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“Non è una loro funzione”

Ieri Dmitry Peskov, il portavoce di Putin, nel corso di un briefing con la stampa ha risposto alla domanda sulla mancata (almeno per ora) consegna del corpo di Alexey Navalny ai suoi parenti:

«No, non è una questione che ci riguarda. Non ci occupiamo di questo caso. Non è una funzione dell’amministrazione presidenziale».

Sempre ieri – chissà perché ho deciso di aggiungerlo – Putin ha firmato un decreto che assegna al vice-capo del Servizio penitenziario federale Valery Boyarinev il nuovo (ovviamente più alto di quello precedente) grado di colonnello generale del Servizio interno.
Come abbiamo vito, effettivamente, – e letteralmente – hanno altro da fare…


Il residuo della paura

È strano constatarlo (oppure non è strano? per ora non trovo una parola più adatta), ma per ora la situazione è la seguente: non hanno avuto paura di uccidere Alexey Navalny, ma hanno ancora paura di ammetterlo e stanno facendo delle mosse del tutto illogiche finalizzate all’oscuramento della uccisione.
Per esempio: avrebbero potuto diffondere subito le registrazioni video degli aiuti medici (le carceri sono videosorvegliate al 100%), ma non lo hanno fatto nemmeno oscurando quelle parti della inquadratura che potrebbe «compromettere il regime di sicurezza del carcere».
Oppure: stanno ancora nascondendo il corpo di Navalny, mentre a noi arrivano le notizie dei movimenti strani nella zona del carcere. Se Navalny fosse morto per il semplice fatto della salute compromessa delle condizioni carcerarie realmente pesanti, non ci sarebbe stato alcun motivo di nascondere il suo corpo: l’autopsia eseguita da qualsiasi medico di qualsiasi Stato avrebbe mostrato le cause di morte definibili naturali.
Ma noi vediamo quegli spostamenti strani.
Per esempio: solitamente a Salekhard (una delle città vicine al carcere) arrivano solo due voli da Mosca al giorno, ma un tassista locale ha riferito ai giornalisti che due voli sono atterrati all’aeroporto di Salekhard fuori programma la sera del 17 febbraio. «Aerei di piccole dimensioni. Il primo jet è atterrato intorno alle 18, accolto da veicoli del Comitato Investigativo. Il secondo è arrivato un’ora e mezza dopo».
Allo stesso tempo, i giornalisti sono riusciti a ottenere (non si può dire come) le immagini dalle telecamere posizionate lungo la strada tra Labytnangi (il villaggio di Kharp, dove si trova il carcere, è a circa 35 chilometri a nord-ovest di questa città) e Salekhard. Come spiegano i giornalisti, in inverno queste due città, che si trovano sulle sponde opposte del fiume Ob, sono collegate da una traversata di ghiaccio e, se si esclude un elicottero, questa è l’unica via d’uscita dal carcere. Intorno alla mezzanotte tra il 16 e il 17 febbraio, un corteo di auto si è presentato alla traversata: era composto da due auto della polizia stradale – una in testa e una in coda – una berlina grigia con targa civile e un minibus UAZ-452 con due strisce verdi (in questo modo vengono segnati i veicoli del Servizio penitenziario federale). Il convoglio viaggiava molto più lentamente degli altri veicoli alla traversata e, dopo aver attraversato il fiume, si è diretto verso Salekhard.

Per ora si dice che il corpo si trovi in una camera mortuaria di Salekhard, ma non si capisce proprio quali manipolazioni intendono fare. Ma a questo punto possiamo sospettare il perché.


Significa che siamo forti

La risposta di Alexei Navalny a una domanda del film del 2022 su cosa fare se venisse ucciso (con i sottotitoli in inglese):

E poi aggiungo una serie di brevi video da un mondo che potrebbe sembrarvi parallelo al vostro: come si comportano le cosiddette «forze dell’ordine» russe quando vedono le persone che manifestano il proprio disaccordo con il fatto di un omicidio. Se non capite il russo, non importa: dovrebbe essere sufficiente anche guardare: Continuare la lettura di questo post »


Lo hanno ucciso

Io non posso credere alla versione ufficiale della propaganda statale russa secondo la quale Alexey Navalny sarebbe morto durante una passeggiata nel cortile del carcere. Non posso crederci per due motivi: uno logico e uno scientifico.
Dal punto di vista logico, è solo il secondo – e questa volta purtroppo riuscito – tentativo di eliminare un nemico personale di Putin. Lo hanno eliminato quando era indifeso nelle loro mani e quando loro stessi hanno perso totalmente la voglia di apparire almeno in parte normali. Non sappiamo ancora come è avvenuta tecnicamente l’uccisione di Navalny, ma già il semplice fatto della sua permanenza ormai pluriennale nelle condizioni non adatte alla vita è un tentativo di uccidere. Gli assassini sono dunque Putin e tutti i suoi collaboratori di vario rango.
Dal punto di vista scientifico, invece, preferisco consigliarvi il parere di un medico che commenta, professionalmente, la versione ufficiale della morte di Navalny. Per ora quel commento costituisce la nostra unica conoscenza concreta e credibile su quanto è accaduto. Lo spoiler: quella versione ufficiale è una minchiata stratosferica.
Sicuramente un giorno scopriremo tutta la verità. Proprio Alexey Navalny ci insegnava a cercarla senza arrendersi.
UPD: con alcune precisazioni che non cambiano il senso generale di quanto è scritto nell’articolo consigliato, quel commento è confermato dal medico con il quale ho già avuto il modo di parlare dell’argomento.


Il video dell’anno

Alla data odierna è il video dell’anno (gli ucraini avrebbero detto che è il video dei nove anni perché si sentono in guerra dal momento della annessione della Crimea):

Io non sono ucraino, quindi ho solo la voglia di metterlo in loop.
P.S.: non so se lo avete già letto, ma il film «Navalny» di Daniel Roher – vincitore dell’Oscar nella categoria «miglior documentario» – a partire dal 22 marzo sarà visionabile al cinema, mentre per ora è disponibile solo online.


L’Oscar 2023

Mi ero quasi dimenticato che la premiazione dell’Oscar 2023 dovesse avvenire proprio la notte passata… Ma è stato impossibile non essere informato dei risultati. Quindi oggi scrivo molto brevemente di quattro film coinvolti in questa edizione del premio.
Prima di tutto faccio i miei complimenti agli autori del documentario «Navalny»: la loro vittoria è la giusta premiazione di un lavoro fatto al momento giusto. È una vittoria molto importante anche per il protagonista del film: perché alimenta l’attenzione proprio nel momento storico in cui ne ha più bisogno. Non è stata sprecata l’occasione di fare una premiazione politicizzata che non infastidisce. N.B.: sul palco erano presenti la moglie e i figli di Alexey Navalny.

L’evento per me più incomprensibile è la pluri-premiazione del film Continuare la lettura di questo post »


Le notizie del cinema documentario

Due notizie del cinema documentario:
1. Il film «Navalny» di Daniel Roher (nominato all’Oscar 2023) ha ricevuto il premio BAFTA nella categoria «Miglior documentario». Spero che anche questo aiuti alla sua promozione.

2. Alla Berlinale 2023 è stato mostrato il film di Sean Penn «Superpower» dedicato a Zelensky (secondo l’idea iniziale doveva essere un film su uno showman diventato presidente, ma la guerra ha cambiato radicalmente anche questo progetto). I critici dei quali mi fido dicono che è un film interessante e, in un certo senso, una risposta alle stronzate pro-putiniane che da anni produce Oliver Stone.
La morale: negli ultimi tempi il mio interesse verso i documentari ha raggiunto livelli mai visti. Sto considerando l’idea di ricominciare a pubblicizzare sulle pagine di questo sito i film che mi sono piaciuti di più.


La risoluzione europea su Navalny

Il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione che invita le autorità russe a rilasciare il leader dell’opposizione Aleksey Navalny e altri prigionieri politici russi. Il comunicato stampa del Parlamento europeo afferma, poi, che, fino a quando i prigionieri politici non saranno rilasciati, le condizioni della loro detenzione dovranno essere conformi agli impegni internazionali della Russia. In particolare, i deputati chiedono che a Navalny sia consentito di vedere la sua famiglia e di rivolgersi ai medici e agi avvocati di sua scelta.
E poi ci sono altre belle parole sulla guerra in Ucraina e sul destino giudiziario del criminale chiamato Putin.
A questo punto non riesco a capre ben due cose: 1) a chi è rivolta la risoluzione (se non alla coscienza degli eurodeputati che vogliono sentirsi bravi) e 2) quanto bene sia chiara ai deputati europei la totale inutilità pratica del documento da loro prodotto.
Però posso sfruttare l’occasione per informarvi di una idea che mi capita sempre più spesso di sentire da alcuni giornalisti russi: Aleksey Navalny è un prigioniero politico che — mentre persiste il regime putiniano — non verrà liberato, ma nemmeno ucciso su «ordine supremo» proprio perché è una merce di scambio preziosissima. Una merce da utilizzare non per liberare qualche collaboratore importante di Putin (anche perché nessun Stato occidentale si è finora deciso di arrestarne uno, per esempio il ministro degli Esteri Lavrov), ma per ottenere qualcosa di importanza vitale in una situazione di vera emergenza. Navalny è l’oppositore russo con la notorietà e la reputazione più elevati al livello mondiale, quindi può essere scambiato, per esempio, per la possibilità dei vertici russi di fuggire da qualche parte in America latina o su qualche isola oceanica… So che sembra quasi una teoria complottistica, ma ha una sua logica interna.
P.S.: ovviamente, tutto questo non significa che la vita terrestre di Aleksey Navalny non sia quotidianamente a rischio per colpa di un impegno professionale eccessivo dei carcerieri russi.


“Navalny” nominato all’Oscar

Ho letto ieri che il film «Navalny» – realizzato da Daniel Roher per HBO – è stato ufficialmente nominato all’Oscar 2023 nella categoria «miglior documentario». Non sono in grado di dire quanto sia probabile la vittoria (anche perché ci sarebbe almeno un concorrente molto forte: «All the Beauty and the Bloodshed»), ma in realtà volevo solo constatare una cosa legata al cinema in un modo collaterale.
Un premio cinematografico come l’Oscar dipende sempre molto dalla moda. Dalla moda per certi argomenti del momento, per certi Stati, società o culture. Quest’anno, per esempio, c’è la moda dell’argomento del «dopo Putin», anche se esso non è ancora stato formulato in chiari termini. Ma è sicuramente molto atteso, dunque presumo che indipendentemente dai risultati della premiazione il film avrà la sua vittoria fondamentale: quella del numero delle visioni.
Mentre per ora so già che una persona ben determinata ha ricevuto un nuovo segnale: una indicazione su chi viene realmente sostenuto, appoggiato e seguito dal mondo civile. Sono sicuro che si tratta di un segnale molto fastidioso.


Aggiungiamo una domanda

La rivista Time ha pubblicato l’ormai tradizionale elenco delle 100 persone più influenti del 2022. Sempre per tradizione, l’elenco è suddiviso in diverse categorie: «Artisti», «Innovatori», «Titani», «Icone», «Pionieri» e «Leader». In particolare, tra i «leader» sono stati citati anche i leader statunitense e cinese Joe Biden e Xi Jinping, ma pure i presidenti ucraino e russo Vladimir Zelensky e Vladimir Putin. Ogni personaggio dell’elenco è brevemente commentato da qualche altro personaggio famoso. Quindi Joe Biden ha scritto di Vladimir Zelensky, mentre il politico Aleksey Navalny ha scritto un breve articolo su Vladimir Putin. Leggetelo: è brevissimo e facile da comprendere.
Le parole scelte da Navalny sono giuste, ma io avrei aggiunto un altro concetto. Oltre a chiederci «come fermare un pazzo terribile con un esercito, una bomba nucleare e la membership al Consiglio di Sicurezza all’ONU», dobbiamo chiederci anche come esercitare una influenza su tutta la (o la maggioranza della) sua cerchia più stretta. Perché, infatti, Putin non è un mago capace di fare tutto con le proprie mani: ci sono le persone che mettono in atto le sue idee, eseguono i suoi ordini, cercano di anticipare i suoi sogni. Da solo Putin conterebbe zero; non è detto che dopo la sua morte tutta la politica russa torni di colpo alla normalità. Sembra logico supporre che per molti suoi collaboratori e semplici dipendenti statali la normalità sia proprio la situazione attuale.
Come possiamo influire su quelle persone? Le sanzioni occidentali – almeno per ora – fanno cambiare idea solo a poche singole persone: non si tratta certo di una tendenza.