L’archivio del tag «politica»

La lettura del sabato

Questa volta «l’articolo del sabato» è quello racconta (elencando, per coloro che non le ricordassero, tutte le fasi fondamentali) come lavorava il team di Navalny prima della incarcerazione del politico, poi mentre egli era in carcere e, infine, cosa è cambiato dopo la sua morte.
In sostanza, è il racconto su una delle poche modalità praticabili rimaste di «fare la politica» interna russa, anche trovandosi fisicamente all’estero.
Secondo me negli ultimi mesi, se non anni, l’organizzazione fondata da Alexey Navalny si trova in una seria crisi, non dimostra di avere degli obbiettivi concreti sensati e sembra più orientata verso l’autopromozione finalizzata a sé stessa (quando non pubblica qualche video-«indagine» che palesemente colpisce più altri oppositori che i personaggi realmente problematici per la Russia e il mondo). Insomma, sta diventando una organizzazione abbastanza strana. Ma ai tempi della attività maggiore di Alexey Navalny (quando egli era ancora vivo e libero) era una organizzazione interessante, utile e importante.
È, dunque, utile leggere qualcosa sulle loro modalità di lavoro.


La correzione delle bandiere

A marzo, nel corso delle votazioni per la «elezioni» di un nuovo Putin della Federazione Russa il colore della protesta era – come vi ricordate – il ben spiegabile verde. Mentre per il colore rosso – quello molto più comprensibile a tutti, anche all’estero – ci sono tante occasioni nella vita quotidiana.
Per esempio: nel corso della seduta del Tribunale militare del 1° distretto orientale, la Procura ha chiesto di condannare l’attivista di Khabarovsk Angel Nikolaev a 18 anni di carcere. Nikolaev, 38 anni, è stato arrestato a Khabarovsk nel luglio 2023 per avere dipinto con vernice rossa le bandiere russe sulle tombe dei partecipanti alla guerra con l’Ucraina nel cimitero centrale della città. Complessivamente, Nikolaev è accusato di cinque reati, tra i quali, appunto, profanazione di luoghi di sepoltura e profanazione della bandiera russa.
Provate a indovinare, dalle immagini disponibili, in che modo ha dipinto le bandiere:

Direi che il simbolo e il colore in questo caso specifico sono adeguati: i militari russi, purtroppo, sono stati uccisi in Ucraina in qualità di aggressori, assassini e portatori della ideologia associabile a quel simbolo. L’imputato Nikolaev ha solo messo in evidenza il fatto.
Mentre la profanazione della bandiera russa sarebbe da imputare a colui che nel 2022 ha organizzato la sua presenza sul territorio ucraino nel contesto che conosciamo.
P.S.: ricordo che molti esponenti della opposizione russa stanno utilizzando, nel corso delle loro manifestazioni, la «nuova bandiera russa Continuare la lettura di questo post »


Il governo lettone ha adottato ieri delle modifiche alle norme sugli standard dell’istruzione di base. Per esempio, a partire dall’anno accademico 2026/2027 non sarà possibile iniziare a studiare il russo come seconda lingua straniera nelle scuole lettoni (la prima lingua straniera insegnata nelle scuole rimane sempre l’inglese). La seconda lingua straniera da studiare dopo il termine delle classi della scuola elementare a partire dall’anno scolastico 2026/2027 potrà essere solo una delle lingue ufficiali dell’Unione europea, dello Spazio economico europeo o una lingua il cui studio è regolato da accordi intergovernativi. La lingua russa non rientra in nessuno di questi punti. Gli alunni che inizieranno (o hanno iniziato) a studiare il russo come seconda lingua straniera prima del 1° settembre 2025 potranno continuare a farlo fino alla fine del percorso scolastico.
In base ai dati statistici del 2022, la lingua straniera più scelta in qualità della seconda da studiare nelle scuole lettoni era proprio il russo, poi seguivano, in ordine, il tedesco e il francese.
Tra i presenti c’è qualcuno che vuole alzare la mano e chiedere del perché di questa decisione? Non prendetelo troppo in giro: infatti, è facilissimo dimenticare che esattamente 26 mesi fa un noto politico ha iniziato una guerra, tra i cui obbiettivi pubblicamente dichiarati c’era anche la «difesa della lingua russa». E, come possiamo vedere ora, ha avuto l’incredibile capacità di avere «difeso» quella lingua anche su un territorio dove per ora non si combatte. Geniale!
P.S.: dall’ambiente universitario nel quale passo la parte notevole del mio tempo mi sono arrivate, negli ultimi due anni, alcune testimonianze del fatto che le iscrizioni ai corsi di lingua russa sono diminuite notevolmente. In questo caso si tratta di una reazione allo stesso fenomeno che arriva però «dal basso» e non «dall’alto». Ma si tratta sempre di un risultato del comportamento dello stesso personaggio.


Dal punto di vista statistico, mi fanno un po’ ridere le ricerche sociologiche condotte su un campione palesemente ridicolo: come, per esempio, il sondaggio condotto dalla Ipsos per conto della Euronews tra i cittadini dell’UE. In 18 Stati-membri dell’UE hanno interrogato 26 mila persone su 448,4 milioni di abitanti, ahahaha
Ma l’idea della ricerca in questione è comunque interessante. In vista delle elezioni al Parlamento europeo, hanno cercato di scoprire qual è il leader più popolare tra gli europei.
Quasi la metà degli europei (47%) ha un’opinione positiva sul Presidente ucraino Vladimir Zelensky, ma questa opinione varia ampiamente tra gli Stati-membri dell’UE. Allo stesso tempo, il 32% ha un’opinione «negativa». Il 21%, poi, ha dichiarato di «non sapere abbastanza» sul presidente, che negli ultimi due anni ha fatto notizia e ha viaggiato molto in tutto il continente parlando a nome del suo Paese devastato dalla guerra. Nei Paesi nordici e nella Penisola iberica, Zelensky riceve le valutazioni più positive: 81% in Finlandia, 74% in Svezia, 72% in Danimarca e Portogallo e 64% in Spagna. Al contrario, più della metà degli intervistati in Ungheria (60%), Grecia (57%) e Bulgaria (56%) ha un’opinione «negativa» del presidente ucraino (per puro caso sono degli Stati con dei rapporti meno negativi con la Russia). Altri Paesi in cui i giudizi «negativi» superano quelli «positivi» sono la Slovacchia (50% contro 26%), l’Austria (47% contro 33%), l’Italia (41% contro 32%) e la Repubblica Ceca (37% contro 36%).
All’ultimo posto del sondaggio Euronews/Ipsos si si classifica il Presidente russo Vladimir Putin, che è ampiamente il leader più odiato: il 79% degli intervistati ha un’opinione «negativa» del personaggio ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra in Ucraina. Il 10% ne ha invece un’opinione «positiva», mentre l’11% «non ne sa abbastanza».
In particolare, l’opinione «negativa» prevale maggiormente in Finlandia (94% «negativo»), Svezia (91%), Danimarca (91%), Polonia (91%), Spagna (90%), Portogallo (89%), Paesi Bassi (88%) e Francia (80%). L’indicatore «negativo» scende sotto la soglia del 60% solo in quattro Paesi: Grecia (59%), Ungheria (57%), Slovacchia (56%) e Bulgaria (48% contro il 37% «positivo»).
Indovinate cosa mi sorprende di più in questi risultati…
La risposta esatta: Continuare la lettura di questo post »


La lettura del sabato

Dato che negli ultimi giorni si parla molto delle nuove rivelazioni sui casi anche recenti della sindrome dell’Avana, non posso non segnalarvi l’articolo che contiene una versione della rispettiva indagine giornalistica un po’ più estesa rispetto a quella avreste potuto leggere sui media europei o statunitensi.
Certo, alla indagine mancano ancora diversi elementi che potrebbero renderla molto più concreta nelle sue accuse, ma è sicuramente solo una questione di tempo. Gli agenti russi non sanno proprio rimanere segreti per molto tempo.
Ma voi, nel frattempo, leggete ciò che è già stato accertato: per poi integrarlo con le nuove informazioni.


Come leggere dell’attentato

In tutti i commenti dell’atto terroristico di Mosca accaduto il venerdì 22 marzo vedo almeno due punti deboli, dei quali dovrei avvisare gli interessati all’argomento.
In primo luogo, è abbastanza strano leggere che l’attentato sia stato organizzato ed eseguito professionalmente. I veri professionisti – non del terrorismo, ma delle operazioni di carattere più o meno militare – difficilmente avrebbero usato per la fuga la stessa auto utilizzata per l’arrivo sul posto e, molto probabilmente, avrebbero evitato di tentare una fuga di diverse centinaia di chilometri lungo una delle strade principali subito dopo l’attentato. In più, non è detto che ci voglia chissà quale professionalità (al massimo ci vuole un po’ di determinazione) per sparare i civili di varie età impauriti, disorientati e bloccati in uno spazio fisicamente limitato.
In secondo luogo, tantissime persone sopravalutano le capacità delle forze dell’ordine e dei servizi segreti russi. Le forze dell’ordine russe, per esempio, sono brave a eseguire gli arresti degli oppositori politici in piazza o accusare dell’"estremismo" la gente che scrive qualcosa di sgradito al regime politico sui social. I servizi segreti, invece, operano con il veleno contro le singole persone sgradite al regime, facendosi beccare quasi tutte le volte. Da circa vent’anni non vediamo niente di meglio da queste due categorie di «professionisti». Non sono più abituati e/o capaci di lottare contro la criminalità «ordinaria», a maggior ragione non sanno prevenire e anticipare gli attentati terroristici. E, per le stesse ragioni, non sono capaci di organizzarli. Nell’occasione di ogni attentato, in sostanza, il loro comportamento passivo può essere spiegato in uno dei tre modi: 1) hanno paura dei terroristi perché questi ultimi, a differenza dei «hipster-oppositori», sparano e picchiano; 2) hanno fatto passare i terroristi verso la loro destinazione per un po’ di soldi; 3) banalmente, non sanno cosa e come fare in una situazione estrema del genere. Tutte le opzioni elencate, purtroppo, non sono le mie fantasie: si sono già verificate più volte nella storia russa degli ultimi trent’anni.
Ecco, le notizie sugli attentati in Russia vanno lette tenendo in mente anche il contesto appena descritto.


Lutto per cosa o per chi

Molto probabilmente avevate letto o sentito anche voi che ieri, il 24 marzo, in Russia c’era una giornata di lutto dichiarata da Putin: formalmente, in relazione all’atto terroristico al Krokus City Hall del venerdì 22 marzo. Erano pure state diffuse delle immagini in cui Putin accende una candela nella chiesa della propria residenza…

Non so voi, ma io non capisco per cosa o per chi Putin sia in lutto. Di certo non per le 132 persone morte nell’atto terroristico: è sempre stato assolutamente indifferente alle vite umane (le vite dei russi e dei cittadini di altri Stati). Da oltre due anni sta conducendo una guerra criminale e completamente inutile con l’Ucraina. In questa guerra la quantità degli uccisi da entrambe le parti si misura ormai in centinaia di migliaia. Ogni giorno le truppe di Putin uccidono decine e centinaia di ucraini: sia i militari e gli arruolati (sul fronte), sia i civili (uccisi dai missili, dalle bombe e dai droni di Putin nelle loro case). Ogni giorno l’esercito ucraino elimina fino a mille russi che Putin ha – personalmente – inviato in Ucraina per uccidere ed essere uccisi. Non ha mai dichiarato il lutto per nessuno di loro.
E allora per cosa è in lutto? Per il fatto di averci comunicato praticamente da solo che i suoi servizi di sicurezza sono incapaci di prevenire un attacco terroristico di enorme portata, quando terroristi ben armati sono entrati con calma in una enorme sala da concerto e hanno iniziato a sparare metodicamente alle persone? Per l’incapacità (dichiarata sempre dal suo sistema di potere) dei suoi servizi di sicurezza di reagire in tempo a un simile attacco terroristico (come sappiamo, per quasi un’ora e mezzo le forze dell’ordine, i vigili del fuoco e le ambulanze sono rimasti a guardare un edificio in cui non c’erano terroristi, ma dove c’era la gente che moriva per la perdita di sangue e il monossido di carbonio?
Non penso che Putin sia particolarmente interessato a tutto questo. Putin ha bisogno delle forze di sicurezza soprattutto per proteggere lui stesso e per uccidere i suoi avversari o «nemici».
Probabilmente Putin ha dichiarato il lutto per la propria incapacità di ricomporsi rapidamente in un momento difficile e di rivolgersi ai cittadini del Paese con le giuste parole? Ma noi sappiamo come si comporta solitamente nei momenti di difficoltà improvvisa. Prima di tutto, si nasconde. O si occupa di qualcosa di diverso, facendo finta che non sia successo nulla. Poi, quando finalmente esce dal suo bunker, inizia a sparare stronzate: per esempio, che a criticarlo sono delle «puttane ingaggiate per dieci dollari» (intendeva le mogli dei marinai morti sul sottomarino Kursk), che l’elezione dei governatori delle regioni deve essere annullata immediatamente per affrontare meglio la minaccia terroristica, che ha trovato un’impronta ucraina (di taglia quarantotto?) dei terroristi dell’ISIS etc.
Boh, non so per quale di quei motivi abbia realmente dichiarato il lutto…


L’entità delle falsificazioni

I risultati delle ultime «elezioni» presidenziali russe presentati ufficialmente dalla Commissione elettorale centrale (con l’87,28% dei «voti» per Putin) hanno portato il concetto di falsificazione a un nuovo livello. Esse – le falsificazioni – sono diventate così grandi perché si sono chiaramente trasformate dalla classica aggiunta fisica nelle urne delle schede elettorali compilate all’attribuzione di un gran numero di voti «virtuali» al candidato-vincitore. Perché è fisicamente impossibile gettare tanta carta nelle urne di tutto il Paese.
Come ho letto, è molto più difficile analizzare tali nuove falsificazioni: non ci sono quasi più i dati realistici (dai singoli seggi) sui voti effettivamente espressi, i quali potrebbero essere utilizzati come base per calcolare il livello di falsificazione.
Allo stesso tempo, questa analisi diventa meno «utile»: perché il fatto stesso della falsificazione dei risultati elettorali è ancora più evidente delle occasioni precedenti, senza alcuna analisi.
Ma per comprendere il processo di evoluzione della procedura chiamata «elezioni» in Russia, è comunque utile leggere dei tentativi di analisi di qualità. Ma non si tratta più di una lettura di politologica, ma di una lettura puramente storica. Dunque, vi consiglio un articolo dettagliato in cui sono raccolti tutti i tentativi di analisi matematica delle falsificazioni alle ultime «elezioni» di Putin (non solo sul metodo del noto Shpilkin, ma anche su altri approcci al problema). Anche un non-matematico come me può leggere facilmente questo articolo. E sicuramente ci riuscirà.


Il “grande” 87,3%

Secondo i risultati ufficiali delle «elezioni» presidenziali russe, a Putin sono stati attribuiti i 87,28% dei voti espressi, l’affluenza sarebbe stata del 77,4%. Si tratta di un record per la Russia contemporanea: sia in termini di numero di «voti» per il vincitore che di affluenza totale. Inoltre, a Putin sono stati assegnati più voti di quanti ne siano mai stati assegnati a Alexander Lukashenko: Putin si è avvicinato ai record degli autocrati dell’Asia centrale, che di solito ottengono più del 90% dei voti.
C’è qualcosa di significativo in questo risultato «elettorale»? No, assolutamente no. È solo una piccola curiosità storica. I collaboratori di Putin avevano la possibilità di farlo contento con qualsiasi percentuale inventata dal nulla, e lo hanno fatto. Putin è contento, come può essere contento, per esempio, un maratoneta che per la semplice voglia di sentirsi un vincitore di qualcosa si sceglie da solo i concorrenti e i giudici (a meno che non sia tanto pazzo da convincersi che pure quella sia una gara vera).
Noi, invece, abbiamo scoperto solo una cosa: c’è ancora una quantità sufficiente di funzionari statali disposti a falsificare le elezioni a favore di Putin, quindi definibili fedeli a Putin. [Per «falsificare» in questo caso intendo «scrivere i numeri dei risultati senza nemmeno contare le schede».] Allo stesso tempo, non dobbiamo pensare che quei funzionari siano totalmente pazzi: capiscono la i risultati delle «elezioni» da loro inventati non rispecchiano la popolarità di Putin, dunque non dimostrano la sua forza e/o la disponibilità del popolo di difendere il proprio presidente.
Non ci sono altre deduzioni politologiche sensate che si possono trarre da queste elezioni. Anche se i vari commentatori professionali, dovendo in qualche modo giustificare i propri stipendi, nei prossimi giorni produrranno tanti testi e discorsi che, in sostanza, parleranno del nulla…
Io, invece, dovrei commentare anche l’alta affluenza. Ma questo è un argomento diverso da quello appena trattato. Ne scriverò domani (penso) perché non mi piace mischiare insieme troppe cose.


Il colore del voto di protesta

Ieri pomeriggio ho avuto l’ennesima conferma del fatto che spesso do per scontate delle cose che non lo sono per una parte più o meno ampia dei miei lettori. Per esempio: nel video dedicato alle manifestazioni di protesta nei seggi elettorali russi che ho postato ieri si vede una ragazza che versa del liquido verde nell’urna elettorale (non è stata l’unica a farlo, in giro per la Russia si sono verificati alcuni altri episodi dello stesso tipo). Nel pomeriggio di ieri ho capito che tale gesto va spiegato ai miei lettori italiani. Più precisamente, spiego 1) che liquido era e 2) perché è stato scelto proprio quel liquido.

1) Quel liquido è la soluzione acquosa o alcolica dallo 0,05% al 2% di verde diamante ed è utilizzato sul territorio dell’URSS, già da oltre un secolo, come medicinale antisettico (il suo nome popolare è «zelionka»). È indicato per la disinfezione di cicatrici fresche post-operatorie e post-traumatiche, abrasioni e tagli. È uno degli antisettici più attivi e ad azione rapida. In Italia non mi è mai capitato di vedere questo farmaco: non so se qualcuno degli italiani lo conosca, non so nemmeno come tradurre in italiano il suo nome ufficiale…

2) Quel liquido è stato scelto per esprimere il proprio dissenso alla quinta «elezione» di Putin alla Presidenza della Russia assolutamente non a caso. Infatti, nel lontano 2017 il personaggio, ucciso un mese fa, che avrebbe dovuto essere il vero candidato-concorrente al «vincitore» delle «elezioni-2024» era stato aggredito in un modo abbastanza innocente secondo i criteri dei giorni nostri: gli era stata gettata in faccia una grande quantità di quel liquido disinfettante di colore verde. All’epoca tale aggressione aveva provocato solo una piccola lesione a un occhio… Ma oggi quella aggressione viene ricordata al mandante di tutte le aggressioni e, infine, della morte.

Al posto del colore verde avrebbe potuto essere il colore rosso (di un altro liquido che Putin ha sulle mani), ma nel contesto specifico delle elezioni che si svolgono poco dopo la morte del suo oppositore principale il colore verde ha il significato altrettanto forte e chiaro. Almeno per i russi che capiscono il contesto.
Ora, spero, lo capite anche voi.