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La musica del sabato

Nella edizione odierna della mia rubrica musicale ci starà bene il «War Requiem» del compositore britannico Benjamin Britten, composto negli anni 1961–1962. Per la prima volta questo requiem fu eseguito il 30 maggio 1962 per la consacrazione della nuova Cattedrale di Coventry, ricostruita dopo essere distrutta dal bombardamento tedesco durante la Seconda guerra mondiale. Formalmente, il compositore intendeva che il tenore, il baritono e il soprano rappresentassero le tre parti in guerra: Gran Bretagna, Germania e Russia. Britten spera di utilizzare la musica e la poesia di Wilfred Owen – un soldato morto una settimana prima della fine della Prima Guerra Mondiale – per riconciliare le nazioni e salvare il mondo dalla guerra. Per fortuna o purtroppo, l’attualità di questa composizione si aggiorna nel tempo.

Ma è bella anche senza un collegamento alle questioni di attualità.


La musica del sabato

Oggi nella mia rubrica musicale metto solo una canzone. Solo una specifica, nonostante il fatto che non sia proprio del mio genere musicale preferito.
Luther Vandross con la canzone «The Impossible Dream»:

Avevo qualche altra idea, ma meno adatta per il momento corrente.


La musica del sabato

La sinfonia per contralto, tenore e orchestra «Das Lied von der Erde» («Il canto della terra») di Gustav Mahler fu composta nel 1909. Dal punto di vista cronologico, è successiva alla sinfonia № 8, ma non ha un numero perché il 9 si rivelò fatale per Beethoven e Bruckner, i compositori preferiti di Mahler. Si tratta di una forma di scaramanzia che non pregiudica assolutamente la qualità della composizione stessa:

[In questo specifico caso è diretta da un altro genio: Leonard Bernstein (nel 1972).]
Per Gustav Mahler, poi, la sinfonia «fatale» fu non la nona (che poi sì decise di comporre e numerare), ma la decima: non finì di comporre proprio quella…


La musica del sabato

Nella mia rubrica musicale Stevie Wonder mancava da un po’ di tempo… Forse anche da troppo tempo. E allora oggi rimedio: come al solito, lo faccio con due canzoni.
Prima di tutto metto la «Overjoyed» (dall’album «In Square Circle» del 1985):

E poi aggiungo la «Living for the City» (dall’album «Innervisions» del 1973):

Bene, prima o poi lo rifaccio.


La musica del sabato

Senza alcun motivo particolare, oggi ho volute postare nella mia rubrica musicale qualcosa di Claude Debussy… Il fatto che mi piaccia lo stile di questo compositore è un motivo sufficiente? Direi di sì (ma direi anche che mi piace il 99,9% della musica che ho postato in questa rubrica).
Bene, per oggi ho selezionato «Due danze per arpa e archi» – «Deux danses» («Danse sacrée» e «Danse profane») – composte nel 1904.

E non mi va di mescolarle con qualcos’altro…


La musica del sabato

Quasi esattamente sei anni fa – il 15 gennaio 2018 – è morta Dolores O’Riordan, nota alle masse prevalentemente per essere stata la voce de The Cranberries. Ma io, almeno nell’occasione di questo anniversario, ho pensato di postare nella mia rubrica musicale due canzoni tratte da un suo album da solista.
L’album scelto è il «No Baggage» del 2009 (e l’ultimo dei due registrati). Si potrebbe provare a prenderne i seguenti brani…
Prima di tutto la canzone più nota: la «The Journey»:

E poi aggiungo la canzone «Skeleton», sempre dallo stesso album:

In generale, direi che sono più abituato a sentirla con il gruppo. E l’abitudine spesso influisce sulla valutazione di qualcosa di diverso…


La musica del sabato

Nel 1777 Wolfgang Amadeus Mozart compose il Concerto per oboe e orchestra in do maggiore per l’oboista bergamasco Giuseppe Ferlendis. Per qualche motivo che mi rimane ancora non del tutto compreso, l’oboe è uno dei miei strumenti a fiato preferiti. Di conseguenza, questo Concerto mi piace in un modo particolare.

Circa un anno più tardi Mozart rielaborò questo proprio concerto per adattarlo al flauto: lo fece perché il flautista olandese Ferdinand Dejean gli commissionò una serie di composizioni da concerto… E poi non pagò il compositore con pretesto che fosse, appunto, una composizione precedente adattata. In questa sede non mi metto a giudicare quello stronzo tirchio e povero di cervello. Scrivo solo che assieme alla versione originale per l’oboe, questo Concerto è tuttora una delle composizioni più suonate nei concerti di musica classica.

Non so perché non ho pubblicato per così tanto tempo la musica di Mozart!


La musica del sabato

In questi giorni ho visto, per puro caso, un video rimasterizzato di Michael Jackson dove compaiono diversi personaggi noti degli anni ’80 (tanti di loro sono noti anche ora). Per i miei gusti musicali, la canzone («Liberia Girl») non sembra qualcosa di particolare, mentre il video è oggi un po’ nostalgico.

E allora in qualità del secondo video aggiungo il «duetto» di Michael Jackson con Freddie Mercury: la canzone «There Must Be More to Life Than This».

Così, per fare un post completamente nostalgico…


La musica del sabato

Non so se lo possano dire in tanti, ma io sì: si sta avvicinando la mia festa preferita dell’anno. Sicuramente, però, più o meno per tutti si sta concludendo un altro anno abbastanza particolare. E allora concludiamolo in un modo particolare anche nella mia rubrica musicale!
Cercando di selezionare qualche composizione particolarmente emozionante, mi sono a un certo punto ricordato del Concerto grosso n. 5 del compositore inglese Charles Avison (un grande esponente del periodo del barocco e del classicismo, ma oggi spesso ingiustamente trascurato). La sua composizione che ho scelto per oggi fa parte del ciclo «12 Concerti Grossi after Scarlatti» ed è abbastanza breve, dunque ve la propongo in due interpretazioni diverse: volendo, potete scegliere subito quella che corrisponde allo vostro stato d’animo attuale.
La prima interpretazione del Concerto grosso n. 5 di Charles Avison selezionata per oggi è quella dinamica, quasi vivace, propostaci dall’Ensamble «L’Aura Soave» di Cremona:

La seconda prima interpretazione del Concerto grosso n. 5 di Charles Avison selezionata per oggi è quella un po’ melanconica e in un certo senso stilisticamente simile allo spirito invernale inglese. In questo caso è eseguita dalla Orchestra of the Age of Enlightenment londinese:

Chi le ascolta entrambe può valutare se sia solo io a sentire la differenza nella interpretazione, ahahaha
Buoni preparativi al Capodanno a tutti!


La musica del sabato

Penso che tutti – tranne forse le persone sorde dalla nascita – conoscono la canzone natalizia «Jingle Bells»: fu composta nel 1857, divenne presto popolarissima, col tempo (ma non da subito) venne associata al Natale e nei suoi quasi due secoli di storia è stata cantata da tantissimi cantanti famosi e non. È talmente ben conosciuta che mi sembra inutile dedicarne un post.
Allo stesso tempo, trovo che spesso viene ingiustamente trascurata la erede, l’«estensione» (relativamente al testo e alla musica) del vecchio classico natalizio chiamata con il nome «Jingle Bell Rock». La paternità del testo e della musica è contestata da un gruppo di musicisti i cui nomi troverete facilmente su internet: io in questa sede vi risparmio questa parte della storia per non dilungarmi sui dettagli giuridici. Ai fini del mio post musicale – che deve anche essere festivo – conta prevalentemente il fatto che la canzone «Jingle Bell Rock» è stata per la prima volta registrata da Bobby Helms nel 1957. In molti ricordano ancora il cantante proprio per l’interpretazione di questo brano:

Nei decenni successivi alla prima registrazione, anche questa canzone è diventata popolarissima tra i vari cantanti. Per esempio, è notevole l’interpretazione della grande Brenda Lee (inclusa nel suo album «Merry Christmas from Brenda Lee» del 1964):

Il noto duetto Hall & Oates nel 1983 ha fatto della canzone una versione ancora più leggera (essa non fa parte di alcun loro album in studio) e ha girato un video un po’ stupido in tipico stile degli anni ’80:

La quarta – e l’ultima per il post odierno – è l’interpretazione del grande Chet Atkins (inclusa nell’album «Christmas with Chet Atkins» del 1961). Non è diventato un brano strumentale:

Ecco, per oggi potrebbe bastare così, anche se esistono tantissime altre interpretazioni della «Jingle Bell Rock». Volendo, potete cercarle per convincervi di avere già scelto quella (o quelle) preferita.