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Un’altra cretina

Nel corso della conferenza stampa dedicata all’annuncio dei vincitori del premio Nobel per la chimica, al Segretario generale dell’Accademia delle Scienze reale svedese Hans Ellegren è stato chiesto: cosa ha guidato l’Accademia delle Scienze nell’assegnare il premio a uno scienziato russo: in particolare, vista la guerra in corso in Ucraina.
Hans Ellegren, considerate la sua professione e la situazione in cui è stata posta la domanda, non poteva certo chiedere alla giornalista cosa la abbia guidato nel fare le domande cretine. Io, invece, ho la grande fortuna di poterlo chiedere. Ho pure la fortuna di poter rispondere alle proprie domande.
Posso dunque ricordare che le scoperte scientifiche – come pure tutti i risultati intermedi delle ricerche e i rami abbandonati delle singole ricerche – contribuiscono allo sviluppo del pianeta intero. Non importa da chi siano stati fatti: indipendentemente dalla cittadinanza, luogo di nascita e/o di residenza, il colore dei capelli, il numero delle scarpe, le preferenze politiche etc. etc., i risultati scientifici «funzionano» sempre allo stesso modo.
In particolare, Alexei Ekimov – il fisico russo premiato ieri con il Nobel per la chimica – dal 1999 vive e lavora negli USA, non ha condotto le proprie ricerche appositamente per lo Stato russo, non si è espresso a favore della guerra in Ucraina. Di conseguenza, non si capisce perché il suo contributo al bene globale debba essere ignorato solo a causa del suo luogo di nascita. Vale anche per altre migliaia di scienziati russi che negli ultimi mesi stanno avendo dei problemi burocratici per colpa delle persone che il quoziente di intelligenza negativo come il giornalista di cui sopra.


Come pianificato, la sera del 20 giugno (la Giornata mondiale del rifugiato), la casa d’aste statunitense Heritage Auctions ha tenuto a New York l’asta per la vendita della medaglia Nobel per la pace del caporedattore della «Novaya Gazeta» Dmitry Muratov. Tutti i proventi della vendita della medaglia andranno a sostenere la missione umanitaria dell’UNICEF mirata all’aiutare i bambini ucraini rifugiati e le loro famiglie.
Apparentemente è solo un fatto di cronaca (uno dei numerosi fatti legati alla guerra in corso), ma io ne scrivo per ricordarmi due cose. Prima di tutto, per ricordare la somma finale per la quale la medaglia è stata venduta: 103.500.000 dollari statunitensi (sì, centotre milioni e mezzo). In secondo luogo, per ricordare che l’acquirente – di cui non è stato reso noto il nome – sapeva come sarebbe stato utilizzato il denaro ricavato: quindi più è vicino a uno dei due Stati in guerra, più è un grande (o la vicinanza non ha una sua importanza? Non lo so…).

Boh, prima o poi scopriremo il nome dell’acquirente. Solo che non ne sono così sicuro del prima.


La medaglia di Muratov

Probabilmente alcuni dei lettori si ricordano che Dmitry Muratov – il caporedattore del giornale russo «Novaya gazeta» – è uno dei due vincitori del Nobel per la pace 2021. Detesto questo premio (e ne avevo già scritto più volte), ma almeno posso constatare ancora una volta che almeno l’anno scorso è finito nelle mani di una brava persona.
Infatti, all’inizio della guerra putiniana in Ucraina Muratov aveva dichiarato di voler mettere all’asta la medaglia d’oro consegnatagli nell’occasione della premiazione con il Nobel. Farlo per destinare tutti i proventi della vendita ai programmi dell’UNICEF finalizzati all’aiutare i bambini colpiti dalla guerra in Ucraina e nei Paesi limitrofi.
Da ieri possiamo dire che la dichiarazione è stata messa in pratica: come da progetto iniziale (e con il consenso della casa d’aste statunitense Heritage Auctions), l’asta è partita l’1 giugno, il giorno della Festa internazionale dei bambini. Le offerte saranno prima accettate online, mentre l’asta finale avrà luogo il 20 giugno – la data della Giornata mondiale dei profughi – presso il Times Center di Manhattan.
Potete provare a seguire l’andamento dell’asta direttamente sul sito. Purtroppo, non so proprio se qualcuno dei miei lettori sia in grado di parteciparvi attivamente…

Posso solo sperare che prima o poi, in una epoca migliore, la medaglia torni al suo vincitore. Nella storia ci sono già stati dei precedenti.


Il nuovo Nobel per la pace

Probabilmente qualcuno aspettava da me un post sul Nobel per la pace assegnato – per metà – a Dmitry Muratov (il direttore di un giornale russo)… Boh, io non ho una grandissima voglia di farlo: da quando il suddetto Nobel è stato assegnato – nel 1994 – a un certo Yāsser ʿArafāt, anche la sola nomina alla premiazione è incompatibile con la mia concezione della morale. Di conseguenza, non capisco tutte quelle persone che «tifano» per dei personaggi realmente valorosi non ancora «insigniti» o fanno gli auguri ai «premiati». Se, per qualche strano motivo, il Nobel per la pace dovesse un giorno essere assegnato a me, inviterò il Comitato per il Nobel norvegese a metterselo nel culo. Sì, proprio in questi termini.
Tornando alla cronaca del 2021, devo ammettere di non sapere nulla della giornalista statunitense/filippina Maria Ressa – anch’essa premiata – semplicemente perché mi interesso poco della stampa filippina. Posso invece ricordare che Dmitry Muratov è ormai il quarto russo premiato con questa versione del Nobel: più o meno tutti si ricordano di Mikhail Gorbachev (1990) e di Andrei Sakharov (1975), ma quasi nessuno – nemmeno in Russia – si ricorda della geografa Olga Solomina (nel 2007, assieme ad altri membri del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico).
Ma, soprattutto, Dmitry Muratov è un personaggio molto importante per il giornalismo russo contemporaneo. Dal 1995 a capo di uno dei pochi giornali di non-propaganda governativa rimasti in Russia. Non posso definirlo indipendente (perché, come tutti gli altri mass media, sopravvive solo perché lo Stato ha deciso di non chiuderlo), di opposizione (perché è di informazione) o del tutto ideale (troppo spesso capitano degli articoli palesemente pagati da qualche personaggio o ente interessato), ma complessivamente è uno dei pochi giornali russi che pubblicano ancora dei materiali seri. In tutti questi anni Muratov ha saputo quindi resistere: non diventare un coautore ben pagato della propaganda statale, riuscire a fare il possibile nelle condizioni in cui si trova, lavorare e fare lavorare tanti suoi colleghi, promuovere l’aiuto popolare collettivo a molte persone abbandonate dallo Stato nelle loro difficoltà quotidiane. Sicuramente ha dovuto accettare dei compromessi, come alcuni suoi colleghi direttori di altri media, ma io non sarei disposto a condannarlo.
Spero che prima o poi venga premiato in qualche modo molto più interessante del Nobel per la pace.


Il vero premio

Ieri si è saputo delle dimissioni dei due membri esterni del Comitato dedicato al Premio Nobel per la letteratura. Non ho capito bene le loro motivazioni e non posso prevedere i possibili risultati del loro gesto. Però conosco, purtroppo, la qualità estremamente bassa del Nobel per la letteratura: nel migliore dei casi viene assegnato agli scrittori scarsi (e nel peggiore agli scrittori dei quali non si conosce alcunché).
Di conseguenza, approfitto della notizia per ricordare ai miei cari lettori un concetto importantissimo. Il premio più onesto, più apprezzato dall’artista stesso e più consistente in termini economici è il riconoscimento da parte del pubblico. È spesso difficile fare la concorrenza al «pop», ma un bravo scrittore (ma anche musicista, pittore, scultore etc.) sarà sempre premiato generosamente dal mercato.
Mentre uno scrittore incapace di scrivere i testi interessanti per gli altri non può essere considerato bravo. Egli non viene premiato dal mercato (sinonimo del pubblico), ma, con un po’ di fortuna, viene consolato con un Nobel.
Come si fa a non elogiare il Mercato almeno in questo ambito?


La lotta alla povertà

La motivazione di assegnazione del premio Nobel per l’economia di quest’anno – «per l’approccio sperimentale nella lotta alla povertà globale» – non mi faceva pensare ad alcunché di buono o almeno interessante. Ma alla fine, cercando di superare i propri pregiudizi, sono andato a informarmi sui dettagli degli studi premiati.
In sostanza, i tre economisti premiati (Abhijit Benerjee, Esther Duflo e Michael Kremer) stanno conducendo gli studi, fondati sulla loro matrice di dati, circa l’efficienza delle politiche statali volte al contrasto della povertà. La conclusione alla quale giungono è semplice, scontata e condivisibile: la povertà si sconfigge non con la distribuzione degli aiuti materiali, ma con le politiche che garantiscono la crescita economica nazionale. Mentre se lo Stato non si arricchisce, non si risolve nemmeno il problema della povertà.
Non si tratta, secondo me, di chissà quale scoperta, ma allo stesso tempo immagino che sarebbe stato politicamente scorretto non riconoscere l’impegno nello studio dell’argomento. Direi dunque che la premiazione sia stata dettata più dalla moda che dal valore scientifico degli studi.
A questo punto avrei voluto spendere qualche «buona» parola nei confronti degli ultimi due Governi italiani, ma evito. Tanto avete capito.


121 Robin

121 vincitori del Premio Nobel (ovviamente quelli seri: medicina, biologia, fisica, chimica etc) hanno firmato una lettera indirizzata al Greenpeace, ONU e Governi di tutto il mondo, nella quale chiedono di interrompre la lotta contro gli OGM.

La divulgazione scientifica ha fatto dei notevoli progressi negli ultimi decenni. Ma la lettera degli scienziati, purtroppo, è indirizzata proprio a quelle organizzazioni che spesso giocano sulla ignoranza delle persone per difendere gli interessi degli attori già affermati sul mercato. Quegli attori che alimentano delle paure primiteve della gente ignorante in biologia e chimica per non investire nella modrnizzazione del proprio business già redditizio.

La lotta degli scienziati contro i populisti e i loro elettori dovrebbe rivelarsi uno spettacolo piuttosto triste…


Bob Dylan

Ci ho pensato fino a ora e ho finalmente trovato il coraggio di ammettere due cose:

1) ascolto poco Bob Dylan

perché

2) il mio livello di inglese spesso non è sufficiente per comprendere tutte le sfumature dei suoi testi.

Non so quale delle due cose sia la più grave. Ma so che la più grave in assoluto è quella di ascoltarlo senza capirci neanche la metà di quello che tenta di comunicare (oppure tenerlo come rumore di sottofondo). Io, quando posso, mi faccio aiutare dai miei amici americani e inglesi.

E poi niente, finalmente il Nobel per la letteratura è stato assegnato in un modo originale e a una persona meritevole. Si tratta di un evento raro, rarissimo.


Svetlana Aleksievic + Nobel

Il Nobel per la letteratura 2015 è stato assegnato alla scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievic. Se assumiamo la tesi che ogni persona che scrive dei testi è uno scrittore (o scrittrice), la scelta della vincitrice è più che giustificata.

La cosa che non riesco a percepire è proprio quel senso che possa giustificare l’esistenza del Nobel per la letteratura. Perché ogni scrittore meritevole di attenzione è premiato, a differenza degli scienziati, con le vendite delle proprie opere. Certo, il mercato premia pure quelli mediocri, comprensibili alle larghe masse, ma almeno da una possibilità a più di una persona all’anno. E di solito lo fa subito, non dopo decenni di attività non corrisposta. Pure gli scrittori meno popolari, poi, hanno numerosi mezzi tecnici continuare a lavorare e raggiungere i propri lettori.

Insomma, pur essendo un amante della letteratura, non un grande apprezzatore del relativo Nobel.