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Un’altra vittoria attesa

Come avete probabilmente sentito da qualche parte, la domenica 9 giugno in Kazakistan si sono tenute le elezioni del nuovo Nazarbaeyev presidenziali. Kassym-Jomart Tokayev – il candidato sostenuto dall’ex presidente Nursultan Nazarbaeyev – ha vinto con appena il 70% dei voti. Si tratta del risultato peggiore di sempre per un presidente kazako: Nazarbaeyev in 30 anni di potere solo una volta era sceso sotto il 90%.
Il principale concorrente del vincitore, Amirjan Qosanov, ha preso il 16,02% dei voti ed è il miglior risultato di sempre per l’opposizione kazaka.
A questo punto devo precisare una cosa importante. Qualora vi dovesse capitare di leggere qualcosa sulle elezioni kazake, non credete a quei giornalisti occidentali che parlano di una catastrofe elettorale per il «clan» di Nazarbaeyev. Anzi, sappiate che il scrivente è un ignorante. Infatti, l’Asia, molto spesso, si misura non con i numeri ma con dei principi e tradizioni. Per esempio, non si può mostrare di avere più forza (fisica, morale, politica etc) del capo anziano. Di conseguenza, se Tokayev avesse realmente raccolto il 100% dei voti, si sarebbe resa necessaria una falsificazione per difetto. Il risultato migliore del suo padre politico Nazarbaeyev è stato del 97,7% (nel 2015).

P.S.: Lo stesso principio vale anche per i risultati elettorali di Putin e di altri dirigenti russi.


Ho un piano

Di tutta la storia sulla caduta del governo austriaco mi interessa veramente tanto solo un dettaglio: chi è realmente la tipa con la quale stava «trattando» l’ex vice-cancelliere. Nel nostro mondo profondamente informativo lo scopriremo presto, ne sono certo.
Nell’attesa di tale scoperta vi propongo un gioco molto probabilmente ancora più interessante. Immaginate che ci sia un governo europeo che volete far cadere. Io so come aiutarvi!
Il mio piano è molto semplice:
1) mi autoproclamo nipote di Vladimir Putin (egli preferisce non pubblicizzare le proprie parentele, dunque nessuno potrà contraddire me);
2) mi incontro con un qualsiasi ministro del governo da voi scelto e gli prometto dei finanziamenti in cambio di qualche favore da parte sua (per esempio, gli chiedo di poter comprare le sigarette senza pagare le accise);
3) faccio filmare di nascosto le mie trattative con il suddetto ministro e poi carico il video su YouTube.
4) il governo del suddetto ministro cade.
Per l’attuazione del piano che avete appena letto mi serve solo una modesta somma di denaro motivazionale. Sul mio sito troverete la lista dei metodi di fornirmela:)


Perché non ho scommesso soldi?

In Ukraina il conteggio dei voti è ormai quasi terminato, quindi posso scrivere che il comico Vladimir Zelensky ha vinto le elezioni presidenziali con oltre il 73% delle preferenze. È il sesto presidente ukraino, eletto con una percentuale record, vittorioso in tutte le province tranne una. Prognosticare la sua vittoria è stato facile, ma sono soddisfatto quasi quanto lui.

Non si contestano delle grosse irregolarità nella fase di votazione, il tentativo degli avvocati di Petro Poroshenko di cancellare la candidatura di Zelensky dopo i risultati del primo turno è stato bloccato dallo stesso potere giudiziario e, ancor prima, lo stato di guerra introdotto da Poroshenko con l’obiettivo di posticipare le elezioni disdetto sulla insistenza dell’Europa. Quindi tenderei di fare complimenti proprio al presidente uscente Poroshenko: pur essendo stato il Capo di stato ukraino palesemente pro-russo, ha trovato la forza interiore di non aggrapparsi al potere con dei metodi ormai tipicamente russi.
Ma un buon presidente non avrebbe mai perso in questo modo inglorioso dopo appena un mandato. Quindi auguri a Zelensky e a tutti gli ukraini.


Distinguere i ladri

Da quattro giorni, quindi dal momento del famoso arresto, continuo a vedere con una particolare frequenza delle persone che non hanno una minima idea di cosa sia diventato Julian Assange negli ultimi anni.
Inizialmente Assange era solo un ladro famoso, un Robin Hood dell’informazione convinto che con la pubblicazione dei segreti sporchi degli Stati si possa cambiare il mondo. Per un periodo abbastanza lungo Assange aveva svolto un lavoro grosso e importante di raccolta e pubblicazione delle informazioni, grazie alle quali sono state possibili alcune scoperte clamorose. I documenti raccolti e pubblicati erano però tanti e nell’intero mondo non si sono palesate delle persone disposte a leggerli tutti. Ma allo stesso tempo tantissime persone private nel mondo continuano a vedere Assange come un santo. Un «santo» perseguitato, logicamente, dagli Stati colpiti dalle sue pubblicazioni: le accuse che hanno portato Assange alla auto-reclusione nella Ambasciata ecuadoriana appaiono come il risultato di quelle persecuzioni.
Ma è passato del tempo e Assange è cambiato. Ha venduto la propria reputazione a una delle parti. A una parte per nulla simpatica: si chiama «Russia Today» ed è uno dei principali strumenti della propaganda russa verso l’estero. È uno di quegli strumenti con i quali l’attuale amministrazione russa tenta di destabilizzare politicamente l’Occidente al fine di minimizzare l’opposizione alla propria geopolitica. Così, per esempio, nel recente «rapporto Mueller» sulla ingerenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi si dimostra come il WikiLeaks fosse diventato un canale di distribuzione dei materiali reperiti dai hacker russi. Da quei hacker che sarebbero a servizio dei servizi segreti russi.
È dunque assolutamente normale che l’Ecuador non avesse più ritenuto opportuno ospitare un personaggio del genere. Un informatore pagato dal nemico che allo stesso tempo si approfitta della ospitalità. Allo stesso tempo penso che la sua estradizione verso gli USA possa avvenire non facilmente e solo in cambio delle garanzie sulla non-applicazione nei suoi confronti della pena di morte. Ma, onestamente, la sua sorte mi interessa veramente poco.
Mi incuriosiscono solo i motivi che lo spinsero a spendere sette anni di vita per l’esistenza da carcerato (comunque già garantitagli al momento dell’ingresso nella Ambasciata) e a vendere la reputazione.


Un elemento di analisi

Come sapranno alcuni miei lettori, questa domenica in Ucraina si svolgeranno le elezioni presidenziali. Poco più di un mese fa avevo già scritto dei candidati principali, mentre ora non posso non sottolineare che è interessantissimo osservare la quantità di odio che molti politici e giornalisti ucraini e russi stanno manifestando pubblicamente nei confronti del candidato-comico Vladimir Zelensky. Il solo questo fatto potrebbe funzionare da indicazione attendibile circa i risultati del primo turno, ma per fortuna o purtroppo non è l’unico.
Qualche tempo fa mi sono quasi per caso accorto di una tendenza che accomuna molte elezioni occidentali degli ultimi anni: vanno sempre più di moda i comici. Purtroppo, bisogna aggiungere che tra gli elettori vengono apprezzati prevalentemente i comici di bassa qualità. Conosciamo, tra gli altri, gli esempi degli USA e dell’Italia, vero? Di conseguenza, qualora un vostro amico, conoscente o parente intendesse scommettere dei soldi sull’esito delle elezioni nello Stato X oppure, ancora peggio, diventare un analista politico, consigliategli pure di prendere in considerazione anche questo aspetto professionale dei candidati e/o dei leader. Potrebbe rivelarsi di importanza fondamentale.


Legame non trovato

Come avrete già letto o sentito, dal «rapporto Mueller» risulta che non ci sarebbe stato un accordo tra Trump e Putin (due nomi collettivi) circa l’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016. Il commento migliore di tale notizia è già stato fatto dal caricaturista russo Sergej Jolkin:

«Il procuratore speciale Mueller non ha trovato il legame»
A questo punto, in via straordinaria, dovrei essere io ad aggiungere qualcosa di serio.
Aggiungerei due piccole e banali considerazioni solo parzialmente inerenti alla notizia citata all’inizio. Prima di tutto, ritengo esagerata la portata attribuita da alcuni giornalisti all’intervento russo nelle elezioni americane (intervento non negato dai procuratori americani). Allo stesso tempo, nelle azioni del genere a contare è l’azione stessa e non il risultato.
Di conseguenza, Trump si è liberato da una accusa, ma rimane comunque un produttore dei problemi politici molto efficiente. I politici russi che in questi giorni festeggiano la non-scoperta di un accordo non si rendono probabilmente conte del contenuto delle accuse a proprio carico.


Elezioni ucraine in arrivo

Mentre ero impegnato a scrivere dei testi seri per alcuni miei lavori offline, è maturato un nuovo argomento che i miei lettori logicamente si aspetterebbero di incontrare sulle pagine del blog.
Ebbene, si avvicinano le elezioni presidenziali ucraine: il primo turno è fissato per il 31 marzo 2019. Meno di due settimane fa, l’8 febbraio, si è invece concluso il periodo della registrazione delle candidature. Ora sappiamo che qualora non dovessero esserci rinunce, sulla scheda elettorale saranno elencati 44 candidati (sì, quarantaquattro).
Queste elezioni, però, sono interessanti non per la quantità dei candidati (la maggioranza di loro sono dei «compagni di sparring» dei candidati reali). Sono interessanti non solo perché per la prima volta non si conosce in anticipo il vincitore (non si è mai stato ai livelli della Russia, ma prima il candidato più forte è sempre stato evidente). Le elezioni presidenziali di quest’anno sono interessanti perché i candidati più forti sono tre, di conseguenza non si sa nemmeno come sarà la scelta al secondo turno.
Penso che la maggioranza di voi conosca due personaggi su tre, ma provvedo presentarli comunque tutti. Continuare la lettura di questo post »


Le grandi fantasie

Ieri l’oppositore venezuelano Juan Guaidò ha dimostrato di avere un buon livello di fantasia, autoproclamandosi presidente ad interim. Prima di autoproclamarmi imperatore delle Isole Marshall, sovrano di Aketi e comandante delle forze armate degli oranghi di Sumatra devo constatare una cosa banalissima. La legittimità di un presidente non vale una banana senza la disponibilità dei mezzi per esercitare il potere.
Di conseguenza, mentre tutto il mondo si agita, io sto cercando di capire se Juan Guaidò avesse deciso di a) costringere gli Stati esteri a fornirgli un aiuto concreto, b) intensificare la lotta tra le due metà della popolazione o c) semplicemente presentare l’autoproclamazione ai propri seguaci come un «risultato raggiunto».
L’unica cosa che so di certo è ancora una volta semplice: Nicolas Maduro non ha i cogl…ni da Augusto Pinochet, quindi non riesco a immaginarlo dire «Ho perso, me ne vado».
Ma gli imperatori delle Isole Marshall sono sempre stati noti per la propria bontà. Quindi spero di sbagliarmi di Maduro almeno questa volta.


Un accordo buono

Come avete già molto probabilmente letto, ieri i cinque Stati che hanno l’accesso al Mar Caspio (Russia, Kazakistan, Azerbaijan, Iran e Turkmenistan) hanno firmato, dopo 22 anni di tentativi, un accordo sul suo status legale. Infatti, dal 1996 si discuteva su due questioni ritenute fondamentali da tutte le parti: i limiti delle acque territoriali e il passaggio dei gasdotti.
Il risultato dell’accordo è una convenzione che mi sembra sorprendentemente ben fatta. Se non dovesse essere tradotta in italiano entro la fine di settembre, proverò a occuparmene io (tanto non è lunga). Intanto comunico che è stato trovato il modo di stabilire la profondità delle acque territoriali (15 miglia) e le regole chiare sull’utilizzo del resto delle acque.
L’aspetto più curioso di questa storia è però un altro: dopo avere studiato la notizia, per ben due motivi ho pensato subito alla Cina. In primo luogo, la Russia ha dimostrato di poter essere più flessibile (e quindi più «producente») dal punto di vista diplomatico: la Cina non riesce a risolvere da decenni la questione del Mar Cinese Meridionale solo a causa della propria l’avidità (ma un po’ anche per quella posizione di forza che le Russia non ha nei confronti dell’Iran). In secondo luogo, è evidente che la Russia stringe gli accordi territoriali veri solo con gli Stati che non può occupare militarmente (conosciamo degli esempi) o che non può proclamare in via unilaterale come dei propri alleati anti-occidentali (di fatto regalando dei ampi territori e costruendo dei oleodotti convenienti solo per la controparte: entrambe le cose sono successe nei rapporti russo-cinesi).
Qual è la conclusione che potremmo trarre dal capoverso precedente? C’è uno Stato molto esteso che è molto bravo solo in qualità di un attore locale.


Le conseguenze del Mondiale

Il campionato mondiale di calcio è finito ieri. Complimenti alla squadra francese che ha vinto, complimenti alla squadra croata che ha giocato bene (ma non solo essa nel corso di questo mese), complimenti alla squadra russa che è arrivata ai quarti (nessuno si aspettava che superasse la fase a gironi).
Il periodo dello sport, per fortuna, prima o poi finisce. O almeno si interrompe. E ricomincia la vita normale. Quella vita normale, nella quale i cittadini russi devono ora convivere con alcune nuove conoscenze sul mondo circostante.
Per esempio, non sembra che il mondo occidentale sia popolato da nemici mortali della Russia (e dei quali racconta la televisione russa). Decine di migliaia di occidentali hanno camminato per le vie di molte città russe portando il clima di festa. Non solo per le vie delle città ospitanti le partite, ma anche di quelle lontane centinaia e migliaia di chilometri (tantissimi tifosi hanno confuso i nomi di alcune città oppure prenotato gli alberghi nelle città diverse semplicemente non immaginando le reali distanze e la viabilità russe).
Oppure, solo durante il mese del campionato molti russi si sono accorti che nelle condizioni «normali», quelle quotidiane, si vedono terribilmente pochi turisti stranieri in giro per le città russe. Una persona media con lo stile di vita abbastanza attivo è in grado di indicare un numero abbastanza preciso degli stranieri incontrati per strada nel corso dell’ultimo mese. Eppure alcune città russe sono in grado di attirare tantissimi turisti anche in assenza di un grande evento sportivo.
Oppure ancora – un’altra nuova conoscenza per i cittadini russi – i poliziotti e gli agenti del KGB che oggi si trovano a governare la Russia in realtà sanno che aspetto deve avere un Paese libero. Sanno che in un Paese libero si può divertirsi dove si vuole, festeggiare quel che si vuole, riunirsi senza l’autorizzazione dove si vuole, camminare dove si vuole, avvicinarsi a un poliziotto senza temere il fermo o una manganellata in testa etc etc. Ma il campionato del mondo è finito. I poliziotti e gli agenti faranno di nuovo finta di non sapere come deve essere un Paese libero.
Il problema è che i russi hanno imparato un sacco di cose nuove durante l’ultimo mese.
Dobbiamo ringraziare la festa dello sport putiniana?