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Stato-rapinatore

Come alcuni di voi sanno, sulla mappa politica del nostro pianeta esiste ancora un equivoco storico chiamato Azerbaijan. Esso fu creato nel 1918 – sulla base di alcuni criteri storici e sociali piuttosto approssimativi – in qualità di una regione di confine del nascente impero sovietico; solo approfittando in un modo fortunato del crollo dell’URSS divenne a) uno Stato, b) uno Stato indipendente. Non è l’unico a essere nato ed evoluto in questo modo, ma, essendo il più piccolo, è quello a soffrire maggiormente del complesso di inferiorità.

A partire dal 1994 quella macchia geografica ritiene di essere ingiustamente privata della regione Nagorno Karabakh. Cerca dunque di apparire «uno Stato vero, capace di tutelare gli interessi nazionali» nel modo più facile e meno pericoloso: creando dei seri problemi alle persone che visitano Nagorno Karabakh.

Stamattina, per esempio, il Tribunale penale per i crimini massimi di Baku ha condannato il cittadino russo Alexander Lapshin a tre anni di reclusione per due «delitti»: 1) le sue visite in Nagorno Karabakh nell’aprile 2011 e ottobre 2012 senza l’autorizzazione dell’Azerbaijan; 2) le sue dichiarazioni pubbliche circa l’appartenenza di Nagorno Karabakh.

Inoltre, nel 2015 e 2016 Alexander Lapshin per due volte aveva compiuto un altro delitto riconosciuto tale solo dal giudice azero: avendo tre cittadinanze (russa, ucraina e israeliana) e essendo finito nella «lista nera» di Azerbaijan con il proprio passaporto russo, andava a visitare Baku con il passaporto ucraino (dove il suo nome è scritto, secondo le regole ucraine, Olexander). Aveva insomma ingannato il sistema informatico della dogana azera utilizzando un documento reale e valido. Proprio dopo la seconda di queste imprese era stato dichiarato ricercato a livello internazionale da Azerbaijan. Avrebbe utilizzato i «documenti falsi» per entrare senza essere identificato.

Il 15 dicembre 2016 Alexander Lapshin era stato arrestato a Minsk; il 25 gennaio 2017 era stato estradato verso l’Azerbaijan. Oggi è stato condannato a tre anni di reclusione (mentre la Procura azera ne chiedeva otto). Tutto ciò è successo nonostante una notevole opposizione di Israele, Russia, Armenia e, naturalmente, Nagorno Karabakh.

Pensando bene a questa storia possiamo giungere a tre conclusioni:

1) La Bielorussia è molto tollerante verso la creatività giuridica altrui perché a causa della sua situazione geopolitica è costretta a rimanere neutrale anche nei confronti di quelle visioni di integrità territoriale che hanno i suoi immediati vicini;

2) Di conseguenza, evitate di visitare la Bielorussia se pensate di aver offeso qualche pseudo-Stato afflitto dalla sindrome di Azerbaijan. Avete criticato pubblicamente la Corea del Nord? Avete espresso pubblicamente la vostra opinione circa l’appartenenza (in entrambi i sensi) della Crimea? Rimandate il vostro viaggio in Bielorussia ai tempi migliori.

3) Le persone competenti farebbero bene a escludere l’Azerbaijan dalle file dell’Interpol in quanto lo Stato in questione manifesta una incredibile fantasia nel sfruttare ogni pretesto possibile e immaginabile nel rapire e incarcerare i propri nemici morali. Cioè quelle semplici persone che viaggiano, vedono, ragionano e esprimono liberamente le opinioni senza compiere alcun delitto o invitare gli altri a compierlo.

I piccoli Stati dell’est possono avere uno scarso valora dal punto di vista geopolitico, ma allo stesso tempo riescono a incidere sulla vita delle persone provenienti da tutte le parti del mondo.


25 anni di capitalismo

A dicembre, per «merito» di alcuni avvenimenti poco allegri e le festività natalizie, ci siamo dimenticati di un anniversario felice (per alcuni, purtroppo, semplicemente curioso). Infatti, a dicembre 2016 sono decorsi 25 anni dalla fine dell’URSS.

A tutti coloro che amano la precisione e vogliono conoscere la data precisa di tale evento, riporto una brevissima cronologia:

– l’8 dicembre 1991 i vertici di Russia, Bielorussia e Ucraina firmarono l’accordo (comunemente noto come l’accordo di Belavežskaja pušča) sulla cessazione della esistenza dell’URSS e la creazione CSI (Comunità degli Stati Indipendenti);

– il 10 dicembre 1991 l’accordo fu ratificato dai Sovet Supremi di Ucraina (288 sì, 10 no, 7 astenuti) e Bielorussia (263 sì, 1 no, 2 astenuti);

– il 12 dicembre 1991 l’accordo fu ratificato dal Sovet Supremo di RSFSR (Russia) – 188 sì, 6 no, 7 astenuti;

– il 21 dicembre 1991 all’accordo si unirono altre otto Repubbliche dell’URSS;

– il 25 dicembre 1991 Mikhail Gorbachev si dimise da tutti gli incarichi istituzionali;

– il 26 dicembre 1991 il Sovet delle Repubbliche del Sovet Supremo dell’URSS adottò la dichiarazione sulla cessazione della esistenza dell’URSS in quanto sosituita con il CSI.

Quindi, la data ufficialmente riconosciuta come quella della fine dell’URSS è il 26 dicembre. Tale data, come tutte le altre elencate, mai è stata celebrata dalle istituzioni istituzionali. Nel 1993, però, proprio per il 12 dicembre (indovinate il perché) in Russia fu fissato il referendum per l’approvazione della Costituzione della Federazione Russa.

Ogni politico del mondo si serve della cronologia in base alle proprie priorità. Non è sempre un male.


La crescita di Lukashenko

Come saprete, pochi giorni fa Aleksander Lukashenko ha visitato l’Italia. Si tratta di una delle migliori illustrazioni del fatto che la coerenza viene sempre premiata.

Infatti, si tratta sempre dello stesso Lukashenko di dieci o quindici anni fa. Come avevo già scritto, pur tenendo sempre lo stesso atteggiamento politico, Lukshenko ora non risulta più «il più cattivo d’Europa», ma solo un pacificatore poco simpatico. Oltre alla revoca della maggior parte delle sanzioni europee, ora è stato premiato pure con lo status di un politico che può essere trattato alla pari di alcuni suoi colleghi asiatici: non sono tanto democratici e/o simpatici, ma sono utili e capaci di parlare in modo costruttivo.

A fare il «Rogue State» dell’Est è ora la Russia. Quindi non mi resta cho complimentarmi, ancora una volta, con Lukashenko per la sua incredibile capacità di sfruttare qualsiasi errore dello Stato russo a proprio favore. Fino a due anni fa quella capacità trovava la sua applicazione quasi esclusivamente nei rapporti bilaterali. Ma arriva sempre e per tutti il momento di iniziare a giocare in grande.


E che non sia l’ultima volta

Aleksandr Lukashenko ha vinto le elezioni presidenziali bielorusse per la quinta volta consecutiva. Ha preso circa 83,49% dei voti (ma il conteggio dovrebbe andare avanti fino a venerdì), mentre la partecipazione al voto è stata di circa 86,75%

Potremmo continuare a chiamarlo l’"ultimo dittatore d’Europa", ma bisogna riconoscere che si tratta di un dittatore da qualità atipiche per i nostri tempi. Infatti, è l’unico Capo di Stato che riesce trarre vantaggio da ogni passo più o meno falso del proprio vicino più grande. E, naturalmente, da ogni tipo di rapporto di questo vicino con l’Europa. La politica costruita su questo principio permette di mantenere il tenore di vita dei cittadini a un livello buono nonostante tutti i difetti della economia interna centralizzata. Per esempio, quando il vicino vieta l’import dei prodotti alimentari europei, questi ultimi diventano miracolosamente bielorussi (e Bielorussia ci guadagna come rivenditore). Quando il grande vicino decide di fare la guerra a un piccolo vicino comune, Lukashenko si propone subito come un autorevole pacificatore locale (e la Bielorussia ci guadagna in prestigio politico).

Potrei fare altri esempi, ma dal punto di vista tecnico sono troppo simili a quelli appena fatti. Quale politico occidentale è riuscito a lavorare in questo modo e con i medesimi risultati per almeno un mandato?