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Gli europei in UK

Come immaginavo fin da subito, nell’UK si farà di tutto per ridurre quasi a zero i reali effetti del Brexit.

Oggi, per esempio, ho letto che secondo le previsioni ufficiali l’80% dei cittadini comunitari residenti sul territorio del Regno Unito avrà il diritto alla residenza permanente. Mentre gli altri, in sostanza, pure.

Di conseguenza, ribadisco la mia vecchia idea: oggi, come quattro mesi fa, non c’è alcunché da dire o scrivere sugli effetti del Brexit perché sarebbero solo delle fantasie (volendo possiamo chiamarle ipotesi astratte). Le fantasie potevano essere fatte anche prima (o in assenza) del referendum inglese. Ha invece senso vedere come gestiscono i vari aspetti della uscita dalla UE e la situazione in generale. Vederlo per confrontare le cose realmente fatte con quelle che si avrebbe potuto fare.


Elezioni presidenziali russe

Come avrete già letto o sentito, le elezioni parlamentari russe del 2016 si sono svolte con tre mesi di anticipo rispetto al momento previsto dalla legge. Dato che le elezioni in questione non si sono svolte in conseguenza allo scioglimento della Duma da parte di Putin, la legalità del voto anticipato è fortemente messa in dubbio. Per molti è dubbio anche il motivo di tale fretta, ma non vorrei finire sul campo delle dietrologie politiche.

Quindi oggi vi racconto di un altro argomento. Alcuni giornalisti russi hanno tentato di fare una Grande Scoperta, sostenendo che ci sarebbero degli indizi sulla intenzione del Cremlino di anticipare anche le elezioni presidenziali.

In base alla regolare scadenza del mandato di Vladimir Putin, le presidenziali dovrebbero tenersi nel marzo del 2018. Alcuni giornalisti attenti hanno però scoperto che nella legge finanziaria triennale (cioè quella provvisoria) per il 2017 è prevista una importante somma di denaro per l’organizzazione delle elezioni presidenziali. Già in base questo dato alcuni hanno concluso che ci sarebbe l’intenzione di anticipare le elezioni al 2017.

Ebbene, penso che si tratti di una conclusione un po’ frettolosa. Infatti, bisogna tenere conto del fatto che la finanziaria del 2018 sarà del tutto operativa solo dopo il 10 gennaio 2018 (cioè dopo la fine delle vacanze di Capodanno e Natale), quando alle elezioni presidenziali mancheranno ormai due mesi, forse anche un po’ meno. Di conseguenza, è naturale programmare i principali lavori di preparazione per l’anno precedente, il 2017.

Il secondo motivo della bassa probabilità delle elezioni presidenziali anticipate è il dettato Costituzionale. Infatti, in caso delle dimissioni o dell’impeachment Vladimir Putin non avrebbe il diritto a ricandidarsi. E soprattutto: qualcuno ritiene realmente possibili queste due opzioni?!

Ma anche se Putin decidesse, per qualche strano e improbabile motivo, di accorciare di propria iniziativa il suo mandato presidenziale attualmente in corso (per esempio, per non risultare formalmente a capo di uno Stato in una forte crisi economica), avrà sicuramente almeno un po’ di paura di non riuscire a tornare nella propria poltrona dopo un altro mandato di Medvedev.


Elezioni russe: parte 2

Oggi continuo il mio racconto sulle elezioni (si vedano le puntate numero unonumero due). Questa volta ho deciso di parlare della affluenza. Ci sono due dati da considerare: il calo della affluenza rispetto alle elezioni del 2011 e l’anomalia della affluenza ufficialmente comunicata la mattina del 19 settembre 2016.

Alle elezioni parlamentari del 2011 l’affluenza fu del 60,2%. Quel dato confermò la tendenza generale del lento ma progressivo abbassamento della affluenza in corso dal 1993. I risultati della votazione, però, mostrano che nel 2011 votarono molti più sostenitore della opposizione. Ne esiste una spiegazione psicologica relativamente semplice. Due mesi e mezzo prima, il 26 settembre 2011, l’allora presidente russo Medvedev comunicò che la Russia Unita avrebbe appoggiato alle elezioni presidenziali del 2012 la candidatura di Vladimir Putin, confermando quindi (in modo indiretto) di avergli semplicemente tenuto la poltrona per raggirare il dettato costituzionale (non più di due mandati presidenziali di fila). I sostenitori della opposizione, avendo la debole e poco fondata speranza nel graduale allontanamento di Putin dalla politica, si convinsero di poter influire sulle scelte del Cremlino attraverso le elezioni parlamentari. L’operato della Duma nata da quelle elezioni fece crollare le ultime illusioni.

Tante persone si convinsero, negli ultimi cinque anni, di almeno una delle seguenti cose:

1) Nonostante tutto, le elezioni saranno sempre falsificate;

2) La elezione di un numero rilevante dei deputati di opposizione è impossibile;

3) Avere pochi rappresentanti in Parlamento è come non averne proprio (perché non sarebbero in grado di influire sul corso delle cose).

Il terzo punto è il più discutibile, ma la convinzione delle masse è quella. Di conseguenza, il 18 settembre 2016 tantissimi sostenitori della opposizione non sono andati a votare. L’affluenza ufficialmente comunicata dalla Commissione elettorale centrale è quindi stata del 47,76%. Nella Duma sono entrati 0 (ZERO!) candidati della opposizione.

Un brevissimo commento fuori tema: ora che non c’è nemmeno Dmitry Gudkov, tante persone si accorgeranno presto a cosa serve almeno un deputato di opposizione.

Passiamo alle elezioni del 2016. In base ai primi dati diffusi dopo la chiusura dei seggi (quindi dopo le 20:00 del 18 settembre) si è calcolato che l’affluenza sarebbe stata tra il 33 e il 39%. La mattina del 19 settembre, però, la Commissione elettorale centrale (l’organo statale responsabile della organizzazione di tutte le elezioni) comunicò un dato sensibilmente diverso: 47,7%.

Ora apriamo una parentesi e confrontiamo due risultati della Russia Unita: nel 2011 la sua lista prese 49,32% dei voti, mentre nel 2016 il 54,19%. Parentesi chiusa.


Come potete immaginare, è piuttosto difficile che gli oppositori decisisi a votare siano in parte diventati sostenitori di Russia Unita. In più, in tutte le elezioni russe si osserva una tendenza statistica anomala: più è alta affluenza in un singolo seggio, e più è alta la percentuale de voti che prende la Russia Unita. Statisticamente, però, non è logico: la distribuzione delle preferenze dovrebbe essere indipendente dalla quantità dei votanti. Mentre se i sostenitori dei partiti di opposizione si fossero mobilitati almeno come nel 2011, la percentuale della Russia Unita avrebbe dovuto addirittura scendere.

Guardate questo grafico (ora ve lo spiego):

In sostanza, più persone si presentano al seggio per votare, e più schede con il voto per la Russia Unita vengono aggiunte nelle urne dalla commissione del seggio. Perché lo fanno? Per assicurare il distacco della Russia Unita dalla opposizione. L’aumento delle schede nella urna viene giustificato con la falsificazione dei dati sulla affluenza: essa viene corretta per eccesso nella notte, dopo la chiusura del seggio. Quindi, in sostanza, una persona che non è andata a votare, ha regalato la propria scheda ai falsificatori. Ed è per questo che il 19 settembre 2016 il dato sulla affluenza è cambiato dal 36,5% al 47,76%.


Elezioni russe: alcuni particolari

Dopo il post del lunedì sulle elezioni parlamentari russe, ho pensato di pubblicare alcune nozioni sulle elezioni russe in generale. In Occidente più o meno tutti sanno che non sono proprio oneste, ma non tutti sanno esattamente in cosa consistono i difetti delle elezioni russe degli ultimi decenni.

Come saprete, con la parola elezioni non si indica solo un determinato giorno in cui la gente va in massa (più o meno grande) a mettere un segno sulla scheda elettorale. Nelle elezioni sono compresi anche la campagna elettorale e il conteggio dei voti. Di conseguenza, le elezioni non possono essere definite oneste se almeno una delle tre fasi si svolge in una maniera irregolare.

Oggi scrivo delle prime due fasi.

Parto con la seconda fase (la votazione) per sottolineare la differenza con il sistema adottato in Italia. In tutte le votazioni russe il segno sulla scheda elettorale si mette con la penna che si trova nella cabina di voto (e non con la matita come in Italia). Questa particolarità ostacola la manipolazione di ogni singolo voto: la preferenza espressa con la matita potrebbe magicamente trasferirsi da una casella all’altra nel corso della notte.

Esempio pratico № 1: in alcune zone della Russia le schede con la preferenza a favore di un partito o candidato di opposizione nel corso della notte diventano nulle perché su esse compaiono altri simboli o disegni.

Esempio pratico № 2: la maggioranza dei dipendenti pubblici russi è obbligata a votare la Russia Unita. Gli elettori in questione sono tenuti a fotografare la scheda con la preferenza espressa e inviare la foto al proprio dirigente (quest’ultimo, a sua volta, deve informare i propri superiori dei «risultati elettorali» verificatisi nella propria azienda). I trasgressori rischiano il blocco della carriera, la non-assegnazione dei premi e, in alcune situazioni, il licenziamento. Ecco, alcuni dipendenti pubblici hanno imparato a mettere la preferenza imposta con la matita per cancellarla dopo averla fotografata (ma la foto deve essere fatta in modo che non si riconosca lo «strumento» del voto finto).

La prima fase, cioè la campagna elettorale, è regolata in una maniera leggermente diversa da quella italiana. Per esempio, il giorno del silenzio (quello precedente la votazione) riguarda anche i manifesti stampati: per legge devono essere tutti strappati 24 ore prima della apertura dei seggi.

Un ricordo personale: quando ero arrivato in Italia per la prima volta, non riuscivo a capire perché non si faccia, analogamente, una cosa così logica (quasi scontata per me di allora).

E poi, in Russia, per i privati che anche durante il giorno del silenzio continuano a pubblicizzare il proprio partito o candidato preferito nei luoghi pubblici è prevista una multa, seppur non particolarmente alta: fino ai 1500 rubli (circa 20 euro secondo il tasso di cambio attuale).

Ma in cosa consistono, invece, le irregolarità della campagna elettorale che si verificano attualmente in Russia? Prima di tutto vanno menzionati finanziamenti grazie ai quali essa dovrebbe essere possibile. Andiamo per punti:

Aspetto № 1: i finanziamenti statali vanno solo a quei partiti che alle ultime elezioni legislative hanno preso almeno il 3% dei voti. Di fatto, grazie ai brogli lo Stato si riserva la possibilità di non finanziare i partiti che fanno l’opposizione reale alla Russia Unita (e altri tre partiti che la sostengono sempre in Parlamento);

Aspetto № 2: i finanziamenti provenienti dalle aziende o privati ricchi sono di fatto vietati. Quando una azienda o un privato dichiara (pubblicamente o solo ai fini fiscali) il proprio finanziamento a favore di un partito di opposizione, squilla il telefono. E la voce dalla cornetta fa una proposta che non può essere rifiutata. Gli unici a non rischiare sono gli imprenditori rifugiati all’estero (sono numericamente tanti, ma non tutti ritengono necessario/utile finanziare un partito di opposzione);

Aspetto № 3: l’unico finanziamento possibile è dunque la raccolta delle somme piccole dai propri sostenitori comuni. In tal modo è possibile, in caso di una buona organizzazione, finanziare la campagna elettorale di un candidato singolo. Per un partito, invece, i finanziamenti da pochi rubli sono praticamente inutili (come una pillola di aspirina per un elefante).

In secondo luogo, va considerata la possibilità di accedere ai canali televisivi federali e gli spazi pubblicitari fisici.

TV statale: per legge, nel periodo pre-elettorale devono essere garantite delle quote del tempo giornaliere uguali a tutti i partiti. In più, ogni emittente ha la possibilità di «vendere» tempo ulteriore a tutti i partiti o candidati interessati (dichiarandolo pubblicamente). Naturalmente, le quote dedicate alla opposizione si distribuiscono sempre nelle ore più strane della giornata (intendo le 24 ore), mentre il tempo aggiuntivo «spiacenti, è già tutto prenotato/comprato da altri».

Gli spazi pubblicitari sui cartelloni: per l’opposizione la risposta è «spiacenti, è già tutto prenotato/comprato da altri».

La magica frase, alla base della quale può essere anche la paura della telefonata di cui sopra, vale anche in tante altre situazioni.

Ecco, ho cercato essere sintetico, ma comunque mi è venuto un romanzo.

To be continued!


Elezioni russe 2016

Come saprete, ieri in Russia si sono tenute le elezioni parlamentari.

Alle 15:16 di oggi (l’ora di Mosca) erano stati contati 97,3% dei voti. Secondo i risultati provvisori la soglia di sbarramento del 5% sarebbe stata superata dai quattro partiti che già componevano la Duma della legislazione terminata.

Bisogna precisare, però, che a differenza delle elezioni precedenti (del 2011) è stata questa volta adottato un sistema misto. Durante le elezioni di ieri 225 deputati venivano eletti secondo il sistema maggioritario e altri 225 secondo il sistema proporzionale (candidati singoli in 225 circoscrizioni).

Di conseguenza, i risultati dei quattro partiti sono i seguenti:

partiti voti per le liste voti per i candidati totale
Russia Unita 54,17% (140 eletti) 203 343
Partito Comunista della Federazione Russa 13,42% (35 eletti) 7 42
Partito Liberal-Democratico di Russia 13,24% (34 eletti) 5 39
Russia Giusta 6,18% (16 eletti) 7 23

Un facile calcolo dimostra che la Russia Unita avrebbe più del 76% dei posti della camera bassa. Nella legislazione terminata ne aveva 52,88% (238 deputati).

Il 18 settembre 2016 nemmeno un rappresentante della opposizione è stato eletto. Ed è a questo punto importante chiarire che i tre partiti diversi dalla Russia Unita rappresentati nella Duma non sono di opposizione: votano sempre come il partito di governo per non essere esclusi dal Parlamento alle elezioni successive. Le forze politiche che dichiarano e effettivamente cercano di mettere in pratica una certa contrarietà all’operato della Russia Unita in sostanza hanno poca abilità nel fare politica.

Alle elezioni politiche del 2011 i più noti leader della opposizione avevano invitato i propri sostenitori a votare la Russia Giusta perché, secondo il loro ragionamento, «se non possiamo essere eletti a causa dei brogli, eleggiamo un partito diverso dalla Russia Unita». Nel 2011, quindi, la Russia Giusta aveva preso il 14,22% dei voti ma aveva approvato quasi interamente tutte le proposte Russia Unita. Alle elezioni del 2016, tenendo conto dell’errore di cinque anni prima (che secondo me poteva essere facilmente evitato), la maggioranza degli stessi leader di opposizione aveva invitato a votare il più grande (ma pure il più vecchio e più noto) partito di opposizione per farne eleggere almeno alcuni membri e, allo stesso tempo, rendere difficili i brogli.

Questa volta è andata peggio di cinque anni fa. Nessuno degli oppositori che nel 2011 si era candidato con la Russia Giusta è stato eletto nel 2016. Sono stati determinanti tre fattori:

1) I brogli massicci (prima o poi li descrivo a parte);

2) Una affluenza bassa (47,7% contro i 60,2% del 2011);

3) L’incapacità di conquistare gli elettri (oltre alla incapacità di farli votare).

Vabbè, almeno dopo i risultati elettorali come questo non potranno accusare l’opposizione di tutti i propri errori. I problemi economici e sociali in Russia stanno aumentando con una velocità impressionante. Trovarsi da soli al comando in una situazione del genere non è una scelta tanto furba per la propria aspettativa di vita.

Concludo con uno degli interessantissimi video di ieri (guardate cosa succede a destra).


Politica vaticana

Constatiamo per l’ennesima volta che l’assegnazione del Nobel per la Pace e la beatificazione hanno per destinatari, principalmente, delle persone di qualità piuttosto dubbie.

Ciò vale anche per Madre Teresa di Calcutta che per il suo operato sarebbe dovuta essere processata per i crimini contro l’umanità, ma ha avuto la fortuna di morire prima. A chi non conoscesse ancora i metodi e i risultati del suo operato, consiglio di leggere almeno il libro di Christopher Hitchens «La posizione della missionaria. Teoria e pratica di Madre Teresa».

Chi, invece, è già informato e dotato del pensiero critico, può farsi delle domande sulla reale posizione di Papa Francesco all’interno della Chiesa cattolica: come forse sapete, i gesuiti sono sempre stati contrari alla beatificazione di Madre Teresa.


La morte in Uzbekistan

Una piccola introduzione storica. Nel novembre del 1982 morì Leonid Brežnev. La morte avenne tra il 4 e il 6 novembre, ma i dirigenti partitici preferirono comunicare una data di morte più tarda per non annullare i festeggiamenti della Festa della Rivoluzione (il 7 di novembre).

E ora passiamo ai fatti di maggiore attualità. Pare che lunedì 29 agosto sia morto il presidente uzbeko Islam Karimov. Aveva (ha?) 78 anni, dal 1989 al 1991 è stato il Primo Segretario del Partito Comunista uzbeko (era la carica più alta al livello repubblicano), mentre a partire dal 1991 ha interrottamente ricoperto la carica del Presidente dell’Uzbekistan indipendente (naturalmente è la carica istituzionale più alta). Nel corso della sua carriera presidenziale ha sempre vinto le elezioni raccogliendo più del 90% dei voti.

Insomma, è sempre stato un personaggio con la cultura politica (e non solo politica) acquisita all’epoca sovietica. I relativi effetti si vedono anche in questi giorni: tutti, tranne i collaboratori politici e i familiari, dicono che è morto lunedì. Secondo i comunicati ufficiali sarebbe ricoverato per un ictus. Perché? Perché il 1 di settembre in Uzbekistan si festeggia la Festa della Indipendenza.

Probabilmente, sapete già tutte queste cose. Probabilmente, vorreste sapere da me chi sarà il suo successore e quale politica condurrà. Sul nome del successore non posso ipotizzare nulla, perché nei regimi del genere il potere va nelle mani di colui che lo ha sempre cercato riuscendo a mascherare le proprie intenzioni (per non essere «punito» dal dittatore vivente). Molto probabilmente, il futuro capo di Uzbekistan sarà la stessa persona che organizzerà i funerali di Karimov.

Per la politica uzbeka del «dopo Karimov» posso costatare una cosa altrettanto ovvia: l’Uzbekistan sarà ancora meno legato alla Russia (già ora è nell’orbita della Cina da tutti i punti di vista). Infatti, tutti i politici uzbeki più giovani di Karimov hanno condotto la maggior parte della propria vita politica in una realtà di totale indipendenza dagli ordini da Mosca. Non hanno dunque una relativa memoria storica, nostalgia, riconoscenza verso il Centro, abitudini o altre cose simili. Decidono in base alla convenienza. E la Cina (a differenza della Russia odierna) può offrire molte più opportunità in termini politici ed economici.

Con questa ultima osservazione non escludo l’ipotesi di una tempestiva visita di Stato del futuro capo di Uzbekistan a Mosca. In cambio di un favore «una tantum» lo potrebbe anche fare.


USA2016: due considerazioni ovvie

Ora che entrambi i partiti principali statunitensi hanno ufficialmente scelto i propri candidati per le elezioni presidenziali, lo possiamo dire: la campagna elettorale della Hillary Clinton sarà tutta incentrata sulle dichiarazioni anti-Trump. In sostanza, il Partito Repubblicano le ha fatto un grosso regalo, fornendo una grossa e spettinata scusa per mettere gli argomenti più difficili in secondo piano. Di conseguenza, la Clinton potrebbe avere la vittoria facile come la ebbe Chirac nel 2002 quando dovette «salvare la Francia da Le Pen».

In ottica delle elezioni presidenziali statunitensi è un po’ più interessante vedere il comportamento della Russia. Avete già sicuramente letto o sentito dell’attacco agli archivi elettronici del Partito Democratico da parte dei hacker russi. Non so, però, se avete ben chiaro il perché. Le istituzioni russe puntano su Donald Trump non perché lo vedono come un candidato «amico della Russia». Infatti, ogni politico è prima di tutto un amico della propria carriera in patria (oltre a essere lo schiavo dei propri oneri/poteri istituzionali).

Le istituzioni russe puntano su Donald Trump perché lo vedono come un elemento destabilizzante della politica interna degli USA. In sostanza, sperano che le istituzioni statunitensi si concentrino sulla lotta al presidente Trump, non creando ulteriori «problemi» alla Russia (per esempio sanzioni). Sanno benissimo che la vita presidenziale di Trump terminerebbe con un impeachment entro un massimo di due anni (sappiamo già che tipo è, vero?).

Allo stesso tempo, le istituzioni russe vedono la Hillary Clinton come una politica con la quale si può trattare normalmente, in quanto appartenente a una classe politica tradizionalmente comprensibile. Sanno, infine, che la Clinton è capace di lavorare regolarmente per almeno un mandato presidenziale.

Alla politica regolare nel medio periodo preferiscono però la vita facile nel breve periodo.

L’uomo più importante del Cremlino è, come forse sapete, un tattico e non un stratega.


Brexit

Lo sapete già: il 48,1% ha detto di voler restare, mentre il 51,9% ha detto di voler tornare libero.

A differenza di molti non vedo una grossa tragedia nell’abbandono dell’UE o addirittura nella disgregazione di quest’ultima. Infatti, ogni Stato, se diretto da persone professionalmente adatte, è capace di produrre in proprio la burocrazia idiota o, al contrario, le regole vantaggiose per le aziende e persone straniere. Anzi, al di fuori da una organizzazione interstatale altamente regolamentata ci sono più possibilità di offrire qualcosa di veramente interessante al mercato globale e concorrenziale. Insomma, non è detto che l’Inghilterra debba per forza cadere in una crisi permanente: dipende tutto da come sfrutta la propria libertà nei prossimi anni.

Quanto ho appena scritto può essere collocato nella categoria dei vantaggi a lungo termine. Tra gli effetti a breve termine, però, gli elettori inglesi hanno già raggiunto i seguenti:

1) L’imminente trasferimento del centro finanziario dell’UE in Germania;

2) Il rafforzamento del peso politico nell’UE della Germania e della Francia (si spartiscono la parte inglese);

3) Il rischio di vedere una sequenza di referendum sul modello di quello scozzese, ma con i risultati opposti a quello del 2014;

4) L’indebolimento della moneta nazionale (ma questo può anche essere, se dura nel tempo, un vantaggio per l’economia).

Ora facciamoci una scorta di pop corn e mettiamoci a osservare. L’esperienza inglese può tornare utile a tutti.


I Putin nei Panama Paprs

Riprendendo, in parte, il post di ieri, ribadisco un concetto che deve essere chiaro a tutti: il nome di Vladimir Putin mai comparirà sui documenti di Panama Papers o altri casi simili. Infatti, sono passati i tempi in cui i politici ricevevano le valigie piene di banconote nei parcheggi deserti per portarle poi di notte in qualche banca svizzera. Ora «consigliano», per esempio, di fare un regalo a qualche persona determinata o investire in qualche determinato progetto.

Sui documenti di Panama Papers resi pubblici al giorno d’oggi si trovano però quattro cartelle corrispondenti al cognome Putin:

Non sono sicuro che Alexandr (o Alexander) sia uno dei tre zii di Vladimir. Ma posso supporre che Igor (si tratta di una sola persona) sia Igor Alexandrovich Putin, uno dei cugini di Vladimir.

Igor, nato il 30 marzo 1953, per 24 anni fece il militare. Nei primi anni 2000 si trasferì nella pubblica amministrazione e dal 2010 al 2013 fu membro del consiglio direttivo della banca russa Master-bank (licenza ritirata il 20 novembre 2013). Non so di preciso cosa faccia ora.

P.S.: penso che l’uso di alcuni tempi verbali sia del tutto comprensibile dai miei fantastici lettori.