L’archivio del tag «politica»

Aspetto una valanga in infarti

L’intelligence statunitense sostiene che a partire dal 2014 la Russia avrebbe finanziato in segreto dei partiti politici, singoli politici e alti funzionari in «due dozzine» di Stati esteri. Inoltre, si ipotizza che alcuni dei trasferimenti finanziari del genere della Russia possano essere passati senza essere notati. Secondo quanto sostengono gli Stati Uniti, le autorità russe pianificavano di spendere altre centinaia di milioni di dollari per i finanziamenti del genere.
Per ora si parla solo dei finanziamenti destinati alle forze politiche nei Balcani, in Africa e in alcune zone dell’Asia, ma la mia memoria mi suggerisce che pure qualche politico italiano dovrebbe iniziare a preoccuparsi: gli americani sanno tutto e potrebbero pubblicare delle informazioni molto interessanti anche prima del 25 settembre 2022. Certo, anche in altri Stati europei – per esempio in Francia – ci sono dei singoli politici e dei partiti che negli ultimi anni hanno miracolosamente migliorato la propria situazione finanziaria dopo qualche visita a Mosca. Ma io, in questo momento, sono un po’ più incuriosito della situazione italiana: chissà quanti personaggi hanno già rischiato l’infarto dopo la lettura della notizia citata sopra…
P.S.: ma la situazione corrente è comunque ancora lontana da quella dell’epoca URSS, quindi dai tempi in cui più o meno tutti i partiti (o i movimenti) di sinistra di tutto il mondo venivano in qualche misura finanziati da Mosca. Infatti, dopo il 1991 abbiamo osservato una «strana» coincidenza: molti partiti di sinistra sono entrati in crisi e molti regimi si sinistra sono addirittura crollati. Ma questo è un argomento enorme, ne scriverò nei tempi più appropriati.


Un buon tentativo, ma

Imporre un «tetto» ai prezzi del petrolio e del gas russi è una idea politicamente curiosa, ma economicamente mi sembra un po’ dubbia. Lo è per almeno due motivi. A breve termine, con il prezzo massimo che impone l’Europa, le risorse naturali russe potrebbero diventare più richieste nel mondo: se l’UE dovesse dire «invece di 100, paghiamo al massimo 50», l’ipotetica India potrebbe dire «noi prendiamo tutto a 52 e a voi conviene accettare perché altrimenti non vendete proprio». A questo punto la Russia continua a incassare, l’India risparmia e l’Europa rimane senza le nuove forniture di petrolio (e con meno gas). Fortunatamente, l’Europa ha già le scorte sufficienti per passare serenamente l’inverno, ma, intanto, l’obbiettivo politico di togliere i soldi al regime di Putin non funzionerà.
A lungo termine, poi, il prezzo massimo del petrolio e del gas potrebbe contribuire a cambiare più velocemente la logistica del mercato globale del petrolio. La Russia cercherà e sicuramente troverà altri acquirenti, i quali, a loro volta, rivenderanno lo stesso petrolio all’Europa.
C’è una soluzione migliore rispetto a quella appena partorita in UE? Boh, per ora non lo so. Per fortuna, io non sono pagato per inventarla. A differenza dei vertici europei.


Ancora un saluto a Mikhail Gorbachev

La sera del 30 agosto è morto Mikhail Gorbachev. Oggi è il giorno del suo funerale.
Giovedì avevo già scritto quello che ho potuto scrivere in quel momento (anche se di Gorbachev si potrebbe dire tantissimo), quindi oggi mi limito a pubblicare un post fotografico su alcune tappe della vita del grande personaggio storico.
Mikhail Gorbachev (al centro con il copricapo) con i compagni di classe, anni ’40:

Mikhail Gorbachev, anni ’50:

Mikhail Gorbachev a Stavropol, anni ’60: Continuare la lettura di questo post »


La lettura del sabato

L’articolo consigliato per questo sabato non è assolutamente lungo, ma molto informativo: riporta i dati sulla lotta dello Stato russo contro i propri cittadini che protestano (anche solo con delle dichiarazioni pubbliche) contro la guerra in Ucraina.
Il testo proposto sarà dunque utile per scoprire due cose: 1) quanto velocemente il regime di Putin si sta trasformando in una classica dittatura; 2) «i russi vogliono la guerra?».


Le notizie dello street art

È da tempo che non scrivo dell’arte contemporanea. Probabilmente è arrivato il momento di correggere la situazione.
Oggi a San Pietroburgo la polizia ha fermato un gruppo di artisti che stavano realizzando, su un recinto, una opera «di contenuto politico» (secondo la polizia). Secondo il progetto digitale del disegno non finito – progetto pubblicato da alcuni amici degli artisti – la scritta in russo doveva essere «Come uscirne?».

Bene, ora siete un po’ più informati sui rapporti dello Stato russo con l’arte contemporanea.


La mega-lettura del sabato

Non posso proprio non ricordarvi dell’articolo epico uscito sul The Washington Post il martedì 16 agosto. È un articolo molto lungo, ma soprattutto è molto bello e molto interessante: tra qualche anno (o decennio?) potrà diventare – così come è ora – un capitolo del manuale di storia contemporanea… Ma la maggioranza dei miei ha già concluso gli studi e, in più, non è obbligata ad aspettare tanto.
Quindi andate pure a scoprire che la guerra putiniana in Ucraina era prevista dalle Istituzioni statunitensi già nell’ottobre 2021 e che, sulla base di molte notizie dell’epoca apparentemente strane, pure noi avremmo potuto considerarla altamente probabile (io – e non solo io, ma quasi tutti gli osservatori semplici – eravamo troppo convinti della razionalità di Putin e non sapevano interpretare i pochi indizi). Inoltre, l’articolo segnalato è interessantissimo nel descrivere i tentativi di alcuni Stati di scongiurare la guerra e, allo stesso tempo, di aiutare l’Ucraina a prepararsi per resistere almeno per qualche giorno…
Ma non mi metto certo a riassumervi tutto il testo. Concludo osservando che il presidente Zelensky si è rivelato, nei suoi preparativi alla guerra, uno stratega molto più saggio degli americani e di alcuni europei.


Dimmi chi ascolti…

L’Amnesty International è conosciuta da anni prevalentemente per due cose: 1) per la difesa dei vari terroristi e personaggi molto dubbi; 2) per la «misteriosa» incapacità di vedere le vere violazioni dei diritti umani. In aggiunta, da qualche tempo sospettavo fortemente che fosse pure sponsorizzata dal regime politico russo attuale: perché difende la fonte della propaganda statale russa Assange, perché si è rifiutata di riconoscere Navalny come un prigioniero politico, perché diffonde un rapporto pieno di omissioni e di falsità sulla guerra in Ucraina che si rivela un regalo grandissimo alla propaganda russa.
Ecco, mi sembra che con l’ultimo dettaglio sia stato oltrepassato l’ultimo confine del tollerabile. Da ora ogni citazione, ogni riferimento alla attività dell’Amnesty International dovrebbe essere considerata, nonostante tutto, come una presa di posizione e non semplicemente come una manifestazione del cattivo gusto (o della incapacità di analizzare le informazioni ricevute). Fortunatamente, per ora sto riuscendo a eliminare dalla mia vita tutte quelle persone che ignorano, giustificano e/o appoggiano l’aggressione putiniana in Ucraina. Ma non smetterò di aspettare l’occasione per scoprire quanto è costato l’acquisto dell’Amnesty International (milioni? decine di milioni?). Non escludo di riuscire a scoprirlo abbastanza presto.


Il presidente turco Recep Erdoğan ha dichiarato che il presidente russo Vladimir Putin gli avrebbe detto di voler collaborare con Baykar, il produttore di droni Bayraktar. Secondo il canale televisivo CNN Turk (traduttore online vi aiuti), Erdoğan ha fatto questa dichiarazione durante una riunione del Comitato esecutivo centrale del partito.
Leggendo tale notizia non dobbiamo limitarci a ridere delle fantasie di Putin circa la disponibilità di un membro della NATO di andare incontro a una serie delle sanzioni occidentali. Dobbiamo invece immaginare quante bestemmie islamiche ha pronunciato – almeno mentalmente – Erdoğan facendo la dichiarazione di cui sopra. Infatti, dopo il tentativo di Putin di acquistare qualche centinaio di droni dall’Iran, la fabbrica iraniana è stata quasi immediatamente distrutta dalla aviazione israeliana. Non tento di immaginare chi e come possa intervenire con la stessa efficienza in Turchia, ma sono sicuro che Erdoğan non sia molto disponibile a mettere la propria fortuna in questo modo. Anche se non escludo che possa tentare di trasformare il «rischio» della collaborazione con Putin in uno delle trattative con l’Occidente.


L’ansia per l’attesa

Ai tempi pre-pandemici e pre-bellici Vladimir Putin amava incontrarsi con i più importanti leader mondiali (non aveva la paranoia del coronavirus e non era considerato, in sostanza, un criminale di guerra). Allo stesso tempo, amava fare dei ritardi colossali (di almeno tre ore) per quegli incontri, ma so non precisamente il perché: a causa della completa incapacità di gestire i propri impegni o per affermare in tal modo la propria superiorità… In questo momento vorrei dedicarmi a un altro argomento.
Nel corso della visita ufficiale a Teheran del 19 luglio Putin doveva incontrare anche il presidente turco Erdoğan. Ma il «grande» «amico» e «alleato» Erdoğan ha fatto aspettare Putin per ben 50 secondi. Il seguente video dimostra che a Putin quei 50 secondi sono sembrati una eternità:

Dicono che un paio d’anni fa Putin avrebbe fatto aspettare Erdoğan allo stesso modo a Mosca: il fatto sarebbe stato mostrato anche sui canali televisivi federali. Pare che Erdoğan abbia una buona memoria.


Non indispensabile, ma utile

Dire che «nella politica nessuno è indispensabile» è forse il modo migliore di uscire per scelta degli altri dalla battaglia contro il principale rogue state dei giorni nostri: perché il presidente di quello Stato non riesce proprio a trovare il coraggio di staccarsi dal proprio incarico. Boris Johnson, a modo suo, è anche egli un politico molto, molto particolare (almeno perché spesso ci ha fatti divertire un po’), ma negli ultimi mesi mi è sembrato il leader mondiale con le idee più chiare e sensate sulla situazione internazionale. Quindi in seguito all’annuncio delle sue dimissioni lo vorrei salutare bene.
Per esempio, posso pubblicare questa raccolta video dei discorsi sulle dimissioni degli ultimi premier del Regno Unito: