L’archivio del tag «apple»

La maggioranza schiacciante dei miei lettori italiani non ha dei motivi di saperlo, ma il fatto è che l’Apple rimuove costantemente le app dei media anti-putiniani russi e i servizi VPN dall’App Store su richiesta delle autorità russe. Lo fa e spiega tale comportamento con la necessità di rispettare le leggi locali e con il desiderio di continuare a fornire i propri servizi nel Paese. Il 24 dicembre, in una risposta ufficiale a una richiesta di «Reporter senza frontiere» i rappresentanti della Apple hanno dichiarato che le loro azioni sono dovute sia a restrizioni legali sia all’obiettivo di «sostenere i principi democratici».
«Il mancato rispetto della legge potrebbe comportare l’impossibilità per Apple di supportare l’App Store o di distribuire contenuti in questo Paese. Il Governo statunitense incoraggia le aziende a sostenere la disponibilità di servizi di comunicazione per la popolazione russa, ritenendo che la disponibilità di questi servizi sia necessaria per sostenere i principi democratici».
Inoltre, hanno anche respinto le accuse di rimozione costante delle applicazioni VPN.
Perché vi racconto di questa storia apparentemente locale? Lo faccio prevalentemente per due motivi.
In primo luogo, grazie alla Apple ho scoperto una nuova espressione con la quale tutti possono mascherare la frase «voglio più soldi». Da oggi, chiunque può andare dal proprio cliente, dal proprio capo o dalla propria banca e dire: «voglio sostenere maggiormente i principi democratici». La controparte, se aggiornata, dovrebbe capire correttamente.
In secondo luogo, ho scoperto che i principi democratici possono essere sostenuti ostacolando la diffusione della informazione sgradita al regime di un dittatore (che pure un pazzo criminale).
Potrebbero sembrare – a prima vista – due scoperte molto ingenue, ma mica ho scritto che le grosse aziende dovrebbero imparare a pensare non solo ai soldi!
Boh…
P.S.: tutto questo non significa che non mi piacciono i prodotti tecnologici della Apple e/o che voglio spaccare il mio iPhone.


10 anni senza Jobs

Il martedì 5 ottobre c’è stato un anniversario triste: 10 anni dalla morte di Steve Jobs, il leggendario co-fondatore e capo della Apple. Quindi sul sito della azienda è stato pubblicato un video dedicato ai momenti più importanti della vita di Jobs.
Indubbiamente, è stato un personaggio eccezionale, uno dei creatori del mondo tecnologico nel quale viviamo ora.

Però non pensavo che fosse già passato tanto tempo…


La pandemia e la Apple

A tutte le persone impegnate nell’immaginare «il mondo dopo la pandemia» segnalo un cambiamento epocale assente dalle fantasie più «audaci». L’Apple Store di Milano ha sacrificato una parte del minimalismo tipico alla azienda-madre e ha installato dei tavoloni davanti al proprio ingresso:

Sì, sono relativamente originali e, ovviamente, raggiunti dal potentissimo wi-fi gratuito (quello che c’è attorno a tutti gli Apple Store del mondo), ma, da quello che ho visto, non sono dotati delle prese elettriche (sarebbe troppo pretenderlo, ahahaha). In ogni caso, è una bella alternativa per tutti coloro che si amano lavorare o studiare all’aperto.

PS: in realtà, non so se sia il merito della pandemia. «Dopo» non significa necessariamente «in conseguenza a».


L’AirTag

Dopo tanto tempo, la Apple ha finalmente presentato, in occasione dell’evento di ieri, un prodotto realmente nuovo per il proprio ecosistema: l’AirTag. Era atteso già da anni. In sostanza, si tratta di una «compressa» metallica che può essere interrogata dai telefoni, tablet e computer della Apple circa la sua posizione. Se si trova vicino, emette un suono; se si trova lontano, comunica la propria posizione geografica utilizzando come «ponte di connessione» il dispositivo della Apple più vicino. Nascosto in un qualsiasi vostro oggetto personale, l’AirTag permetterà di localizzarlo in caso dello smarrimento o, se siete (s)forunati, del furto (dipende dal fatto se il ladro ci pensi e ci riesca a cercare e buttare via l’AirTag).
Ma in realtà so benissimo che tutti gli interessati sono capaci di leggere la descrizione del prodotto direttamente sul sito del produttore: è breve e facilmente comprensibile. Quindi passo alla mia grande domanda sull’argomento…
L’AirTag è ora proposto a 35 euro (oppure 119 euro per una confezione da 4 pezzi). Con la custodia opzionale costa ancora di più. Di conseguenza, è evidente che sia più sensato utilizzalo solo per mettere al sicuro gli oggetti di un particolare valore economico. Le prime cose che vengono in mente sono ovviamente i portafogli (rifare tutti i documenti è un casino) e le borse con gli oggetti personali importanti. Ma io mi sono chiesto se l’AirTag possa essere utile anche quando nascosto nei mezzi di trasporto personali: auto, moto, biciclette costose etc. Se dovesse funzionare anche in quel modo, meriterebbe di essere comprato a bancali.

Bisogna studiare con attenzione le prime reazioni degli utilizzatori affidabili.
P.S.: sarà particolarmente curioso riuscire a rintracciare le proprie cose rubate grazie al supporto tecnologico dell’iPhone del ladro stesso.
P.P.S.: ogni innovazione diventa rivoluzionaria quando è utilizzata bene e con una certa dose di fantasia.


La prevedibilità

Ahahaha, ho vinto la scommessa con me stesso!
La Samsung imita [ancora una volta] la Apple: il nuovo modello Galaxy S21 Ultra non avrà il caricatore nella confezione. Evviva il coraggio di fare per primo / l’avidità ecologica / il riconoscimento del fatto che la gente ha troppi caricatori in casa! (sottolineare la versione preferita)

Comunque, non è l’unico (e nemmeno il principale) motivo per il quale provo pietà e compassione verso gli utenti dell’Android e del Samsung…


Sarà una nuova tendenza

Come probabilmente sapete, l’altro ieri la Apple ha presentato i nuovi iPhone 12. Nel corso della presentazione è stato comunicato un dettaglio al quale dovrebbero prestare attenzione anche coloro che non sono dei fan (o semplicemente utenti) del marchio.
Infatti, più o meno tutti i giornalisti che scrivono dell’elettronica si sono già in qualche modo scandalizzati per il fatto che la Apple abbia deciso di non includere più nelle confezioni degli iPhone il caricatore i gli auricolari: verrà fornito solo il cavo usb (quello del formato della Apple, il type-C – Lightning). Tale scelta è stata ufficialmente giustificata dal fatto che si riuscirebbe a fare le scatole di confezione più piccole e, dunque, più ecologiche. E, con una certa logica, a prima vista questo potrebbe sembrare solo una ennesima manifestazione della famosa avidità della Apple: è noto che gli accessori di quest’ultima costano tanto, quindi costringere tante persone a comprarli a parte è una garanzia delle entrate aggiuntive.
Ma, come al solito, la verità è come quella figura tridimensionale illuminata da più lampade che avete sicuramente visto su molti meme diffusi su internet. Da una parte, dobbiamo ricordare che fino a oggi la Apple ha sempre fornito assieme agli iPhone i caricatori più «lenti» tra gli esistenti: quelli da 5V. Quindi l’utente che voleva caricare il telefono in meno tempo doveva comprarsi un caricatore con l’output maggiore. Dall’altra parte, chi comprava un iPhone nuovo non aveva alcun motivo di buttare via il caricatore, il cavo usb (che può essere attaccato al caricatore o essere utilizzato da solo) e gli auricolari comprati assieme al modello precedente. Nelle case dei fan dell’iPhone si accumulavano dunque gli accessori nuovi spesso mai utilizzati.
E ora, improvvisamente, proviamo a vedere come sono messi gli utenti dell’Android. Come ben sapete, già da diversi anni – più di dieci, mi sa – tutti gli smartphone con l’Android hanno lo stesso attacco per il caricatore (usb type c). Ogni volta che viene comprato uno smartphone nuovo, anche qualora dovesse trattarsi sempre delle marche diverse, alla collezione personale dell’utente si aggiunge un nuovo caricatore tecnicamente identico a quello del telefono precedente.
Cosa possiamo dedurre da questa osservazione? Possiamo dedurre che pure la scelta della Apple appena trattata – come moltissime altre negli anni passati – sarà presto imitata da altri produttori degli smartphone. Questa volta seguire la moda non costerà nemmeno tanto…
Preparatevi e non buttate via gli accessori funzionanti.


Chi risparmia ci perde

Cominciamo con due immagini.
Sulla prima immagine vediamo gli auricolari AirPods della Apple (avevo già scritto della mia esperienza positiva con essi):

Sulla seconda immagine vediamo gli auricolari OnePlus Buds, palesemente copiati dagli AirPods della Apple:

Se non vi piace la parola copiati, leggetela pure come fortemente ispirati.
Però ora potete leggere questo brevissimo articolo sui doganieri statunitensi dell’aeroporto JFK che si vantano di avere fermato il carico di 2000 AirPods contraffatti che stavano viaggiando dalla Cina verso il Nevada. Lo hanno scritto pure sul twitter ufficiale:

Sulla foto, però, si vede chiaramente che si tratta di una partita dei OnePlus Buds. Che sono, come abbiamo visto, copiati dagli AirPods ma che si trovano comunque nel libero commercio.
La OnePlus ha già chiesto alla dogana la restituzione della merce (valore complessivo 158 mila dollari), ma i doganieri hanno smesso di fingere di essere svegli e vigili, non reagendo dunque in alcun modo alla richiesta.
Non so bene come e quando possa finire questo caso. Ma già ora posso indicare la morale: risparmiare sullo sviluppo e copiare le idee altrui potrebbe costare caro. Indipendentemente dalla eventualità di una causa giudiziaria da parte dell’autore della idea. Semplicemente, interverrà qualche «genio alternativo».
P.S.: i bravi avvocati della Apple potrebbero ora tentare di difendere la proprietà intellettuale del proprio cliente partendo da questo episodio di «inganno dei consumatori» riconosciuto istituzionalmente ahahaha


Una notizia positiva

Come avrete già letto, il Tribunale UE ha annullato la decisione della Commessione europea del 2016 in base alla quale la Apple avrebbe dovuto pagare ulteriori 13 miliardi di euro di tasse in Irlanda. Secondo la Commissione, il regime fiscale agevolato irlandese avrebbe messo la Apple in una situazione di vantaggio ingiustificato rispetto agli altri attori del mercato. L’Irlanda, da parte sua, continuava a difendere la propria politica fiscale che le permette da anni di essere una meta europea preferita delle aziende-produttrici di alte tecnologie.
Cosa possiamo constatare grazie a questa notizia? Possiamo constatare che il peggio del populismo politico mondiale sarà sconfitto nei tribunali: anche se i giudici non potrebbero (e forse non dovrebbero) dichiarare di avere una missione del genere. Ma il dato di fatto rimane. Ci ricordiamo ancora bene come gli USA erano stati salvati dai numerosi decreti «strani» di Donald Trump nei primi mesi della sua presidenza. Ora, invece, vediamo come l’Europa può essere salvata dal socialismo parassitario caro a certi membri della Commissione. Se uno Stato facente parte dell’UE vuole esercitare la propria sovranità attraverso la creazione delle condizioni per lo sviluppo (e non limitarsi a tosare le pecore che non sono ancora scappate all’estero), deve avere il diritto di farlo. Deve avere la possibilità di difendere questo diritto. Altrimenti, prima o poi, vedremo concretizzarsi delle analogie del Brexit.


L’icona di stile

Il 21 gennaio l’Intesa San Paolo ha pubblicato le immagini della futura sede di Torino delle Gallerie d’Italia (dovrebbe aprire tra due anni). La mia attenzione è stata subito attirata da questo rendering:

Perché? Perché mi ricorda troppo l’Apple Store di Milano (aperto il 27 luglio 2018):

Insomma, ora la Apple detta la moda non solo nella elettronica, ma anche nella architettura. Tim Cook potrebbe trarne le giuste considerazioni.
Mentre noi dobbiamo constatare che la fantasia non si compra con i soldi. Certo, il settore bancario-finanziario si è sempre distinto per un alto livello di conservatorismo, ma per ogni singola azienda il rischio di non essere all’avanguardia può sempre rivelarsi fatale.


Una lettura medica

Stamattina ho pensato di essere diventato un daltonico:

Ma poi ho scoperto che è invece un fenomeno normale, che la mela diventa rossa per le Giornate mondiali contro l’AIDS. E quindi passiamo alle cose più interessanti.
È vero che la maggioranza delle persone non è particolarmente aggiornata sulle infezioni da HIV, ma non so quanto possa essere socialmente utile l’iniziativa neozelandese di creare una banca di sperma per gli uomini positivi.
Mentre ci penso, leggete pure voi l’articolo: https://www.nzherald.co.nz/nz/news/article.cfm?c_id=1&objectid=12287990