L’archivio del tag «cibo»

Il tappo tradizionale

Ci sto pensando da anni: perché non è ancora morta la tradizione di chiudere le bottiglie di vino con dei tappi di sughero? Che pregi hanno questi tappi tradizionali? Costano di più, si rompono facilmente, rovinano il contenuto dell’intera bottiglia se perdono briciole (e capita spesso).

I tappi di silicone non si rompono e costano meno. Emettono qualche sostanza dannosa per il vino? Alcuni produttori seri, però, li usano.

Capisco che fino a circa cento anni fa l’industria e la ricerca scientifica non erano in grado di offrire ai produttori di vino una valida alternativa al sughero. Ma oggi non è più così.

In un solo caso uso volontariamente i tappi fatti di un materiale naturale: quando devo chiudere una bottiglia non finita. Di solito capita perché il contenuto si rivela non di mio gradimento. Ma, in ogni caso, uso questi comodi tappi delle bottiglie del marsala: non dovendo essere trattati con un cavatappi, non rischiano di rompersi o perdere briciole.


Il grande difetto italiano

Ritengo che l’EXPO2015 di Milano dedicato al cibo sia l’occasione più che buona per parlare di un gravissimo problema italiano. Si tratta di un problema che crea dei grandi disaggi alle persone che visitano l’Italia per dei motivi lavorativi e turistici, influendo quindi negativamente sull’immagine dell’Italia stessa. Eppure, non c’è alcun motivo razionale di mantenere in vita il problema in questione.

Porco Gargantua! Perché i ristoranti italiani sono aperti solo nelle ore di pranzo e di cena tradizionalmente italiani?! Perché nelle altre ore sono chiuse le cucine e, spesso, addirittura le sale? Vi informo che si tratta di una cosa che, derisa da tutto il mondo, si manifesta solo in Italia.

Eppure ogni anno l’Italia è visitata da milioni di persone abituate a mangiare nelle ore inconsuete per un italiano. Per esempio, gli inglesi pranzano tardi e gli spagnoli non si mettono a cena prima delle 21. E poi, un turista che sta in piedi dalla mattina alla sera non può affamarsi prima del previsto? Un lavoratore venuto da una città lontana migliaia di chilometri non può fermarsi un po’ di più al lavoro?

Sembra che i ristoratori italiani abbiano paura di avere i propri locali pieni tutto il giorno e, di conseguenza, guadagnare troppo. Però sono i primi a lamentarsi della «crisi» che danneggia le loro attività.

Capisco la loro volontà di risparmiare sugli stipendi dei cuochi e dei camerieri facendoli lavorare poche ore al giorno. Dovrebbero capire, però, che quegli stipendi potrebbero diventare dei vantaggiosi investimenti.

N.B.: naturalmente, non sto parlando di quei pochi locali creati apposta per i ricchi turisti dove è possibile ordinare una pizza anche di mattina.


Io e l’EXPO

Dal sito ufficiale dell’EXPO possiamo apprendere che a maggio (il primo dei 6 mesi di svolgimento) la manifestazione ha avuto 2,7 milioni di visite, mentre la quantità di biglietti venduti è di circa 15 milioni. E ricordiamo che il periodo delle grandi masse di turisti stranieri deve ancora iniziare.

L’ultimo fenomeno mi sorprende: circa 15 milioni di persone hanno speso dei soldi per andare all’EXPO 2015. Per andare all’EXPO dedicato al cibo…

Diverse persone mi hanno già chiesto se ho l’intenzione di andarci anche io. Dopo aver sentito la mia risposta si sono scandalizzati quasi tutti.

Ebbene, non ho l’intenzione di andarci perché il grado del mio interesse verso l’argomento centrale dell’EXPO 2015 tende a zero. Il mangiare è solo uno dei bisogni fisiologici di un essere vivente. Per un essere vivente dotato della ragione, una volta soddisfatto, tale bisogno dovrebbe spostarsi in secondo piano. In più, mentre gli italiani si disperano se non trovano un ristorante italiano all’estero e poi vanno all’EXPO milanese, io agisco in modo opposto.