L’archivio del tag «economia»

Imprenditori responsabili

Come forse vi ricordate, tra la Russia e l’Occidente vige una serie di sanzioni politiche ed economiche. Le maggior parte delle sanzioni occidentali è stata introdotta in risposta alla annessione russa della Crimea e alla guerra nelle due regioni dell’est ucraino. La Russia, in risposta a quelle sanzioni, ha introdotto alcune sanzioni contro l’Occidente vietando, tra l’altro, l’import di alcuni prodotti alimentari dall’Europa. Non so di preciso quanto abbiano perso i produttori europei, ma in Russia i prezzi degli alimenti continuano a crescere con dei ritmi spaventosi, la qualità dei prodotti nazionali scende, la quantità dei prodotti di qualità continua a scendere. Detto ciò…

La migliore notizia russa di ieri è quella su una banda di contrabbandieri operante nella provincia di Smolensk. Si è saputo che all’inizio di agosto quei simpatici signori hanno riparato una vecchia strada di campagna (prima di allora in condizioni spaventose), adattandola al passaggio dei mezzi pesanti. Perché lo hanno fatto? Ovvio: per importare i prodotti alimentari dalla Polonia aggirando la postazione fissa della dogana russa.

Purtroppo gli imprenditori socialmente responsabili sono stati già fermati. Ma il FSB dichiara di non intendere a chiudere la strada «regalata allo Stato». Gli utenti dei social networks, indipendentemente dalle proprie preferenze politiche, chiedono in massa di premiare i riparatori della strada con la liberazione.


Gli Stati uniti dal Panama

Confesso il mio interesse verso la storia dei soldi di Putin e altri a Panama tende, per ora, verso lo zero. L’utilizzo dei «paradisi fiscali» non viola le leggi terrestri o divine ma, semplicemente, infastidisce gli Stati tanto tirchi da essere incapaci di offrire alle persone un regime fiscale che perlomeno non sappia di espropriazione. E per comprendere l’origine dalle ricchezze di certi politici, invece, mi serve tempo (anche se si sapeva da tempo, per esempio, che Putin non è una persona povera).

Quindi scriverò seriamente dell’argomento solo qualora dovessi scoprire qualcosa oltre l’originalissimo fatto che «tutti i politici sono dei ladri».


Ritirandosi non si risparmia

Relativamente al ritiro delle truppe russe dalla Siria in tanti hanno pensato, logicamente, alle positive conseguenze di tale mossa per lo Stato russo. In assenza di dati ufficiali, è calcolato dagli esperti del settore militare che un giorno di guerra in Siria costa alla Russia circa 2,5 milioni di dollari.

Mi sento però in dovere di dare una grande delusione a chi ci tiene tanto ai soldi dei contribuenti russi. Le missioni militari all’estero come quella in questione hanno una incidenza minima sulle spese dello Stato. Le principali quote di risorse destinate al Ministero della Difesa, infatti, in tempo di pace vengono spese per la produzione del nuovo materiale bellico e le esercitazioni dei militari.

La produzione di un aereo militare (giusto per fare un esempio) dura alcuni anni. Una volta prodotto, l’aereo militare inizia a invecchiare con la velocità del pensiero di un ingegnere aerospaziale, quindi diventa presto obsoleto: va modernizzato o sostituito con uno più vicino alle tendenze generali del settore. Lo stesso vale per le bombe portate dall’aereo in questione. I piloti, poi, devono fare continue esercitazioni: pure questo comporta una serie di spese.

Insomma, la maggior parte delle risorse materiali impegnate nella missione siriana è stata in realtà spesa nei decenni precedenti. L’unica vera spesa aggiuntiva è rappresentata dagli stipendi dei militari. Questi ultimi non fanno più le esercitazioni, ma combattono, prendendo circa 200 mila rubli al mese (poco più di 2500 euro) per la missione all’estero. Considerate, però, che il budget militare della Russia per il 2015 è stato di 3 trilioni e 300 miliardi di rubli.

Direi che le motivazioni economiche del ritiro non meritino tanta attenzione.


Compro oro

Negli ultimi anni in Italia hanno aperto tantissimi negozi specializzati nell’acquisto dell’oro usato. All’inizio pensavo che si trattasse di una normale reazione alla crisi, ma la quantità degli esercizi continua a crescere nonostante il fatto che i più bisognosi avrebbero già dovuto vendere tutto. Non mi è tanto chiaro, poi, cosa facciano di tutta la merce acquistata e, di conseguenza, come riescano a campare avanti. Magari in alcuni casi sono quei negozi che servono solo per legalizzare i contanti…

Vabbè, non è di questo che volevo scrivere. Volevo avvisare i miei lettori di due cose. Prima di tutto vi ricordo che l’alto prezzo di mercato dell’oro non è più una certezza: sta lentamente scendendo da anni.

In secondo luogo, ricordatevi che non sono i negozi del genere ad essere sempre i posti migliori per vendere o valutare i vostri oggetti preziosi. Per conoscere e/o ottenere il valore reale, rivolgetevi a qualche gioielliere di conoscenza/fiducia.


Le contromisure: seconda parte

L’altro ieri avevo scritto delle misure prese dalla Russia in risposta al abbattimento del bombardiere russo da parte della Turchia. Oggi, invece, abbiamo saputo che la Turchia, contrariamente alla analoga mossa russa, ha deciso di non reintrodurre l’obbligo di visto per i cittadini russi.

Questo significa che i governanti russi, ancora una volta, hanno sanzionato i propri cittadini in risposta al «comportamento non amichevole» di uno Stato terzo. Questa volta, in particolare, i cittadini russi sono stati privati di una popolare meta turistica a basso costo.

Una situazione analoga era già successa con le famose controsanzioni alimentari, introdotte in risposta alla reazione occidentale alla annessione della Crimea. Nel 2014, infatti, in Russia era stato vietato l’import della maggior parte dei prodotti alimentari da UE, USA, Australia e alcuni altri Stati. Ora in Russia quei prodotti mancano del tutto o arrivano con le etichette bielorusse e i prezzi triplicati. I produttori nazionali, che in uno Stato normale avrebbero dovuto essere premiati da una situazione del genere, sono quasi inesistenti. L’economia russa, infatti, gira tutta attorno risorse naturali.

Insomma, niente cibo sano e fresco, niente mare caldo. Non sappiamo quale sarà la prossima mossa, ma sappiamo che Putin è un grande.


Il Su-24 abbattuto: le contromisure

Passati ormai otto giorni dal 24 novembre, il giorno in cui è stato abbattuto dalla Turchia un bombardiere russo, possiamo parlare delle contromisure. In teoria, la contromisura di proporzioni eque sarebbe l’abbattimento di un aereo turco da parte della Russia. Una contromisura del genere, però, rischierebbe di trasformarsi facilmente in una guerra tra la NATO e la Russia: speriamo che di evitarla! Vediamo quindi le possibili contromisure di natura meno fatalistica. Dico «possibili» perché ho pensato di dividerle in due gruppi: quelle adottate dallo Stato russo e quelle proposte dalla opposizione. Penso che sia inutile precisare che le proposte della opposizione non vengono nemmeno lette dal Presidente e dal Governo. Noi, però, leggiamo tutto e siamo sempre in grado di scegliere quali misure ci sembrano più sensate.

Tutte le contromisure che la Russia si è dimostrata capace di prendere sono ora riunite nel decreto presidenziale firmato da Vladimir Putin il 28 novembre 2015. Esse sono:
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Auguri a Seghei Guriev

Con un imperdonabile ritardo mi complimento con Serghei Guriev per la sua elezione, avvenuta il 3 ottobre, a capo economista della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS). Si tratta di un evento paragonabile, per la sua importanza, all’assegnazione del Nobel per l’economia: per ogni economista sarebbe un grandissimo riconoscimento dei meriti scientifici. E’ interessante sottolineare, a questo punto, che Guriev è un economista che si è formato del punto di vista accademico e professionale in Russia. Infatti, nessun altro economista russo è riuscito a compiere una simile «scalata».

Considerando, poi, che la BERS opera prevalentemente nell’Europa dell’Est, avremmo potuto dire che si tratta pure di una grande conquista per la Russia. E invece no: nella primavera del 2013 aveva dovuto fuggire in Francia a causa delle pressioni giudiziarie. Non penso che siate tutti interessati a mille dettagli del caso, quindi riassumo in pochissime parole: si era rifiutato di confermare la popolare tra gli inquirenti russi idea, secondo la quale il conseguimento del profitto da parte di una azienda privata (nel caso specifico la Yukos) costituisce un motivo sufficiente per una persecuzione penale.

Insomma, un altro genio è stato perso dallo Stato russo in una maniera clamorosa.


BRICS 2015

Dall’8 al 10 luglio nella città russa Ufa si era svolto il summit degli Stati facenti parte del BRICS. In Russia, purtroppo, non tutti hanno ancora capito che si tratta di una organizzazione creata e guidata dalla Cina per raggiungere (o, a volte, giustificare) i suoi obiettivi economici nel mondo.
Quindi compaiono delle «opere d’arte» come questa:


Vera Frolova, olio su tela, 2015

Beh, finché si tratta delle iniziative private possiamo anche limitarci a farci due risate. Ma «nel Cremlino», a quanto pare, non si sono ancora resi conto del fatto che la Russia sta diventando un semplice fornitore di materie prime per l’economia cinese.


Sul referendum greco

Io non so chi siano realmente quei deficienti che dubitavano, almeno inizialmente, della vittoria del «NO» al referendum greco. Basterebbe ricordare che poco più di cinque mesi fa, il 25 gennaio 2015, la coalizione di Tsipras aveva vinto le elezioni politiche con un programma incentrato sul non pagamento dei debiti. Ieri, il 5 luglio 2015, il 61% dei greci ha ribadito di voler continuare a vivere alle spese del resto dell’UE. A vostre spese. Alle spese di te, che ora stai leggendo questo testo.

Nella logica perversa della Sinistra europea, però, chi non vuole mantenere un Paese di parassiti con le proprie tasse è un cattivo. Cattivo come i tedeschi che versano la quota più grande del capitale della BCE (quasi il 18%).

Io so bene, invece, chi sono quei deficienti che ora si complimentano con il «popolo greco». Sono quelle persone che sono state educate ad una concezione assistenzialista del mondo. Sono quelle persone che, in fondo, sognano di vivere anche essi a spese degli altri. E, la cosa più grave, sono convinte che qualcuno debba qualcosa a essi. Ebbene, no: nessuno vi deve aiutare per un cazzo. Potete andare avanti a spendere più di quello di guadagnate per fallire come la Grecia. Potete provare a fare il possibile per stare meglio e vivere più o meno bene secondo i propri redditi.

Ma è importante capire che la vera giustizia sta nella diseguaglianza: se c’è un ricco capace di guadagnare, ci devono essere anche cinque poveri capaci solo a pulire i cessi nella casa del ricco.

Le scimmie sono scese dagli alberi e hanno avviato il progresso per la sola pigrizia: volevano raccogliere più banane impiegando meno forza fisica. Quel socialismo moderno che oggi prevale in Europa è una forza di vettore opposto al progresso, irrazionale: spinge gli umani a pretendere più banane di quelle che hanno la forza di raccogliere.


L’amore per i soldi altrui

In Grecia, all’indomani della molto probabilmente definitiva immersione nella merda, si discute sulla possibilità di tenere un referendum sul pagamento dei debiti.

Secondo me si tratta di una inutile ripetizione da risultato scontato. Pochi mesi fa, infatti, la coalizione di Alexis Tsipras aveva vinto le elezioni promettendo ai greci una bella e facile vita alle spese dell’UE. L’attuale Governo greco potrebbe dunque attuare il proprio programma senza ricorrere ad altre consultazioni popolari (le quali, tra l’altro, costano).

E’ evidente che la risposta «non paghiamo i debiti» avrebbe vinto ancora una volta.