L’archivio del tag «putin»

Un matrimonio di lavoro

Come probabilmente avete già letto, la ministra degli Esteri austriaca Karin Kneissl ha inviato il presidente russo Vladimir Putin al proprio matrimonio (il quale si terrà domani, 18 agosto); Putin ha accettato l’invito (lo stesso giorno deve già incontrarsi con la Merkel).
L’eurodeputato austriaco dei «Verdi» Michel Reimon, infastidito da tali rapporti tra i due politici, ha invitato la ministra a dimettersi.
Ecco, di solito non trovo opportuno commentare le parole e le azioni dei vari «verdi»: il senso di quello che dicono e fanno mi fa semplicemente dubitare della loro salute mentale. La reazione alla prossima visita di Putin, però, è una buona occasione per fare i complimenti a Karin Kneissl. La quale, infatti, ha avuto la forza di utilizzare ai fini lavorativi anche un importante evento personale come il matrimonio. I diplomatici devono cercare e trovare i modi di comunicare (discutere, scambiarsi le opinioni e le idee) con i colleghi e i leader esteri anche nelle situazioni informali. Anche qualora la controparte rappresentasse il più ripugnane dei regimi, è necessario mantenere almeno un debole contatto. Perché nel nostro mondo globale senza un minimo dei contatti non si lavora. Se l’unico modo di incontrare in un ambiente informale Vladimir Putin (il quale, ricordiamo, viaggia pochissimo all’estero) è questo, complimenti a chi ha avuto la professionalità di approfittarsene.


L’importanza delle facce nuove

Come avrete già letto, il lunedì 7 maggio il nuovo Presidente russo Vladimir Putin ha proposto al Parlamento, quasi subito dopo il proprio giuramento, la candidatura del nuovo Premier: un certo Dmitry Medvedev.
Il martedì 8 maggio il Parlamento ha approvato la candidatura con 374 voti favorevoli e 56 contrari. In questi giorni si sta dunque lavorando sulla composizione del futuro Governo (penso che il risultato di tale lavoro interessi ben poco alla maggioranza degli italiani).
Limitandoci anche ai soli nomi di Putin e Medvedev possiamo però constatare alcune cose rilevanti. Per chi ha delle conoscenze molto superficiali dell’argomento è molto facile ridere delle grandi «novità» che avvengono nella politica interna russa. È ancora più facile farlo conoscendo la «qualità» e l’"indipendenza" del precedente Governo guidato da Medvedev. Ma è importantissimo capire una cosa: nelle condizioni politiche attuali il Governo russo non è un organo che governa. Non è nemmeno un organo che esegue gli ordini di una persona determinata (indovinate il nome), perché quella persona è quasi totalmente disinteressata alla politica interna. Il Governo russo è un organo che trasmette le occasionali e non sistematiche Volontà Supreme verso il basso ed i dati (spesso elaborati in modo molto creativo) circa la realizzazione di quelle volontà verso l’alto. L’indice di efficienza del Governo russo è determinato dalla capacità di mettere sulla scrivania di una persona ben determinata le cartellette con dei dati belli (il che non presuppone affatto che siano dati reali).
La candidatura di Dmitry Medvedev non è dunque stata nuovamente scelta per le tradizionali qualità di un dirigente. Ma nemmeno perché il suo Governo precedente era stato bravo a presentare dei dati belli. La grande verità sta nel fatto che Dmitry Medvedev è stato nuovamente scelto in qualità del Vice-Presidente. In base alla costituzione russa, infatti, il Primo ministro russo diventa il facente funzioni del Presidente in tutte le situazioni qualora quest’ultimo sia impossibilitato a svolgerle.
Di conseguenza, abbiamo avuto un’altra grande prova del fatto che Dmitry Medvedev sia l’unica persona ad avere la piena (o forse addirittura infinita) fiducia di Vladimir Putin. Molto probabilmente questa fiducia si basa in parte sulla evidente tendenza di Putin a seguire il metodo induttivo («una cosa che ha funzionato ieri funzionerà anche domani»), ma in parte deve basarsi anche sulle qualità di Medvedev. E sono proprio le qualità di Medvedev che non mi sono ancora chiare. La fiducia di una persona attaccata al potere non si acquista una volta per sempre (per esempio custodendo la poltrona presidenziale per un mandato), va confermata tutti i giorni. E se Medvedev fosse un semplice lecca[qualsiasipartedelcorpo], sarebbe stato solo uno dei tanti. Non so ancora quali qualità politiche gli permettono di rimare l’unico.


Il quarto mandato

Stamattina al Cremlino si è svolta la quarta cerimonia di insediamento di Vladimir Putin in qualità del Presidente. Il fatto stesso non è certamente una notizia, la cerimonia è stata abbastanza noiosa. Avrei dunque facilmente evitato di scriverne, se non ci fosse un piccolo dettaglio storico da sottolineare.
Come probabilmente sapete, la Costituzione russa impone il limite massimo di due mandati consecutivi per la medesima persona alla Presidenza della Federazione Russa. Ed è per questo che tra il secondo e il terzo mandato presidenziale di Putin ci fu quello di Dmitry Medvedev (dal 2008 al 2012). Con la riforma costituzionale del 2008 la durata del mandato presidenziale è stata portata da quattro a sei anni. Di conseguenza, nel 2024 finirà il secondo mandato consecutivo (della seconda coppia) di Putin e ci sarà nuovamente il bisogno di affidare a qualcuno l’incarico presidenziale per un mandato, fino al 2030.
Nel 2030, però, Vladimir Putin avrà 77 anni e, probabilmente, già ora prevede il rischio di non riuscire a reggere l’attesa. Ed ecco che arriviamo al punto interessante: dopo l’ultima vittoria elettorale Vladimir Putin ha dichiarato di «non voler, per ora, cambiare la Costituzione russa». Insomma, chi si è stupito per il carattere poco democratico dello schema Putin-Putin-Medvedev-Putin-Putin, entro i prossimi sei anni rischierà di rimanere ancora più sorpreso per l’immensa fantasia costituzionale del «nuovo» presidente russo.


L’anniversario

Mi sono già un po’ rott stancato di scrivere delle elezioni di Putin, ma oggi è un anniversario importantissimo.
Esattamente 18 anni fa, il 26 marzo 2000, Vladimir Putin è stato eletto Presidente della Federazione Russa per la prima volta. Possiamo ricordare, poi, che dal 31 dicembre 1999 e fino al momento dell’insediamento è stato il facente funzioni del Presidente. Insomma, nel periodo della sua permanenza al potere (all’epoca della «presidenza» di Medvedev) una persona poteva nascere, fare tutto il percorso scolastico, sposarsi, arruolarsi all’esercito, fare chissà quante altre cose…
Anche se fosse stato un santo, io avrei detto la stessa cosa: avere lo stesso presidente per più di 18 anni è anche un po’ noioso.


La famiglia 2.0

Oggi Michail Putin, il figlio del cugino di Vladimir, è stato eletto al consiglio direttivo della Gazprom (per ora la notizia è presente solo sulla versione russa del sito aziendale, quindi non posso aggiungere il link comprensibile per a voi). Inoltre, è stato subito nominato il vice-presidente del consiglio stesso.
È molto pacificante scoprire che nel mondo esistono delle famiglie fortunate con le varie forme delle elezioni…


Il risultato atteso

Commentare le «elezioni» presidenziali russe è un passatempo noiosissimo. Si sapeva tutto in anticipo: il vincitore, la sua percentuale dei voti (approssimativa), l’ordine dell’arrivo dei principali candidati, i brogli (pre e post voto) etc. Quindi mi limito a sottolineare solo alcuni piccoli aspetti.

Stamattina una signora (la incontro quasi tutte le mattine ma ci conosciamo pochissimo) mi ha chiesto, con una faccia seria, se sono soddisfatto o meno dei risultati. Il mio cervello, a quel punto, è stato colpito da una forte crisi: non sapevo se la mia conoscente mi stesse prendendo in giro o meno. In realtà chiedere a un russo se è soddisfatto o meno del risultato delle elezioni presidenziali è un po’ come chiedergli se è soddisfatto di un fenomeno astronomico. Certamente, qualcuno può esserlo o non esserlo, ma, in entrambi i casi, significa che ha una forma grave di qualche irregolarità celebrale. Tutti gli altri, invece, comprendono benissimo che i fenomeni astronomici avvengono indipendentemente dal fatto che i russi abbiano cambiato le pile degli orologi in data prestabilita. Evidentemente gli italiani sono molto più fortunati: non si trovano mai di fronte ai risultati politici che non siano derivati dalle loro scelte.
Da una votazione all’altra possono variare i numeri delle percentuali, ma a contare è – soprattutto alle elezioni presidenziali – l’ordine dei candidati all’arrivo:
1. Putin, 76,66% – è il suo miglior risultato dopo il 2004 (quando aveva preso il 71,31%)
2. Grudinin, 11,81% – è il peggior risultato di sempre di un candidato del Partito Comunista russo, ma Grudinin è comunque arrivato secondo e ciò si sapeva.
3. Žirinovskij, 5,67% – tale percentuale è nella sua media personale (si candida in tutte le elezioni presidenziali a partire dal 1996 e arriva sempre terzo).
4. Sobchak, 1,66% – tale risultato si poteva immaginare: nonostante la sua vicinanza alla opposizione a partire dal 2011, la gente fatica ancora a considerarla una politica seria.
5. Javlinskij, 1,04% – si tratta del suo risultato personale peggiore di sempre (aveva preso 7,34% nel 1996 e 5,80% nel 2000). Per un oppositore noto come egli, l’ottenere un risultato più scarso della Sobchak richiedeva un certo impegno. Effettivamente, Javlinskij si è impegnato tantissimo a non farsi notare in questa campagna elettorale.
6. Titov, 0,76% – è evidente che è stato un candidato chiamato per fingere una alta concorrenza, quindi non ci interessa.
7. Suraikin, 0,68% – è evidente che è stato un candidato chiamato per fingere una alta concorrenza, quindi non ci interessa.
8. Baburin, 0,65% – è evidente che è stato un candidato chiamato per fingere una alta concorrenza, quindi non ci interessa.
Alle elezioni del 18 marzo ha votato il 67,5% degli aventi diritto, quindi nonostante tutti gli sforzi della propaganda statale degli ultimi due mesi, non è stato battuto il record del 2008 (69,8% degli aventi diritto).
La descrizione di tutti i brogli richiederebbe un post dedicato, quindi per ora lascio l’argomento da parte.
Mi rimane a questo punto da sottolineare solo un dettaglio importante. Per Vladimir Putin era fondamentale il risultato elettorale raggiunto in Crimea: lo considera seriamente un secondo referendum sulla appartenenza della penisola. Il risultato di ieri è stato leggermente più scarso del 2014: Putin ha preso il 92,2% dei voti (contro il 96,8% a favore del passaggio alla Russia nel 2014) con l’adesione media attorno all’80% (nel 2014 era stata attorno al 90%). Evidentemente, restano da spiegare bene le modalità possibili di un eventuale referendum del genere e l’opportunità di organizzare le elezioni politiche su un territorio annesso (ricordo a tutti che annessione è un termine giuridico neutrale).
– – –
I post precedenti sulle elezioni presidenziali del 18 marzo 2018:
Il post № 0 – alcuni candidati particolari
Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
Il post № 4 – Ekaterina Gordon e Aleksej Navalny
Il post № 5 – Sergej Baburin e Maksim Suraikin
Il post № 6 – la raccolta delle firme
Il post № 7 – i programmi elettorali
Il post № 8 – le campagne elettorali


X metri

Oggi, in via eccezionale, pubblico un brevissimo video su una competizione sportiva. Dovreste capire da voi le due parole pronunciate all’inizio.


Il passatempo dei candidati russi

Mancano tre giorni alle votazioni presidenziali russe (purtroppo a volte faccio un po’ fatica ad applicare la parola elezioni a certi giochi di ruolo russi). Di conseguenza, domani è l’ultimo giorno della campagna elettorale e noi possiamo ormai dire se i candidati l’abbiano condotta bene oppure no.
Il candidato al primo posto ha fatto una campagna elettorale lunga quasi due ore. Infatti, con l’eccezione dei cartelloni pubblicitari sorvegliati in regime 24/7 dalle pattuglie della polizia, la replica in TV di alcuni film «documentari» con la sua presenza (per esempio quello di Oliver Stone) e la abituale massiccia presenza quotidiana nei servizi dei telegiornali, è stato un candidato invisibile. In qualità della sua unica partecipazione attiva alla lotta elettorale presidenziale può essere visto il suo discorso alle Camere riunite del parlamento. Da quel discorso i cittadini russi hanno appreso che i sacrifici degli anni passati sono dovuti ai preparativi alla guerra, ora siamo capaci di distruggere gli USA con un nuovo razzo figo (segue un cartone animato sul bombardamento della Florida disegnato nel 2007) e quindi ora tutti ci devono ascoltare con attenzione e timore. Insomma, ha regalato degli attimi di orgoglio ai propri elettori tipici.

Uno dei due veri candidati al secondo posto è sicuramente Pavel Grudinin. Nella campagna elettorale che sta per finire il suo compito informale ma evidente a tutti è stato quello di darne Continuare la lettura di questo post »


La lunghezza della lingua

Il 23 febbraio a Vladimir Putin è stato presentato il maquette del polo tecnologico innovativo militare «Era». Il polo reale è in fase di costruzione ad Anapa, una città russa sul Mar Nero.
Sulle foto del maquette, invece, è stato scoperto un cartellone pre-elettorale:

Confrontiamo l’immagine trovata con un cartellone originale:


Alle elezioni presidenziali russe del 18 marzo manca meno di un mese. Quindi è arrivato il momento di vedere, molto brevemente, come sono messi gli 8 candidati ufficiali con i loro programmi elettorali.
Anzi, i programmi da riassumere sono appena 7. Non solo perché è questa la quantità degli aspiranti al secondo posto (ai quali è dedicata la serie dei post), ma anche perché il vincitore delle elezioni non ha un programma. E non lo ha mai avuto, nemmeno nelle occasioni di tutte le elezioni precedenti. Ora vediamo gli altri candidati nell’ordine con il quale compariranno sulla scheda elettorale.

Sergej Baburin ha il programma che si chiama «La via russa verso il futuro!». Il suo primo punto parla della lotta per le dimissioni del Governo di Dmitry Medvedev. Considerando che in Russia il primo ministro viene scelto e nominato dal presidente, il punto di cui prima diventa particolarmente interessante. Negli altri otto punti del programma si parla degli interventi di tipo socialista nell’economia, dei maggiori controlli sulla immigrazione, del miglioramento dei rapporti diplomatici con l’Asia e degli investimenti per lo sviluppo della Crimea.

Vladimir Žirinovskij ha il programma che si chiama «100 punti. Un potente salto in avanti – 2018». Il programma è diviso in 7 sezioni ed è composto di 111 articoli. La prima sezione è concentrata sulla difesa dei russi, una forte limitazione della immigrazione e una decisa lotta «contro il dilagare della cultura occidentale». La seconda sezione è dedicata alla riorganizzazione dello Stato: il punto più rilevante di esso è il divieto dei nomi nazionali delle regioni (la Russia è uno Stato multi-nazionale). La terza sezione è dedicata alla economia: totalmente populista, ma salta all’occhio il punto «fornire l’aiuto finanziario all’UE, ma solo a condizione dello scioglimento della NATO» (sottolineo solo che la Russia è in una crisi economica-finanziaria abbastanza sensibile). Le sezioni dedicate alla agricultura, demografia, welfare e infrastrutture sono complessivamente divertenti, ma non meritano di essere riassunti. L’unico punto rilevante è il rafforzamento delle forze dell’ordine: considerando il loro ruolo nella Russia odierna, il rafforzamento è difficile da immaginare senza fare delle analogie con altre epoche e altri Stati (intendo anche solo i nomi degli Stati).

Pavel Grudinin ha il programma che si chiama «20 passi di Pavel Grudinin». Si tratta di un noiosissimo programma socialista-populista che può essere riassunto con le parole «redistribuisco tutto per far stare bene tutti». Dal candidato del Partito comunista non potevamo aspettare altro.

Grigorij Javlinskij ha il programma che si chiama «La strada verso il futuro». Tale programma è un classico (ormai) manifesto della opposizione russa: complessivamente giusto nei contenuti, ma a volte troppo simile a una raccolta degli slogan da manifestazione di piazza. La fine della guerra in Ucraina, il miglioramento dei rapporti con l’Occidente, la liberalizzazione della economia russa, la democratizzazione dello Stato etc.

Maksim Suraikin ha il programma «Dieci colpi staliniani al capitalismo». In breve, il programma propone di nazionalizzare tutto, fissare le pensioni e gli stipendi minimi alti, condurre una politica estera «caratterizzata dal patriottismo». Divertente.

Ksenia Sobchak ha il programma che si chiama «I 123 passi difficili». Vale quanto già scritto sul programma di Grigorij Javlinskij. Nel caso di Sobchak, però, alcuni punti sono formulati in modo un po’ più esteso (per esempio quello sulla inammissibilità delle repressioni politiche). Ma a differenza di altri esponenti della opposizione, fino al momento della pubblicazione del suo programma, Sobchak non era in grado di ricordarsi (equindi spiegare) nemmeno un punto di esso. Si giustificava con la frase «il programma non è importante».

Boris Titov, l’ultimo della lista, ha il programma che si chiama «La strategia della crescita». Da esso possiamo apprendere che alla Russia serve un graduale passaggio verso l’economia efficiente, innovativa e concorrenziale. Inoltre, servono lo Stato di diritto e la dirigenza politica onesta e efficiente. Boris Titov ci ha illuminati.

Con questa concludo il post di oggi.
– – –
I post precedenti sui potenziali candidati:
Il post № 0 – alcuni candidati particolari
Il post № 1 – Vladimir Žirinovskij, Grigorij Javlinskij e Pavel Grudinin
Il post № 2 – Ekaterina Gordon, Sergej Polonskij e Boris Titov
Il post № 3 – Tristan Prisjagin e Natalia Lisitsyna
Il post № 4 – Ekaterina Gordon e Aleksej Navalny
Il post № 5 – Sergej Baburin e Maksim Suraikin
Il post № 6 – la raccolta delle firme