Oggi è il 195-esimo anniversario della nascita di Fëdor Dostoevskij. Nonostante lo status mondiale del Grande Classico riconosciuto al festeggiato, non ho l’intenzione di fingere un grande amore verso il patrimonio letterario che egli ci lasciò. Allo stesso tempo, non ho l’intenzione di apparire un critico letterario. Sono un lettore, e questa è la cosa fondamentale perché gli scrittori scrivono per i lettori e non per i critici (o scienziati della letteratura, cioè un’altra categoria di parassiti librari).
Quindi mi limito a consigliarvi, proprio oggi, l’unico romanzo di Fëdor Dostoevskij che merita realmente di essere letto: «L’idiota». Si tratta di una opera anomala dell’autore in quanto è l’unica che a) tratta una pluralità di caratteri diversi, b) racconta della vita dei personaggi che anche oggi ci circondano nella vita quotidiana.
Insomma, fortemente consigliato.
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Constatiamo per l’ennesima volta che l’assegnazione del Nobel per la Pace e la beatificazione hanno per destinatari, principalmente, delle persone di qualità piuttosto dubbie.
Ciò vale anche per Madre Teresa di Calcutta che per il suo operato sarebbe dovuta essere processata per i crimini contro l’umanità, ma ha avuto la fortuna di morire prima. A chi non conoscesse ancora i metodi e i risultati del suo operato, consiglio di leggere almeno il libro di Christopher Hitchens «La posizione della missionaria. Teoria e pratica di Madre Teresa».
Chi, invece, è già informato e dotato del pensiero critico, può farsi delle domande sulla reale posizione di Papa Francesco all’interno della Chiesa cattolica: come forse sapete, i gesuiti sono sempre stati contrari alla beatificazione di Madre Teresa.
Quello di oggi è un post serio come pochi. Allora… Sabato 11 giugno, mentre cazzeggiavo su Facebook, mi sono imbattuto in questa foto:
Oggi approfitto della occasione per ricordarvi una cosa piuttosto banale. Ma prima leggete questa barzelletta ebraica:
«Rebbe, io sono ateo», disse un ragazzino.
«Se Egli fosse come te lo immagini tu, pure io sarei ateo», rispose Rebbe.
Ecco, ora posso provare a esprimere il mio pensiero in una maniera meno allegorica. Ricordatevi che solo un ignorante è contrario a un concetto senza conoscerlo. Non si può essere atei senza conoscere i testi religiosi (il sottoscritto è ateo). Non si può essere contrari al terrorismo religioso o politico senza conoscere i suoi fondamenta teorici o, almeno, i metodi (il sottoscritto è contrario al terrorismo). Non si può essere contrari al nazismo senza conoscere i suoi metodi, fini e fondamenta teorici (il sottoscritto è contro il nazismo).
Non si può, perché chi è contrario senza conoscere segue ciecamente la moda e non la propria ragione. Quindi è uno scemo.
Se l’edicola che ha esposto l’annuncio si è prefissata l’obiettivo di lottare contro i libri e moltiplicare il gregge degli ignoranti (imitando in questo senso il regime di Hitler), è necessario boicottare l’edicola. Non il libro.
Detto ciò, vi comunico che «Mein Kampf» di Adolf Hitler è un libro pallosissimo. Un italiano su cento riuscirà a leggerne più della metà.
Il bellissimo e utilissimo sito Sci-Hub (che ovviamente nessuno di noi si permette di utilizzare), si è poco fa trasferito dal dominio «.io» al dominio «.ac». Per pura curiosità sono andato a vedere di chi fosse quest’ultimo dominio.
Ora devo riconoscere che ai gestori di Sci-Hub non manca l’umorismo: pur essendo assegnato all’Isola dell’Ascensione, il dominio «.ac» viene spesso utilizzato come acronimo della parola «academic». Una buona parte degli accademici di tutto il mondo dovrà sentirsi particolarmente beffata.
Tempo fa mi avevano chiesto (nell’offline) di consigliare dei libri sulla storia medioevale russa. Io, naturalmente, ho sempre letto sull’argomento in russo, quindi ho visto il mio compito non solo nel ricordarmi i libri meritevoli di attenzione, ma pure nel capire se siano mai stati tradotti in almeno una delle lingue comunemente conosciute. Alla fine delle ricerche l’elenco dei libri che ho potuto stilare si è rivelato abbastanza breve. In questi giorni ho deciso di pubblicarlo comunque, perché non so se e quando esso possa diventare più lungo.
Vasily Klyuchevsky, «A History of Russia»
Vasily Yan, trilogia «Mongol Invasion» («Genghis Khan», «Baty», «To last Sea»)
Kir Bulychev, «1185 A.D.»
Pavlo Zahrebelnyi, «Epraksiya»
Odio gli editori che mi considerano incapace di intuire il senso di una parola dal contesto in cui è utilizzata.
Sicuramente vi siete accorti più volte anche voi di quegli accenti inutili, senza i quali solo un cretino non avrebbe mai compreso il senso della parola pensato dall’autore. Per esempio:
«Princìpi di riparto delle funzioni di distribuzione delle responsabilità fra gli organi di controllo […]».
Avreste mai pensato che si tratta dei discendenti di una Casa reale? Spero proprio di no.
Gli accenti messi in questo modo sono realmente utili solo in due tipologie dei libri: quelli per i bambini e per gli stranieri. Entrambe le categorie di lettori appena elencate hanno un lessico limitato, quindi devono essere aiutati da semplici indizi tipografici. Mentre quelle persone adulte, dotate d’istruzione e base linguista medi, che arrivano a leggere dei libri adatti alla loro età non hanno bisogno di stampelle grafiche.
Editori! Abbiate stima verso i vostri lettori!
Il Nobel per la letteratura 2015 è stato assegnato alla scrittrice bielorussa Svetlana Aleksievic. Se assumiamo la tesi che ogni persona che scrive dei testi è uno scrittore (o scrittrice), la scelta della vincitrice è più che giustificata.
La cosa che non riesco a percepire è proprio quel senso che possa giustificare l’esistenza del Nobel per la letteratura. Perché ogni scrittore meritevole di attenzione è premiato, a differenza degli scienziati, con le vendite delle proprie opere. Certo, il mercato premia pure quelli mediocri, comprensibili alle larghe masse, ma almeno da una possibilità a più di una persona all’anno. E di solito lo fa subito, non dopo decenni di attività non corrisposta. Pure gli scrittori meno popolari, poi, hanno numerosi mezzi tecnici continuare a lavorare e raggiungere i propri lettori.
Insomma, pur essendo un amante della letteratura, non un grande apprezzatore del relativo Nobel.
Sto scoprendo in questo periodo il bellissimo libro di Henry Petrosky «The Book on the Bookshelf». Si tratta di uno studio sulla evoluzione del libro (inteso come oggetto) e della libreria: sembra interessante ma voglio finirlo prima di essere sicuro di poterlo consigliare a voi.
Perché ne scrivo già ora? Perché nel libro in questione ho trovato una preziosa informazione da aggiungere al mio racconto sul monastero di Certosa di Pavia pubblicato nel 2012.
Sulla foto che segue vedete una parte degli interni di una cella. A interessarci sono i ripiani a sinistra del camino:
Ebbene, questa rientranza è la versione monasteriale dell’armarium, cioè una libreria chiudibile a chiave, molto diffusa all’epoca dei Codici. In origine serviva per conservare in sicurezza, anche dai monaci-«colleghi», i preziosi manoscritti presi in prestito dalla biblioteca comune. L’armarium personale era dunque sempre dotato di uno sportello (si vedono ancora i resti delle cerniere) e le pareti rivestite in legno (per proteggere i manoscritti dalla umidità).
Nelle celle dei monaci, in tutti i monasteri europei, gli armarium erano sempre (o quasi) attrezzati nelle apposite rientranze delle pareti e fatti già al momento della costruzione della cella. Non sono da confondere con gli armarium delle biblioteche (dei veri e propri armadi chiudibili a chiave), con le antiche casse per i libri o addirittura con i mobili dell’età romana.
E con questo posso concludere la lezione di storia di oggi.
E’ piuttosto frequente che mi chiedano di consigliare qualche bel libro da leggere. Ed io, anche qualora il genere o l’argomento non viene specificato, entro in crisi: per me la domanda equivale a quella di consigliare qualche bella stella. Anzi, di libri, probabilmente, ce ne sono ancora di più. Come si fa a sceglierne uno? E’ molto meglio (e sicuramente più facile) fornire un elenco di titoli: più libri si leggono e meglio è.
Di conseguenza, ho deciso di stilare e pubblicare il proprio elenco dei libri da leggere per forza. Non è una classifica, ma un semplice elenco di libri che mi hanno colpito di più, ordinato in base al cognome dei relativi autori. In totale sono 50 titoli di 25 autori. Se vi chiedete sul perché della mia scelta (intendo la scelta dei titoli) leggete prima da cosa è stata condizionata:
- – non ho ancora vissuto abbastanza a lungo sulla Terra;
- – non sono particolarmente veloce a leggere;
- – negli ultimi 5–10 anni per il lavoro e lo studio leggo un sacco di libri tecnici/scientifici (i quali sono stati esclusi dall’elenco di oggi);
- – ho escluso tutti i libri di saggistica che leggo per la mia curiosità personale;
- – ho altrettanto escluso i libri che una persona minimamente istruita ha sicuramente letto ai tempi scolastici/adolescenziali;
- – infine, ho escluso quei libri che non mi risultano essere tradotti in italiano o in inglese (spesso leggo in russo).
E ORA IL MIO ELENCO:
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Non sono ancora abbastanza vecchio da dimenticare le cose più interessanti della vita. Quindi posso affermare che tra tutti i libri di diritto che mi è capitato di leggere negli ultimi quindici anni, solo uno aveva le immagini all’interno. Era «I marchi d’impresa nella Comunità europea» di Salvo dell’Arte che consiglio vivamente a tutti.
Chi è ancora convinto che un testo accademico debba essere per forza monotono, dovrebbe cambiare idea in fretta. Infatti, se scrivete e/o pubblicate un libro stilisticamente pesante, non apparite più intelligenti o competenti di quanto lo siate realmente. Apparite semplicemente noiosi.
I lettori potrebbero essere aiutati con delle immagini come questa:
L’immagine mostra la durata della protezione della proprietà intellettuale in vari Stati del mondo. Se la sovrapponiamo, per esempio, al mappamondo colorato in base alle varie famiglie giuridiche o alle organizzazioni interstatali, riusciamo a individuare più facilmente quali sono le parti del mondo realmente in conflitto.
La gente incapace di ragionare con le immagini può andare a indovinatefarecosa.