuni noti personaggi russi hanno già manifestato la propria intenzione di parteciparvi.
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In aprile dell’anno scorso avevo scritto dell’americano Stan Herd che crea delle enormi immagini con l’aiuto di un trattore.
Oggi ho scoperto della esistenza di un suo «collega» notevolmente più scarso dal punto di vista artistico: il veneto Dario Gambarin (ecco il suo sito).
Come ho fatto a scoprirlo? L’ho scoperto leggendo della sua recentissima opera. Questa:
Italian farmer turns field into Vladimir Putin portrait ahead of G20 https://t.co/MkmDRPmXps pic.twitter.com/xBp8TUhAJv
— Telegraph News (@TelegraphNews) 4 luglio 2017
Si dice che in precedenza avrebbe già creato i ritratti di Donald Trump e Hillary Clinton.
La fama artistica dell’Italia non ha bisogno di nemici esterni…
Il regista Oliver Stone, che con l’età sta assumendo in una maniera sempre più evidente le caratteristiche di un utile idiota di sinistra (ma allo stesso tempo mantenendo le doti tecnico-professionali), ha prodotto il film «The Putin Interviews». Probabilmente avete già letto o sentito di questa stranissima creatura.
Si tratta di un ennesimo prodotto di propaganda estera i cui contenuti hanno un legame molto approssimativo con la realtà. Ed è interessante, secondo me, solo per due motivi.
In primo luogo, posso constatare che Putin ha deciso di parlare a Stone di molti argomenti che evita costantemente di fronte ai giornalisti russi.
In secondo luogo – ed è il vero argomento del post odierno – possiamo constatare quanto poco è informato (forse perché non particolarmente interessato) Putin anche di quegli argomenti che ha sempre definito di primaria importanza.
Nella puntata del film tramessa ieri in Russia, Putin mostra a Stone un video di «intervento della aviazionerussa in Siria nel 2016»:
In realtà si tratta di un video fornitogli dal Ministero della Difesa russo: è stato girato nel febbraio 2013 in Afghanistan da un Apache AH-64 (naturalmente dell’esercito statunitense). L’unica cosa che cambia è l’audio: sostituito prima di fornire il video a Putin. Ecco il video originale:
Beh, si sa da tempo che Putin acquisisce le notizie dai fogli stampati preparati dai collaboratori e non dall’internet. Quindi è normale che non abbia mai visto un video del genere.
E voi, cari lettori, continuate a raccontarmi quanto è forte e moderno l’esercito russo.
Tanto forte e moderno da non poter presentare al presidente e al mondo nemmeno un risultato del proprio lavoro efficiente.
Ahahahaha
Mi è già capitato di scrivere dell’abbigliamento patriotico con l’immagine di Putin.
La settimana scorsa, leggendo una ennesima notizia sulla proliferazione del culto della putinianità personalità di V.V.P., ho pensato che forse non dovrei limitarmi a raccontarvi delle magliette. Potrei raccontarvi di tutti i peggiori esempi che si manifestano nella quotidianità russa.
Dunque, oggi vi faccio vedere un esempio freschissimo. L’azienda Caviar ha progettato la cover per la rinata Nokia 3310 in oro e titanio (il bassorilievo ritraente Putin è realizzato in oro di alta qualità – 999):
L’azienda sta raccogliendo le prenotazioni per i telefoni con le cover da 139.000 rubli (circa 2183 euro) o 149.000 rubli (circa 2340 euro). Purtroppo non sono riuscito a capire la differenza tra i due «modelli» che determina a sua volta la differenza nel prezzo.
Sul sito ufficiale ho letto però, che l’azienda-produttrice è stata fondata da un certo Ilia Giacometti. Secondo una ricerca superficiale su Google, tale orefice italiano specializzato nel kitsch costoso è noto prevalentemente grazie alle sue avventure russe. Qualcuno di voi sa qualcosa di quest’uomo?