L’archivio del tag «eu»

La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è arrivata a Kiev per la terza volta dall’inizio della guerra. Lo ha fatto con l’obbiettivo di discutere con il presidente Zelensky su «come avvicinare le nostre economie e i nostri popoli mentre l’Ucraina si avvia verso l’adesione all’UE».
Io non ho delle spie nei palazzi istituzionali di Kiev, ma so già benissimo come possono essere avvicinarsi le due economie e i due popoli: l’UE dovrebbe trovare il modo di fornire più armamenti seri all’esercito ucraino. Solo dopo tale azione tutti i discorsi sulla futura adesione ucraina all’UE potranno avere qualche senso pratico. Infatti, il primissimo requisito da rispettare per diventare, prima o poi, uno Stato-membro dell’UE è l’esistenza fisica del candidato stesso.
Vladimir Zelensky sta chiedendo — anche pubblicamente — più armamenti ormai da quasi sette mesi, ma, a quanto pare, Ursula von der Leyen non lo ha ancora sentito.


Un buon tentativo, ma

Imporre un «tetto» ai prezzi del petrolio e del gas russi è una idea politicamente curiosa, ma economicamente mi sembra un po’ dubbia. Lo è per almeno due motivi. A breve termine, con il prezzo massimo che impone l’Europa, le risorse naturali russe potrebbero diventare più richieste nel mondo: se l’UE dovesse dire «invece di 100, paghiamo al massimo 50», l’ipotetica India potrebbe dire «noi prendiamo tutto a 52 e a voi conviene accettare perché altrimenti non vendete proprio». A questo punto la Russia continua a incassare, l’India risparmia e l’Europa rimane senza le nuove forniture di petrolio (e con meno gas). Fortunatamente, l’Europa ha già le scorte sufficienti per passare serenamente l’inverno, ma, intanto, l’obbiettivo politico di togliere i soldi al regime di Putin non funzionerà.
A lungo termine, poi, il prezzo massimo del petrolio e del gas potrebbe contribuire a cambiare più velocemente la logistica del mercato globale del petrolio. La Russia cercherà e sicuramente troverà altri acquirenti, i quali, a loro volta, rivenderanno lo stesso petrolio all’Europa.
C’è una soluzione migliore rispetto a quella appena partorita in UE? Boh, per ora non lo so. Per fortuna, io non sono pagato per inventarla. A differenza dei vertici europei.


Gli effetti delle sanzioni

Alla fine di maggio l’Unione Europea aveva approvato un embargo parziale sulle importazioni del petrolio russo. Una eccezione era stata fatta solo per le forniture di petrolio attraverso il ramo meridionale dell’oleodotto «Druzhba» verso Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia (i tre Stati più dipendenti dalle forniture russe).
Il 10 agosto l’azienda ucraina Ukrtransnafta ha interrotto il pompaggio di petrolio dalla Russia all’Ungheria, alla Repubblica Ceca e alla Slovacchia attraverso il ramo meridionale dell’oleodotto «Druzhba». È successo perché l’azienda ucraina fornisce i servizi di trasporto del petrolio con pagamento anticipato al 100%, mentre l’azienda russa Transneft non è stata in grado di effettuare un nuovo pagamento a causa delle sanzioni contenute nel «settimo pacchetto» adottate dall’Unione Europea alla fine di luglio.
Capisco l’utilità e il senso delle sanzioni, ma allo stesso tempo spero che i dettagli come quello appena illustrato vengano inseriti sui manuali di storia dell’UE. Prima o poi qualcuno riuscirà imparare qualcosa dalla storia?


Ci vorrebbe un po’ di serietà

Ho letto che il Comitato dei Rappresentanti Permanenti dell’UE (Coreper) ha approvato il settimo pacchetto di sanzioni contro la Russia. Tali sanzioni dovrebbero entrare in vigore oggi, il 21 luglio.
Da quello che ho letto fino a questo momento, le uniche sanzioni in qualche modo per me interessanti sono quelle contro 48 persone fisiche e istituzioni. Tra le persone fisiche ci sarebbero politici, militari, imprenditori e propagandisti… In particolare, ci sarebbero anche i membri del club di motociclisti «Nochnye Volki» («Lupi notturni»).
Ecco, quest’ultimo dettaglio è veramente ridicolo. Infatti, da una parte è vero che il club in questione è un gruppo di buffoni pro-putiniani (ma i bikers come caz*o possono essere pro-governativi?! è un classico esempio di ossimoro!), guidati da un famosissimo idiota completamente dislessico (Aleksandr Zaldastanov). Ma, dall’altra parte, non posso non constatare che negli ultimi anni questo club è stato un po’ dimenticato dagli abitanti del Cremlino: le sue iniziative non vengono più finanziate come una volta e non vengono pubblicizzate dalla televisione di Stato. In sostanza, i «Nochnye Volki» sono stati «scaricati» addirittura ben prima della pandemia, ma gli autori delle sanzioni europee non se ne sono proprio accorti e hanno quindi fatto ridere un po’ anche quei russi che non hanno mai appoggiato la politica di Putin. Perché con tutto quello che sta succedendo in Russia e nel mondo negli ultimi anni il club «Nochnye Volki» era stato quasi dimenticato dalla gente. Mentre l’UE dimostra di essere a) poco aggiornata e b) ormai incapace di inventare delle sanzioni più serie.


Il doppio taglio

Non so se tutti abbiano già letto di una nuova grande vittoria del «tattico geniale» (ahahaha, ormai posso iniziare a pubblicare una serie di post specifici sull’argomento). Questa volta mi riferisco all’uso del gas naturale in qualità di una arma economica contro l’Occidente.
Ebbene, il giugno è stato il primo mese nella storia – praticamente dagli anni ’70 del secolo scorso – in cui l’UE ha importato più gas sotto forma di GNL dagli Stati Uniti che attraverso i gasdotti dalla Russia.

Ma dato che quasi sicuramente ve ne siete già accorti tutti, posso aggiungere qualche altra piccola osservazione utile, anche se non tanto sconosciuta. In sostanza, in questo periodo la Gazprom si sta autocancellando dal mercato europeo. In parte questo fenomeno è dovuto alla volontà di Putin di ricevere i pagamenti in rubli, in parte a causa delle sanzioni occidentali e in parte a causa delle «sanzioni di risposta» russe. Il risultato di tutto questo è molto curioso:
1) gli Stati europei hanno deciso – logicamente – di porre fine alla dipendenza dalle risorse naturali russe, ma si sono rese conto di realizzare tale progetto in pochi mesi: di conseguenza, i prezzi sono cresciuti bruscamente;
2) la Gazprom (tradotto in italiano parlato significa Putin) ha deciso di non sfruttare la situazione: anzi, insiste nel ridimensionare la propria posizione sul mercato europeo per non incassare troppo.
Ed ecco che è arrivato il momento della domanda di fine capitolo: contro chi viene utilizzata la famosa arma economica?
Proviamo a rispondere senza ridere.


I nuovi candidati all’UE

Come era facilmente prevedibile, ieri il vertice dei leader dell’UE ha concordato lo status di candidato all’UE per l’Ucraina e la Moldavia. Ha dunque seguito le raccomandazioni della Commissione europea.
Considerando che nel mondo esistono da tempo anche alcuni altri potenziali candidati allo status di candidato (sono abbastanza sicuro di Azerbaijan, Armenia, Bosnia ed Erzegovina, Georgia, Kosovo), vediamo ancora più facilmente che la scelta dei leader europei è motivata prevalentemente dalle questioni di sicurezza. Infatti, dopo l’Ucraina, la Moldavia rimane lo Stato della zona meno «protetto» da accordi internazionali (nonostante la «cooperazione» con la NATO).
L’aspetto per ora più interessante della notizia di ieri è invece il destino della Georgia. Il presidente del Consiglio europeo Charles Michel ha infatti annunciato che il vertice dell’UE ha riconosciuto la «prospettiva europea» della Georgia ed è pronto a concederle lo status di candidato una volta che la Georgia avrà soddisfatto una serie di condizioni. Il primo ministro georgiano Irakli Garibashvili, a sua volta, ha dichiarato che il suo Paese «merita lo status di candidato all’UE più di ogni altro candidato». Ma si è dimenticato di precisare che tutti i successi georgiani sulla strada verso la candidatura all’UE sono stati fatti sotto la presidenza di Mikhail Saakashvili (2004–2013). Quest’ultimo si trova ora in opposizione e – sostanzialmente di conseguenza – in carcere. Mentre i governanti georgiani di oggi hanno già disfatto una parte delle modernizzazioni della Georgia volute da Saakashvili.
A questo punto penso che l’Ucraina e la Moldavia non avranno molti concorrenti (o compagni di viaggio?) sulla loro lunga strada verso l’ingresso nell’UE.


Un aiuto sostitutivo

Non molto tempo fa – il 31 maggio – Mario Draghi aveva dichiarato che quasi tutti gli Stati-membri più grandi dell’UE sarebbero contrari all’idea di concedere alla Ucraina dello status del candidato alla Unione europea. Dal punto di vista puramente politico, era una situazione comprensibile: la prospettiva di avere uno nuovo Stato-membro grande ma povero significa perdere una parte dei seggi nel Parlamento europeo e/o dei flussi finanziari europei (perché gli Stati-membri attualmente considerati poveri diventeranno relativamente ricchi).
Ieri, però, in occasione della visita di Draghi, Macron, Scholz e Iohannis a Kiev abbiamo scoperto che almeno i quattro Stati-membri da loro rappresentati sarebbero favorevoli allo status del candidato per l’Ucraina. La contraddizione è, secondo me, solo apparente. Infatti, il «cambio dell’idea» potrebbe essere il risultato di una classica trattativa diplomatica. Francia e Germania (prima di tutto loro) sulla pratica non si sono dimostrati tanto disponibili a fornire gli aiuti militari alla Ucraina. Potrebbero avere tantissimi motivi interni per tenere tale comportamento (anche se di fatto in questo modo stanno contribuendo al prolungamento del conflitto), ma allo stesso tempo devono dimostrare di sostenere in qualche modo lo Stato aggredito. Di conseguenza, per bilanciare gli aiuti militari mancati si sono «arresi» all’ipotesi dello status del candidato.
Quello status sarà sicuramente utile alla Ucraina durante il processo della ricostruzione (almeno perché ci sarà un migliore controllo sull’uso dei fondi), ma a essa bisogna anche arrivarci. Quindi nonostante tutto bisogna cercare nuovi modi di non far abituare i vertici europei alla situazione di guerra. La percezione di impunità e di successo sentita da Putin porterà, prima o poi, alle nuove guerre in Europa.


Il funzionamento delle sanzioni

Periodicamente mi capita di sentire che le sanzioni occidentali contro la Russia non funzionerebbero. E mi sono già un po’ stancato a spiegare che non sono ancora state inventate le sanzioni capaci di iniziare a produrre gli effetti visibili in pochi giorni o in poche settimane. Ammetto pure che a me manca la fantasia per immaginare almeno una sanzione politica o economica così veloce…
È più interessante constatare che almeno alcune delle sanzioni adottate non funzionano in un senso molto più banale: gli stessi Stati che le hanno introdotte non sanno o non vogliono (ovviamente senza dichiararlo) applicarle al 100%. Per esempio: il giornale tedesco Welt am Sonntag ha contato circa trenta voli privati (aerei ed elicotteri) nello spazio aereo europeo – spesso con il punto di destinazione o di partenza in Europa – effettuati dopo il divieto annunciato da Ursula von der Leyen già il 27 febbraio.
L’articolo originale è in tedesco, ma i vari traduttori online si trovano ormai a un buon livello, quindi le persone realmente interessate riusciranno a leggere facilmente l’intera notizia.
Io, nel frattempo, posso aggiungere solo una cosa: spero che i voli clandestini di cui sopra siano serviti per le trattative di resa personale o collettiva. In parte, questo spiegherebbe anche il loro svolgimento impunito.


L’Ucraina e l’UE

In merito all’eventuale futuro ingresso della Ucraina nell’UE, l’ANSA cita queste parole di Mario Draghi di ieri:

«Lo status di candidato trova l’obiezione di quasi tutti i grandi Stati dell’Ue, tutti direi, esclusa l’Italia. Lo status di candidato al momento non è prevedibile per l’opposizione di questi Paesi ma immaginare un percorso rapido» per l’Ucraina «sì. E mi sembra che anche la Commissione sia d’accordo»…

Mi sa che ancora una volta Draghi ha tentato di essere più diplomatico di Macron: ha sostituito «l’ingresso per il quale ci vorranno anni» con un «percorso rapido» di durata non definita e indefinibile.
Noi, invece, non siamo costretti a essere diplomatici, quindi possiamo dire apertamente che al giorno d’oggi l’ingresso nell’UE è una delle ultime cose che interessano l’Ucraina. Per esempio, perché aggiunge poco in termini di sicurezza militare. Di conseguenza, almeno io spero che l’Europa trovi qualche altro modo più efficace (in alternativa alla membership nella Unione), di offrire sostegno alla «Polonia 2.0». Non riuscirci per la seconda volta in meno di cento anni sarebbe un po’ brutto.


Il gas russo sanzionato

Ieri, l’8 marzo, Joe Biden ha annunciato il divieto dell’import del gas e del petrolio russi. Si tratta di una sanzione logica, ma dobbiamo ricordare che gli Stati Uniti (così come il Canada) non sono l’importatore principale delle materie prime russe in questione. L’importatore principale è l’Europa…
Ed ecco la Commissione europea propone agli Stati membri una bozza del piano di rinuncia al gas e al petrolio russi «molto prima del 2030». In particolare, le misure proposte dovrebbero ridurre la dipendenza europea dal gas russo di due terzi già entro la fine del 2022. Ehm… Non sarei in grado di valutare – velocemente, almeno – se sia un piano realistico, ma supponiamo pure che lo sia. Anche questa sanzione è logica. Sarà, soprattutto, una sanzione molto sensibile per l’economia russa in generale e per l’economia personale di molti personaggi vicini a Putin. [Potrebbe rivelarsi sensibile anche per l’economia europea, ma la pace, la libertà e i principi umani hanno un costo: nella vita ci sono dei momenti in cui non bisogna cercare di sottrarsene.] Di conseguenza, si può dire che sarebbe una sanzione pienamente («la più», direi) azzeccata. Nell’attesa di una redazione più e meglio definita del piano (del quale si potrà discutere con più serietà), vorrei solo ricordare ai miei lettori un altro aspetto.
Il gas e il petrolio russi sono attualmente già colpiti da sanzioni che io chiamerei «indirette». Infatti, gli acquirenti europei – e non solo quelli europei – già oggi hanno paura o addirittura non possono pagare il gas e il petrolio russi. Perché si tratterrebbe di fare dei pagamenti in dollari o in euro alle aziende russe che si trovano sotto le recentissime sanzioni.
Comunque sia il piano europeo di cui sopra, speriamo che l’inverno prossimo sia caldo!
E ancora di più speriamo – io lo spero – che la situazione odierna si risolva presto.