Tutti sanno come e dove aggiornarsi sul traffico aereo attorno al nostro pianeta.
Non tutti conoscono il sito MarineTraffic che permette di seguire il traffico delle nevi in tempo reale.
Ecco, ora tutti i miei lettori lo conoscono.
L’archivio del tag «navi»
Uno dei passatempo più inutili al mondo consiste nel commentare le notizie: esse diventano obsolete in poche ore. Un passatempo ancora più inutile consiste nel commentare le notizie scritte al futuro. Le fantasie, le promesse e le migliori intenzioni rese pubbliche esistono per non essere realizzate (oppure essere realizzate non come e non quando si pensava inizialmente).
Un bel esempio di una notizia scritta al futuro è quella riguardante il secondo tentativo di costruire una copia del famoso «Titanic». Il commento più esteso che meriterebbe tale notizia è una curiosa coincidenza: per la seconda volta consecutiva l’investitore del progetto diffonde le voci sulla costruzione della nave proprio nel momento in cui decide di entrare attivamente in politica interna australiana. Naturalmente, a questo punto potremmo anche dimenticarcene.
Ma lasciamo pure un messaggio alle generazioni future. A quelle generazioni che saranno più ricche, più tecnologicamente avanzate e più ingenue. La persona realmente intenzionata a ricostruire il «Titanic» non deve limitarsi a fare una ennesima nave da crociera. Per recuperare presto gli investimenti e iniziare a guadagnare, dovrà fare qualcosa di insolitamente interattivo. Non propongo di creare una nave con un lungo foro apribile nella prua (potrebbe essere pericoloso). Propongo di fare semplicemente un incrocio tra una nave e un sommergibile. E poi fare le simulazioni del naufragio a ogni viaggio transatlantico. Altrimenti sarebbe solo uno spreco clamoroso del nome.
Un tipo con il nick JeffHK ha pubblicato sul proprio canale su YouTube un video abbastanza curioso. Si tratta di un timelapse di 80.000 foto scattate durante il viaggio di 30 giorni che una nave portacontainer ha fatto dal Canale di Suez fino a Hong Kong.
Il video dura poco più di dieci minuti:
In occasione dei 106 anni dal naufragio del Titanic vi racconto di una persona con un destino particolare.
Arthur John Priest fu uno dei 150 fuochisti del Titanic (la nave ebbe bisogno di 600 tonnellate di carbone al giorno) ed ebbe la fortuna di sopravvivere al naufragio nonostante un forte congelamento (i fuochisti nel loro ambiente lavorativo indossarono solamente i shortes e i gilè).
L’anno precedente Priest lavorò sulla nave Olympic (nave gemella del Titanic) che fu speronata dall’incrociatore Hawke. Quell’incidente divenne un caso didattico illustrando il fenomeno «bank effect» (non sono sicuro sulla traduzione in italiano del termine: ecco la spiegazione su Wikipedia).
Prima ancora John Priest lavorò sulla nave Asturias, il primo viaggio della quale finì con uno scontro.
Quando iniziò la Prima Guerra mondiale, Priest trovò il lavoro al mercantile armato Alcantara. Nel febbraio 1916 il piroscafo tedesco Greif, adattato ai fini bellici e mascherato per sembrare una nave norvegese, si avvicinò alla Alcantara e aprì il fuoco. In seguito a una breve battaglia entrambe le navi affondarono. Morirono 72 marinai britannici e 187 marinai tedeschi. John Priest sopravvisse pur essendo stato ferito da alcune schegge.
A quel punto Priest trovò il lavoro alla nave Britannic (gemella di Titanic e Olympic). Britannic non fece nemmeno un viaggio commerciale, ma fu trasformato in una nave-ospedale. Il 21 novembre 1916 la nave si scontrò con una mina navale tedesca e affondò con la velocità tripla di quella del Titanic: ciò successe a causa di una delle porte interne guaste e di numerosi oblò aperti dalle infermiere per garantire il ricambio dell’aria nelle corsie. Due scialuppe furono fatte scendere troppo presto e finirono contro le eliche funzionanti della nave. Morirono 30 persone. Priest sopravvisse.
Il posto di lavoro seguente di John Priest fu la nave-ospedale Donegal. Il 17 aprile 1917 nella Manica il Donegal fu fatto naufragare dal sottomarino tedesco UC-21.
Dopo questo spiacevole evento John Priest, naturalmente ancora vivo, rimase senza un lavoro legato al mare: nessuna altra nave fu più disposta di prenderlo a bordo.
John Priest morì di polmonite nel 1937.