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Un consiglio agli studenti

Per una serie di circostanze lavorative e professionali negli ultimi sette anni mi trovo in uno stretto e continuato rapporto con gli studenti universitari alle prese con la scrittura delle loro tesi di laurea. Spesso mi diverto molto nel senso positivo, ma, allo stesso tempo, ho avuto modo di constatare una cosa triste: quasi la totalità dei laureandi si limita a studiare l’applicazione della normativa vigente nella materia prescelta (o proposta dal relatore). Certamente, si tratta di un modo importantissimo di studiare il diritto, ma esso – il suddetto modo – ha il peso didattico di un semplice esame e non di una ricerca finale. Solamente i pochi studenti più capaci hanno la fantasia sufficiente per ipotizzare e modellare una situazione realistica per poi trovarne una soluzione legale. Altrettanto pochi sono gli studenti capaci di individuare nella vita reale delle problematiche carenti di un trattamento giuridico chiaro e sufficiente.
Di conseguenza, ogni anno in tutte le università italiane i bidoni della raccolta differenziata della carta si riempiono di decine e decine di tesi di laurea inutilmente descrittive. Quelle tesi che, purtroppo, rispecchiano non solo le scarse capacità dei nuovi dottori, ma pure quelle tendenze della moda che sostituiscono la fantasia. Per esempio: per anni tantissimi studenti hanno creduto di essere tanto originali scrivendo una tesi sul Brexit (dove c’era l’imprevedibilità politica ma non quella giuridica), sul ruolo dei social network nelle proteste popolari (senza accorgersi che quelle proteste erano sempre state causate dal blocco dei social networks e non del loro utilizzo) o del ruolo costituzionale di qualche istituzione in una ennesima crisi di Governo in giro per il mondo (e che palle, è tutto già scritto mille volte dagli scienziati e dalle Corti costituzionali).
Ma ora, per fortuna o purtroppo, la vita propone una chance a tutti gli studenti pigri del mondo. Seguite pure la moda studiando, dal punto di vista giuridico, l’ipotetico stato d’emergenza epidemiologico. Come abbiamo avuto il modo di constatare nelle ultime settimane, l’inesistenza di questa specifica misura nella normativa italiana costringe il Governo e le Regioni a colmare le lacune giuridiche nel corso dell’opera. A causa della fretta e del normalissimo fattore umano, non è naturalmente possibile svolgere i doverosi lavori preparatori. Di conseguenza, assistiamo alla adozione di norme contradditorie, insufficienti e spesso caratterizzati da una certa conflittualità con le norme già esistenti. Non condivido la maggioranza delle accuse di incostituzionalità, ma trovo comunque che molte delle sanzioni contro i trasgressori della quarantena possano essere impugnate con successo in tribunale dopo la fine della quarantena stessa. È realistico proprio perché la normativa è fatta male (ma evito di spiegarvi come per non passare per uno che incita alla disobbedienza).
Nel frattempo, però, i laureandi intenzionati a produrre qualcosa di veramente originale e attuale possono ispirarsi al problema più noto al mondo ed esercitarsi nell’ipotizzare una normativa applicabile allo stato d’emergenza epidemiologico compatibile con sistema giuridico italiano e/o comunitario. Sono sicuro che anche i professori più critici verso le ambizioni scientifiche studentesche saranno curiosi di leggere delle idee nuove in merito.


Il trucco del secolo

Volete sapere come fare a vedere i video su YouTube senza le interruzioni pubblicitarie? No, non è necessario comprare l’abbonamento Premium. È tutto molto più semplice.
Quando aprite/avviate un video, scrollatelo fino alla fine e cliccate sul buttone «Rivedi» (quello tondo con la freccia, si trova in basso a sinistra).

Sì, so di essere un genio.
P.S.: la pubblicità sull’internet è una cosa necessaria perché anche i creatori dei contenuti hanno bisogno di mangiare ogni tanto. Però le interruzioni pubblicitarie infilate nei punti casuali dei video da parte del hosting (quindi YouTube) sono da riconoscere come dei crimini contro l’umanità. Per fortuna tali interruzioni non si sono ancora estese a tutti i video del mondo, nemmeno a tutti i canali.


Come lavorare da casa

La quarantena che stiamo vivendo in queste settimane è un evento eccezionale. Spero che rimanga anche singolare. Ma in ogni caso trovo utile condividere con la comunità alcuni consigli sulla organizzazione del lavoro da casa. Si tratta dei principi che ho elaborato negli ultimi anni mentre tentavo di lavorare da casa durante i fine settimana, cosiddetti ponti e alcune ferie stagionali forzate.
Non sono la persona più organizzata di questo mondo, ma pure io sono riuscito a trovare una soluzione ottimale che può essere applicata dalle persone normali.
L’efficacia e l’efficienza nel lavoro da casa si raggiungono seguendo questi cinque principi:
1. La durata del lavoro da casa non deve essere inferiore a quella del lavoro in ufficio. Se nel vostro ufficio si lavora 8 ore al giorno, anche a casa dovete lavorare almeno 8 ore al giorno. È una questione di autodisciplina. Serve anche a opprimere le tendenze al lavoro superficiale/sbrigativo/di bassa qualità in assenza del controllo fisico dell’ipotetico capo. Allo stesso tempo, il rispetto della durata della giornata lavorativa non significa che, per esempio, a un certo punto non potete andare a fare una passeggiata o un allenamento in palestra. Ma in tal caso il periodo della pausa dal lavoro va recuperato alla fine della stessa giornata.
2. I vostri familiari (o coinquilini) devono capire bene che, pur trovandovi, a casa state lavorando. È un principio importantissimo e, purtroppo, il più difficile da realizzare. Se la moglie, il marito, i genitori o altri parenti non capiscono che non si può disturbarvi, la vostra vita lavorativa si trasformerà in un inferno. «Ah, sei a casa? Aiutami a spolverare, vai a fare la spesa, sposta quel mobile, discutiamo il menu della cena» etc etc. Le regole di importanza simile vanno stabilite subito e in maniera chiara. Le persone in casa devono abituarsi all’idea che in determinate ore della giornata dovete essere considerati assenti, non potete essere caricati di compiti estranei (possibilmente anche di rumori): in caso contrario non si produce.
3. La pianificazione del lavoro. Essa è importante per le persone poco organizzate come me. Per ogni giornata lavorativa deve essere preparato un piano preciso: l’obiettivo minimo e l’obiettivo massimo. Immaginiamo, per esempio, che il vostro lavoro consista nella gestione di un sito web. In tal caso il piano della giornata potrebbe essere: scrivere l’articolo del giorno, rivedere e correggere il testo scritto ieri per una data speciale, preparare i materiali per il testo di domani, scrivere uno script che migliora il lavoro del sito etc etc. Un avviso importante: il mancato rispetto del piano prestabilito deve essere una fonte di preoccupazione perché state sbagliando qualcosa. Perché se iniziate a dire «non fa niente» o «recupero domani», potete arrivare presto a dei problemi seri. Si può ingannare il proprio cervello, ma non si può ingannare il proprio portafogli: quest’ultimo rimane sempre più vuoto se i traguardi lavorativi non vengono raggiunti.
4. Non si fanno dei favori a se stesso. I vostri problemi non sono i vostri problemi. Avete dormito male, ieri sera avete bevuto troppo, è scappato il gatto amato? Sono tutte stronzate che possono essere raccontate al capo in ufficio (compreso il fatto che il medico vi ha prescritto di stare a letto e bere dieci litri di birra al giorno), ma non a voi stessi. Perché voi sapete come stanno le cose in realtà e di chi è la colpa (uno spoiler: è vostra). Quindi il piano lavorativo va rispettato nonostante tutto. Si riveda la fine del punto precedente.
5. La divisione della giornata lavorativa in fasce orarie dedicate. La produttività in generale e la capacità di risolvere determinate tipologie di problemi variano molto in relazione all’orario. Ognuno di noi ha i propri orari ottimali: conviene scoprire quali siano e poi rispettarli rigorosamente per massimizzare l’utilità del proprio processo lavorativo. Io, per esempio, già anni fa ho scoperto di essere più «creativo» di pomeriggio e di sera: più o meno a partire dalle 15 fino alla fine della giornata. Purtroppo la necessità di coordinarmi in «tempo reale» con alcune altre persone non mi permette di lavorare di notte, dunque ho dovuto organizzare la tipica giornata lavorativa in base alle mie capacità. Inizio la giornata con le cose più monotone e noiose: la gestione della posta elettronica e l’eventuale riordino dei file di lavoro, poi «scaldo» il cervello con la correzione dei lavori fatti nelle giornate precedenti e solo dopo queste cose parto con la produzione vera. Pure la mia produttività, nel senso quantitativo, accelera partendo dello zero mattutino. Allo stesso tempo so che il cervello di molte altre persone funziona con un ritmo direttamente opposto al mio, quindi consiglio a tutti di studiare attentamente il proprio ritmo ideale.
Ecco, questi sono i cinque punti principali e universali da rispettare. Poi ci sono moltissimi dettagli che dipendono dalle caratteristiche tecnologiche del lavoro concreto di ognuno di noi. Di conseguenza, non so quanto possa essere utile descrivere tutti i particolari della mia organizzazione personale.


Le sveglie funzionali (parte 2)

Non tutti se ne rendono conto, ma ogni persona dispone di una sveglia naturale molto efficiente che può essere molto utile nelle situazioni eccezionali.
Se dovete, per esempio, necessariamente svegliarvi molto presto la mattina di domani (che ne so, per prendere un volo delle 5:37) e non vi fidate tanto del vostro sistema delle sveglie, fate una cosa semplicissima.
Prima di andare a dormire bevete un litro d’acqua. In tal modo il risveglio è garantito al primo suono della sveglia.
Questa sveglia naturale non fa male alla salute, ma va usata con moderazione per non creare delle pericolose abitudini.


Una lettura estiva

Si avvicina un periodo in cui molte persone vanno (o si preparano a farlo) in vacanza. Di conseguenza, è il momento giusto per consigliare un libro grande e bello: «Everything was Forever, Until it was No More: The Last Soviet Generation» di Alexei Yurchak.
Questo libro è un tentativo di spiegare perché lo Stato sovietico, apparentemente così solido e «immortale», di fatto si polverizzò in pochi giorni d’agosto del 1991. Direi che si tratta di uno dei tentativi migliori che mi sia capitato di leggere. Non è una lettura facile. È un testo scientifico serio, un mix tra scienza politica, filosofia, sociologia e psicologia. Ma dopo averlo letto capirete molte cose dell’URSS e, probabilmente, della Russia post-sovietica.

Per tutti coloro che si specializzano nello studio della Russia si tratta di un libro consigliato con una forza che lo rende obbligatorio.


Richard Pipes

Con un po’ di ritardo ho saputo della morte dello storico statunitense Richard Pipes.
Molto probabilmente lo conoscevate già, ma io sfrutto comunque la triste occasione per consigliarvi uno dei suoi libri più noti e interessanti sulla Russia: «Russia Under the Old Regime». Il libro ricostruisce la storia russa dai tempi di antichità fino agli anni ’80 del XIX secolo ed è, nonostante un approccio non strettamente scientifico, una fonte utilissima per comprendere anche la Russia contemporanea.
Non ho letto tutte le opere di Richard Pipes, ma posso comunque assicurarvi che è stato un autore di altissima qualità.


Cosa sa Facebook su di noi

Per scoprire quante cose sa Facebook sull’Utente X (al posto della X immaginate il proprio nome), è sufficiente cliccare sul link https://www.facebook.com/help/1701730696756992.
Seguendo la giusta combinazione dei link presenti sulla pagina che si apre, potrete richiedere l’archivio delle informazioni relative alla vostra persona. Il link all’archivio arriverà via mail: cliccandoci sopra potrete scaricarlo per poi aprirlo e scoprire quanto bene siete stati spiati.
Dopo tale consiglio pratico potrei darvi una bella informazione e un altro consiglio utile.
La bella informazione non costituisce in realtà un grande segreto: il Facebook raccoglie e analizza costantemente tutte le informazioni relative ai propri utenti (che hanno già superato i due miliardi nel mondo). Questa attività è utile alla crescita e la conseguente attrattività per i venditori della pubblicità. Ed è inutile, dunque, preoccuparsi per le notizie sulla vendita delle informazioni degli utenti del Facebook alle aziende terze. Siete in ogni caso seguiti e analizzati con un microscopio socio-economico.
Il consiglio utile promesso è altrettanto banale (ma allo stesso tempo sconosciuto a molti per un motivo a me incomprensibile). Se siete preoccupati per la sicurezza dei vostri dati/informazioni su internet, la soluzione è semplicissima: non inseriteli su internet. L’internet, compresi anche i social networks, possono essere utilizzati al 100% anche senza l’utilizzo delle informazioni sensibili. È sufficiente avere un po’ di fantasia.


Vedere Chernobyl

Sto per suggerire una idea un po’ particolare per le vostre vacanze estive…
Fino a poco fa l’accesso (almeno quello legale) ai locali della centrale nucleare di Černobyl era possibile solo per il personale tecnico e i giornalisti (tra i quali compresi anche i blogger di un certo livello di popolarità). Per di più, solitamente le visite si limitavano al padiglione del sarcofago al canale con i siluri.
A partire dal marzo 2018, però, ogni cittadino onesto può accedere alla centrale, vedere come procedono la bonifica dell’intera area e il processo della dismissione del reattore avariato. Una visita guidata da un giorno costa circa 84 euro (2700 grivnie ucraine). Le domande di iscrizione alle visite vanno effettuate sul sito ufficiale: https://visit.chnpp.gov.ua/en/.
Chi la possibilità tecnica ed economica di andarci, ci vada: la centrale nucleare di Černobyl è un posto incredibile e unico (per fortuna!) sul nostro Pianeta. E, contrariamente a quanto si possa pensare, è un posto sicuro.

Foto di Dmitry Chernyshev
Questo corridoio – che almeno a una persona nata e cresciuta nell’URSS sembra una dei soliti corridoi abituali all’interno di una struttura pubblica – è in realtà un posto particolarissimo. È il corridoio che porta verso gli interni sigillati del sarcofago, quindi verso quei luoghi dove il livello di radiazione è tuttora sufficientemente altoper uccidere un umano in pochi minuti. Naturalmente non vi faranno arrivare fino a quei luoghi. Però vi faranno vedere, tra le altre cose, anche questo pezzo di corridoio. E voi, probabilmente, capirete cosa intendeva Kafka con le sue descrizioni della morte apparentemente molto prosaiche.


Come pesare i bagagli

Periodicamente riscopro che non tutte le persone sanno come pesare i bagagli con una semplice bilancia del tipo «pesapersone» da casa. In effetti, molto spesso non si riesce ad appoggiare sulla bilancia una valigia/borsa/zaino in modo che non cada o che non schiaccia su un lato della bilancia più che su un altro.

Eppure il metodo di pesare i bagagli è semplicissimo.

Bisogna salire normalmente sulla bilancia e misurare il proprio peso. Poi scendere dalla bilancia, azzerare il valore, prendere in mano il bagaglio, risalire sulla bilancia e misurare di nuovo il peso. Facendo la differenza tra i due valori ottenuti, scoprite facilmente il peso del vostro bagaglio.

Come avreste fatto senza la mia smisurata saggezza?


Caselle pulite

Indipendentemente dal sito sul quale avete le vostre caselle postali e da come sono organizzate queste ultime, potete approfittarvi di un bel trucco che vi sto per suggerire.

Provate a filtrare le mail attraverso la ricerca della parola «unsubscribe»: vi troverete di fronte alla lista di tutte le mail pubblicitarie e appartenenti alle mail list che avete ancora nella casella postale.

Raccogliendole in tal modo, potete anche cancellarle tutte con pochissimi clic.