Il fenomeno mediatico curioso sta nel fatto che tutti hanno sentito la notizia sul riconoscimento del bitcoin in qualità della valuta legale da parte di El Salvador, ma non tutti hanno capito che in quello Stato ora sono «riconosciute» ben due valute non nazionali: la seconda (nel senso cronologico la prima) è il dollaro americano.
Dal punto di vista economico, invece, non c’è alcunché di curioso. La scelta di riconoscere il bitcoin come valuta legale è sicuramente innovativa o, almeno, moderna. Ma allo stesso tempo è un esperimento di portata molto ridotta: El Salvador è solo un singolo Stato (pure piccolo), per di più con un ruolo tendente al nullo nella economia mondiale (se ci limitiamo a considerare quella legale, ahahaha). Di conseguenza, l’unica cosa che possiamo – e in alcuni casi dobbiamo – fare è osservare serenamente la loro sperimentazione con una valuta caratterizzata da una forte volatilità. Per esempio, possiamo immaginare una situazione in cui lo Stato raccoglie le tasse e le imposte quando il bitcoin vale 30.000 dollari / euro / banane e poi deve pagare gli stipendi ai dipendenti statali quando il bitcoin vale 50.000… Si tratta di un certo rischio che, in una misura inferiore, si correva anche con il dollaro americano. Ora bisogna gestire ben due rischi.
Saranno delle osservazioni pratiche molto utili per gli altri Stati e abbastanza interessanti per noi. Spero solo che ne vengano tratte delle giuste conclusioni.
P.S.: io, personalmente, continuo a considerare il bitcoin come un classico bene-rifugio del XXI secolo.
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In questi giorni si osserva anche un’altra crescita – in questo caso decisamente più positiva e ancora meno spiegabile – della quale nessuno racconterà perché la moda è passata due o tre anni fa. Ebbene, negli ultimi giorni il valore del bitcoin ha registrato un nuovo balzo in alto: quasi due mila dollari in più.
Coloro che si dedicano allo studio della questione «chi sta economicamente bene nel 2020?» dovrebbero dunque tornare a osservare anche questa alternativa alla economia reale. Almeno perché potrebbe essere considerata una delle forme di digitalizzazione della vita.
E i pochi detentori del bitcoin potrebbero valutare l’opportunità di vendere.
Ho scoperto che oggi, in onore del primo acquisto della storia in bitcoin, si celebra il Bitcoin Pizza Day. Infatti, il 22 maggio 2010 il programmatore statunitense Laszlo Hanyecz pubblicò su un forum la proposta d’acquisto di due pizze grandi per 10.000 BTC da egli stesso generati. Alcuni giorni dopo all’annuncio rispose Jeremy Sturdivan e l’affare fu fatto.
Attualmente quella somma dei bitcoin vale circa 83 milioni di dollari.
La curiosità (o la tristezza?) consiste nel fatto che nessuno dei due è riuscito a diventare ricco grazie ai bitcoin. Laszlo Hanyecz spese tutti i suoi bitcoin prima della crescita pazza del loro prezzo, mentre Jeremy Sturdivan li tenne per un po’ per spenderli comunque presto per un viaggio turistico.
Quindi l’unico risultato durevole di quel affare è la festa, il Bitcoin Pizza Day.
E poi c’è la foto di quelle pizze:
Ci vuole una morale della storia? Boh… Potrei dire che non buttare via le cose apparentemente inutili potrebbe rivelarsi una scelta vincente. Ma molto spesso è solo una lotteria, quindi non posso consigliarvi di giocarci.
Il creatore della prima criptovaluta – Bitcoin – si è sempre nascosto dietro lo pseudonimo Satoshi Nakamoto. da quasi dieci anni, cioè dal momento della pubblicazione della prima versione il 3 gennaio 2009, tantissime persone cercano di svelare la vera identità di Nakamoto.
Si sa che fino al 2010 Satoshi Nakamoto fu molto attivo su alcuni forum riguardanti i vari aspetti della sua creatura, ma poi smise per sempre di farlo.
Il portafoglio nel sistema Bitcoin appartenente a Satoshi contiene una somma equivalente a circa 10 miliardi di dollari. Ma negli ultimi cinque anni su quel portafoglio non fu registrata alcuna attività.
Il motivo di queste due manifestazioni di «assenteismo» dovrebbe essere semplice e triste: «Satoshi Nakamoto» è morto il 26 aprile 2013 all’età di 46 anni. Il suo vero nome è Dave Kleiman: lo possiamo affermare in base ai due fatti resi pubblici nel corso del 2018.
In primo luogo, Ira Kleiman (fratello di Dave) a febbraio ha fatto una causa all’autoproclamato Nakamoto Craig Wright, presentando in qualità di prova la corrispondenza tra Dave e Craig. Da tale corrispondenza emerge che l’autore del Bitcoin è proprio Dave Kleiman.
In secondo luogo, la settimana scorsa Jeff Garzik (uno dei principali sviluppatori del Bitcoin) nella intervista al Bloomberg affermò di essere stato in contatto via email con Satoshi Nakamoto e incontratosi personalmente con Dave Kleiman. In base a molti indizi si trattava della stessa persona.
È molto probabile che le chiavi del portafoglio di Dave Kleiman siano quella unica cosa che egli riuscì a portare via da questo mondo. Ma non saprà mai che la sua creatura è cresciuta di valore di milioni di volte e quanto ricco avrebbe potuto diventare.
Un caloroso salute a tutti coloro che hanno investito nei bitcoin.
Bambini! Ricordatevi che nessuna risorsa sana può crescere con una velocità simile a quella ha caratterizzato i bitcoin negli ultimi mesi.
Allo stesso tempo, non possiamo non riconoscere l’importanza delle criptovalute in generale. Venti anni fa, per esempio, furono in pochi a comprendere (o immaginare) le potenzialità dell’internet nella economia mondiale: i primi tecnici-sviluppatori furono costretti a spendere ore e giorni del proprio tempo per convincere gli imprenditori del fatto che un sito web aziendale sia una cosa utile, bella e redditizia. Appena due anni dopo scoppiò la famosa crisi dei dotcom: successe perché l’internet divenne di moda senza essere compreso dalla maggioranza degli attori del mercato. In sostanza, tutti volevano investire nell’internet senza sapere cosa sia e come sfruttarlo economicamente.
Si verificherà lo stesso susseguirsi delle fasi anche nella storia delle criptovalute: la moda e la conseguente smisurata crescita di valore – l’incomprensione – la crisi – il normale sviluppo – lo status di uno dei fondamentali strumenti della economia.