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Morto l’autore del PDF

Nel mare delle notizie importanti e/o interessanti che ci circondano in questo periodo, ne abbiamo quasi perso una che in qualche modo riguarda la nostra vita quotidiana da molti anni. Tre giorni fa, il 16 aprile, è morto Charles Geschke: uno dei fondatori della Adobe e il creatore dei formati PDF e TIFF.
Il primo formato menzionato è noto a (e spesso è una salvezza per) tutti coloro che lavorano almeno occasionalmente con i documenti digitali. Il secondo formato è ancora oggi apprezzato (anche se, probabilmente, un po’ meno di prima) dai fotografi e grafici per una buona gestione dei colori.
Di conseguenza, mi sembrava particolarmente brutto non ricordare uno dei personaggi più importanti del mondo tecnologico terrestre.

P.S.: probabilmente sono uno dei pochissimi a non temere di ammettere il proprio affezionamento al Dreamweaver. Lo utilizzo serenamente – nelle varie sue versioni – da circa vent’anni e sono molto contento che la Adobe abbia continuato a svilupparlo dopo l’acquisizione della Macromedia del 2005.


La pazzia in versione Adobe

Da tempo dico che la fede indiscutibile nel marketing è una delle più grandi malattie mentali dei nostri tempi. Ogni persona che si autodefinisce un addetto marketing e vive nella condizione di poter influire sulle scelte dei comuni mortali, produce dei gravi danni al proprio datore di lavoro. Nel migliore dei casi si tratta di danni d’immagine.

Gli addetti marketing della Adobe, per esempio, si sono appena dimostrati particolarmente scemi. Come la stragrande maggioranza del loro colleghi in tutto il mondo, sono convinti che i nomi dei prodotti e marchi debbano essere rappresentati sempre in uno stato immutato (compresi i colori, le dimensioni dei caratteri, l’ordine delle lettere maiuscole e minuscole).

Facciamo un esempio pratico sulla applicazione di questa logica perversa. Se io scrivo la parola Fiat, i miei lettori (scemi che sono) non capiranno mai che in realtà si tratta delle auto di marca FIAT.

Ma cosa hanno combinato quelli della Adobe? Hanno detto che la parola Photoshop non può assolutamente essere trasformata in un verbo.

La frase scorretta, secondo loro, sarebbe: The image was photoshopped.

La frase corretta, invece, sarebbe: The image was enhanced using Adobe® Photoshop® software.

Ma io sono il capo, quindi vi autorizzo a parlare come vi pare.

Ora vado a photoshoppare un po’.