L’archivio del tag «guerra»

Gli F-16 per l’Ucraina (video)

Una volta scritto del centro dell’addestramento per il pilotaggio degli F-16 destinati alla Ucraina, non potevo non mettere anche il relativo video…

Non sarà sicuramente una «super arma» capace di cambiare da sola l’andamento della guerra, ma sarà sicuramente una delle componenti importanti della vittoria.


7 anni di cacrcere per gli adesivi

Il giovedì 16 novembre l’artista pietroburghese Sasha Skochilenko è stata condannata a 7 anni di carcere per avere applicato – in primavera 2022 – degli adesivi con il contenuto anti-guerra al posto dei foglietti con i prezzi in un supermercato della catena «Perekryostok» e per le sue dichiarazioni contro la guerra. Come probabilmente sapete, in Russia gli assassini vengono spesso condannati a pene inferiori di sette anni e, ultimamente, vengono pure graziati dopo sei mesi se accettano di uccidere un po’ di ucraini nella attuale guerra putiniana.
Quindi questa volta non ho avuto molti dubbi nello scegliere un articolo da proporvi per la lettura di questo sabato: leggete il resoconto giornalistico delle udienze finali sul «caso Skochilenko».
Purtroppo, questo non è l’unico caso perverso del moderno sistema «giudiziario» russo, ma ciò non rende la sentenza meno spregevole.


Il concetto della fine della guerra

Il martedì 14 novembre il presidente ucraino Zelensky aveva esposto per l’ennesima volta – questa volta ai giornalisti africani – due dei concetti-base:

If this is a stalemate and a frozen conflict, we must honestly say that our children will fight; or our grandchildren will fight. We have already lost a lot of people. Do we want to live like this, knowing that we will raise children who will definitely fight later?

Since Russia will come again if it is not put in its place. Be that as it may, the war must end. We want peace. Yes, this ending may be different, some may like it, some may not, but it is necessary. And it is necessary for evil to suffer. […] if Russia fulfils one point — respect for territorial integrity and the UN Charter, it will withdraw troops from our territory. This is the end of the war.

Sospetto che ai giornalisti africani non bisogna spiegarlo bene perché sanno molto meglio degli europei come funzionano le guerre. Gli europei sono fortunati ad averlo dimenticato, ma dovrebbero almeno capire che conviene fare in modo di non avere delle occasioni per ricordarlo.


Gli F-16 per l’Ucraia

Una delle grandi notizie è ancora un po’ più vicina…
In una base aerea militare vicino alla città di Feteşti, nel sud-est della Romania, è stato aperto un centro di addestramento europeo della NATO. In questo centro i piloti degli Stati-membri dell’Alleanza e i piloti ucraini saranno addestrati a pilotare i caccia F-16 forniti dai Paesi Bassi. I piloti ucraini inizieranno l’addestramento a dicembre, il corso dovrebbe durare sei mesi.
I Paesi Bassi forniranno all’Ucraina 42 aerei, alcuni dei quali saranno utilizzati solo per l’addestramento. Inoltre, pianificano di fornire gli F-16 la Danimarca (19 unità), la Norvegia (fino a 10 aerei) e il Belgio (non si sa ancora quanti aerei).
Ieri ho visto le prime foto di quel centro di addestramento. Continuare la lettura di questo post »


Le stime sulle perdite

La rivista The Economist riporta – senza indicare la propria fonte dell’informazione – che i funzionari americani stimano le perdite delle forze armate ucraine nella guerra con la Russia in circa 190.000 militari: almeno 70.000 morti e fino a 120.000 feriti.
Supponiamo che i dati sopra riportati siano effettivamente la «stima» dei funzionari americani: le autorità ucraine non diffondono i dati ufficiali per non informare l’esercito nemico e per non demoralizzare la propria popolazione. Si potrebbe anche ipotizzare che non forniscano le statistiche ufficiali sulle perdite umane ai fornitori degli aiuti militari perché temono le fughe di notizie e/o i forti contrasti politici nei parlamenti dei Paesi aiutanti. Ma a noi, a questo punto, dovrebbe essere relativamente indifferente sapere quali fossero esattamente le fonti dei dati di cui sopra per i redattori dell’Economist: basta leggere una serie di analisti non anonimi che conosciamo e scegliere la stima che ci convince di più…
P.S.: ai geni alternativi tipo Elon Musk potrei ricordare che non è Zelensky a mandare gli ucraini a morire in guerra, ma è Putin a mandare i russi a uccidere più ucraini possibile. Ma dopo quasi due anni di guerra sarebbe uno sforzo inutile.


La lettura del sabato

Per il consiglio ormai quasi tradizionale del sabato potrei selezionare, finalmente, qualche formato di testo un po’ diverso del solito. Per esempio, l’intervista con la madre di una delle vittime di quel tipo di personaggio che era stato arruolato da Evgeny Prigozhin per la guerra in Ucraina e poi graziato da Putin in base alla proposta fatta…
Potrebbe far capire qualcosa – qualcosa – su quali vie può prendere l’aggiustamento della comprensione dello Stato russo da parte della «gente comune» russa.


Zelensky e Zaluzhny

La Bloomberg scrive che l’ufficio del Presidente ucraino non vedrebbe dei segni di spaccatura tra la leadership militare e quella politica dell’Ucraina dopo l’intervista rilasciata dal comandante in capo delle forze armate ucraine Valery Zaluzhny alla rivista The Economist sulla situazione del fronte (io avevo già scritto di quella intervista).
Direi che in questo specifico caso il comunicato della Bloomberg è da considerare logico, razionale e quindi affidabile. Infatti, Valery Zaluzhny mi sembra, praticamente da quando è iniziata la guerra in Ucraina, uno dei più grandi geni militari dei nostri tempi: non solo per la sua capacità di affrontare il nemico con quei mezzi disponibili che non sono mai stati particolarmente abbondanti, ma anche per la sua capacità – manifestata pubblicamente in molte occasioni – di analizzare e spiegare la situazione bellica corrente. Di conseguenza, la crisi tra Zelensky e Zaluzhny trasformatasi in qualcosa di grave (per esempio, la rimozione del secondo) sarebbe una perdita enorme per l’Ucraina. Suppongo che Zelensky lo capisca e cerchi di fare tutto il possibile per evitare ogni forma di crisi.


I nuovi candidati all’UE

La Commissione europea ha raccomandato al Consiglio dell’UE di avviare i negoziati con l’Ucraina e la Moldavia per la loro adesione all’UE a una serie di condizioni. Inoltre, la Commissione ha raccomandato al Consiglio dell’UE di concedere alla Georgia lo status di Paese-candidato «a condizione che il Governo del Paese compia importanti passi di riforma».
A questo punto bisogna fare una constatazione abbastanza triste. È vero che i negoziati per l’adesione possono durare diversi anni (nel caso dell’Ucraina tale durata sarà di fatto dovuta anche alla attesa della fine della guerra), è vero che lo status del Paese-candidato può durare anche decenni, ma le raccomandazioni della Commissione arrivano comunque in uno dei momenti più sbagliati di sempre. Infatti, proprio in queste settimane abbiamo visto con la massima chiarezza – spero che lo abbiate visto anche voi – il colossale fallimento delle grandi organizzazioni interstatali. Di quelle organizzazioni come l’ONU o l’UE le cui decisioni principali devono essere prese all’unanimità in base al principio che tutti gli Stati-membri abbiano lo stesso peso e gli stessi diritti. Ma sulla pratica vediamo che questo principio idealista non funziona come si sperava.
Da un lato, alcuni Stati sfruttano il suddetto principio per difendere i propri comportamenti aggressivi con il potere di veto (succede prima di tutto all’ONU). Dall’altro lato, diversi Stati altrettanto poco responsabili sfruttano lo stesso principio per prostituirsi: letteralmente vendono il proprio voto (e il proprio veto) a quegli Stati che sono disposti a pagare (succede sia all’ONU che all’UE). Si potrebbe dunque logicamente dedurre che proprio il principio di uguaglianza abbia portato alla impossibilità di quelle grandi organizzazioni di fare qualcosa contro le guerre che sono attualmente in corso; ma anche contro quelle future. Quelle organizzazioni andrebbero dunque fortemente riformate o sostituite con qualcosa di nuovo e più adatto alla vita reale.
La Commissione europea, invece, continua a fare finta che vada tutto bene e raccomanda i negoziati con gli Stati nuovi, alcuni dei quali molto probabilmente andranno a «prostituirsi» come ho scritto prima (intendo prima di tutto la Georgia attuale perché è governata dai personaggi filo-putiniani e non intenzionati a lasciare il potere in un modo democratico). Probabilmente si tratta solo di un naturale istinto di sopravvivenza burocratica, ma è comunque un fenomeno tristissimo.


Le elezioni ucraine

Probabilmente alcuni di voi sanno che a marzo del 2024 in Ucraina avrebbero dovuto svolgersi le elezioni presidenziali; il presidente in carica Zelensky già in agosto 2023 aveva confermato la propria intenzione di candidarsi per il secondo mandato.
Ieri sera, però, nell’ormai tradizionale discorso serale alla nazione Zelensky ha detto:

We must realize that now is the time of defense, the time of the battle that determines the fate of the state and people, not the time of manipulations, which only Russia expects from Ukraine. I believe that now is not the right time for elections. And if we need to put an end to a political dispute and continue to work in unity, there are structures in the state that are capable of putting an end to it and giving society all the necessary answers. So that there is no room left for conflicts and someone else’s game against Ukraine.

[traduzione ufficiale dall’ucraino presa dal sito presidenziale]
Apparentemente Zelensky aveva la scelta tra due opzioni ugualmente peggiori: far svolgere le elezioni a marzo (quindi nel periodo regolare: in prossimità della scadenza del proprio mandato) ma solo su una parte del territorio ucraino (quello non occupato dall’esercito russo) oppure posticipare le elezioni ai tempi di pace (giustificandosi con lo stato di guerra vigente) ma rischiando di passare per dittatore in patria e all’estero.
Lo svolgimento delle elezioni ora, ai tempi di guerra, mette a rischio quelle unità nazionale e concentrazione che servono per condurre con successo la guerra. Il posticipo delle elezioni potrebbe mettere a rischio gli aiuti provenienti dall’estero (soprattutto dagli USA) in quanto alcuni politici potrebbero – a partire dal marzo 2024 – considerare Zelensky un presidente non legittimo.
A favore della scelta di Zelensky annunciata ieri per ora c’è solo una cosa relativamente concreta: i risultati delle ricerche sociologiche. Infatti, in un sondaggio condotto dall’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev nell’ottobre di quest’anno, l’’81% degli ucraini intervistati ha affermato che le elezioni dovrebbero tenersi dopo la guerra, mentre il 16% si è espresso a favore dello svolgimento delle elezioni nonostante la guerra.
Di conseguenza, per ora posso dire solo una cosa: Zelensky si è inventato un nuovo compito diplomatico difficile. Oltre a chiedere le armi all’Occidente, ora deve anche difendere la propria scelta sulle elezioni di fronte allo stesso Occidente. Io non sono in grado di dire se abbia fatto bene o male a non rischiare di distruggere l’unità politica interna nel corso di una guerra difensiva.


La visita tentata di Zelensky

Il Times of Israel, citando un diplomatico ucraino, scrive che il Presidente ucraino Vladimir Zelensky avrebbe avuto dei piani per recarsi in visita in Israele la prossima settimana, ma il viaggio potrebbe essere cancellato a causa di fughe di notizie sulla visita.
Nel fatto della cancellazione della visita non c’è alcunché di strano: per motivi di sicurezza, durante la guerra Zelensky fa solo i viaggi-sorpresa (sorpresa per tutti tranne i servizi di sicurezza ucraini e dello Stato di destinazione).
Allo stesso tempo, bisogna capire che non c’è alcunché di strano nemmeno nella intenzione di andare in Israele (il quale aveva in precedenza negato l’aiuto militare alla Ucraina attaccata). Infatti, Zelensky e i vertici israeliani potrebbero logicamente ipotizzare che i futuri aiuti militari statunitensi vengano realmente approvati come un «pacchetto unico» proposto da Biden. E, di conseguenza, vorrebbero mostrare al Congresso statunitense che aiutare l’uno significa aiutare anche l’altro: per convincere entrambi partiti ad approvare il suddetto pacchetto a favore di un fronte unito contro gli antidemocratici.
Direi che è una logica che può essere presa in considerazione.