L’archivio del tag «capodanno»

Buon 2021

Cari lettori!
Ehm…
Care lettrici e cari lettori uniti in una parola (è un segno di parità, ahahaha)!
Sta per finire un anno che può essere definito sia lungo che corto.
È stato un anno lungo perché, a volte, i tempi della vita normale sembrano infinitamente più lontani di circa dieci mesi fa. Oppure è solo una mia percezione? Boh…
Allo stesso tempo, però, può essere definito un anno corto perché ha ricompreso almeno un periodo che ora mi sembra un enorme buco temporale. Il mio calendario dice che quel periodo era durato «appena» due mesi, ma per qualcuno poteva essere stato ancora più lungo.
Sta per finire un anno che può essere definito di merda più o meno da tutti. Anche se coloro che hanno la possibilità di leggere queste parole su uno schermo sono stati molto più fortunati di alcuni altri.
Allo stesso tempo, sta per finire un anno che può essere definito anche un po’ fortunato dai meglio organizzati (e non solo da Jeff Bezos o produttori delle mascherine chirurgiche). Io, pur vedendo saltare più o meno tutti i piani lavorativi, sono riuscito a realizzare (in due casi solo strutturare meglio) alcune idee per le quali non trovavo del tempo da due o tre anni.
Sta per finire un anno durante il quale abbiamo conosciuto meglio tante persone anche non vedendole (o vedendole di meno) dal vivo. Anche questo è un risultato che può avere il segno più o il segno meno. Perché da una parte abbiamo visto chi ha la reale forza interiore per essere vicino al prossimo (in tutti i sensi, ahahaha). E poi abbiamo visto chi è realmente isterico, ignorante o poco propenso al pensiero critico e alla ricerca della conoscenza.
Questo anno speciale, del quale potrei scrivere dieci mila schermate di altro testo, si sta concludendo in un modo sempre speciale: più che incontrare l’anno nuovo, sembra più importante e bello buttare via quello corrente.
Non so quanti di voi condividono, ma oggi non auguro il felice anno nuovo. Vi auguro la felice fine dell’anno vecchio.
Andrà tutto bene!

P.S.: conoscete qualcuno che la volta scorsa aveva espresso il desiderio «nel 2020 voglio stare a casa e prendere lo stipendio»? Fateci un grosso favore: non permettete a quella persona di esprimere altri desideri!


Il ramo d’onore

L’anno che sta per finire doveva essere particolare in tutto, anche nelle combinazioni strane delle vecchie tradizioni festive. Prendiamo, per esempio, due tradizioni di dicembre: l’allestimento dell’albero (da russo e agnostico lo faccio per il Capodanno) e la stesura del bilancio dell’anno solare uscente.
Preparando l’albero, ho trovato in una delle scatole con gli addobbi due oggetti che rappresentano quasi perfettamente l’argomento dominante di tutto questo 2020. Come avrei potuto osare a non metterli nel punto più visibile, sul «ramo d’onore»?


Certo, qualcuno potrebbe osservare, a questo punto, che sto attirando sfiga per l’anno che viene… Ma non dobbiamo essere superstiziosi. La palla da mille corna del coronavirus rotolerà ancora per un po’ di tempo attorno al pianeta nonostante tutti i nostri sforzi più o meno sensati. Mentre noi dobbiamo rimanere ragionevolmente attenti, mantenere la capacità di ridere e tentare di salvare almeno una parte del nostro stile di vita abituale.
Così andrà tutto bene.


Due notizie

A volte nei posti distanti del nostro strano mondo capitano degli eventi che sembrano fatti per completarsi a vicenda.
La notizia numero uno: il 12 novembre il ministro della salute belga Frank Vandenbroucke ha scritto una lettera a Père NoëlSinterklaas, autorizzandoli (nonostante rientrino nel gruppo di rischio a causa dell’età avanzata) a evadere l’isolamento anti-covid per portare i regali ai bambini.

La notizia numero due: la sera del 18 novembre sulla Piazza Rossa, a Mosca, la polizia ha fermato un Babbo Gelo (Ded Moroz, il personaggio che porta i regali per il Capodanno invece che per il Natale) che manifestava contro l’annullamento dei tradizionali festeggiamenti del Capodanno per i bambini.

Dopo alcune ore il Ded Moroz è stato rilasciato. Ma la sanzione amministrativa gli è comunque stata inflitta.


Gli auguri di Putin per il 2020

Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo (con i sottotitoli italiani). Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario – non lo sono! –, ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come negli anni precedenti (si veda, per esempio, il messaggio dell’anno scorso), si tratta di un messaggio privo di alcun contenuto concreto. Un messaggio composto prevalentemente dalle parole che avremmo potuto sentire da un conoscente che incontriamo casualmente per strada una o due volte all’anno.
Solamente due passaggi meriterebbero di essere commentati brevemente. Il primo, detto da Putin, a prima vista sembra una battuta: «i nostri piani personali e i sogni sono inseparabili dalla Russia». Ma in realtà non so se si tratti di una battuta sadica («non sognatevi nemmeno di sbarazzarmi di me, pianifico di restare dove sono»), di una confessione sincera da medesimo contenuto o di una semplice frase di rito. Vabbè, lasciamo perdere.
Il secondo passaggio da evidenziare è l’ennesimo richiamo del culto della Seconda guerra mondiale. Un culto nato alla fine degli anni ’60 per volere di Leonid Brežnev, un po’ affievolito negli anni ’90 e ripreso con la forza sempre crescente a partire dai primi 2000. L’importanza di tale culto per la propaganda interna, come pure la sua popolarità alimentata dall’alto, è un argomento serio che merita un testo a parte. Ora mi limiterei a precisare che in assenza dei miglioramenti significativi nella vita della maggioranza dei russi negli ultimi 15–20 anni (soprattutto fuori dalle città principali) e in presenza della politica isolazionista-vittimista, si continua a sfruttare le conquiste del lontano passato. Il popolarissimo slogan ignorante «1941–1945: possiamo ripeterlo» non è mai stato pronunciato dagli esponenti delle Istituzioni, ma a volte mi sembra che ci manchi poco. Il punto è che il passato viene spacciato per il presente nel tentativo di sostituire il misero con il «glorioso». Quindi non stupitevi per quel passaggio di Putin: rispecchia la quotidianità della politica interna russa.


Buon 2020

La vita è breve.
Anzi, peggio ancora: il capodanno sta diventando una festa sempre più frequente.
E quindi dobbiamo fare in tempo a imparare…
Spegnere un brutto film, chiudere un libro noioso.
Lasciare le persone cattive. Sono tante.
Lasciare perdere le imprese disperate.
Lasciare pure le mediocrità. Anche esse sono numerose.
Il tempo vale di più.
Il stare male è un motivo sufficiente.
È meglio dormire, mangiare, bere, chiamare una persona che conta.
È meglio ricordarsi di avere sempre rimandato qualcosa.
Buon 2020.
Andrà tutto bene.


Gli auguri di Putin per il 2019

Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo. Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario (non lo sono!), ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come negli anni precedenti (si veda, per esempio, il messaggio dell’anno scorso), si tratta del messaggio privo di alcun contenuto concreto. Nemmeno una parola sulla complessità dei problemi – ma nemmeno sui pochi momenti positivi – che lo Stato ha dovuto affrontare nell’anno passato e dovrà continuare ad affrontare nel 2019 sotto la sua guida.
In mezzo alle formule generiche che si possono osservare nella maggioranza dei suoi discorsi pubblici, questa volta ha però preferito inserire un concetto spesso già trasmesso ma che fino ad ora ha sempre lascito fuori dal discorso per l’anno nuovo. Intendo il concetto della solitudine a livello internazionale. Seppure il crescente isolamento della Russia sia la diretta conseguenza della politica internazionale russa/putiniana (soprattutto a partire dal 2014 si sta facendo il possibile per meritarsi lo status del «rogue State»), cerca di convincere la popolazione della ostilità ingiustificata del mondo esterno. Non è vero che «non siamo mai stati aiutati». Io stesso mi ricordo la difficile situazione alimentare dei primi anni ’90, quando gli aiuti umanitari europei e statunitensi erano stati di enorme aiuto. (Prima o poi scriverò di un esempio, della carne in scatola distribuita a scuola un giorno del gennaio freddo: portare fino alla casa i 10 kg miei e allo stesso tempo aiutare a farlo a una compagna del classe residente nel palazzo vicino al mio era stata una missione di sopravvivenza in tutti i sensi). Dai racconti degli anziani so degli aiuti statunitensi degli anni ’40: nel corso della Seconda guerra e immediatamente dopo. Dai libri di storia so degli aiuti fondamentali sempre americani durante la carestia dei primi anni ’20. Questi sono solo gli esempi più grandi degli aiuti ricevuti dalla popolazione russa nei momenti della impotenza dello Stato.
Di conseguenza, nel mio messaggio per il felice 2019 avrei solo una cosa da augurare a Vladimir Putin: la pensione.


Buon 2019

Con un po’ di anticipo (perché spero che tra qualche ora tutti avremo un passatempo migliore della lettura del mio sito) auguro a tutti i miei lettori un buon anno nuovo.
Sono poche le abitudini più stupide e meno producenti del pianificare di iniziare una vita nuova (oppure prendere le decisioni, iniziare le opere importanti etc) a partire dal lunedì, dal mese prossimo o dall’anno nuovo. Il mio augurio ai lettori per l’anno nuovo è quindi semplicissimo.
Vi auguro di imparare a iniziare tutto nel momento migliore: ora. Se sono le 17:33 di un mercoledì qualunque, va sempre benissimo. Perché è ora che ci sono l’idea, l’interesse e le persone più adatte per la partenza (voi e gli amici).
Siate sereni.
Andrà tutto bene.


Il padre del Ded Moroz

Due anni fa mi era già capitato di scrivere della figura di Ded Moroz, cioè il personaggio che in Russia (e tanti altri Stati dell’ex URSS) porta i regali la notte del Capodanno invece che per il Natale. La scelta di sostituire la festa e il relativo personaggio «mitologico» ha una chiara fondatezza ideologica.
Ebbene, poco fa ho scoperto che il personaggio politico sovietico che per primo – negli anni ’30 – formulò l’idea di dare alla popolazione una festa sostitutiva del vietato Natale, si è guadagnato un articolo storicamente decente sulla Wikipedia italiana.
Come sanno o immaginano alcuni miei lettori, l’autore del presente post è un agnostico con delle forti tendenze all’ateismo. (Tra parentesi: l’ateismo vero presuppone un livello di conoscenza che devo ancora raggiungere.) Di conseguenza, l’opinione condivisa da tutta la redazione del mio blog personale è la seguente: qualora la sopracitata fortunata proposta di Pavel Postyshev fosse stata la sua unica azione politica e professionale, oggi avremmo avuto un nome concreto da ricordare positivamente durante uno dei numerosi brindisi della notte di Capodanno.
E invece siamo costretti a prendere il meglio da una persona del cazius…


Gli auguri di Putin

Come da tradizione, il primo video domenicale dell’anno è quello del messaggio del presidente russo Vladimir Putin per l’anno nuovo. Non perché voglio sembrare un fan di questo funzionario (non lo sono!), ma perché il contenuto di un discorso del genere è un importantissimo elemento di analisi politica.
Come il 31 dicembre precedente, possiamo facilmente notare che Vladimira Putin ha preferito di parlare ai co-cittadini senza dire nulla. Nessun cenno ai problemi di fronte ai quali si è trovato il Paese e alle possibili soluzioni da tentare nel 2018. Nemmeno una parola sui risultati positivi – reali o presunti – raggiunti nel 2017. Insomma, nessun legame con la vita reale.
L’ignorare la realtà è la nostra realtà.


Buon 2018

Con un po’ di anticipo (perché spero che tra qualche ora tutti avremo un passatempo migliore della lettura del mio sito) auguro a tutti i miei lettori un buon anno nuovo.
Si sta concludendo l’anno con un numero per alcuni poco fortunato. Sarebbe superstizione un certo qual modo confermata, per esempio, dal fatto che nel 2017 si è «celebrato» il centesimo anniversario della rivoluzione d’ottobre. Spero, però, che nel corso dell’anno che ci sta per lasciare le vostre vite attuali siano state segnate dalle piccole e grandi rivoluzioni positive personali. Ancor di più spero che l’anno nuovo porti altre rivoluzioni positive alle persone che avrebbero bisogno.
Vi auguro quindi di non avere paura di dare una giusta spinta agli avvenimenti: di prendere le decisioni (sembrano difficili solo quando non sono ancora state prese) e di non avere paura a cambiare (la gente che si accontenta è noiosissima).
E, naturalmente, non lasciate agli altri la facoltà di decidere sulle vostre vite.
Stiate sereni.
Andrà tutto bene.