L’archivio del tag «guerra»

Parliamo di qualcosa di sacro

Alla vigilia di Natale ortodosso pure io, un apateista eterno, mi sento in dovere di 1) essere più buono e 2) condividere con i miei lettori qualche notizia sacra.
Bene, ora ci provo.
Il 3 gennaio è passata una notizia in Russia:

Un’arca con una reliquia del santo ortodosso Ilya Muromets è stata consegnata ai militari della Buryatia nella zona della Operazione Militare Speciale. D’ora in poi, egli diventerà il patrono spirituale dei soldati che svolgono missioni di combattimento nell’area meridionale di Donetsk.
La cerimonia di consegna si è svolta in una delle chiese del campo militare. In onore dell’evento si è tenuto un servizio di preghiera in cui i presenti hanno potuto venerare le reliquie di San Ilya Muromets.

Ovviamente, tutti voi sanno che con l’espressione «Operazione Militare Speciale» lo Stato russo definisce la guerra invasiva in Ucraina. Ma non tutti sanno chi sia «stato» il personaggio mitologico Ilya Muromets.

Ebbene, egli è ritenuto il più grande (in tutti i sensi) dei leggendari bogatyri, antichi cavalieri erranti russi. In base alle relative leggende, avrebbe operato nella seconda metà del XII secolo. Uno dei dettagli più importanti della sua vita: fu a servizio del principe di Kiev, aiutò a difendere il Principato da nemici facendone fuori delle quantità leggendarie.
Cosa dite, sono riuscito nel mio compito natalizio? Ho portato qualcosa di positivo nelle vostre vite?


Il Capodanno in Ucraina

Tra le varie cose lette e viste ieri sui festeggiamenti del nuovo anno in giro per il mondo, non potevo naturalmente saltare i reportage sulla notte di Capodanno in Ucraina… Da tempo alcune persone residenti in diverse città ucraine mi dicono che da loro la guerra si percepisce – dal punto di vista della vita quotidiana – solo quando suonano le sirene per un ennesimo attacco aereo o va via la corrente elettrica. Per uno come me che sta al sicuro è difficile valutare, ma suppongo che spesso lo dicano anche per farsi un po’ di coraggio e/o per non mostrarsi arresi. Comunque sia, mi fanno una certa impressione certe immagini viste ieri.
Per le vie di Kiev, per esempio, si vedono gli alberi fatti di munizioni consumate:

E i «fuochi» utilizzati per Continuare la lettura di questo post »


La lettura del sabato

Il 2024 sta per finire, dunque è giunto il momento di aggiornare alcune statistiche.
Per esempio: nel corso di quest’anno è raddoppiato il numero dei processi ai militari russi che si sono rifiutati di prestare il servizio. È logico presumere che l’aumento dei processi sia dovuto anche all’aumento dei «delitti»…
L’articolo che vi segnalo sull’argomento è talmente breve che non ha alcun senso tentare di riassumerlo: semplicemente, va letto.


Tre mila nordcoreani

Nel proprio tradizionale discorso serale alla nazione il presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato che più di tremila soldati della Corea del Nord – che combattono al fianco dell’esercito russo – sono già stati uccisi o feriti nel corso delle operazioni militari nella regione di Kursk:

La Russia si sta semplicemente sbarazzando di loro durante gli assalti. Perché i coreani dovrebbero combattere per Putin, nessuna persona normale sulla terra risponderebbe. E, purtroppo, il mondo non sta facendo quasi nulla per contrastare la collaborazione criminale tra Russia e Corea del Nord. Anche se è una minaccia per ogni Stato: accanto alla penisola coreana, alla Cina, ad altri Stati della nostra regione e in qualsiasi altra parte del mondo.

Ci sono solo due considerazioni da aggiungere a queste parole. In primo luogo, nessun nordcoreano chiederebbe il perché. In secondo luogo, nessuno dei due sovrani – quello russo e quello nordcoreano – si sentirebbe tenuto a rispondere. Di conseguenza, i politici occidentali che pensano di poter risolvere il problema della guerra in 24 ore o in qualsiasi altro periodo di tempo più o meno ristretto, devono ricordarsi che sono solo loro a poter esercitare la pressione sul nemico.
Lo dico perché ho la sensazione che, stranamente, non tutti lo hanno ancora capito…


La lettura del sabato

Solo ieri sera me ne sono accorto, e già oggi vi informo: il media Mediazona ha prontamente preparato e pubblicato, già il giorno dell’assassinio (il 17 dicembre), una raccolta di tutte le teorie cospirative del tenente generale russo Igor Kirillov (il quale, tra l’altro, era il capo delle Forze di Difesa dalle Radiazioni, Chimica e Biologica). Io, personalmente, mi ricordavo di quelle sue teorie, ma non in tutti i dettagli.
In ogni caso, condivido con voi questa lettura affascinante.
P.S.: è possibile che il tenente generale Igor Kirillov sia stato fatto saltare in aria (vi sarà capitato di leggere di questo evento?) banalmente nel corso di una normale lotta di concorrenza interna all’esercito russo, ma vorrei tanto tifare per la versione di una operazione punitiva speciale da parte dell’esercito ucraino: hanno tutte le ragioni per farlo e, sono sicuro, il desiderio e, spero, le capacità.


Il Presidente ucraino Vladimir Zelensky ha dichiarato – in una intervista al quotidiano francese Le Parisien – che l’esercito ucraino non può riprendere la Crimea e il Donbas con le proprie forze:
Non possiamo rinunciare ai nostri territori. La Costituzione ucraina ce lo vieta. Di fatto, questi territori sono ora controllati dai russi. Non abbiamo la forza di restituirli. Possiamo solo contare sulla pressione diplomatica della comunità internazionale per costringere Putin a venire al tavolo dei negoziati.
E, allo stesso tempo, ha sottolineato che ai negoziati si va solo trovandosi in una posizione adeguata:
Sedersi al tavolo dei negoziati con Putin a queste condizioni significherebbe dargli il diritto di decidere tutto nella nostra parte del mondo. Prima dobbiamo sviluppare un modello, un piano d’azione o un piano di pace – chiamatelo come volete. Poi possiamo presentarlo a Putin o, più in generale, ai russi.
In assenza del sostegno militare sperato e nelle condizioni del conseguente allungarsi della guerra (con la tendenza verso l’infinito, direi) tutte le parole appena riportate sembrano logiche. Anche se non mi basta la fantasia per immaginare (oggi) con quali mosse diplomatiche si possa costringere Putin a restituire la Crimea: non vorrà apparire sconfitto, soprattutto se non lo sarà realmente, e rinunciare al proprio principale «successo» degli ultimi dieci anni.
Evidentemente, ora Zelensky si sta psicologicamente preparando all’idea di dover elemosinare pure il sostegno diplomatico internazionale dopo la fine dei combattimenti: proprio come per ora sta succedendo con gli armamenti. Ma ha il difficile compito di dover spiegare due concetti:
1) il sostegno diplomatico deve comunque essere rinforzato, in questo specifico caso, con le armi;
2) il sostegno diplomatico insufficiente o tardivo farà sentire Putin un vincitore autorizzato a fare qualsiasi altra guerra.
Avendo visto il modo di fare dei burocrati occidentali, non sono molto ottimista…


Trump sui missili americani

In una intervista alla rivista Time, che lo ha nominato uomo dell’anno 2024 (a proposito: un raro caso in cui la scelta sembra assolutamente logica), il presidente eletto degli USA Donald Trump si è espresso contro la possibilità di permettere alla Ucraina di colpire il territorio russo con missili statunitensi a lungo raggio:

«I disagree very vehemently with sending missiles hundreds of miles into Russia. Why are we doing that? We’re just escalating this war and making it worse.

Se a dirlo non fosse stato Trump, avremmo avuto un altro motivo per indignarci. Anche se innumerevoli deficienti hanno già in qualche modo definito l’autodifesa ucraina – in corso o programmata – con il termine «escalation». Trump, invece, può affermare ogni giorno qualcosa di nuovo: non quello che pensa, non quello che intende fare e non quello che realmente farà. Mentre ciò che pensa, ciò sta per fare e ciò farà effettivamente non è sempre noto, secondo me, nemmeno a lui.
Quindi mi sembra che è troppo presto per dispiacersi per l’Ucraina. È probabile che dovremmo, al contrario, «congratularci» con Putin per l’arrivo di un poliziotto imprevedibile. Non «buono» o «cattivo», ma proprio imprevedibile.
E Trump, da parte sua, si è già dimenticato della propria dichiarazione.


L’aiuto ucraino alla Siria

Il Washington Post scrive che l’Ucraina avrebbe fornito aiuti militari agli oppositori del regime di Bashar al-Assad in Siria poco prima del suo rovesciamento: quattro o cinque settimane fa l’intelligence ucraina avrebbe consegnato 150 droni ai ribelli e ha inviato in Siria 20 persone esperte nel pilotaggio di droni.
In precedenza, le autorità ucraine avevano già riferito della loro intenzione di combattere contro i mercenari russi in Siria. Per esempio, a giugno il Kyiv Post aveva pubblicato un articolo sulle forze speciali ucraine che combattono al fianco dei ribelli contro il governo di Bashar al-Assad e l’esercito russo che lo sostiene. A luglio, poi, si è saputo che l’esercito ucraino aveva colpito una base aerea russa all’interno del Paese.
Non ho dei motivi per non credere a tutte le notizie appena citate anche se a prima vista potrebbero sembrare illogiche. È vero che l’esercito ucraino dovrebbe essere concentrato sulle problematiche molto più attuali, ma i suoi interventi in Siria – sicuramente di portata non particolarmente ampia – perseguivano, in realtà, un importante obbiettivo diplomatico. Infatti, la sconfitta putiniana in Siria (considerato quanto si era in precedenza impegnato a sostenere Assad, si tratta di una sconfitta e di una sconfitta sua) è un brutto colpo per la sua immagine. Ora i leader degli Stati occidentali dovrebbero vedere con la massima chiarezza che l’esercito putiniano è ancora più debole di quanto vediamo sull’esempio della guerra in Ucraina. In sostanza, sta già dando il massimo e non ha le risorse per altre missioni importanti per Putin. Di conseguenza, non dovrebbe avere le risorse nemmeno per agire con ancora più intensità sul fronte ucraino.
Tutto questo induce a pensare che la posizione di Putin nelle ipotetiche trattative sulla situazione in Ucraina non può essere forte. I sostenitori della Ucraina sanno dunque come comportarsi. E meno male.


Le fantasie della Bloomberg

L’agenzia Bloomberg scrive che la NATO avrebbe cambiato la propria strategia sulla Ucraina: ora gli Stati-membri non cercherebbero di assicurare la vittoria della Ucraina nella guerra, ma di darle la posizione più favorevole nei colloqui di pace o di aiutarla a contenere l’offensiva russa. Il cambiamento della strategia, secondo l’agenzia, significa che la NATO sta «raddoppiando gli sforzi» per fornire armi alla Ucraina in considerazione del fatto che l’esercito ucraino sta «perdendo gradualmente terreno», il che aumenta, a sua volta, la probabilità che il conflitto si blocchi con la perdita dei territori occupati dalla Russia.
Ebbene, quanto appena riassunto testimonia per l’ennesima volta il fatto che gli autori della Bloomberg vivono in un mondo alternativo, si inventano le notizie a caso e poi si mettono pure a «interpretarle». Qualcuno di voi si era accorto degli sforzi degli Stati-membri della NATO per garantire la vittoria della Ucraina? È un po’ difficile vincere con i caschi e le tende (nei primi sei mesi della guerra gli «sforzi» erano quelli) o con pochi carri armati e aerei arrivati dopo mesi o addirittura anni di richieste. Qualcuno può immaginare come si possa rafforzare radicalmente la posizione ucraina con il doppio di quegli aiuti minimi? Per me è una cosa un po’ difficile da immaginare.
Vista la tendenza del comportamento dei membri della NATO da una parte e della evoluzione dei discorsi pubblici di Zelensky dall’altra (secondo me è diventato meno radicale nelle proprie descrizioni della fine dei combattimenti), capisco che si arriverà presto a una qualche forma di trattative. Le trattative che faranno contenta una delle due parti della guerra significheranno però la sconfitta della parte opposta: nessuna delle due lo potrà accettare, anche se Putin, in teoria, ha più possibilità nel vendere ai propri elettori qualsiasi risultato come una grande vittoria.
Di conseguenza e purtroppo, siamo quasi costretti a sperare nell’ultima cosa che ci rimane: le abilità di Trump di condurre le trattative commerciali aggressive. Bisogna solo trovare il modo di mettergli in testa l’idea che deve costringere Putin a una qualche forma di resa. Una missione facilissima la nostra, ahahaha


L’accoglienza kazaka

L’altro ieri, il 27 novembre, Putin è arrivato con una visita di Stato in Kazakistan. Quel giorno aveva avuto un colloquio con il presidente kazako Kasym-Jomart Tokayev ad Astana, mentre ieri ha partecipato al vertice della OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva) ad Astana.
Ebbene, il 27 novembre su uno schermo pubblicitario del centro di Astana (vicino al Teatro dell’Opera) è stata proiettata la bandiera della Ucraina al posto di quella russa. Il Ministero degli Interni del Kazakistan ha annunciato l’apertura di un procedimento penale per l’«incidente», lo schermo è stato presto spento e nella mattinata di giovedì 28 novembre non era ancora stato rimesso in funzione.

Io non so e non posso indovinare se l’«incidente» sia stato l’azione di una persona singola e indipendente oppure inventata da qualche funzionario: in una zona del genere di una città del genere sono possibili entrambe le opzioni. Ma, in ogni caso, il fatto mi diverte molto. Da una parte, il Presidente kazako Takayev non si è mai mostrato infinitamente grato a Putin per l’aiuto militare a gennaio 2022 durante le proteste di massa locali e non ha fretta di sostenerlo nella guerra contro l’Ucraina (politicamente è molto più vicino alla Cina). Dall’altra parte, in Kazakistan, oltre ai cittadini locali non proprio contenti per l’esistenza di un vicino come la Russia di oggi, vivono e lavorano tantissimi russi che per motivi politici si sono trasferiti dopo l’inizio della guerra.
Insomma, Putin ha fatto una delle proprie rare visite internazionali in un ambiente che difficilmente poteva dimostrarsi particolarmente amichevole nei suoi confronti. Non mi dispiace assolutamente che sia successo proprio così.