Quando Thierry Breton, il Commissario europeo per il mercato interno e i servizi, afferma che l’UE non avrebbe bisogno del vaccino russo «Sputnik V», dobbiamo ricordare una cosa fondamentale. Non è stata rifiutata l’importazione di un farmaco (a quanto pare, di qualità accettabile, e comunque importante per la salute pubblica). È stata invece sottolineata l’opportunità di destinare le risorse produttive ai vaccini di qualità più certa e, a volte, meno costosi.
Lo «Sputnik», infatti, è caratterizzato da un problema che in un certo senso rende inutile la discussione su tutti gli altri suoi aspetti: la Russia non ha mai avuto i mezzi per una sua produzione in serie. Di conseguenza, cerca di vendere in giro per il mondo la tecnologia, ma non il prodotto finale.
Quindi, niente «panico»: chi vuole allarmarsi, si allarme per lo stato della produzione in generale.
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Lo scrivono pure i giornali italiani: ieri l’UE e gli USA hanno adottato – in risposta alla persecuzione dell’oppositore Alexey Navalny – delle sanzioni contro alcuni alti funzionari russi.
In merito a tale notizia il concetto fondamentale da sapere è semplice: tutte le sanzioni del genere sono completamente inutili. Infatti, la grande maggioranza dei personaggi direttamente interessati non viaggia all’estero da anni (salve le rarissime, eccezionali, visite di lavoro presso alcune organizzazioni internazionali), tiene la maggioranza delle proprie ricchezze nelle banche russe (Vladimir Putin si è impegnato per anni a convincerli) e, allo stesso tempo, non ha alcun motivo di preoccuparsi per i parenti eventualmente residenti negli Stati occidentali. Di conseguenza, tutti i funzionari «sanzionati» non si sentono assolutamente scomodati.
Di fronte a tale situazione potremmo chiederci: perché l’UE e gli USA hanno adottato delle sanzioni del genere? Non si saranno accorti già nelle situazioni precedenti che tale modo di fare non produce alcun effetto? Ecco, in realtà la risposta è semplice: le sanzioni del genere vengono regolarmente adottate solo per mostrare la posizione dei leader occidentali nei confronti della politica russa (di solito quella internazionale, ma da poco anche quella interna). Allo stesso tempo, però, non si capisce quali altri obiettivi si vorrebbe raggiungere con l’uso dello strumento politico chiamato «sanzioni». E in assenza degli obbiettivi precisi vengono logicamente inventati degli strumenti inutili. Inoltre, è abbastanza evidente l’impossibilità di inventare delle sanzioni efficaci e, in contemporanea, continuare a comprare le risorse naturali (necessarie per il funzionamento della propria economia) e a evitare di colpire i cittadini comuni della Russia.
A questo punto non mi resta altro che constatare: è assolutamente normale la situazione in cui i politici siano più preoccupati per gli interessi nazionali che per i problemi interni di uno Stato lontano. Così, anche la Russia risolverà i propri problemi interni senza ricorrere all’aiuto esterno. Sarà una cosa bellissima nella sua normalità.
Pare che i capi di Stato e di Governo europei si sono già messi d’accordo (con una velocità che mancava da decenni, ahahaha) sulla opportunità di accogliere la proposta greca: introdurre prima dell’estate il «passaporto vaccinale» digitale che permetta agli europei vaccinati contro il Covid-19 di circolare liberamente in UE.
In merito a questa notizia positiva, posso fare due osservazioni.
Prima di tutto, sono contento che ci siano arrivati a concordare uno strumento digitale, quindi più difficilmente falsificabile.
In secondo luogo, spero che ora qualcuno vada oltre il piccolo traguardo già raggiunto e proponga di concedere dei permessi almeno temporanei alle persone con gli anticorpi. Allargare l’insieme delle persone (o, se preferite, lavoratori e consumatori) liberi sarebbe una cosa giusta e conveniente.
Bene, il Governo greco propone ancora una volta all’UE di valutare l’opportunità di introdurre il «passaporto vaccinale». L’obiettivo sarebbe quello di consentire alle persone già vaccinate contro il Covid-19 di viaggiare in tutta Europa, salvando dunque almeno la stagione turistica estiva del 2021.
Allo stesso tempo, mi è capitato di leggere diverse osservazioni sulla presunta discriminazione delle persone non vaccinate che deriverebbe dalla introduzione di un «passaporto» del genere.
A questo punto va constatato che i critici della proposta greca si sono svegliati un po’ tardi: più o meno tutte le limitazioni agli spostamenti locali, nazionali e internazionali introdotti in giro per il mondo (dunque anche nell’UE) hanno in realtà poco di legale. Di conseguenza, è abbastanza facile ipotizzare una sensibile quantità di cause giudiziarie contro i vari governi in un futuro neanche tanto lontano, quando i mesi (o gli anni) della pandemia passata verranno analizzati dagli umani in un modo più razionale che emotivo. L’introduzione di una misura giuridicamente discutibile in più non cambierebbe orami la situazione generale in un modo radicale.
Al giorno d’oggi, però, il «passaporto vaccinale» svolgerebbe almeno due funzioni importantissime. In primo luogo, permetterebbe di evitare il secondo anno economicamente catastrofico di fila. Certo, viste le dinamiche della vaccinazione, non si tratta di tornare ai livelli turistici del 2019, ma nemmeno riempire le zone di vacanza con le sole persone che accettano il rischio (e ribadisco che le persone adulte devono avere la possibilità di rischiare come pare a loro).
In secondo luogo, il «passaporto vaccinale» costituirebbe una arma potentissima contro i militanti dell’antivaccinismo (che stranamente esistono ancora su questo pianeta): si saranno stancati pure loro di essere prigionieri della loro città, Regione o Stato.
E quindi spero che facciano questo «passaporto vaccinale»: ci servirà tanto anche a livello nazionale, nella vita quotidiana.
Ho appreso una notizia apparentemente piccola, ma in realtà interessantissima. I doganieri olandesi hanno iniziato a sequestrato ai camionisti britannici (che arrivano con il traghetto a Hoek van Holland) i panini con il prosciutto. Perché? Perché dopo il Brexit anche per l’Inghilterra vige il divieto di importare verso l’UE la carne…
È veramente curioso che il pranzo personale di una persona sia ora equiparato all’import commerciale. Ed è veramente triste che l’UE sia così meschina e vendicativa. Anche se capisco che si vuole evitare in tutti i modi gli altri casi di uscita dall’Unione.
Il summit dei leader dell’UE, previsto per il 24 e il 25 settembre, è stato rinviato all’inizio di ottobre perché il presidente del Consiglio europeo Charles Michel è finito in quarantena dopo il contatto con una persona positiva al Covid-19. Di questi tempi è una situazione quasi quotidiana che da sola non avrebbe costituito una grossa notizia. Ma io, a sorpresa, la posso utilizzare come un pretesto per tornare a scrivere della Bielorussia.
Infatti, al summit posticipato si sarebbe dovuto discutere anche delle sanzioni nei confronti dei vertici bielorussi che si intenderebbe applicare in reazione alle famose elezioni presidenziali «vinte» ancora una volta da Aleksander Lukashenko. Ebbene, da una parte non penso che tali sanzioni possano essere concordate da tutti gli Stati-membri dell’UE in tempi ragionevoli (la ricerca dell’unanimità non aiuta) e che siano capaci di creare un disagio sensibile a Lukashenko (la sua vita professionale e privata passa quasi esclusivamente in Bielorussia). Dall’altra parte, poi, sento sempre più notizie sul presunto trasloco già avvenuto dei figli e nipoti di Aleksander Lukashenko in Russia. Così, per esempio, il diciasettenne terzo figlio Nikolai — il «preferito», colui che avrebbe dovuto un giorno diventare il successore sul trono presidenziale — sarebbe già iscritto al super protetto «liceo presidenziale» situato vicino a Mosca.
Il 5 novembre 2020 termina l’attuale mandato presidenziale di Lukashenko, e il Parlamento Europeo ha già dichiarato di non intendere a ritenerlo un presidente legittimo a partire da quella data. Ma, se le notizie giunte a me (e non solo) dovessero essere vere, non è convinto tanto nemmeno lui della reale possibilità di rimanere al potere ancora a lungo. Di conseguenza, l’UE fa bene a temporeggiare: le prese di posizioni dure ma inutili non hanno mai fatto bene a nessuno.
Siate saggi come i burocrati come l’UE, indovinate le situazioni in cui perdere tempo è una soluzione valida!
Sicuramente lo avete già letto: è stato raggiunto l’accordo sul Recovery Fund. All’Italia, in particolare, vanno 81,4 miliardi di aiuti «gratuiti» e 217,4 di prestiti. Ma il punto che a noi interessa di più è il momento nel quale dovrebbe iniziare la restituzione del debito: a partire dal 2027.
A questo punto non tutti potrebbero rendersi conto di un aspetto in un certo senso paradossale: alle persone comuni conveniva un debito più grande possibile. Perché? È semplice, cercate di seguire la logica.
I debiti vanno restituiti e per farlo bisogna in qualche modo guadagnare dei soldi.
I Capi di Stato e di Governo che raggiungono gli accordi sui debiti non producono e non guadagnano, quindi pagano i debiti concordati con i soldi dei cittadini (nel linguaggio popolare si chiamano tasse).
Per pagare le tasse il comune cittadino deve lavorare.
Per pagare con le proprie tasse un debito pubblico alto il cittadino comune deve lavorare tanto.
Per lavorare tanto… tutti devono avere la possibilità di lavorare tanto (ma in realtà anche di spendere tanto per fare lavorare gli altri).
Di conseguenza, tenendo in mente il momento della restituzione, ci accorgiamo che ogni miliardo di debito in più verso l’UE riduce ulteriormente il rischio di un nuovo lockdown del cazzo*.
A questo punto potrei anche dire, in merito all’accordo raggiunto, che poteva andare peggio. Ma l’espressione significa che il prestito (= debito) poteva essere ancora più basso.
* Uno Stato del Nord Europa è stato molto criticato dalla gente isterica per non avere introdotto il lockdown. Tantissime persone hanno sottolineato il numero dei contagiati e dei deceduti più alto rispetto agli Stati vicini. Tutti i critici hanno preferito dimenticare che quello Stato – rispetto ai vicini – ha il numero più alto delle case di cura (luoghi di alta concentrazione delle persone altamente a rischio) e dei ghetto per gli immigrati (dove è difficile imporre qualsiasi regola, compreso l’eventuale lockdown). Sempre gli stessi critici isterici si dimenticano di riconoscere che in quello Stato, alla fine, non è alcunché di più grave rispetto alla media mondiale, anzi. E che ora i numeri sono migliori a molti altri Stati europei.
Come avrete già letto, il Tribunale UE ha annullato la decisione della Commessione europea del 2016 in base alla quale la Apple avrebbe dovuto pagare ulteriori 13 miliardi di euro di tasse in Irlanda. Secondo la Commissione, il regime fiscale agevolato irlandese avrebbe messo la Apple in una situazione di vantaggio ingiustificato rispetto agli altri attori del mercato. L’Irlanda, da parte sua, continuava a difendere la propria politica fiscale che le permette da anni di essere una meta europea preferita delle aziende-produttrici di alte tecnologie.
Cosa possiamo constatare grazie a questa notizia? Possiamo constatare che il peggio del populismo politico mondiale sarà sconfitto nei tribunali: anche se i giudici non potrebbero (e forse non dovrebbero) dichiarare di avere una missione del genere. Ma il dato di fatto rimane. Ci ricordiamo ancora bene come gli USA erano stati salvati dai numerosi decreti «strani» di Donald Trump nei primi mesi della sua presidenza. Ora, invece, vediamo come l’Europa può essere salvata dal socialismo parassitario caro a certi membri della Commissione. Se uno Stato facente parte dell’UE vuole esercitare la propria sovranità attraverso la creazione delle condizioni per lo sviluppo (e non limitarsi a tosare le pecore che non sono ancora scappate all’estero), deve avere il diritto di farlo. Deve avere la possibilità di difendere questo diritto. Altrimenti, prima o poi, vedremo concretizzarsi delle analogie del Brexit.
Molto probabilmente l’anno in corso è il più adatto per augurare a tutti i miei lettori europei una buona Festa dell’Europa.
Di quella Europa che attualmente viene criticata per ogni genere di male tranne quelli realmente imputabili. Di quella Europa i cui difetti sono accompagnati dai non meno evidenti vantaggi.
Quindi auguro a tutti i lettori con diritto di voto di riuscire a eleggere – il 26 maggio – dei candidati consci del fatto che la popolarità e l’efficienza dell’Europa dipendono, in una buona misura, da due cose:
1) non è necessario regolamentare le cose che non hanno bisogno di essere regolamentate;
2) le tendenze socialiste nel diritto e nell’economia non rappresentano lo sviluppo ma lo bloccano.
Conosco personalmente (anche se poco) un candidato, ma mi sono imposto la regola di non pubblicizzare i politici (anche quelli aspiranti).
P.S.: gli interessati alla Festa della Vittoria russa possono rileggere il mio post sull’argomento del 2017.
La Commissione europea ha multato Google per altri 4,34 miliardi di euro. Questa volta il pretesto sarebbe la «imposizione illegale» degli strumenti di ricerca della Google sui dispositivi con l’Android.
Potremmo ipotizzare due spiegazioni a tale idiozia. Per esempio, potremmo ipotizzare che la Commissione abbia deciso di non abbandonare la tecnica tipica del socialismo: derubare chi guadagna (Google) per finanziare la tranquilla nullafacenza di chi non è capace di farlo (i membri della Commissione).
Oppure potemmo ipotizzare che in forza alla età avanzata, analfabetismo digitale (spesso è la conseguenza dell’età) e/o limitate capacità cognitive, i membri della Commissione non sanno che su Android può essere installato qualsiasi strumento di ricerca alternativo a quello esistente per default. Inoltre, può essere installato sia dal produttore del telefono che dal suo utente privato. In forza ad almeno una delle ragioni elencate poco prima i Commissari non comprendono nemmeno la logica «nel sistema operativo di mia produzione includo lo strumento di ricerca di mia produzione».
Entrambe le ipotesi, naturalmente, vanno prima di tutto applicate alla commissaria per la concorrenza Margrethe Vestager. E spero che nessuno le racconti della esistenza degli iPhone!
A questo punto il CEO del Google Sundar Pichai dichiarò che l’Android potrebbe smettere di essere un sistema operativo gratuito. Di conseguenza, come potete facilmente immaginare, aumenteranno i prezzi finali di tutti gli smartphone con l’Android. Ringraziate pure la commissaria Margrethe Vestager. E ripensate ancora a quale delle due ipotesi scegliere.