L’inviato speciale per l’Ucraina e la Russia Keith Kellogg ha smentito le voci diffuse da certi media e ha dichiarato che non presenterà il piano di Donald Trump per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina la prossima settimana alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco. Secondo Kellogg, il piano sarà presentato dallo stesso Trump: «Lo aiuteremo a prepararsi, ma non succederà la prossima settimana».
E ora traduciamo le parole di Keith Kellogg dal diplomatico statunitense all’umano quotidiano: Donald Trump non ha un piano sulla fune della guerra e non immagina nemmeno in cosa possa consistere un piano del genere.
Probabilmente, pure Trump capisce (o intuisce) che la guerra non può finire in seguito alla firma di un ordine esecutivo del Presidente degli USA: bisogna fare qualcosa di concreto e ben pianificato. Mentre Trump non sa (o non ha voglia) fare le cose del genere e non pensava (?) di doverlo fare nel corso dei prossimi quattro anni (ricordiamoci che in ogni scherzo che una buona dose di verità).
Di conseguenza, dobbiamo or esprime le nostre condoglianze ai collaboratori di Trump che improvvisamente si sono trovati di fronte a un nuovo problema: devono inventarsi un piano che deve piacere sia al loro capo che a diverse altre persone…
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Donald Trump ha dichiarato (ancora il 3 febbraio) che Washington sta cercando di concludere un accordo con Kiev in base al quale l’Ucraina ricambierà agli aiuti americani con «i suoi metalli di terre rare e altre cose».
Olaf Scholz ha criticato l’idea di Trump e ha detto che è «egoista ed egocentrico» usare le risorse dell’Ucraina per finanziare la difesa del Paese.
Vladimir Zelensky ha affermato che il «piano di vittoria» presentato dalle autorità ucraine nel settembre 2024 include investimenti (che a loro volta includono la difesa) nella estrazione delle risorse naturali.
Mario Rossi un lettore comune, come prima reazione è indignato: Trump sta facendo una sorta di sciacallaggio e approfittando della situazione difficile della Ucraina, Zelensky è d’accordo per disperazione e Scholz critica invece di dare l’esempio della cosa giusta da fare.
In realtà, però, la persona che più ha ragione in questa situazione è Zelensky. Non escludo che in un lontano dopoguerra alcune persone dotate di una particolare intelligenza alternativa inizieranno ad accusarlo attivamente di aver «svenduto il Paese», ma non possiamo e non dobbiamo preoccuparci ora di personaggi del genere. L’importante sono l’obiettivo e il risultato. E l’obiettivo è molto chiaro: creare un ulteriore interesse «pratico» dell’Occidente ad aiutare l’Ucraina. Si tratta della continuazione della missione quasi triennale di Zelensky per la ricerca delle armi necessarie per la difesa. Poiché non tutti nell’Occidente sono in grado di pensare alle conseguenze a lungo termine del successo militare di Putin (sia politiche che economiche), lasciamo che ottengano la promessa delle risorse naturali già ora. Mentre quando la guerra sarà finita, l’Ucraina avrà ancora delle opzioni per non costruire la propria economia solo sulla dipendenza dalle risorse naturali.
Se Trump otterrà presto metalli di terre rare dalla Ucraina è una questione a parte. In estrema sintesi: non ne assolutamente sono sicuro.
La mobilitazione nelle cosiddette Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk era stata annunciata pochi giorni prima dell’inizio della grande guerra nel febbraio 2022 e si era trasformata in rastrellamenti di massa. Da allora, la Russia ha annesso le due Repubbliche, le loro formazioni armate erano state inglobate nell’esercito russo e i rispettivi combattenti – spesso senza saperlo – avevano per default ricevuto il contratto con l’esercito russo. In questo modo migliaia di uomini – la maggior parte dei quali ha preso in mano le armi non di propria volontà – si sono trovati in una trappola: durante la guerra è quasi impossibile lasciare il servizio, la fuga è punita con un procedimento penale e la sospensione della pena non evita il ritorno alla «propria» unità. Non resta dunque che scegliere tra la guerra e la prigione. Secondo il database del Ministero degli Interni e le fughe di notizie, almeno 2850 persone si trovano in questo momento di fronte a una scelta del genere: è il numero di nativi delle due repubbliche ricercati in Russia per abbandono non autorizzato di una unità.
L’articolo che segnalo questo sabato spiega la situazione in cui si trovano queste persone sull’esempio di un singolo soldato di Donetsk.
Citare le pubblicazioni della agenzia Bloomberg è una cattivissima abitudine (perché i suoi autori inventano troppe cose con il solo obiettivo di attirare le visite), ma alcuni argomenti trattati sono comunque meritevoli di attenzione (possibilmente con l’approfondimento su altre fonti).
Ieri, per esempio, la Bloomberg ha scritto che l’UE rischia di non prorogare le sanzioni contro la Federazione russa perché il Primo Ministro ungherese Viktor Orbán si rifiuta di firmare la loro estensione. Diversi diplomatici avrebbero dichiarato che al momento non esiste un «piano B» per prolungare la validità delle restrizioni se Orban continuasse a bloccarle.
Se fosse vero, si tratterrebbe di una situazione abbastanza brutta: prima di tutto perché se le sanzioni non saranno prorogate anche per un breve periodo di tempo, la Federazione Russa potrà ritirare dall’Europa i fondi sequestrati. Più o meno il 100% degli economisti di cui opinione mi fido dice che lo Stato russo ha abbastanza risorse economiche per continuare il tipo di guerra che osserviamo ora per altri anni, ma farlo, in sostanza, a spese della popolazione interna che avrà sempre più tasse, più inflazione e meno servizi. La domanda, dunque, non cambia: perché aiutare un regime internazionalmente pericoloso a evitare i problemi economici e rinviare le tensioni interne?
E, ovviamente, possiamo esprimere, per l’ennesima volta, la gioia per il fatto che l’UE è organizzata in modo da poter essere bloccata e messa a rischio da parte di un solo cretino comprato da Putin.
Questa volta nell’ambito della «lettura del sabato» propongo uno dei testi più importanti delle ultime settimane sulla guerra tra la Russia e l’Ucraina. Si tratta dell’articolo della «Mediazona» sul Centro di Detenzione n. 2 [SIZO-2, una struttura tipica russa: sostanzialmente un carcere per le persone che indagate o sotto processo penale] della città di Taganrog, trasformato in un luogo di detenzione e tortura degli ucraini catturati per due anni nel corso della guerra. Nell’autunno-inverno del 2024 la maggior parte degli ucraini catturati è stata trasferita in altri centri di isolamento, nella regione russa di Rostov, con condizioni di detenzione più miti, ma ciò non significa che possiamo ignorare questa storia come «irrilevante».
È una delle storie da ricordare e da inserire già ora in una lunga lista di accuse.
L’altro ieri, l’11 gennaio, il partito populista di estrema destra Alternativa per la Germania (AfD) ha adottato il proprio manifesto elettorale durante la conferenza nella città di Riese, in Sassonia. Tra le altre cose, i delegati si sono rifiutati di condannare nel documento adottato l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. La proposta di includere tale clausola nel manifesto elettorale è stata avanzata da Albrecht Glaser, uno dei fondatori del partito. La maggioranza dei delegati (69%) ha votato contro.
La co-fondatrice del partito e la capolista nelle prossime elezioni Alice Weidel ha dichiarato al congresso che il partito è favorevole al ritorno dei gasdotti Nord Stream.
Ora abbiamo un altro esempio con il quale spiegare perché i partiti estremi puntano al voto dei cittadini ignoranti. Non [solo] perché alimentano l’illusione che il gas a basso costo oggi sia più importante della pace di domani (o della pace in casa del vicino), ma [anche] perché sperano che nessuno si ricordi della decisione di Putin di limitare le forniture del gas all’Europa. È che non sospetto che siano convinti della capacità delle persone di immaginare che quella decisione putiniana debba essere considerata una parte inseparabile della guerra.
Questo sabato posso fare uno esperimento e consigliarvi non un testo da leggere, ma una intervista ascoltare.
Il fatto che in settimana il noto podcaster statunitense Lex Fridman (nato in Tagikistan, cresciuto tra Mosca e Kiev, diventato quello che è diventato negli USA) ha pubblicato una lunghissima intervista con Vladimir Zelensky. Dal punto di vista dei contenuti è una intervista in alcuni punti un po’ strana (per esempio, i primi circa quindici minuti potrebbero sembrare addirittura noiosi), ma merita comunque di essere sentita perché comprende tutto quello che Zelensky vuole comunicare, in un modo argomentato, al mondo esterno. Si capisce dunque non la sua persona, ma la sua funzione e il modo in egli stesso la vede. Potrebbe essere utile avere questa comprensione a) dalla fonte diretta e b) aggiornata al momento storico corrente. Se l’intervista vi sembra troppo lunga (vi capisco benissimo, non ho ancora sentito un sacco di interviste potenzialmente interessanti proprio a causa della lunghezza), vi ricordo che non siete obbligati a fissare lo schermo per tutta la sua durata: potete sentire l’audio mentre svolgete qualche compito della vostra vita quotidiana.
Inoltre, grazie all’AI avete la possibilità di sentire l’intervista tradotta in inglese con le voci quasi identiche a quelle originali. Questo è possibile soprattutto alla prima professione di Lex Fridman: computer sciences e lo sviluppo dell’AI presso Google (anche all’epoca si specializzava nello sviluppo delle automobili a guida autonoma).
P.S.: Lex Fridman è diventato famoso con le interviste agli scienziati, ma spesso intervista anche i personaggi di altri ambiti.
Il media ucraino «Telegraf» scrive che Vladimir Zelensky ha già deciso di candidarsi per un secondo mandato presidenziale, mentre il suo ufficio sta «motivando» Valery Zaluzhny — che sembra essere più popolare tra gli elettori ucraini — offrendogli il primo posto nella lista del partito «Servo del Popolo» e il posto di Presidente nella Verkhovna Rada (Parlamento ucraino).
Non seguo la stampa ucraina (anzi, non la seguo quasi, non conosco nemmeno abbastanza la lingua), quindi all’inizio sono rimasto sorpreso da quanto ai media ucraini mancassero di argomenti per le pubblicazioni: alle elezioni, ovviamente, si dovrebbe pensare in anticipo, ma in Ucraina, per legge, il loro svolgimento dipende direttamente dalla fine delle ostilità (non si possono fare prima).
Poi mi sono reso conto che la mia sorpresa dovrebbe essere rivolta più al modo di citare la notizia che all’argomento stesso o alla posizione di Zelensky. Infatti, il compito principale di Zelensky è ora quello di continuare a essere percepito come un presidente pienamente funzionante (e che non si sta preparando a lasciare) con il quale continuare a parlare di sostegno alla Ucraina nella guerra contro l’aggressore come prima. Per quasi tre anni Zelensky ha svolto la propria funzione principale nel miglior modo possibile: ha tirato fuori gli aiuti dai rappresentanti dell’»Occidente«. Avrebbe potuto fare meglio, ma questo «meglio» non dipende da lui, bensì dai rappresentanti dell’"Occidente". E se tutti si mettono a correre a negoziare con il presunto successore, sarà l’Ucraina a perderci: finché il successore non assumerà il potere, gli aiuti arriveranno in volumi ancora più ridotti di adesso.
Potrei quindi suggerire che le intenzioni dichiarate di Zelensky di puntare a un secondo mandato non sono necessariamente legate ai suoi piani reali per il proprio futuro politico.
Alla vigilia di Natale ortodosso pure io, un apateista eterno, mi sento in dovere di 1) essere più buono e 2) condividere con i miei lettori qualche notizia sacra.
Bene, ora ci provo.
Il 3 gennaio è passata una notizia in Russia:
Un’arca con una reliquia del santo ortodosso Ilya Muromets è stata consegnata ai militari della Buryatia nella zona della Operazione Militare Speciale. D’ora in poi, egli diventerà il patrono spirituale dei soldati che svolgono missioni di combattimento nell’area meridionale di Donetsk.
La cerimonia di consegna si è svolta in una delle chiese del campo militare. In onore dell’evento si è tenuto un servizio di preghiera in cui i presenti hanno potuto venerare le reliquie di San Ilya Muromets.
Ovviamente, tutti voi sanno che con l’espressione «Operazione Militare Speciale» lo Stato russo definisce la guerra invasiva in Ucraina. Ma non tutti sanno chi sia «stato» il personaggio mitologico Ilya Muromets.
Ebbene, egli è ritenuto il più grande (in tutti i sensi) dei leggendari bogatyri, antichi cavalieri erranti russi. In base alle relative leggende, avrebbe operato nella seconda metà del XII secolo. Uno dei dettagli più importanti della sua vita: fu a servizio del principe di Kiev, aiutò a difendere il Principato da nemici facendone fuori delle quantità leggendarie.
Cosa dite, sono riuscito nel mio compito natalizio? Ho portato qualcosa di positivo nelle vostre vite?
Tra le varie cose lette e viste ieri sui festeggiamenti del nuovo anno in giro per il mondo, non potevo naturalmente saltare i reportage sulla notte di Capodanno in Ucraina… Da tempo alcune persone residenti in diverse città ucraine mi dicono che da loro la guerra si percepisce – dal punto di vista della vita quotidiana – solo quando suonano le sirene per un ennesimo attacco aereo o va via la corrente elettrica. Per uno come me che sta al sicuro è difficile valutare, ma suppongo che spesso lo dicano anche per farsi un po’ di coraggio e/o per non mostrarsi arresi. Comunque sia, mi fanno una certa impressione certe immagini viste ieri.
Per le vie di Kiev, per esempio, si vedono gli alberi fatti di munizioni consumate:
E i «fuochi» utilizzati per Continuare la lettura di questo post »