Prima che io mi dimentichi dell’argomento menzionato nel post di sabato, metto in evidenza un altro aspetto scontato della guerra in corso in Ucraina (e non solo di questa guerra): oltre all’esercito ucraino, a combattere contro gli invasori sono i partigiani. I partigiani che, ovviamente, svolgono tutte le attività tipiche al loro «mestiere» non solo sui territori ucraini temporaneamente occupati dall’esercito russo, ma anche sul territorio tradizionalmente russo. Di conseguenza, non è da escludere il loro merito in alcune perdite russe non spiegabili (o non ancora spiegate) in altri modi.
Bene, ora posso comunicarvi di avere scritto quelle righe di banalità solo per segnalarvi l’interessante intervista con alcuni partigiani pubblicata da The Observer. Quando trovate del tempo, leggetela almeno per avere una idea sugli obbiettivi e sulla autovalutazione delle proprie possibilità dei combattenti non ufficiali ucraini.
E, ovviamente, non credete a certi personaggi che vorrebbero appropriarsi dei successi di quelle persone.
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Tantissimi russi – alcuni dei quali, a quanto pare, ricoprano degli incarichi istituzionali abbastanza alti – non hanno ancora capito che la guerra è una cosa che si fa in due. Nel senso: anche se chiami la guerra con qualche nome alternativo, lo Stato attaccato partecipa comunque alla vera guerra. Quindi anche i militari di entrambi gli eserciti vengono feriti e uccisi, i mezzi vengono distrutti, i territori dei due Stati vengono colpiti assieme a tutto (e a tutti) quello che si trova sopra. Sì, so benissimo che sembra una enorme banalità, ma in Russia c’è chi si sorprende per questa cosa ogni volta ne rimane toccato: in prima persona o attraverso qualche parente o amico.
Allo stesso tempo, in Russia e in Occidente la maggioranza schiacciante delle persone logicamente segue quella parte della guerra che avviene sul territorio ucraino. Lo segue perché è quella la vera tragedia e il vero crimine. Ma, comunque, non bisogna perdere di vista che la guerra putiniana contro l’Ucraina ormai sta colpendo anche il territorio russo. Questo è normale e in un certo senso giusto (ed è stranissimo usare una espressione del genere). Questo si verificherà sempre con più frequenza. Va osservata per la sua importanza cronologica.
Di conseguenza, per questo sabato vi consiglio l’articolo su come e quanto l’Ucraina colpisce il territorio russo nell’ambito della guerra in corso. Su come, in sostanza, sta restituendo la guerra alla Russia. E su come reagisce la Russia in tutte le sue forme.
Come probabilmente avete letto (o come potevate logicamente immaginare), già da qualche tempo per la data odierna era stata programmata la visita di Putin a Volgograd: per i festeggiamenti dell’ottantesimo anniversario della fine della battaglia di Stalingrado (il nome che per una parte del periodo sovietico ha portato la città di Volgograd). Nel corso dei preparativi per la bassa visita, tra l’altro, ieri sono stati inaugurati – all’esterno del museo della Battaglia di Stalingrado – i busti di bronzo di Iosif Stalin e dei marescialli Georgy Zhukov e Alexander Vasilevsky. In precedenza, sullo stesso posto si trovava un busto di marmo di Zhukov, ma, secondo lo scultore Sergei Shcherbakov, è stato sostituito perché «il marmo è un materiale morbido, assorbe l’umidità e lo sporco».
Ebbene, tale «notizia» è fatta da ben due elementi che in realtà non sono proprio nuovi. In primo luogo, da anni siamo purtroppo abituati all’aumentare continuo dei monumenti dedicati a Stalin nei luoghi più o meno pubblici della Russia.
In secondo luogo, per l’ennesima volta Putin è andato a ripescare nella storia delle grandi vittorie per mascherare, in qualche modo, l’assenza delle grandi vittorie nel presente. Questa volta, in particolare, percepisce (non è difficile) l’assenza delle grandi vittorie belliche, quindi tenta di sfruttare al massimo una delle più note ed eroiche vittorie della Seconda guerra mondiale. I tre «artefici della vittoria» immortalati nei nuovi monumenti hanno fatto tutto il possibile per pagare la vittoria in quella guerra con più vite sovietiche possibile, e quest’ultimo fatto li accomuna incredibilmente bene con Vladimir Putin.
Di conseguenza, la notizia dei monumenti non solo è nata vecchia, ma è pure «logicamente simbolica» (metto le virgolette perché l’espressione mi sembra di un senso potenzialmente non scontato). È molto più interessante scoprire cosa dirà e cosa farà Putin durante e dopo le celebrazioni: molto probabilmente capisce che l’imminente arrivo delle armi pesanti occidentali in Ucraina lo costringe ad accelerare l’offensiva contro l’esercito ucraino non ancora ben attrezzato.
Non perché vorrei raccontarvi una barzelletta, ma perché voglio informarvi bene, inizio il post odierno con il testo completo dell’articolo 353 del Codice penale russo attualmente in vigore:
1. La pianificazione, la preparazione o lo scatenamento di una guerra di aggressione vengono puniti con la reclusione da sette a quindici anni.
2. La conduzione di una guerra di aggressione è punita con la reclusione da dieci a venti anni.
[traduzione mia]
Ridete pure. E poi continuate a leggere.
Il tribunale distrettuale di Ivanovskyy della regione dell’Amur ha condannato a tre anni di carcere l’attivista Vladyslav Nikitenko, il quale, dopo l’inizio della guerra in Ucraina, aveva inviato denunce contro Vladimir Putin al Comitato investigativo russo e alla Procura russa.
Nikitenko è stato giudicato colpevole per avere ripetutamente «screditato» l’esercito (articolo 280.3 parte 1 del Codice penale), nonché di cinque episodi di insulto a un giudice (articolo 297 parte 1 e 2 del Codice penale). Il pubblico ministero aveva chiesto di condannare Nikitenko a tre anni e due mesi di carcere.
Non posso non aggiungere la foto del «pericoloso criminale»:
Orwell e Kafka erano due grafomani incapaci…
Il presidente francese Emmanuel Macron durante la visita in Paesi Bassi ha commentato l’eventualità della fornitura degli aerei militari alla Ucraina con la frase «Nulla è vietato». Ma io vedo che la maggioranza dei leader occidentali non sono arrivati nemmeno a questo livello di prontezza.
Quello che mi consola, però, è la comprensione del fatto che tratta semplicemente di una ennesima frontiera da superare nella difesa dell’Occidente da un ometto armato e impazzito. Di frontiere superate ne abbiamo già viste tante: se vi ricordate, l’Europa e gli USA sono partiti dalla semplice disponibilità di fornire all’esercito ucraino solo i caschi, i giubbotti antiproiettili e le tende, ma progressivamente, passo dopo passo, sono arrivati ad autorizzare la fornitura dei carri armati pesanti. Con gli aerei, alla fine, succederà la stessa cosa che è già successa con i Javelin, Patriot, carri armati e tante altre cose: discuteranno per un po’, si ricorderanno (per l’ennesima volta, cose se lo dimenticassero ogni sera) che l’ometto impazzito può ormai essere fermato solo con i metodi militari, e accetteranno di fornire alla pure gli aerei.
Quello che mi preoccupa è che ogni volta ricominciano a discutere quasi da zero e quindi ci impiegano molto più tempo del normale. E quindi ogni volta io ricomincio a sentire la mancanza di Churchill.
Per questo sabato sono finalmente – dopo non mi ricordo quanto tempo – riuscito a selezionare un testo che va un po’ oltre i soli argomenti di attualità. Oggi vi segnalo una descrizione giornalistica del percorso professionale di Valery Gerasimov, il capo di stato maggiore del ministero della Difesa russo e il nuovo comandante del raggruppamento di truppe russe in Ucraina.
Dopo mesi di guerra comandata da una sola persona ben nota a tutti voi, i vertici dell’esercito russo hanno iniziato a vedersi affidare sempre più spazio decisionale. In uno Stato normale dovrebbe funzionare sempre così, ma nel caso concreto della guerra in Ucraina io avrei preferito lo schema iniziale: in quel modo l’ideatore della invasione avrebbe perso molto prima, evitando tante nuove morti e distruzioni. Ma gli eventi sono quelli che sono, quindi informiamoci pure sugli alti ufficiali russi.
Capitano delle situazioni in cui mi chiedo quale uso facciano i giornalisti italiani delle proprie fonti… Per esempio…
Affermare che Andrey Medvedev, l’ex comandante della Wagner fuggito in Norvegia, sarebbe stato arrestato è una leggera semplificazione. Di fatto, è stato trasferito un centro di permanenza per gli immigrati perché non era d’accordo su alcune condizioni della propria permanenza in una abitazione «segreta» (per esempio: non poteva passeggiare attorno alla casa, fumare sul balcone o farsi la doccia con la porta chiusa). Le forze dell’ordine norvegesi, di fronte al suddetto disaccordo, avevano due scelte: lasciare andare il tipo o fermarlo e portarlo in un centro di permanenza.
Prima di essere smentito dagli avvenimenti reali, penso che la seconda scelta sia un tentativo di proteggere Medvedev e di averlo a disposizione per le eventuali indagini.
Il presidente della Duma Vyacheslav Volodin, commentando la futura fornitura europea e americana della arme offensive alla Ucraina, ha scritto sul proprio canale telegram:
Con le loro decisioni, Washington e Bruxelles stanno conducendo il mondo in una guerra terribile: un tipo di azioni militari molto diverse da quelle attuali, in cui gli attacchi vengono effettuati esclusivamente contro le infrastrutture militari e critiche utilizzate dal regime di Kiev.
Data la superiorità tecnologica delle armi russe, i politici esteri che prendono tali decisioni devono capire che questo potrebbe portare a una tragedia di proporzioni globali che distruggerebbe i loro Paesi.
Quale è il concetto chiave di tale dichiarazione? Il concetto chiave è la presunta «superiorità tecnologica delle armi russe» che fino a questo momento è rimasta invisibile agli occhi degli abitanti del nostro pianeta (a meno che non prendiamo in considerazione i cartoni animati che piacciono tanto a Putin).
Da chi è stato menzionato questo concetto? Da un funzionario di livello alto, ma non da uno di quei rappresentanti dello Stato russo che per lavoro sono chiamati a parlare con i rappresentanti degli Stati esteri.
Volodin non capisce quanto il concetto faccia ridere all’Occidente? Penso che lo capisca.
Di conseguenza, come dobbiamo reagire? In nessun modo. Oppure, volendo, fare una risata. Perché è evidente che Volodin si sta rivolgendo al pubblico interno, sta cercando di comunicare al popolo che «la Russia è comunque più forte di tutti, volendo può battere facilmente l’Occidente». Potrebbe sembrarvi strano, ma in Russia c’è ancora chi ci crede.
P.S.: i personaggi considerati all’estero un po’ più di Volodin parlano direttamente dell’uso della bomba atomica, ne parlano in un modo sempre più isterico. Ma, se ci avete fatto caso, non ne parla più il personaggio principale: non so bene il perché, forse spera ancora di apparire «quello buono che trattiene i collaboratori cattivi». Boh, non so.
Oggi nella rubrica dei video metto l’intervento di Zelensky al World Economic Forum di Davos. «Semplicemente» perché è sempre meglio sentire da una fonte diretta quei concetti – e non solo quelli – che uno come me spesso tenta di riassumere con le parole proprie.
Più vengono ripetuti quei concetti, prima verranno compresi. Spero…
L’articolo segnalato per questo sabato è dedicato a un singolo aspetto della guerra in Ucraina che attualmente può logicamente essere considerato di importanza non primaria. In effetti, rispetto alla uccisone di migliaia di persone o alla distruzione di ogni forma della infrastruttura civile e dell’industria, il saccheggio di un museo d’arte non è la manifestazione più grave della guerra.
Ma alla fine della guerra sarà sicuramente uno dei tanti campi delle indagini, punti di accusa e ambiti di ricostruzione.
Di conseguenza, oggi vi consiglio «serenamente» l’articolo «Museum Takeaway» dedicato al saccheggio del museo d’arte della città di Kherson. E vi ricordo una importante distinzione che in realtà caratterizza un po’ tutte le barbare di questo mondo: solitamente i militari russi rubano le lavatrici o i bollitori per le proprie famiglie e le opere d’arte per i propri «datori di lavoro».